Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello Hogwarts si svegliò sotto una coltre di neve alta più di un metro. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e i gemelli Weasley erano stati puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Raptor dovunque andasse rimbalzando sul dietro del suo turbante. I pochi gufi che riuscivano a fendere il cielo temporalesco per consegnare la posta dovevano poi essere curati da Hagrid prima di poter riprendere il volo.
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Tutti quanti non vedevano l'ora che cominciassero le vacanze. Mentre nella sala di ritrovo di Grifondoro e nella Sala Grande ardevano fuochi scoppiettanti, i corridoi pieni di spifferi erano gelidi, e un vento sferzante faceva sbattere le imposte nelle aule. Il peggio erano le lezioni del professor Piton, che si tenevano nei sotterranei, dove il respiro si condensava in nuvolette e tutti cercavano di starsene il più vicino possibile ai calderoni bollenti.
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‘Mi dispiace proprio tanto’ disse un giorno Draco Malfoy, durante la lezione di Pozioni, ‘per tutti quelli che a Natale dovranno restare a Hogwarts perché a casa nessuno li vuole’.
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Parlando guardava dalla parte di Harry. Tiger e Goyle ridacchiarono. Harry, che stava dosando della polvere di spina dorsale di pesce-leone, li ignorò. Dal tempo della partita a
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Quidditch, Malfoy era diventato, se possibile, ancora più antipatico. Deluso per la sconfitta del Serpeverde, aveva cercato di suscitare l'ilarità di tutti con una battuta, e cioè che la volta successiva
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Harry sarebbe stato sostituito come Cercatore da una rana dalla bocca larga. Ma poi si era reso conto che non faceva ridere nessuno, perché tutti erano rimasti ammirati dal modo in cui Harry era riuscito a rimanere in sella alla sua scopa nonostante quella cercasse di disarcionarlo. Per cui, Malfoy, geloso e gonfio di rabbia, era tornato a punzecchiare il compagno con la scusa che non aveva una vera e propria famiglia.
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Che Harry non sarebbe tornato a Privet Drive per Natale era vero. La settimana prima, la professoressa McGranitt aveva fatto il giro dei dormitori per preparare l'elenco degli studenti che sarebbero rimasti per le vacanze, e Harry aveva dato subito il suo nome. La cosa non gli dispiaceva affatto; molto probabilmente, quello sarebbe stato il più bel Natale della sua vita. Anche Ron e i suoi fratelli sarebbero rimasti, perché i signori Weasley andavano in Romania a trovare Charlie.
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Quando lasciarono i sotterranei alla fine della lezione di Pozioni, i ragazzi trovarono un grosso abete che bloccava il corridoio. I due enormi piedi che sbucavano da sotto l'albero e il rumore ansimante fecero capire loro che dietro c'era Hagrid.
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‘Ehi, Hagrid, serve una mano?’ chiese Ron ficcando la testa tra i rami. ‘Nooo, ce la faccio da solo, Ron, grazie tante’. ‘Ti spiacerebbe tanto toglierti di mezzo?’ fece dietro di loro la voce strascicata e glaciale di Malfoy. ‘Che cosa c'è, stai cercando di guadagnare qualche spicciolo, Weasley? Forse speri di diventare anche tu guardiacaccia quando te ne andrai da Hogwarts... la capanna di Hagrid deve sembrarti una reggia, in confronto a dove abita la tua famiglia’.
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Ron si buttò a testa bassa contro Malfoy proprio mentre Piton saliva le scale. ‘WEASLEY!’ Ron, che aveva afferrato Malfoy per il davanti della tunica, lasciò la presa.
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‘Ci è stato tirato, professor Piton’ disse Hagrid sporgendo il faccione irsuto da dietro l'albero. ‘Malfoy insultava la sua famiglia’.
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‘Quale che sia la ragione, Hagrid, fare a pugni è contro le regole di Hogwarts’ disse Piton con voce flautata. ‘Cinque punti in meno a Grifondoro, Weasley, e ringrazia il cielo che non te ne tolga di più. Levatevi di torno, tutti quanti!’
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Malfoy, Tiger e Goyle passarono di corsa accanto all'abete, spargendone gli aghi dappertutto e sfoderando un sorriso compiaciuto. ‘Gliela faccio vedere io’ disse Ron digrignando i denti contro Malfoy che ormai gli dava le spalle. ‘Uno di questi giorni, gliela faccio vedere io...’. ‘Li odio tutti e due, Malfoy e Piton’ disse Harry.
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‘Su, basta coi musi, è quasi Natale!’ disse Hagrid. ‘Adesso sapete che cosa facciamo? Vi porto a vedere la Sala Grande. E' tutta una festa!’ Così, seguirono Hagrid e il suo albero fino alla Sala Grande, dove la professoressa Mcgranitt e il professor Vitious erano tutti indaffarati a sistemare le decorazioni natalizie. ‘Ah, ecco Hagrid con l'ultimo albero... Mettilo in quell'angolo laggiù, ti spiace?’
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La sala era davvero uno spettacolo. Dalle pareti pendevano ghirlande d'agrifoglio e di pungitopo, e tutto intorno erano disposti non meno di dodici giganteschi alberi di Natale, alcuni decorati di ghiaccioli scintillanti, altri illuminati da centinaia di candeline.
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‘Quanti giorni mancano alle vacanze?’ chiese Hagrid. ‘Soltanto uno’ rispose Hermione. ‘E questo mi fa venire in mente... Harry, Ron, manca mezz'ora al pranzo, dobbiamo andare in biblioteca’. ‘Ah, già, è vero’ disse Ron distogliendo lo sguardo dal professor Vitious, che dalla sua bacchetta magica stava facendo uscire festoni di bolle che si depositavano sui rami del nuovo albero.
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‘In biblioteca?’ chiese Hagrid seguendoli fuori del salone. ‘Prima delle vacanze? Dite un po', ma non è che esagerate con lo studio?’ ‘Non è per studiare’ gli spiegò Harry tutto allegro. ‘da quando ci hai parlato di Nicolas Flamel che stiamo cercando di scoprire chi diavolo è’.
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‘Che cosa?’ Hagrid sembrava sconvolto. ‘Statemi bene a sentire... Ve l'ho già detto... lasciate perdere. Che cosa custodisce il cane non sono affari vostri’. ‘Vogliamo soltanto sapere chi è Nicolas Flamel, tutto qui’ disse Hermione.
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‘A meno che non voglia dircelo tu, così ci risparmi la fatica’ soggiunse Harry. ‘Abbiamo già sfogliato centinaia di libri e non l'abbiamo trovato da nessuna parte... Dacci almeno una dritta! Io so soltanto che il suo nome l'ho letto da qualche parte’.
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‘Ho le labbra cucite’ disse Hagrid categorico. ‘Allora, non ci rimane che scoprirlo da soli’ disse Ron. Lasciarono Hagrid con l'aria contrariata, e si avviarono di corsa verso la biblioteca.
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Era vero che, da quando Hagrid se l'era fatto sfuggire di bocca, avevano sfogliato libri su libri in cerca di quel nome perché in quale altro modo avrebbero potuto scoprire che cosa stava cercando di rubare Piton? Il guaio era che non sapevano da dove cominciare, ignorando quel che Flamel poteva aver fatto per essere citato in un libro. Non compariva in Grandi maghi del ventesimo secolo, e neanche in Esponenti di rilievo della magia del nostro tempo; non era citato in Scoperte importanti della magia moderna, né in Rassegna dei recenti sviluppi della magia. E poi, naturalmente, c'era il problema delle dimensioni della biblioteca; decine di migliaia di volumi; migliaia di scaffali, centinaia di stretti corridoi.
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Hermione tirò fuori un elenco di materie e di titoli che aveva deciso di cercare mentre Ron si avviava lungo un corridoio e cominciava a estrarre libri a caso dagli scaffali. Harry si aggirava invece nel Reparto Proibito. Da un pezzo si chiedeva se Flamel non si trovasse in qualche libro di quel reparto. Purtroppo, per prendere
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uno qualsiasi dei libri proibiti occorreva un'apposita autorizzazione firmata da uno dei professori, e lui sapeva benissimo che non sarebbe mai riuscito a procurarsela. Quelli erano i libri che contenevano i potenti segreti della Magia Nera che non veniva mai insegnata a Hogwarts, e venivano letti soltanto dagli allievi più anziani che si perfezionavano nella Difesa contro le Arti Oscure.
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‘Che cosa stai cercando, ragazzo?’ ‘Niente’ rispose Harry.
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Madama Pince, la bibliotecaria, brandiva contro di lui un piumino per la polvere. ‘Allora farai meglio ad andartene. Fila... fuori!’ Rimpiangendo di non essere stato più veloce a inventare qualche scusa, Harry lasciò la biblioteca. Con Ron e Hermione aveva convenuto che era meglio non chiedere a Madama Pince dove poter trovare notizie su Flamel. Lei sarebbe stata certamente in grado di dirglielo, ma non potevano rischiare che le loro intenzioni giungessero all'orecchio di Piton.
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Harry aspettò fuori nel corridoio per vedere se i due amici avessero trovato qualcosa, ma non nutriva molte speranze. Erano circa due settimane che portavano avanti la loro ricerca, ma dato che potevano farlo solo nei ritagli di tempo tra una lezione e l'altra, c'era poco da stupirsi che non avessero trovato ancora niente. Quello di cui avrebbero avuto veramente bisogno era di poter cercare a lungo e con comodo, senza sentirsi sul collo il fiato di Madama Pince.
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Cinque minuti dopo, Ron e Hermione lo raggiunsero scuotendo la testa delusi. Andarono a pranzo.
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‘Continuerete a cercare mentre sono via, non è vero?’ chiese Hermione. ‘E se trovate qualcosa mi mandate un gufo’.
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‘E tu potresti chiedere ai tuoi genitori se sanno chi è Flamel’ disse Ron. ‘Chiedendo a loro non si corrono rischi’.
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‘Questo è poco ma sicuro, visto che fanno i dentisti tutti e due!’ rispose Hermione.
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Una volta iniziate le vacanze, Ron e Harry si divertivano troppo per pensare a Flamel. Avevano il dormitorio tutto per loro, e la sala di ritrovo era molto meno affollata del solito, per cui potevano accaparrarsi le poltrone migliori, quelle vicino al camino. Stavano lì seduti per ore e ore di fila, mangiando qualsiasi cosa si potesse infilzare su un forchettone e arrostire alla fiamma - focaccine, salsicce, caldarroste - e architettando stratagemmi per far espellere Malfoy: tutte cose di cui era molto divertente parlare, anche se difficilmente avrebbero funzionato.
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Ron cominciò anche a insegnare a Harry a giocare a scacchi magici. Le regole erano esattamente come quelle degli scacchi dei Babbani, tranne che i pezzi erano vivi, per cui diventava un po' come comandare delle truppe in battaglia. La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia. Come tutto quello che gli apparteneva, anch'essa un tempo era stata di qualche membro della sua famiglia, in quel caso suo nonno. E tuttavia, giocare con dei pezzi vecchi non era affatto un problema: Ron li conosceva talmente bene, che non aveva difficoltà a convincerli a fare quel che voleva lui.
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Invece Harry giocava con gli scacchi che gli aveva prestato Seamus Finnigan, e i pezzi non avevano la minima fiducia in lui. Ancora non era un bravo giocatore, e loro non facevano che gridare consigli contraddittori che finivano per confonderlo: ‘Non mi mandare da quella parte, non vedi che lì c'è il cavallo di quell'altro? Manda lui; lui possiamo permetterci di perderlo!’
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La vigilia di Natale, Harry andò a letto pregustando le leccornie e i divertimenti dell'indomani, ma senza aspettarsi nessun regalo. Ma al suo risveglio, il mattino seguente di buon'ora, la prima cosa che vide ai piedi del suo letto fu un mucchio di pacchetti.
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‘Buon Natale!’ gli fece Ron ancora assonnato, mentre Harry si buttava giù dal letto e si infilava la vestaglia.
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‘Anche a te’ gli rispose. ‘Ma... hai visto che roba? Ho ricevuto dei regali!’ ‘E che cosa ti aspettavi, un mazzo di rape?’ disse Ron voltandosi a guardare i suoi regali, che erano molto più numerosi di quelli di Harry.
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Harry prese il primo pacchetto dalla cima del mucchio. Era avvolto in una spessa carta da pacchi, con su scarabocchiato: ‘A Harry da Hagrid’. Dentro c'era un flauto di legno rozzamente intagliato. Evidentemente, Hagrid lo aveva lavorato con le sue mani. Harry ci soffiò dentro... faceva un suono simile al verso di una civetta.
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Il secondo pacchetto era piccolissimo e dentro c'era un biglietto: ‘Abbiamo ricevuto il tuo messaggio e accludiamo il regalo di Natale per te. Zio Vernon e zia Petunia’. Attaccata al biglietto col nastro adesivo c'era una moneta da mezza sterlina.
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‘Molto carino da parte loro’ disse Harry. Ron era affascinato dalla moneta.
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‘Questa poi!’ disse. ‘Che forma strana! Ma davvero sono soldi?’ ‘Puoi prenderli se vuoi’ lo incoraggiò Harry ridendo della contentezza di Ron. ‘Allora, ho aperto quello di Hagrid e quello dei miei zii... e questi altri, chi me li manda?’
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‘Credo di sapere da chi viene quello’ disse Ron arrossendo leggermente e indicando un grosso pacco informe. ‘Da mia mamma. Le ho detto che non ti aspettavi nessun regalo, e allora... Oh, no!’ gemette poi, ‘ti ha fatto un maglione alla Weasley!’
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Harry aveva aperto il pacchetto e ci aveva trovato un pesante maglione di lana lavorato ai ferri, color verde smeraldo, e una grossa scatola di caramelle mou fatte in casa. ‘Ci fa un maglione per uno tutti gli anni’ disse Ron scartando il suo, ‘e i miei sono sempre color melanzana’.
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‘Ma che gentile!’ disse Harry assaggiando una caramella, che era molto gustosa. Anche il pacco successivo conteneva dolci: una grossa scatola di Cioccorane da parte di Hermione.
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Rimaneva un ultimo pacchetto. Harry lo prese in mano e tastò. Era molto leggero. Lo scartò. Ne scivolò qualcosa di fluente e grigio argento che cadde a terra formando un mucchietto di pieghe lucenti. Ron rimase senza fiato.
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‘Ne ho sentito parlare, di quelli’ disse in un sussurro, lasciando cadere la scatola di Tuttigusti+1 che aveva ricevuto da Hermione. ‘Se è quel che penso... sono molto rari e veramente preziosi’.
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‘Che cos'è?’ Harry raccolse da terra lo scintillante tessuto argenteo. Era stranissimo al tatto, come fosse tessuto con l'acqua. ‘il mantello che rende invisibili’ disse Ron, e sul volto gli si era dipinto un timore reverenziale. ‘Ne sono sicuro... provalo!’
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Harry se lo gettò sulle spalle e Ron diede un grido. ‘E' come dico io! Guarda giù!’ Harry si guardò i piedi, ma quelli erano spariti. Corse allo specchio. Non c'erano dubbi: l'immagine che gli rimandò lo specchio era fatta soltanto di una testa sospesa a mezz'aria sopra un corpo completamente invisibile. Si tirò il mantello sulla testa e l'immagine scomparve del tutto.
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‘C'è un biglietto!’ disse Ron d'un tratto. ‘È caduto un biglietto’. Harry si tolse il mantello e lo prese. Scritte con una grafia stretta e sinuosa che non aveva mai visto prima, si leggevano le seguenti parole: ‘Questo me l'ha affidato tuo padre prima di morire. giunto il momento che torni a te. Fanne buon uso. Buon Natale’.
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Non c'era firma. Harry rimase a fissare la lettera, mentre Ron guardava estasiato il mantello.
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‘Darei qualsiasi cosa per averne uno’ disse. ‘Ma proprio qualsiasi cosa. Be', che ti succede?’ ‘Niente’ lo assicurò Harry. Era molto perplesso. Chi gli aveva mandato il mantello? Era veramente appartenuto a suo padre?
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Prima di poter dire o pensare qualsiasi cosa, la porta del dormitorio si spalancò e Fred e George Weasley entrarono come due bolidi. Harry nascose velocemente il mantello. Non se la sentiva ancora di parlarne con altri. ‘Buon Natale!’
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‘Ehi, guarda... anche Harry ha un maglione alla Weasley!’ Fred e George indossavano due maglioni blu, uno con una grossa F in giallo, e l'altro con una G.
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‘Quello di Harry è più bello del nostro, però’ disse Fred tenendolo aperto perché lo vedessero. ‘Naturalmente, mamma ci mette più impegno se non sei della famiglia’.
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‘E tu, Ron, perché non ti sei messo il tuo?’ chiese George. ‘Su, dai, mettilo anche tu, sono bellissimi e caldi’. ‘Io odio il color melanzana’ piagnucolò Ron sconfortato, mentre se lo infilava dalla testa.
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‘Sul tuo non c'è nessuna lettera’ osservò George. ‘Segno che mamma crede che tu non ti dimentichi come ti chiami. Ma neanche noi siamo stupidi... sappiamo benissimo che ci chiamiamo Gred e Forge!’
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‘Che cos'è tutto questo chiasso?’ Percy Weasley infilò la testa dentro la stanza con aria di disapprovazione. Si vedeva che anche lui aveva cominciato a scartare i suoi regali, perché, come i fratelli, si era buttato sul braccio un maglione bitorzoluto, che Fred afferrò subito.
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‘P come Prefetto! Infilatelo anche tu, dai, ce li siamo messi tutti! Anche Harry ne ha avuto uno’. ‘Ma io... non... voglio...’ bofonchiò, mentre i gemelli gli infilavano a forza il maglione dalla testa, mandandogli gli occhiali di traverso.
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‘Oggi, levati dalla testa di sederti al tavolo dei prefetti!’ disse George. ‘Il Natale si passa in famiglia’. E lo trascinarono via di peso, in quattro, approfittando che aveva le braccia imprigionate nel pullover.
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Un pranzo di Natale come quello, Harry non l'aveva mai visto in vita sua. Un centinaio di grassi tacchini arrosto, montagne di patate arrosto e bollite, vassoi di oleose salsicce alla cipolla, zuppiere di piselli al burro, salsiere d'argento con salse dense e saporite alla carne e al mirtillo, e montagne di petardi magici disposte a intervalli lungo la tavola. Quei fantastici petardi non avevano niente a che fare con quelli insignificanti, da Babbani, che compravano i Dursley, e che tutt'al più contenevano giocattolini di plastica e insulsi cappellini di carta. Quando Harry, con l'aiuto di Ron, fece scoppiare un petardo magico, quello non si limitò a fare bum!, ma sparò come un cannone avvolgendoli in una nuvola di fumo blu, mentre da dentro schizzavano fuori un tricorno da Contrammiragli, e una miriade di topolini bianchi vivi. Intanto, alla Tavola delle autorità, Silente aveva barattato il suo cappello a punta da mago con una cuffia a fiori e stava ridendo a crepapelle di una storiella che il professor Vitious gli aveva appena letto.
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Ai tacchini seguirono i dolci di Natale flambé. Poco mancò che Percy non si rompesse un dente su una moneta d'argento nascosta nella fetta che gli era toccata. Harry non perdeva d'occhio Hagrid, che a forza di versarsi bicchieri di vino stava diventando sempre più paonazzo, finché baciò addirittura sulla guancia la professoressa Mcgranitt, la quale, con grande sorpresa del ragazzo, rise e arrossì, incurante del cilindro sulle ventitré.
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Quando finalmente Harry si alzò da tavola, era carico di tutti gli strani oggetti venuti fuori dalle confezioni dei petardi, fra cui un pacchetto di palloncini luminosi a prova di spillo, un kit ‘fai-da-te’ per far spuntare le verruche e una scacchiera magica tutta nuova, completa di pezzi. I topolini bianchi erano scomparsi, e Harry fu assalito dall'atroce dubbio che potessero diventare il pranzo natalizio della gatta Mrs Purr.
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Harry e i fratelli Weasley trascorsero un pomeriggio felice a giocare a palle di neve all'aperto. Poi, infreddoliti, bagnati e senza fiato, tornarono a scaldarsi davanti al fuoco della sala di ritrovo di Grifondoro, dove Harry inaugurò la sua nuova scacchiera facendosi dare una spettacolare batosta da Ron. Ma ebbe il sospetto che le sue sconfitte non sarebbero state così irrimediabili se Percy non avesse cercato di aiutarlo con tanto impegno.
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Dopo la merenda a base di tè, panini al tacchino, focaccine, zuppa inglese e dolce di Natale, erano tutti troppo satolli e assonnati per aver voglia di fare qualsiasi cosa prima di andare a letto, se non assistere allo spettacolo di Percy che rincorreva Fred e George per tutta la torre del dormitorio, perché i due monelli gli avevano preso il suo distintivo da prefetto.
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Per Harry, era stato il miglior Natale della sua vita. Eppure, per tutta la giornata aveva cercato di soffocare un pensiero che lo tormentava. Solo dopo che si fu infilato sotto le coperte si sentì libero di rifletterci su: riguardava il mantello che rendeva invisibili, e colui o colei che glielo aveva mandato.
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Ron, sazio di tacchino e di torta e senza pensieri che lo tormentassero, si addormentò quasi subito, dopo aver chiuso le cortine del suo letto a baldacchino. Harry si sporse di lato e tirò fuori il mantello da sotto il letto.
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Suo padre... quel mantello era appartenuto a suo padre. Si lasciò scorrere il tessuto tra le mani, più soffice della seta, leggero come l'aria. Fanne buon uso, diceva il biglietto.
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Doveva provarlo, e subito. Scivolò dal letto e vi si avvolse dentro. Guardando in basso, verso le gambe, vide soltanto chiaro di luna e ombre. Era una sensazione molto strana. Fanne buon uso.
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Tutto d'un tratto, Harry si sentì completamente sveglio. Con indosso il mantello, tutta Hogwarts gli si spalancava davanti. Si sentì invadere dall'eccitazione, mentre se ne stava lì, avvolto dal buio e dal silenzio. Con quella protezione poteva andare dovunque senza che Gazza lo venisse a sapere.
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Ron farfugliò qualcosa nel sonno. Doveva svegliarlo? Qualcosa lo trattenne. Il mantello di suo padre... Harry sentì che per quella volta... la prima volta... voleva provarlo da solo.
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Scivolò fuori dal dormitorio, scese per le scale, attraversò la sala di ritrovo e si arrampicò su per il buco coperto dal ritratto.
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‘Chi va là?’ strillò la Signora Grassa. Harry non rispose. Percorse in fretta il corridoio.
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Da che parte andare? Si fermò col cuore che gli batteva forte, e rimase a pensare. Poi gli venne in mente. Il Reparto Proibito, in biblioteca. Avrebbe potuto leggere tutto quello che voleva e per tutto il tempo necessario a scoprire chi era Flamel. Si avviò, stringendosi nel suo mantello.
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Nella biblioteca era buio pesto e c'era un'atmosfera da brivido. Harry accese una lampada per vedere le file di libri. La lampada sembrava galleggiare a mezz'aria, e anche se Harry sapeva di reggerla lui col braccio, la sua vista gli faceva venire la pelle d'oca.
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Il Reparto Proibito era proprio in fondo alla biblioteca. Facendo molta attenzione e scavalcando il cordone che separava quei libri dal resto della biblioteca, Harry tenne alta la lampada per leggere i titoli.
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Ma non gli dicevano granché. Le lettere erano talmente consunte che l'oro veniva via a pezzi, e formavano parole in lingue che Harry non capiva. Alcuni, poi, non avevano titolo. Uno mostrava sulla copertina una macchia scura dall'aspetto sinistro, che aveva tutta l'aria di esser sangue. A Harry si rizzarono i capelli in testa. Forse era tutta una sua fantasia, forse no, ma credette di sentire un debole sussurro provenire dai libri, come se quelli avvertissero la presenza di un intruso.
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Doveva pur cominciare da qualche parte. Sistemò con circospezione la lampada a terra, guardò lungo lo scaffale più basso in cerca di un libro interessante. Un grosso libro nero e argento colpì la sua attenzione. Lo tirò fuori con difficoltà, perché era molto pesante e, appoggiandoselo sulle ginocchia, lo aprì.
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Il silenzio fu rotto da un grido lacerante, da far gelare il sangue nelle vene. Proveniva dal libro! Harry si affrettò a richiuderlo, ma il grido continuò ancora: un'unica nota acuta, ininterrotta, assordante. Arretrando, il ragazzo inciampò e urtò la lampada che si spense all'istante. Terrorizzato, udì dei passi lungo il corridoio all'esterno. Ripose nello scaffale il libro urlante e se la diede a gambe. Incrociò Gazza quasi sulla porta. Lo sguardo di quegli occhi pallidi e furenti lo attraversò da parte a parte senza vederlo: Harry sgattaiolò sotto il braccio alzato del guardiano, e spiccò una corsa furibonda per il corridoio, con le grida del libro che gli risonavano ancora nelle orecchie.
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Improvvisamente, si fermò davanti a un'alta armatura. Tutto preso dalla fretta di allontanarsi dalla biblioteca, non aveva prestato attenzione a dove andava. Forse perché era buio, non aveva la minima idea di dove si trovava. C'era un'armatura vicino alle cucine, questo lo sapeva, ma lui doveva essere cinque piani più su.
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‘Mi ha chiesto di venire direttamente da lei, professore, a riferirle se qualcuno andasse in giro di notte, e qualcuno è stato nella biblioteca... nel Reparto Proibito’.
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Harry si sentì sbiancare. Dovunque si trovasse, Gazza doveva conoscere una scorciatoia, perché la sua voce melliflua e untuosa si stava avvicinando e, con suo orrore, a rispondergli fu Piton: ‘Il Reparto Proibito? Be' non possono essere lontani, li prenderemo’.
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Harry rimase inchiodato lì dove si trovava, mentre Gazza e Piton giravano l'angolo venendo dalla sua parte. Naturalmente non potevano vederlo, ma il corridoio era stretto e se si fossero avvicinati di più lo avrebbero urtato: il mantello lo rendeva invisibile, ma non incorporeo.
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Indietreggiò silenziosamente. Alla sua sinistra c'era una porta socchiusa. Era la sua unica speranza. Ci si infilò, trattenendo il fiato, cercando di non farla cigolare, e con suo grande sollievo riuscì a insinuarsi dentro senza che i due lo notassero. Quando l'ebbero oltrepassata Harry si appoggiò alla parete, tirò un profondo respiro e tese l'orecchio ai loro passi che si perdevano in lontananza. Gli erano passati vicino, molto vicino. Dovettero trascorrere alcuni secondi prima che si rendesse conto di quel che conteneva la stanza dove si era nascosto.
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Aveva l'aspetto di un'aula in disuso. Le oscure sagome dei banchi e delle sedie erano accostate lungo le pareti e c'era anche un cestino per la carta straccia capovolto. Ma appoggiato al muro, di fronte a lui, c'era un oggetto che appariva fuori luogo in quell'aula, come se qualcuno ce l'avesse messo per toglierlo dalla circolazione.
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Era uno specchio meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. In cima, portava incisa un'iscrizione: ‘Erouc li amotlov li ottelfirnon’.
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Il panico era svanito, ora che non c'era più traccia di Gazza e di Piton, e Harry si avvicinò allo specchio col desiderio di guardarcisi dentro e ancora una volta non vedere il suo riflesso. Ci si piazzò di fronte.
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Dovette tapparsi la bocca con le mani per impedirsi di gridare. Si voltò di scatto. Il cuore gli batteva ancor più furiosamente di quando il libro aveva preso a gridare, perché nello specchio aveva visto non solo se stesso, ma tutta una folla di gente, proprio accanto a lui.
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Eppure la stanza era vuota. Col respiro mozzo, tornò a volgersi lentamente verso lo specchio.
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Era lì, riflesso sulla sua superficie, pallido e atterrito, e riflesse dietro di lui c'erano almeno altre dieci persone. Harry tornò a guardare dietro di sé da sopra la spalla, ma ancora una volta, la stanza era vuota. Oppure anche gli altri erano invisibili? Forse si trovava in una stanza piena di gente invisibile, e il trucco dello specchio era di rifletterli tutti, invisibili o meno che fossero?
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Tornò a guardare nello specchio. Una donna, ritta in piedi proprio dietro alla sua immagine, gli sorrideva e lo salutava con un gesto della mano. Allungò un braccio dietro di sé, ma non sentì altro che aria. Se ci fosse stata veramente, avrebbe potuto toccarla, tanto le loro immagini erano vicine, e invece tastò soltanto aria: quella donna, e tutte quelle altre persone, esistevano soltanto nello specchio.
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Era una donna molto carina. Aveva capelli rosso scuro e gli occhi... sì, i suoi occhi sono proprio come i miei, pensò Harry facendosi un po' più accosto allo specchio. Occhi verde chiaro... esattamente la stessa forma. Poi però vide che stava piangendo: sorrideva e piangeva al tempo stesso. L'uomo alto, magro e coi capelli scuri che le era accanto la cinse con un braccio. Aveva una chioma ribelle, di quelle che non stanno mai a posto. Proprio come quella di Harry.
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Ora Harry era così vicino allo specchio che con la punta del naso sfiorava la sua stessa immagine. ‘Mamma’ mormorò. ‘Papà’. I due si limitarono a fissarlo sorridendo. E a poco a poco, Harry si voltò a guardare i volti delle altre persone riflesse nello specchio, e vide altre paia di occhi verdi come i suoi, altri nasi come il suo, e anche un vecchino che sembrava avere le sue stesse ginocchia ossute... Per la prima volta in vita sua, Harry vedeva la sua famiglia.
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I Potter continuavano a sorridergli e a salutarlo, e lui tornò a guardarli, anelante, con le mani premute contro lo specchio come se sperasse di caderci dentro e di raggiungerli. Dentro di sé provava un dolore acuto, fatto per metà di gioia e per metà di una terribile tristezza.
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Quanto tempo rimase lì davanti, non lo sapeva. Le immagini riflesse non accennavano a svanire e lui continuò a guardarle ancora a lungo, finché un rumore in lontananza lo fece tornare alla realtà. Non poteva restare lì, doveva trovare la strada per tornare a letto.
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Distolse a forza lo sguardo dal volto di sua madre, le sussurrò ‘Tornerò ancora’, e si allontanò in fretta dalla stanza.
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‘Avresti anche potuto svegliarmi’ disse Ron seccato. ‘Puoi venire stanotte. Ho intenzione di tornarci, voglio mostrarti lo specchio’.
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‘Mi piacerebbe molto conoscere il tuo papà e la tua mamma’ disse Ron incuriosito. ‘E io voglio conoscere tutta la tua famiglia Weasley al completo. Potrai presentarmi gli altri tuoi fratelli e tutti quanti’.
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‘Loro puoi vederli quando ti pare’ disse Ron. ‘Basta che tu venga a trovarmi a casa quest'estate. Ma può anche darsi che lo specchio mostri soltanto le persone morte. Che peccato, però, non aver trovato Flamel... Dai, prendi un po' di pancetta o qualcos'altro. Perché stamattina non mangi niente?’
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Harry aveva lo stomaco chiuso. Aveva conosciuto i suoi genitori e quella notte li avrebbe rivisti. Di Flamel si era quasi dimenticato. Non sembrava più tanto interessante. Che cosa gliene importava di quel che custodiva il cane? Che cosa gliene importava, in fondo, se Piton lo rubava?
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‘Ti senti bene?’ chiese Ron. ‘Hai un'aria strana’. Quel che Harry temeva di più era di non riuscire a ritrovare la stanza dello specchio. La notte seguente, con Ron anche lui sotto il mantello, dovette camminare molto più lentamente. Nel tentativo di ritrovare la strada che aveva percorso Harry partendo dalla biblioteca, vagarono per circa un'ora nei corridoi immersi nel buio.
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‘Sto morendo di freddo’ disse Ron alla fine. ‘Lasciamo perdere e torniamo indietro’.
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‘No!’ sibilò Harry. ‘So che è qui, da qualche parte’.
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Passarono accanto al fantasma di una strega spilungona che scivolava nella direzione opposta, ma non videro nessun altro. Proprio quando Ron ricominciava a lamentarsi dei piedi gelati, Harry scorse l'armatura. ‘qui... proprio qui... sì!’
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Aprirono la porta. Harry si lasciò cadere il mantello dalle spalle e corse verso lo specchio.
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Erano tutti lì. Suo padre e sua madre irradiavano felicità al vederlo.
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‘Vedi?’ sussurrò Harry. ‘Non vedo un bel niente’.
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‘Guarda! Guarda quanti sono...’ ‘Ma io vedo solo te’.
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‘Ma no, guarda bene! Dai, mettiti dove sono io’. Harry si fece da parte, ma con Ron davanti allo specchio non riusciva più a vedere la sua famiglia, soltanto lui con il suo pigiama a pallini.
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Ma Ron contemplava la propria immagine come pietrificato. ‘Ehi, quello sono io!’ esclamò poi. ‘E vedi tutta la tua famiglia intorno a te?’
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‘No... sono solo... Ma è diverso... sembro più grande... sono diventato capoclasse!’ ‘Che cosa?’
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‘Sono... Porto il distintivo, come quello che usava Bill... e tengo in mano la coppa del dormitorio, e la coppa del Quidditch... Sono anche capitano della squadra di Quidditch!’
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Ron distolse a forza lo sguardo da quella visione prodigiosa e guardò Harry tutto emozionato.
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‘Che dici, questo specchio fa vedere il futuro?’ ‘E com'è possibile? I miei sono tutti morti... Fammi guardare un'altra volta’.
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‘Senti, tu l'hai avuto tutto per te la notte scorsa. Lasciami guardare ancora un po'!’ ‘Ma tu ti vedi semplicemente con in mano la coppa di Quidditch! Che cosa c'è di tanto interessante? Io voglio vedere i miei genitori’.
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‘Ehi, non mi spingere!’ Un rumore improvviso, fuori del corridoio, mise fine a quella discussione. Non si erano resi conto che avevano parlato a voce molto alta. ‘Svelto!’
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Harry riuscì a coprire sé e l'amico col mantello, proprio nel momento in cui apparivano sulla porta gli occhi fosforescenti di Mrs Purr. I due ragazzi si immobilizzarono. Entrambi furono colpiti da uno stesso pensiero: il mantello funzionava coi gatti? Dopo quella che parve un'eternità, la gatta voltò la coda e se ne andò.
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‘Non siamo al sicuro... potrebbe essere andata a cercare Gazza. Sono certo che ci ha sentiti. Dai, andiamocene!’ E Ron spinse Harry fuori della stanza.
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La mattina dopo, la neve non si era ancora sciolta. ‘Vuoi fare una partita a scacchi, Harry?’ chiese Ron. ‘No’. ‘Perché non andiamo a trovare Hagrid?’ ‘No... vacci tu...’
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‘Io lo so a che cosa stai pensando, Harry: a quello specchio. Ma questa notte non ci tornare’. ‘E perché no?’ ‘Boh. So solo che ho una sensazione strana... e poi troppe volte te la sei cavata per il rotto della cuffia. Gazza, Piton e Mrs Purr fanno la ronda. Credi di essere al sicuro solo perché non ti vedono? E se ti vengono a sbattere addosso? E se fai cadere qualcosa?’
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‘Mi sembri Hermione!’ ‘Dico sul serio, Harry, non andare’. Ma Harry aveva un chiodo fisso in testa: tornare davanti allo specchio. E non sarebbe stato certo Ron a fermarlo.
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Quella terza notte, riuscì a trovare la strada molto più rapidamente delle precedenti. Camminava così in fretta da fare più rumore di quanto consigliasse la prudenza, ma non incontrò nessuno.
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Ed ecco di nuovo sua madre e suo padre che gli sorridevano, e uno dei nonni che gli faceva cenno col capo, tutto allegro. Harry si lasciò scivolare a terra e finì seduto sul pavimento di fronte allo specchio. Niente gli avrebbe impedito di restarsene lì tutta la notte con la sua famiglia. Niente di niente.
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Tranne che... ‘Allora... di nuovo qui, Harry?’
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Harry sentì le budella congelarglisi dentro la pancia. Si guardò alle spalle. Seduto su uno dei banchi appoggiati al muro, c'era nientedimeno che Albus Silente. Harry doveva essergli passato accanto senza neanche vederlo, tanto era stato disperato il desiderio di tornare davanti allo specchio.
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‘Io... io non l'ho veduta, signore’. ‘Strano: essere invisibili rende miopi!’ osservò Silente, e Harry si sentì sollevato nel vedere che sorrideva.
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‘Allora’ disse Silente lasciandosi scivolare giù dal banco per venirsi a sedere a terra accanto a Harry. ‘Tu, come centinaia di altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello Specchio delle Brame’. ‘Non sapevo che si chiamasse così, signore’.
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‘Suppongo però che ormai abbia capito a che cosa serve’. ‘Sì... be'... ci vedo la mia famiglia...’ ‘E il tuo amico Ron ci si è visto capoclasse’.
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‘E lei come lo sa...?’ ‘Io non ho bisogno di un mantello per diventare invisibile’ disse Silente con dolcezza. ‘Capisci adesso che cos'è che noi tutti vediamo nello Specchio delle Brame?’
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Harry scosse la testa. ‘Allora te lo spiego. L'uomo più felice della terra riuscirebbe a usare lo Specchio delle Brame come un normale specchio, vale a dire che, guardandoci dentro, vedrebbe se stesso esattamente com'è. Cominci a capire?’
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Harry rimase per un po' soprappensiero. Poi disse lentamente: ‘Ci vediamo dentro quel che desideriamo... le cose che vogliamo...’ ‘Sì e no’ disse Silente tranquillo. ‘Ci mostra né più né meno quello che desideriamo più profondamente e più irresistibilmente in cuor nostro. Tu, che non hai mai conosciuto i tuoi genitori, ti vedi circondato da tutta la famiglia. Ronald Weasley, che è sempre vissuto all'ombra dei suoi fratelli, si vede come il migliore di tutti. E tuttavia questo specchio non ci dà né la conoscenza né la verità. Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi, rapiti da quel che avevano visto, oppure hanno perso il senno perché non sapevano se quel che esso mostra è reale o anche solo possibile.
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‘Domani, lo Specchio delle Brame verrà portato in una nuova dimora, Harry, e io ti chiedo di non cercarlo mai più. Se mai ti ci imbatterai di nuovo, sarai preparato. Ricorda: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non ti rimetti addosso quel meraviglioso mantello e non te ne torni a letto?’
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Harry si alzò in piedi. ‘Signore... professor Silente... Posso farle una domanda?’ ‘Certo! Me ne hai appena fatta una!’ Silente sorrise. ‘Comunque, puoi farmene anche un'altra’.
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‘Lei che cosa vede, quando si guarda in quello specchio?’ ‘Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana’. Harry lo guardò incredulo. ‘I calzini non bastano mai’ disse Silente. ‘È passato un altro Natale, e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri’.
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Solo quando fu di nuovo a letto, a Harry venne in mente che forse Silente non aveva detto la verità. Ma in fin dei conti, rifletté mentre scacciava dal cuscino il topo Crosta, la sua era stata una domanda forse troppo personale.
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