Harry passò una notte inquieta. I suoi genitori continuavano a entrare e uscire dai suoi sogni, senza mai parlare; la signora Weasley singhiozzava sul cadavere di Kreacher, vegliato da Ron e Hermione che portavano fiori, e ancora una volta Harry si ritrovò a camminare lungo un corridoio che finiva su una porta chiusa a chiave. Si svegliò all’improvviso con la cicatrice che gli prudeva. Ron era già vestito e gli stava parlando.
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«…meglio muoversi, la mamma è fuori di sé, dice che perderemo il treno…»
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C’era una grande agitazione in casa. Da quello che sentì mentre si vestiva a tutta velocità, Harry dedusse che Fred e George avevano stregato i loro bauli in modo che volassero di sotto, per risparmiarsi la fatica di trasportarli, col risultato che quelli avevano urtato Ginny e l’avevano fatta precipitare per due rampe di scale fino all’ingresso; la signora Black e la signora Weasley urlavano tutt’e due a pieni polmoni.
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«…POTEVATE FARLE MALE SUL SERIO, IDIOTI…»
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«…SUDICI IBRIDI CHE INFANGATE LA CASA DEI MIEI PADRI…»
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Harry si stava infilando le scarpe da ginnastica quando Hermione entrò correndo nella stanza, tutta agitata. Edvige si dondolava sulla sua spalla, e lei reggeva tra le braccia Grattastinchi che si divincolava.
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«Mamma e papà hanno appena rimandato Edvige». La civetta sbatté piano le ali e si appollaiò in cima alla propria gabbia. «Sei pronto?»
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«Quasi. Ginny sta bene?» chiese Harry, infilandosi gli occhiali.
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«La signora Weasley l’ha risistemata» disse Hermione. «Ma ora Malocchio brontola che non possiamo uscire se non arriva Sturgis Podmore, altrimenti mancherà una persona alla scorta».
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«La scorta?» disse Harry. «Dobbiamo andare a King’s Cross con la scorta?»
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«Tu devi andare a King’s Cross con la scorta» lo corresse Hermione.
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«Perché?» chiese Harry seccato. «Credevo che Voldemort fosse nascosto, o mi stai dicendo che salterà fuori da dietro un cestino dell’immondizia per farmi fuori?»
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«Non so, è Malocchio che lo dice» rispose Hermione distrattamente, guardando l’orologio, «ma se non usciamo in fretta perderemo il treno di sicuro…»
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«VOLETE SCENDERE TUTTI QUANTI, PER FAVORE?» urlò furiosa la signora Weasley; Hermione fece un balzo come se si fosse scottata e corse fuori dalla stanza. Harry afferrò Edvige, la ficcò senza tante cerimonie nella gabbia e scese dietro a Hermione, trascinando il baule.
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Il ritratto della signora Black ululava dalla rabbia, ma nessuno si diede la pena di chiuderle le tende in faccia; tutto il fracasso nell’ingresso l’avrebbe risvegliata comunque.
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«Harry, tu devi venire con me e Tonks» urlò la signora Weasley sovrastando gli strilli ripetuti di «MEZZOSANGUE! FECCIA! SUDICIE CREATURE!». «Lascia qui baule e civetta, ai bagagli ci pensa Alastor… oh, per l’amor del cielo, Sirius, Silente ha detto di no!»
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Un cane nero simile a un orso era comparso al fianco di Harry, che stava scavalcando i vari bauli stipati nell’ingresso per raggiungere la signora Weasley.
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«Oh, insomma…» sbottò lei, esasperata. «Be’, la responsabilità è solo tua!»
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Aprì con forza la porta d’ingresso e uscì nel debole sole settembrino. Harry e il cane la seguirono. La porta si richiuse con un tonfo alle loro spalle e gli strilli della signora Black s’interruppero all’istante.
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«Dov’è Tonks?» chiese Harry, guardandosi intorno mentre scendevano i gradini di pietra del numero dodici, che sparirono non appena raggiunsero il marciapiede.
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«Ci sta aspettando laggiù» rispose la signora Weasley in tono severo, distogliendo lo sguardo dal cane nero che avanzava a balzi al fianco di Harry.
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Una vecchia signora li salutò all’angolo. Aveva i capelli grigi a riccioli fitti e portava un cappello viola a forma di pasticcio di maiale in crosta.
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«Ciao, Harry» disse, con una strizzatina d’occhio. «Meglio muoversi, no, Molly?» aggiunse, guardando l’orologio.
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«Lo so, lo so» gemette la signora Weasley allungando il passo, «è che Malocchio voleva aspettare Sturgis… se solo Arthur fosse riuscito a mandarci un’altra volta delle macchine dal Ministero… ma di questi tempi Caramell non gli lascia prendere in prestito nemmeno una boccetta vuota d’inchiostro… come fanno i Babbani a viaggiare senza magia…»
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Ma il cagnone nero diede in un latrato di gioia e saltò attorno a loro, cercando di mordere i piccioni e inseguendo la propria coda. Harry non poté fare a meno di ridere. Sirius era rimasto rinchiuso per molto, molto tempo. La signora Weasley strinse le labbra in un modo che ricordava tanto zia Petunia.
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Impiegarono venti minuti per raggiungere King’s Cross a piedi, e l’unico avvenimento significativo fu quando Sirius spaventò un paio di gatti per divertire Harry. Una volta dentro la stazione, indugiarono con aria disinvolta vicino alla barriera tra i binari nove e dieci finché non ci fu via libera, poi ciascuno di loro vi si appoggiò a turno e passò tranquillamente sul binario nove e tre quarti, dove l’Espresso per Hogwarts eruttava vapore fuligginoso lungo un marciapiede affollato di studenti in partenza e delle loro famiglie. Harry inspirò l’odore ben noto e sentì il morale decollare… tornava davvero a Hogwarts.
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«Spero che gli altri arrivino in tempo» disse la signora Weasley preoccupata, guardando dietro di sé l’arco di ferro battuto che sovrastava il binario.
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«Bel cane, Harry!» gridò un ragazzo alto con i riccioli rasta.
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«Grazie, Lee» rispose Harry con un gran sorriso, mentre Sirius scodinzolava frenetico.
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«Oh, bene» disse la signora Weasley sollevata, «ecco Alastor con i bagagli…»
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Con un cappuccio da facchino abbassato sugli occhi scompagnati, Moody si fece avanti zoppicando sotto l’arco, spingendo un carrello carico dei loro bauli.
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«Tutto a posto» borbottò alla signora Weasley e a Tonks, «non credo che ci abbiano seguito…»
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Qualche istante dopo, il signor Weasley comparve sul marciapiede con Ron e Hermione. Avevano quasi scaricato il carrello di Moody quando Fred, George e Ginny arrivarono con Lupin.
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«Niente guai?» chiese Moody.
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«Nulla» rispose Lupin.
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«Farò ugualmente rapporto su Sturgis a Silente» ringhiò Moody, «è la seconda volta che non si fa vedere in una settimana. Sta diventando inaffidabile come Mundungus».
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«Be’, state bene» disse Lupin, stringendo la mano a tutti. Si avvicinò a Harry per ultimo e gli diede una pacca sulla spalla. «Anche tu, Harry. Sta’ attento».
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«Sì, testa bassa e occhi aperti» aggiunse Moody, stringendo a sua volta la mano a Harry. «E non dimenticate, tutti quanti… attenti a quel che scrivete nelle lettere. Se avete dei dubbi, non scrivetelo».
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«È stato magnifico conoscervi tutti quanti» disse Tonks, abbracciando Hermione e Ginny. «Ci vedremo presto, immagino». Risuonò un fischio d’avvertimento; gli studenti ancora sul marciapiede si affrettarono verso il treno.
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«Svelti, svelti!» esclamò la signora Weasley concitata, abbracciandoli a caso e acchiappando Harry due volte. «Scrivete… fate i bravi… se avete dimenticato qualcosa ve la spediremo… ora salite sul treno, presto…»
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Per un breve istante, l’enorme cane nero si rizzò sulle zampe di dietro e posò quelle davanti sulle spalle di Harry, ma la signora Weasley spinse via Harry verso lo sportello del treno, soffiando: «Per l’amor del cielo, comportati in modo più canino, Sirius!»
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«Ci vediamo!» gridò Harry dal finestrino aperto mentre il treno cominciava a muoversi; Ron, Hermione e Ginny salutavano con la mano accanto a lui. Le sagome di Tonks, Lupin, Moody e dei signori Weasley rimpicciolirono in fretta, ma il cane nero corse accanto al finestrino, scodinzolando; le persone sfocate sul marciapiede risero nel vederlo inseguire il treno, poi questo fece una curva, e Sirius sparì.
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«Non avrebbe dovuto venire con noi» osservò Hermione preoccupata.
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«Oh, dài» ribatté Ron, «non vedeva la luce del giorno da mesi, poveraccio».
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«Bene» disse Fred, battendo le mani una volta, «non possiamo star qui a chiacchierare tutto il giorno, abbiamo degli affari da discutere con Lee. Ci vediamo dopo» e lui e George sparirono a destra lungo il corridoio.
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Il treno prese velocità; le case fuori dal finestrino sfrecciavano via e loro tre cominciarono a barcollare.
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«Andiamo a cercarci uno scompartimento, allora?» chiese Harry.
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Ron e Hermione si scambiarono uno sguardo.
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«Ehm» fece Ron.
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«Noi… be’… io e Ron dovremmo andare nella carrozza dei prefetti» disse Hermione cauta.
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Ron non stava guardando Harry; sembrava profondamente interessato alle unghie della propria mano sinistra.
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«Oh» disse Harry. «D’accordo. Va bene».
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«Non credo che dovremo restarci per tutto il viaggio» aggiunse in fretta Hermione. «Le lettere dicevano che dobbiamo ricevere istruzioni dai Capiscuola e poi sorvegliare i corridoi ogni tanto».
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«Va bene» ripeté Harry. «Be’… allora magari ci vediamo dopo».
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«Sì, sicuro» disse Ron lanciandogli uno sguardo furtivo e ansioso. «È uno strazio doverci andare, preferirei… ma dobbiamo… insomma, non mi diverto, non sono mica Percy» concluse con enfasi.
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«Lo so» Harry sogghignò. Ma vedendo Hermione e Ron che trascinavano i bauli, Grattastinchi e la gabbia con Leotordo verso la locomotiva, Harry provò uno strano senso di abbandono. Non aveva mai viaggiato sull’Espresso per Hogwarts senza Ron.
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«Andiamo» gli disse Ginny, «se ci muoviamo riusciremo a tenere il posto anche per loro».
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«Giusto» fece Harry. Prese con una mano la gabbia di Edvige e con l’altra la maniglia del baule. Avanzarono a fatica lungo il corridoio, sbirciando oltre i vetri delle porte degli scompartimenti, già pieni. Harry non poté fare a meno di notare che un sacco di ragazzi rispondevano ai suoi sguardi con enorme interesse e che parecchi davano gomitate ai loro vicini e lo indicavano. Dopo aver osservato questo comportamento in cinque carrozze di fila, ricordò che La Gazzetta del Profeta aveva raccontato per tutta l’estate ai suoi lettori che razza di bugiardo esibizionista era. Rabbuiato, si chiese se i ragazzi che lo fissavano e mormoravano credessero a quegli articoli.
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Nell’ultima carrozza incontrarono Neville Paciock, compagno di Harry tra i Grifondoro del quinto anno, la faccia tonda lucente per lo sforzo di trascinare il baule e trattenere con una mano sola il suo rospo agitato, Oscar.
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«Ciao, Harry» disse, ansante. «Ciao, Ginny… è pieno dappertutto… Non riesco a trovare un posto…»
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«Ma che dici?» ribatté Ginny, che si era insinuata oltre Neville per sbirciare nello scompartimento dietro di lui. «Qui c’è posto, c’è solo Luna “Lunatica” Lovegood…»
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Neville borbottò confusamente che non voleva disturbare nessuno.
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«Non fare lo sciocco» rise Ginny, «lei va benissimo».
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Fece scorrere la porta e trascinò dentro il suo baule. Harry e Neville la seguirono.
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«Ciao, Luna» disse Ginny, «possiamo sederci qui?»
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La ragazza vicino al finestrino alzò lo sguardo. Aveva capelli disordinati, lunghi fino alla vita, di un biondo sporco, sopracciglia molto pallide e occhi sporgenti che le conferivano un’espressione di perenne sorpresa. Harry capì all’istante perché Neville aveva deciso di passare oltre quello scompartimento. La ragazza dava la netta sensazione di essere completamente tocca. Forse era la bacchetta che si era infilata dietro l’orecchio sinistro, o la collana di tappi di Burrobirra che indossava, o la rivista che stava leggendo a rovescio. Il suo sguardo vagò su Neville e si fermò su Harry. Annuì.
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«Grazie». Ginny le sorrise.
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Harry e Neville sistemarono i tre bauli e la gabbia di Edvige sulla rastrelliera e si sedettero. Luna li osservò da sopra la rivista rovesciata, intitolata Il Cavillo. Non sembrava che avesse bisogno di sbattere le palpebre quanto un normale essere umano. Fissò a lungo Harry, che si era seduto di fronte a lei e se n’era già pentito.
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«Hai passato una bella estate, Luna?» le chiese Ginny.
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«Sì» rispose lei in tono sognante, senza togliere gli occhi di dosso a Harry. «Sì, è stata abbastanza piacevole, sai. Tu sei Harry Potter» aggiunse.
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«Lo so» disse Harry.
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Neville ridacchiò. Luna puntò su di lui gli occhi pallidi.
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«E non so chi sei tu».
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«Nessuno» rispose Neville in fretta.
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«No che non sei nessuno» disse Ginny, secca. «Neville Paciock… Luna Lovegood. Luna è del mio anno, ma è di Corvonero».
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«Un ingegno smisurato per il mago è dono grato» canticchiò Luna.
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Alzò la rivista quanto bastava a nasconderle il viso e tacque. Harry e Neville si guardarono con le sopracciglia inarcate. Ginny soffocò un risolino.
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Il treno continuò a sferragliare, portandoli in aperta campagna. Era una strana giornata dal tempo incerto; un momento la carrozza era inondata di sole, un attimo dopo passavano sotto minacciose nuvole grigie.
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«Indovinate che cosa ho ricevuto per il mio compleanno?» disse Neville.
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«Un’altra Ricordella?» chiese Harry, rammentando quella specie di biglia che la nonna di Neville gli aveva mandato nel tentativo di aiutare la sua pessima memoria.
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«No» rispose Neville. «Mi potrebbe servire, però, quella vecchia l’ho persa un secolo fa… no, guarda qui…»
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Ficcò la mano libera da Oscar nella borsa dei libri e dopo aver rovistato un po’ estrasse quello che sembrava un piccolo cactus grigio in un vasetto, ma invece che di spine, era coperto di bolle.
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«Mimbulus mimbletonia» disse orgoglioso.
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Harry fissò la cosa. Pulsava lievemente, e questo le dava l’aspetto abbastanza sinistro di un organo interno ammalato.
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«È molto, molto rara» spiegò Neville con un gran sorriso. «Non so se ce n’è una nemmeno nella serra di Hogwarts. Non vedo l’ora di mostrarla alla professoressa Sprite. Me l’ha presa il mio prozio Algie in Assiria. Voglio vedere se riesco a farla riprodurre».
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Harry sapeva che la materia preferita di Neville era Erbologia, ma non riusciva assolutamente a capire che cosa ci potesse fare con quella piantina rachitica.
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«Fa… ehm… qualcosa?» chiese.
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«Un sacco di cose!» rispose Neville fiero. «Possiede uno straordinario meccanismo difensivo. Ecco, tienimi Oscar…»
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Scaricò il rospo in grembo a Harry e prese una piuma dalla borsa dei libri. Gli occhi sporgenti di Luna Lovegood apparvero di nuovo da sopra la rivista rovesciata. Tenendo la sua Mimbulus mimbletonia davanti agli occhi, la lingua fra i denti, Neville affondò nel cactus la punta della piuma.
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Da ogni bolla schizzò del liquido: getti densi, puzzolenti, verde scuro. Colpirono il soffitto, i finestrini, e macchiarono la rivista di Luna Lovegood; Ginny, che aveva alzato le braccia davanti al viso appena in tempo, si ritrovò soltanto con una specie di viscido cappello verde sulla testa, ma Harry, che aveva le mani occupate per tenere Oscar, ricevette uno schizzo in piena faccia. Puzzava di letame rancido.
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Neville, che aveva anche lui faccia e busto zuppi, scosse il capo per liberarsi gli occhi.
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«S-scusate» disse, boccheggiando. «Non ci avevo ancora provato… non sapevo che sarebbe successo così… non preoccupatevi, comunque, la Puzzalinfa non è velenosa» aggiunse, teso, mentre Harry ne sputava una boccata per terra.
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In quel preciso istante la porta dello scompartimento si aprì.
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«Oh… ciao, Harry» disse una voce nervosa. «Ehm… è un brutto momento?»
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Harry si ripulì le lenti degli occhiali con la mano libera da Oscar. Una ragazza molto graziosa con lunghi, lucidi capelli neri stava sulla soglia e gli sorrideva: Cho Chang, il Cercatore della squadra di Quidditch di Corvonero.
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«Oh… ciao» rispose Harry in tono piatto.
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«Ehm…» fece Cho. «Be’… avevo pensato di passare a salutarti… allora arrivederci».
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Piuttosto rossa in faccia, chiuse la porta e se ne andò. Harry si afflosciò nel sedile con un gemito. Gli sarebbe piaciuto che Cho lo avesse trovato seduto in compagnia di un gruppo di compagni molto in gamba che ridevano a crepapelle per qualche sua battuta spiritosa; non con Neville e Lunatica Lovegood, un rospo tra le mani e Puzzalinfa da ogni parte.
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«Non importa» disse Ginny incoraggiante. «Possiamo liberarci in fretta di questa roba». Estrasse la bacchetta. «Gratta e netta!»
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La Puzzalinfa sparì.
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«Scusate» ripeté Neville con la voce piccola.
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Ron e Hermione non comparvero per quasi un’ora. Nel frattempo il carrello del cibo era già passato. Harry, Ginny e Neville avevano finito i loro Zuccotti di zucca ed erano occupati a scambiarsi le figurine delle Cioccorane quando la porta dello scompartimento si aprì e i due amici entrarono, accompagnati da Grattastinchi e da Leotordo, che strideva acutissimo nella sua gabbia.
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«Muoio di fame» annunciò Ron. Stipò Leotordo vicino a Edvige, afferrò una Cioccorana di Harry e si gettò nel sedile vicino al suo. Strappò la busta, staccò con un morso la testa della rana e ricadde all’indietro con gli occhi chiusi, come se avesse appena passato una mattinata estenuante.
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«Be’, ci sono due prefetti del quinto anno per ogni Casa» disse Hermione, che prese posto con aria assai scontenta. «Un maschio e una femmina».
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«E indovina chi è il prefetto di Serpeverde?» chiese Ron, sempre a occhi chiusi.
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«Malfoy» rispose subito Harry, certo che il suo peggior timore avrebbe avuto conferma.
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«Naturale» commentò Ron amareggiato. Si ficcò il resto della rana in bocca e ne prese un’altra.
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«E quella vacca totale di Pansy Parkinson» aggiunse Hermione con rabbia. «Come ha fatto a diventare prefetto, se è più tonta di un troll che ha preso una botta in testa…»
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«Chi sono quelli di Tassorosso?» chiese Harry.
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«Ernie Macmillan e Hannah Abbott» biascicò Ron.
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«E Anthony Goldstein e Padma Patil per Corvonero» disse Hermione.
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«Tu sei andato al Ballo del Ceppo con Padma Patil» osservò una voce sognante.
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Tutti si voltarono a guardare Luna Lovegood, che scrutava Ron senza batter ciglio da sopra Il Cavillo. Lui mandò giù il suo boccone di rana.
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«Sì, lo so» rispose, un po’ sorpreso.
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«Non si è divertita granché» lo informò Luna. «Dice che tu non l’hai trattata molto bene, perché non hai voluto ballare con lei. Io non credo che me la sarei presa» aggiunse pensierosa, «a me non piace molto ballare».
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Sparì di nuovo dietro Il Cavillo. Ron fissò la copertina a bocca aperta per qualche istante, poi guardò Ginny in cerca di spiegazioni, ma lei si era cacciata le nocche in bocca per soffocare il riso. Ron scosse il capo, confuso, poi guardò l’orologio.
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«Dovremmo pattugliare i corridoi ogni tanto» disse a Harry e Neville, «e possiamo punire chi si comporta male. Non vedo l’ora di beccare Tiger e Goyle per qualcosa…»
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«Non dovresti abusare della tua posizione, Ron!» esclamò Hermione severa.
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«Già, perché Malfoy non ne abuserà affatto» ribatté Ron sarcastico.
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«Allora vuoi abbassarti al suo livello?»
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«No, voglio solo beccare i suoi amici prima che lui becchi i miei».
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«Per l’amor del cielo, Ron…»
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«Costringerò Goyle a scrivere cento volte la stessa frase, lo ucciderà, lui odia scrivere» disse Ron allegro. Abbassò la voce per imitare il ringhio sordo di Goyle e, contraendo il viso in un’espressione dolorosamente concentrata, fece il gesto di scrivere per aria. «Io… non… devo… assomigliare… al sedere… di un babbuino».
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Tutti risero, ma nessuno forte come Luna Lovegood. Le sue urla sguaiate svegliarono Edvige che sbatté le ali indignata; Grattastinchi balzò sulla rastrelliera dei bagagli, soffiando. Luna rideva così forte che la rivista le sfuggì di mano e scivolò a terra.
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«Che divertente!»
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I suoi occhi bulbosi erano inondati di lacrime, e lei cercava di prendere fiato, fissando Ron. Decisamente sconcertato, lui guardò gli altri, che ora ridevano per la sua espressione e per la risata assurdamente lunga di Luna Lovegood, che si dondolava avanti e indietro, tenendosi i fianchi.
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«Mi prendi in giro?» le chiese Ron, accigliato.
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«Il sedere… di un babbuino!» disse lei con voce strozzata, tenendosi le costole.
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Tutti gli altri guardavano Luna che rideva, ma a Harry cadde l’occhio sulla rivista per terra e notò una cosa che lo indusse a raccoglierla all’istante. Prima, alla rovescia, era difficile capire che cosa fosse l’immagine di copertina, ma Harry si rese conto che era una pessima vignetta su Cornelius Caramell; lo riconobbe solo grazie alla bombetta verde acido. Una delle mani di Caramell era stretta attorno a un sacco d’oro; l’altra strangolava un goblin. La didascalia recitava: Dove arriverà Caramell per ottenere la Gringott?
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Sotto erano elencati i titoli di altri articoli all’interno della rivista.
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Corruzione nella Lega del Quidditch: così i Tornados stanno prendendo il comandoI segreti delle antiche rune svelatiSirius Black: colpevole o vittima?
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«Posso dare un’occhiata?» chiese Harry a Luna, impaziente.
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Lei annuì, senza fiato per il gran ridere, lo sguardo fisso su Ron.
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Harry aprì la rivista e scorse l’indice. Fino a quel momento si era completamente dimenticato della rivista che Kingsley aveva passato al signor Weasley per Sirius, ma doveva essere proprio quel numero del Cavillo.
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Trovò la pagina e cercò eccitato l’articolo.
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Anche quello era illustrato da una vignetta piuttosto brutta: Harry non avrebbe capito che si trattava di Sirius se non ci fosse stata la didascalia. Il suo padrino era in piedi su una pila di ossa umane, con la bacchetta sfoderata. Il titolo era:
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SIRIUS BIACKNERO COME LO SI DIPINGE?
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Famigerato terrorista o innocente star musicale?
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Harry dovette leggere la frase parecchie volte per assicurarsi di non aver frainteso. Da quando Sirius era una star musicale?
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Da quattordici anni Sirius Black è ritenuto colpevole della strage di dodici Babbani innocenti e di un mago. L’audace fuga di Black da Azkaban due anni fa ha portato alla più vasta caccia all’uomo mai condotta dal Ministero della Magia. Nessuno di noi ha mai messo in dubbio il fatto che meriti di essere catturato e riconsegnato ai Dissennatori.
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MA È COSÌ?
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Secondo una nuova, sorprendente testimonianza Sirius Black non avrebbe commesso i crimini per i quali fu rinchiuso ad Azkaban. In effetti, dichiara Doris Purkiss, 18 Acanthia Way, Little Norton, Black non sarebbe nemmeno stato presente agli omicidi.
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«Quello che la gente non capisce è che Sirius Black è un nome falso» dice la signora Purkiss. «L’uomo che tutti credono Sirius Black è in realtà Stubby Boardman, il solista del popolare gruppo corale Gli Hobgoblin, che si ritirò dalla vita pubblica quasi quindici anni fa dopo essere stato colpito sull’orecchio da una rapa durante un concerto nell’Auditorium della chiesa di Little Norton. Io l’ho riconosciuto non appena ho visto la sua foto sul giornale. Ora, Stubby non avrebbe potuto commettere quei crimini, perché nel giorno in questione si stava godendo una romantica cenetta a lume di candela con me. Ho scritto al Ministero della Magia e mi aspetto che da un giorno all’altro esso conceda la piena assoluzione a Sirius».
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Harry finì di leggere e fissò incredulo la pagina. Forse era uno scherzo, pensò, forse la rivista pubblicava spesso degli scoop inventati. Tornò indietro di qualche pagina e trovò l’articolo su Caramell:
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Cornelius Caramell, il Ministro della Magia, ha negato di aver mai nutrito qualsivoglia ambizione di assumere la gestione della Banca dei Maghi Gringott da quando è stato eletto Ministro della Magia cinque anni fa. Caramell ha sempre dichiarato che non desidera altro che “cooperare in pace” con i guardiani del nostro oro.
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MA È VERO?
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Fonti vicine al Ministero hanno rivelato di recente che la più grande ambizione di Caramell è arrivare a controllare le riserve auree dei goblin e che non esiterà a ricorrere alla forza se necessario.
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«Non sarebbe nemmeno la prima volta» ha dichiarato una talpa del Ministero. «Cornelius “Spaccagoblin” Caramell, così lo chiamano gli amici. Se poteste sentirlo quando crede che nessuno lo ascolti… oh, parla sempre dei goblin che ha fatto fuori; li ha fatti annegare, li ha fatti defenestrare, li ha fatti avvelenare, li ha fatti cucinare in crosta…»
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Harry non andò oltre. Caramell poteva avere molti difetti, ma Harry non se lo vedeva a dare ordine di cucinare goblin in crosta. Sfogliò il resto della rivista e lesse qua e là: l’accusa ai Tutshill Tornados di star vincendo il Campionato di Quidditch grazie a una combinazione di ricatti, manomissione illegale di scope e torture; un’intervista a un mago che sosteneva di essere volato sulla luna con una Tornado Sei e di aver riportato come prova un sacco pieno di rane lunari; e un articolo sulle antiche rune che almeno spiegava perché Luna prima stesse leggendo Il Cavillo alla rovescia. Secondo la rivista, le rune capovolte rivelavano un incantesimo per trasformare le orecchie del nemico in mandarini cinesi. In effetti, rispetto al resto degli articoli, il suggerimento che Sirius potesse davvero essere la voce solista degli Hobgoblin era decisamente plausibile.
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«C’è qualcosa di buono?» chiese Ron, mentre Harry chiudeva la rivista.
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«No di certo» intervenne Hermione pungente, prima che Harry potesse rispondere. «Il Cavillo è solo spazzatura, lo sanno tutti».
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«Scusa» disse Luna; all’improvviso aveva perso il tono sognante. «Mio padre è il direttore».
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«Io… oh» balbettò Hermione, imbarazzata. «Be’… ci sono delle cose interessanti… voglio dire, è piuttosto…»
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«Me la riprendo, grazie» tagliò corto Luna, gelida. Si chinò in avanti e strappò la rivista dalle mani di Harry. Sfogliò fino a pagina cinquantasette, la ribaltò con aria decisa e scomparve dietro di essa, proprio quando la porta dello scompartimento si aprì per la terza volta.
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Harry si voltò a guardare: se l’aspettava, ma ciò non rese affatto più piacevole la vista di Draco Malfoy che gli rivolgeva un sorrisetto compiaciuto tra i suoi compari Tiger e Goyle.
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«Che cosa c’è?» chiese in tono aggressivo prima che Malfoy potesse aprir bocca.
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«Sii educato, Potter, o dovrò metterti in castigo» rispose Malfoy con la sua voce strascicata. I lisci capelli biondi e il mento appuntito erano identici a quelli del padre. «Vedi, io, a differenza di te, sono stato scelto come prefetto, il che significa che io, a differenza di te, ho il potere di infliggere punizioni».
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«Sì» disse Harry, «ma tu, a differenza di me, sei un idiota, quindi esci e lasciaci in pace».
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Ron, Hermione, Ginny e Neville risero. Malfoy fece un sorrisetto.
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«Dimmi, che cosa si prova a essere secondi a Weasley, Potter?» chiese.
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«Taci, Malfoy» intervenne Hermione in tono asciutto.
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«A quanto pare ho toccato un nervo scoperto» continuò Malfoy con un ghigno. «Be’, stai attento, Potter, perché io ti starò addosso come un segugio aspettando che tu faccia un passo falso».
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«Fuori!» urlò Hermione, alzandosi.
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Sogghignando, Malfoy scoccò a Harry un ultimo sguardo maligno e se ne andò, con Tiger e Goyle che si trascinavano alle sue spalle. Hermione chiuse violentemente la porta dello scompartimento e si voltò a guardare Harry: come lui, aveva registrato le parole di Malfoy e ne era altrettanto turbata.
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«Butta un po’ un’altra rana» disse Ron, che evidentemente non si era accorto di nulla.
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Harry non poteva parlare in libertà davanti a Neville e Luna. Scambiò con Hermione un’altra occhiata nervosa, poi si mise a guardare fuori dal finestrino.
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L’idea di Sirius di accompagnarlo alla stazione gli era sembrata subito un po’ sciocca, ma ora all’improvviso gli parve avventata, se non addirittura pericolosa… Hermione non sbagliava… Sirius non sarebbe dovuto venire. E se il signor Malfoy avesse notato il cane nero e l’aveva detto a Draco? E se avesse dedotto che i Weasley, Lupin, Tonks e Moody sapevano dove si nascondeva Sirius? O l’uso della parola “segugio” da parte di Malfoy era una coincidenza?
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Il tempo rimase incerto anche più a nord. La pioggia spruzzava i vetri di malavoglia, poi il sole faceva una debole comparsa prima che le nuvole lo coprissero di nuovo. Quando calò il buio e le lampade si accesero negli scompartimenti, Luna arrotolò Il Cavillo, lo ripose con cura nella borsa e prese invece a fissare tutti i compagni di viaggio.
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Harry era seduto con la fronte premuta contro il finestrino e cercava di avvistare un primo scorcio di Hogwarts, ma era una notte senza luna e il vetro rigato di pioggia era sudicio.
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«Meglio cambiarsi» disse infine Hermione. Lei e Ron si appuntarono con cura le spille da prefetto sulla veste. Harry vide Ron scrutare il proprio riflesso nel finestrino nero.
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Infine il treno prese a rallentare; lungo il convoglio, con un gran chiasso, tutti si davano da fare per recuperare bagagli e animali. Poiché Ron e Hermione dovevano sorvegliare tutto questo, scomparvero di nuovo, lasciando Harry e gli altri a occuparsi di Grattastinchi e Leotordo.
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«lo porto il gufo, se vuoi» disse Luna a Harry, e tese la mano per prendere Leo; Neville ripose con grande cautela Oscar in una tasca interna.
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«Oh… ehm… grazie» rispose Harry, passandole la gabbia e reggendo più salda tra le braccia quella di Edvige.
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Uscirono a fatica dallo scompartimento e avvertirono il primo pizzicore dell’aria notturna già mentre si univano alla folla nel corridoio. Lentamente avanzarono verso gli sportelli. Harry annusò l’odore dei pini che fiancheggiavano il sentiero per il lago. Scese sul marciapiede e si guardò intorno, in attesa del familiare richiamo «Primo anno da questa parte… primo anno…»
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Ma non venne. Invece una voce alquanto diversa, sbrigativa e di donna, gridava: «Quelli del primo anno in fila da questa parte, per favore! Tutti quelli del primo anno da me!»
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Una lanterna avanzò dondolando verso Harry, rivelandogli il mento prominente e il severo taglio di capelli della professoressa Caporal, la strega che l’anno prima aveva sostituito per qualche tempo Hagrid come insegnante di Cura delle Creature Magiche.
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«Dov’è Hagrid?» chiese Harry.
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«Non lo so» rispose Ginny, «ma è meglio se ci togliamo di mezzo, così blocchiamo il passaggio».
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«Ah, sì…»
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Harry e Ginny vennero separati lungo il marciapiede che usciva dalla stazione. Spintonato dalla folla, Harry strizzò gli occhi nel buio per scorgere Hagrid; doveva esserci, Harry ci contava: rivederlo era una delle cose che aveva più atteso. Ma non ce n’era traccia.
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Non può essersene andato, si disse Harry varcando lentamente con gli altri una porta stretta che dava sulla strada. Avrà il raffreddore, una cosa così…
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Cercò con lo sguardo Ron o Hermione; voleva sapere che cosa ne pensavano, ma nessuno dei due era vicino, così si lasciò sospingere in avanti, nella buia strada lavata dalla pioggia fuori dalla stazione di Hogsmeade.
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C’erano parcheggiate più o meno un centinaio di carrozze senza cavalli che portavano sempre al castello gli studenti dal secondo anno in su. Harry diede loro una rapida occhiata, si voltò per avvistare Ron e Hermione, poi tornò a guardare stupito.
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Quelle carrozze non erano senza cavalli. C’erano delle creature tra le stanghe. Se avesse dovuto dar loro un nome, probabilmente li avrebbe definiti cavalli, eppure avevano qualcosa di rettile. Erano completamente privi di carne, i manti neri aderivano allo scheletro, di cui era visibile ogni osso. Avevano teste di drago, con occhi senza pupille bianchi e sgranati. Dal garrese spuntavano vaste ali nere della consistenza del cuoio, come di pipistrelli giganti. Immobili e tranquille nell’oscurità, le creature avevano un aspetto misterioso e sinistro. Harry non riusciva a capire come mai le carrozze venissero tirate da quegli orribili cavalli quando in realtà erano in grado di muoversi da sole.
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«Dov’è Leo?» domandò la voce di Ron appena dietro a Harry.
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«Ce l’aveva quella Luna» rispose Harry, voltandosi in fretta, ansioso di discutere con Ron di Hagrid. «Dove credi che…»
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«…Hagrid? Non so» disse Ron, e sembrava preoccupato. «Speriamo che stia bene…»
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Poco lontano, Draco Malfoy, seguito da una piccola banda di compari tra cui Tiger, Goyle e Pansy Parkinson, spingeva via alcuni intimoriti allievi del secondo anno, di modo che lui e i suoi amici potessero avere una carrozza per sé. Qualche istante dopo, Hermione emerse ansante dalla folla.
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«Malfoy è stato assolutamente tremendo con uno del primo anno, laggiù. Giuro che farò rapporto, ha la spilla da tre minuti e la usa per fare il bullo… dov’è Grattastinchi?»
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«Ce l’ha Ginny» rispose Harry. «Eccola…»
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Ginny era appena sbucata dalla folla; teneva stretto Grattastinchi, che si divincolava.
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«Grazie» disse Hermione, prendendo il gatto. «Andiamo, saliamo su una carrozza insieme prima che si riempiano tutte…»
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«Non ho ancora Leo!» disse Ron, ma Hermione era già diretta verso la carrozza vuota più vicina. Harry rimase indietro con Ron.
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«Che cosa sono quelle cose, ne hai idea?» gli chiese, indicando gli orrendi cavalli, mentre gli altri studenti li superavano.
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«Quali cose?»
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«Quei cava…»
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Luna apparve reggendo la gabbia di Leotordo tra le braccia; il minuscolo gufo cinguettava eccitato, come sempre.
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«Eccoti» disse. «È un gufetto tanto carino, vero?»
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«Ehm… sì, è a posto» rispose Ron burbero. «Be’, allora andiamo, saliamo… che cosa dicevi, Harry?»
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«Dicevo, che cosa sono quelle specie di cavalli?» chiese Harry, mentre lui, Ron e Luna raggiungevano la carrozza in cui erano già sedute Hermione e Ginny.
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«Quali cavalli?»
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«Questi… guarda!»
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Harry prese per un braccio Ron e lo fece voltare in modo che si trovasse proprio di fronte al cavallo alato. Ron lo fissò per un secondo, poi tornò a guardare Harry.
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«Che cos’è che dovrei guardare?»
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«Lì, in mezzo alle stanghe! Attaccato alla carrozza! È proprio davanti a…»
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Ma poiché Ron rimaneva perplesso, uno strano pensiero attraversò la mente di Harry.
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«Non… non li vedi?»
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«Vedere che cosa?»
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«Non vedi che cos’è che tira le carrozze?»
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Ron ormai era seriamente preoccupato.
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«Ti senti bene, Harry?»
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«Io… sì…»
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Harry era sconcertato. Il cavallo era lì davanti a lui, scintillante e concreto nella luce tenue che emanava dalle finestre della stazione, col vapore che gli usciva dalle narici nella fredda aria notturna. Eppure, a meno che non facesse apposta — ed era uno scherzo molto stupido, se lo era — Ron non riusciva proprio a vederlo.
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«Allora, saliamo?» chiese Ron dubbioso e guardò preoccupato Harry.
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«Sì» rispose Harry. «Sì, prima tu…»
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«Stai tranquillo» disse una voce sognante accanto a Harry, mentre Ron spariva nel buio interno della carrozza. «Non stai impazzendo. Li vedo anch’io».
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«Davvero?» chiese Harry disperato, voltandosi verso Luna. Vide i cavalli con le ali da pipistrello riflessi nei grandi occhi argentei della ragazza.
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«Oh, sì» confermò Luna. «Li vedo dal primo giorno che vengo qui. Hanno sempre tirato le carrozze. Non preoccuparti. Sei sano di mente quanto me».
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Con un vago sorriso salì dietro Ron nell’aria stantia della carrozza. Non del tutto rassicurato, Harry la seguì.
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