Dov’era Silente, e che cosa faceva? Harry vide il Preside solo due volte nelle settimane seguenti. Compariva di rado ai pasti, e sembrava che Hermione avesse ragione a pensare che Silente si assentasse dalla scuola per alcuni giorni di fila. Si era forse dimenticato delle lezioni con Harry? Aveva detto che le lezioni avevano a che fare con la profezia; Harry si era sentito sostenuto, confortato, e ora si sentiva un po’ abbandonato.
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A metà ottobre ci fu la prima gita del quadrimestre a Hogsmeade. Harry fu lieto di scoprire che, nonostante le misure di sicurezza sempre più rigide, quelle escursioni fossero ancora permesse: era piacevole uscire dai confini del castello per qualche ora.
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La mattina della gita, che si annunciava tempestosa, si svegliò presto e aspettò l’ora della colazione leggendo Pozioni Avanzate. Di solito non leggeva libri di scuola a letto; come diceva giustamente Ron, quello era un comportamento vergognoso per chiunque tranne per Hermione, che era solo un po’ balenga. Tuttavia Harry aveva la sensazione che il volume appartenuto al Principe Mezzosangue non si potesse proprio definire un libro di testo. Più tempo passava sul libro, più comprendeva che non vi erano contenuti solo i suggerimenti e gli espedienti che gli stavano valendo una brillante reputazione con Lumacorno, ma anche fatture e piccoli incanti ingegnosi scarabocchiati ai margini e, a giudicare dalle cancellature e dalle revisioni, inventati dal Principe stesso.
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Harry ne aveva già sperimentati alcuni. C’era una fattura che faceva crescere le unghie dei piedi a una velocità incredibile (l’aveva provata su Goyle in corridoio, con risultati esilaranti); un incantesimo che incollava la lingua al palato (l’aveva inflitto due volte, tra gli applausi generali, a un ignaro Argus Gazza); e, forse il più utile di tutti, il Muffliato,un comando che riempiva le orecchie degli altri di un ronzio indistinto, così da poter comodamente chiacchierare in classe senza essere ascoltati. L’unica a non trovarci niente di buffo era Hermione, che manteneva un’espressione di rigido disappunto e si rifiutava di proferir parola se Harry usava il Muffliato.
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Harry girò il libro per esaminare più da vicino le istruzioni di un incantesimo che sembrava aver messo il Principe a dura prova. Cerano molte cancellature e modifiche, ma infine, rannicchiata in un angolo della pagina, ecco la scritta:
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Levicorpus (n-vbl)
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Nel rumore del vento e della pioggia ghiacciata che battevano instancabili sulle finestre e di Neville che russava forte, Harry fissò le lettere fra parentesi. N-vbl… doveva significare non verbale. Harry dubitava di poterlo eseguire: aveva ancora qualche difficoltà con gli incantesimi non verbali, cosa che Piton non aveva mancato di commentare a ogni lezione. D’altra parte, il Principe fino a quel momento si era dimostrato un insegnante molto più utile di Piton.
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Harry puntò la bacchetta nel vuoto, la fece scattare all’insù e disse tra sé: Levicorpus!
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«Aaaaaaaargh!»
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Un lampo di luce, e la stanza si riempì di voci: l’urlo di Ron aveva svegliato tutti. In preda al panico, Harry gettò via Pozioni Avanzate; Ron era appeso a mezz’aria a testa in giù, come se un gancio invisibile l’avesse issato per la caviglia.
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«Scusa!» strillò Harry, mentre Dean e Seamus si schiantavano dal ridere e Neville, caduto dal letto, si rialzava. «Aspetta… ti faccio scendere…»
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Cercò a tentoni il libro e lo sfogliò, atterrito, per trovare la pagina giusta. Quando infine la riconobbe, decifrò una parola minuscola sotto la formula e, pregando che fosse la controfattura, pensò Liberacorpus! con tutte le sue forze.
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Un altro lampo di luce, e Ron ricadde sul materasso come un sacco di patate.
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«Scusa» ripeté Harry debolmente, mentre Dean e Seamus continuavano a squassarsi dal ridere.
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«Domani» mugolò Ron, «preferirei che mettessi la sveglia».
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Quando si furono vestiti, bene imbacuccati nei golf fatti a maglia dalla signora Weasley, ed ebbero preso mantelli, sciarpe e guanti, Ron aveva superato lo spavento e deciso che il nuovo incantesimo di Harry era molto divertente; al punto che si precipitò a raccontarlo a Hermione quando si sedettero nella Sala Grande.
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«… e poi c’è stato un altro lampo e sono atterrato sul letto!» concluse con un gran sorriso, servendosi le salsicce.
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Hermione, serissima e gelida, si rivolse a Harry: «Per caso era un’altra formula del tuo libro di pozioni?» chiese.
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Harry la guardò accigliato.
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«Salti sempre alle conclusioni peggiori, vero?»
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«Lo era?»
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«Be’… sì, e allora?»
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«Allora hai deciso di provare un incantesimo sconosciuto e scritto a mano per vedere che cosa succedeva?»
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«Che cosa importa se era scritto a mano?»domandò Harry, scegliendo di non rispondere al resto della domanda.
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«Probabilmente non è approvato dal Ministero della Magia» rispose Hermione. «E in più» aggiunse, mentre Harry e Ron alzavano gli occhi al cielo, «sto cominciando a pensare che questo Principe sia davvero sospetto».
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Sia Harry che Ron la zittirono subito.
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«È stata una cosa da ridere!» esclamò Ron, vuotando una bottiglia di ketchup sulle sue salsicce. «Da ridere, Hermione, tutto qui!»
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«Appendere la gente a testa in giù per la caviglia?» ribatté Hermione. «Chi spreca tempo ed energie a inventare incantesimi del genere?»
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«Fred e George» rispose Ron con un’alzata di spalle, «è il loro genere. E, ehm…»
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«Mio padre» disse Harry. Gli era venuto in mente solo in quel momento.
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«Che cosa?» chiesero insieme Ron e Hermione.
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«Mio padre usava questo incantesimo» spiegò Harry. «Io… me l’ha raccontato Lupin».
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Era vero solo in parte; in effetti, Harry aveva visto suo padre usare la fattura contro Piton, ma non aveva mai raccontato a Ron e Hermione di quella particolare visione nel Pensatoio. Ora, tuttavia, una meravigliosa ipotesi gli attraversò la mente. Possibile che il Principe Mezzosangue fosse…?
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«Forse l’ha usato tuo padre, Harry» disse Hermione, «ma non è il solo. Abbiamo visto un sacco di gente usarlo, nel caso te lo sia dimenticato. Appendere la gente per aria. Farla galleggiare addormentata e indifesa».
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Harry la fissò. Si sentì sprofondare, ricordando l’aggressione dei Mangiamorte alla Coppa del Mondo di Quidditch. Ron venne in suo aiuto.
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«Era diverso» asserì con vigore. «Loro ne abusavano. Harry e suo padre sì sono solo fatti due risate. A te non piace il Principe, Hermione» aggiunse, puntandole contro una salsiccia, «perché è più bravo di te in Pozioni…»
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«Non c’entra niente!» esclamò Hermione, arrossendo. «Penso solo che sia da irresponsabili eseguire incantesimi quando non si sa nemmeno a cosa servono, e smettila di parlare del ‘Principe’ come se fosse il suo titolo, scommetto che è solo uno stupido soprannome, e poi non mi pare che fosse proprio un simpaticone!»
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«E tu che ne sai, scusa?» ribatté Harry, accalorandosi. «Se fosse stato un Mangiamorte in erba non si sarebbe vantato di essere un ‘Mezzosangue’, no?»
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Già nel dirlo, a Harry venne in mente che suo padre era un Purosangue, ma allontanò il pensiero; se ne sarebbe preoccupato più tardi…
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«I Mangiamorte non possono essere tutti Purosangue, non ne sono rimasti abbastanza» insistette Hermione. «Per la maggior parte saranno Mezzosangue che si fanno passare per puri. Sono solo i Babbani di nascita che detestano, sarebbero felici di permettere a te e a Ron di unirvi a loro».
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«Non mi permetterebbero mai di diventare un Mangiamorte!» esclamò Ron indignato, e un pezzetto di salsiccia volò via dalla forchetta che brandiva contro Hermione, atterrando sulla testa di Ernie Macmillan. «Tutti quelli della mia famiglia sono traditori del proprio sangue! Per i Mangiamorte è orrendo quanto essere nati Babbani!»
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«Sarebbero lieti di accettarmi nel club, come no» ribatté Harry sarcastico. «Saremmo amiconi, se non continuassero a cercare di uccidermi».
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Questo fece ridere Ron; anche Hermione si aprì a malincuore in un sorriso, e finalmente arrivò una distrazione nella persona di Ginny.
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«Ehi, Harry, devo darti questo».
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Era un rotolo di pergamena col nome di Harry scritto nella familiare grafìa sottile e obliqua.
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«Grazie, Ginny… è la prossima lezione di Silente!» disse Harry a Ron e Hermione, srotolando la pergamena e leggendone rapido il contenuto. «Lunedì sera!» All’improvviso si sentì leggero e felice. «Vuoi venire con noi a Hogsmeade, Ginny?» le chiese.
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«Ci vado con Dean… Magari ci vediamo là» rispose lei. Li salutò con la mano e se ne andò.
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Gazza era di guardia vicino al portone di quercia, come al solito, a spuntare i nomi dei ragazzi che avevano il permesso di andare a Hogsmeade. Il procedimento richiese più tempo del solito perché Gazza controllava tutti tre volte con il suo Sensore Segreto.
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«Che cosa importa se portiamo fuori di nascosto della roba Oscura?» chiese Ron, osservando con una certa ansia il lungo, sottile Sensore Segreto. «Non dovrebbe controllare quello che riportiamo dentro?»
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La sua sfacciataggine gli guadagnò qualche stoccata in più col Sensore, e stava ancora tremando quando uscirono nel vento, sotto la pioggia gelata.
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La passeggiata verso Hogsmeade non fu piacevole. Harry si avvolse la sciarpa sulla bocca; la parte esposta del viso divenne presto dolorante e insensibile. La strada per il villaggio era piena di studenti piegati in due contro il vento aspro. Più di una volta Harry si chiese se non sarebbero stati meglio nel tepore della sala comune e, quando finalmente raggiunsero Hogsmeade e scoprirono che l’Emporio degli Scherzi di Zonko era stato sbarrato con delle assi, Harry la prese come una conferma che la gita non era destinata al successo. Ron indicò Mielandia con la mano coperta da un grosso guanto: per fortuna era aperta, così Harry e Hermione barcollarono dietro di lui nel negozio affollato.
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«Grazie al cielo» ansimò Ron tremante, appena furono avvolti dall’aria calda e profumata di caramello. «Restiamo qui tutto il pomeriggio».
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«Harry, ragazzo mio!» tuonò una voce alle loro spalle.
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«Oh, no»borbottò Harry. Si voltarono tutti e tre verso il professor Lumacorno: indossava un cappotto con il collo di pelliccia, un enorme berretto della stessa pelliccia, reggeva un grosso sacchetto di ananas candito e occupava almeno un quarto del negozio.
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«Harry, ti sei già perso tre delle mie cenette!» esclamò, dandogli una pacca gioviale sul petto. «Non va bene, ragazzo mio, sono deciso ad averti! La signorina Granger le adora, vero?»
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«Sì» rispose Hermione, impotente, «sono davvero…»
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«Allora perché non vieni, Harry?» chiese Lumacorno.
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«Be’, ho avuto gli allenamenti di Quidditch, professore» si scusò Harry, che in verità programmava gli allenamenti ogni volta che Lumacorno gli mandava il piccolo invito adorno di nastro violetto. In questo modo Ron non veniva escluso, e lui e Ginny si facevano quattro risate pensando a Hermione intrappolata con McLaggen e Zabini.
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«Be’, dopo tutto questo impegno, mi aspetto che tu vinca la prima partita!» esclamò Lumacorno. «Ma un po’ di distrazione non uccide nessuno. Allora, lunedì sera, non vorrai allenarti con questo tempo…»
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«Lunedì non posso, professore, ho… ehm… un appuntamento con il professor Silente».
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«Di nuovo sfortunato!» gridò Lumacorno in tono teatrale. «Ah, be’… Non puoi sfuggirmi per sempre, Harry!»
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E agitando la mano con fare regale, caracollò fuori dal negozio, dedicando a Ron la stessa attenzione che avrebbe riservato a un espositore di Scarafaggi a Grappolo.
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«Non posso credere che tu sia riuscito a evitarne un altro» si lamentò Hermione, scuotendo la testa. «Non sono poi così male, sai… qualche volta sono anche divertenti…» Ma poi vide la faccia di Ron. «Oh. Guardate… hanno le Piume di Zucchero Deluxe… dureranno ore!»
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Lieto che Hermione avesse cambiato argomento, Harry mostrò un interesse assai maggiore di quanto avrebbe fatto normalmente per le nuove Piume di Zucchero extralarge, ma Ron fu intrattabile e si limitò ad alzare le spalle quando Hermione gli chiese dove voleva andare.
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«Andiamo ai Tre Manici di Scopa» propose Harry. «Là farà caldo».
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Si rimboccarono di nuovo le sciarpe sulle facce e uscirono dal negozio di dolci. Il vento era tagliente come un coltello affilato dopo il calore zuccherino di Mielandia. La strada non era molto affollata; nessuno si fermava a chiacchierare, tutti correvano verso le loro destinazioni. Facevano eccezione due individui un po’ più avanti, fuori dai Tre Manici di Scopa. Uno era molto alto e magro; attraverso le lenti coperte di pioggia Harry riconobbe il barista che lavorava nell’altro pub di Hogsmeade, la Testa di Porco. Quando i ragazzi si avvicinarono, il barista avvolse più stretto il mantello attorno al collo e se ne andò lasciando l’uomo più basso ad armeggiare con qualcosa che teneva in braccio. Erano a pochi metri da lui quando Harry lo riconobbe.
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«Mundungus!»
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Il tarchiato mago dalle gambe storte e dai lunghi, disordinati capelli rossicci sobbalzò e lasciò cadere una vecchia valigia, che si spalancò, rovesciando quello che sembrava l’intera vetrina di un negozio di cianfrusaglie.
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«Oh, ciao, Harry» disse Mundungus Fletcher, con una disinvoltura assai poco convincente. «Be’, non voglio trattenerti».
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E cominciò a rovistare per terra per recuperare gli oggetti sparsi, con l’aria di chi ha fretta di sparire.
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«Vendi questa roba?» gli chiese Harry, guardandolo afferrare un assortimento di cose dall’aria sudicia.
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«Oh, be’, devo pur guadagnarmi da vivere» rispose Mundungus. «Dammelo!»
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Ron si era chinato a raccogliere un calice d’argento.
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«Aspetta» disse lentamente. «Questo ha un’aria familiare…»
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«Grazie!» esclamò Mundungus, strappandoglielo di mano e ficcandolo nella valigia. «Be’, ci vediamo… AHIA!»
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Harry aveva afferrato Mundungus per la gola e l’aveva spinto con forza contro il muro. Lo tenne stretto con una mano ed estrasse la bacchetta.
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«Harry!» squittì Hermione.
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«L’hai rubato da casa di Sirius» disse Harry, talmente vicino all’altro da sentirne lo sgradevole odore di alcol e tabacco vecchio. «Ha lo stemma dei Black».
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«Io… no… cosa?» balbettò Mundungus, che a poco a poco stava diventando viola.
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«Che cos’hai fatto, ci sei tornato la notte che è morto e hai saccheggiato la casa?» ringhiò Harry.
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«Io… non…»
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«Dammelo!»
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«Harry, no!» strillò Hermione mentre Mundungus cominciava a diventare blu.
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Sì udì un gran colpo e Harry sentì la propria mano volar via dalla gola di Mundungus. Sputacchiando e rantolando, l’altro afferrò la valigia caduta a terra, e poi — CRAC — si Smaterializzò.
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Harry imprecò a piena voce, voltandosi di scatto.
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«TORNA QUI, BRUTTO LADRO…»
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«È inutile, Harry».
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Tonks era comparsa dal nulla, i capelli color topo umidi di nevischio.
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«Ormai probabilmente Mundungus sarà a Londra. Non serve urlare».
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«Ha rubato le cose di Sirius! Le ha rubate!»
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«Sì, però» osservò Tonks, che non sembrava affatto turbata dalla notizia, «non dovresti stare così al freddo».
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E aspettò che entrassero ai Tre Manici di Scopa. Quando fu dentro, Harry esplose: «Ha rubato le cose di Sirius!»
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«Lo so, Harry, ma per favore non gridare, ci stanno guardando» sussurrò Hermione. «Vai a sederti, ti porto qualcosa da bere».
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Harry era ancora fumante di rabbia quando Hermione tornò al loro tavolo con tre bottiglie di Burrobirra.
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«L’Ordine non può controllare Mundungus?» chiese Harry agli altri due in un sussurro furioso. «Non possono almeno impedirgli di portar via tutto ciò che non è inchiodato alle pareti quando è al Quartier Generale?»
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«Ssst!» intimò Hermione angosciata, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno ascoltasse; c’erano un paio di stregoni che fissavano Harry con enorme interesse, e Zabini stava appoggiato a una colonna lì vicino. «Harry, anch’io sarei arrabbiata, lo so che sta rubando le tue cose…»
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A Harry andò di traverso la Burrobirra; si era dimenticato di essere il proprietario del numero dodici di Grimmauld Place.
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«Già, è roba mia!» esclamò. «Ci credo che non era contento di vedermi! Be’, racconterò a Silente che cosa sta succedendo, lui è l’unico che riesca a spaventare Mundungus».
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«Buona idea» sussurrò Hermione, contenta che Harry si stesse calmando. «Ron, che cosa guardi?»
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«Niente» rispose Ron, distogliendo subito gli occhi dal bancone, ma Harry sapeva che stava cercando di attirare l’attenzione della sinuosa, attraente barista, Madama Rosmerta, per la quale aveva un debole da tempo.
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«Immagino che il tuo ‘niente’ sia nel retro a prendere dell’altro Whisky Incendiario» osservò Hermione stizzita.
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Ron ignorò l’allusione e sorseggiò la propria bibita in quello che chiaramente riteneva un dignitoso silenzio. Harry stava pensando a Sirius, a quanto comunque aveva odiato quel calice d’argento. Hermione tamburellava con le dita sul tavolo, lo sguardo che sfrecciava tra Ron e il bancóne.
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Non appena Harry ebbe bevuto l’ultimo sorso, lei propose: «La facciamo finita e torniamo a scuola, allora?»
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Gli altri due annuirono; la gita era stata un fiasco e il tempo peggiorava. Si avvolsero di nuovo nei mantelli, risistemarono le sciarpe, s’infilarono i guanti; poi seguirono Katie Bell e un’amica fuori dal pub e su per High Street. Sulla strada verso Hogwarts, arrancando nella fanghiglia gelata, Harry lasciò vagare i propri pensieri su Ginny. Non si erano incontrati: sicuramente, lei e Dean erano rinchiusi al calduccio della sala da tè di Madama Piediburro, il rifugio delle coppie felici. Accigliato, chinò il capo contro la gelida pioggia vorticante trascinando i piedi.
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Ci volle un po’ prima che si accorgesse che le voci di Katie Bell e della sua amica, che il vento gli riportava indietro, erano diventate più alte e acute. Harry cercò di scrutare le loro sagome indistinte. Le due ragazze litigavano per qualcosa che Katie teneva in mano.
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«Non sono affari tuoi, Leanne!» sentì Harry.
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Svoltarono in un viottolo, mentre il nevischio diventava più denso e fitto, offuscando le lenti di Harry. Ma mentre lui alzava una mano guantata per ripulirli, Leanne fece per afferrare il pacchetto di Katie, che lo strinse a sé con uno strattone. Il pacchetto cadde a terra.
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All’improvviso Katie si levò a mezz’aria, non come Ron, sospeso in modo ridicolo per la caviglia, ma con grazia, le braccia aperte, come se stesse per volare. Eppure c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa di inquietante… I capelli le vorticavano attorno al viso frustati dal vento forte, ma i suoi occhi erano chiusi e il volto era privo di espressione. Harry, Ron, Hermione e Leanne si erano bloccati.
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Poi, a quasi due metri dal suolo, Katie emise un urlo terribile. I suoi occhi si spalancarono, ma qualunque cosa vedesse o provasse, era evidente che le procurava un dolore tremendo. Urlò e urlò; anche Leanne cominciò a urlare e afferrò Katie per le caviglie, cercando di trascinarla a terra. Harry, Ron e Hermione corsero avanti per aiutarla, ma proprio mentre la prendevano per le gambe, Katie precipitò su di loro; Harry e Ron riuscirono a sorreggerla, ma si contorceva tanto che non potevano trattenerla. Così la calarono a terra, dove si agitò urlando, senza riconoscerli.
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Harry si guardò intorno; non c’era nessuno.
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«Restate qui!»urlò agli altri superando l’ululato del vento. «Vado a cercare aiuto!»
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Fece per correre verso la scuola; non aveva mai visto nessuno in quello stato e non riusciva a capirne la causa. Si lanciò oltre una curva nel viottolo e urtò contro quello che sembrava un enorme orso ritto sulle zampe posteriori.
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«Hagrid!»esclamò senza fiato, districandosi dalla siepe in cui era caduto.
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«Harry!» esclamò Hagrid, che aveva il nevischio impigliato nelle sopracciglia e nella barba, e indossava l’enorme, irsuta pelliccia di castoro. «Sono andato a trovare Grop, cresce così bene che non ci si…»
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«Hagrid, c’è una ragazza che si è fatta male laggiù, o che è stata stregata, o qualcosa…»
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«Cosa?» domandò Hagrid, chinandosi di più per sentire Harry sopra l’ululato del vento.
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«Qualcuno è stato stregato!» urlò Harry.
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«Stregato? Chi è stato stregato… Ron? Hermione?»
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«No, nessuno di loro, è Katie Bell… Da questa parte…»
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Corsero insieme lungo il viottolo. In un attimo trovarono il gruppetto intorno a Katie, che continuava a contorcersi e urlare; Ron, Hermione e Leanne cercavano di calmarla.
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«State indietro!» gridò Hagrid. «Fatemela vedere!»
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«Le è successo qualcosa!» singhiozzò Leanne. «Non so che cosa…»
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Hagrid fissò Katie per un attimo poi, senza una parola, si chinò, la prese fra le braccia e cominciò a correre verso il castello. Poco dopo le urla penetranti di Katie erano svanite e il solo rumore rimasto era il ruggito del vento.
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Hermione andò dall’amica di Katie che piangeva a dirotto e le passò un braccio attorno alle spalle.
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«Sei Leanne, vero?»
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La ragazza annuì.
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«È successo all’improvviso, o…?»
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«È successo quando si è strappato quello» raccontò Leanne sempre singhiozzando, e indicò il pacchetto che giaceva al suolo. La carta marrone ormai inzuppata che lo avvolgeva si era squarciata rivelando un lucore verdastro. Ron si chinò con la mano tesa, ma Harry gliela bloccò e lo tirò indietro.
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«Non toccarlo!»
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Si accovacciò. Dalla carta spuntava un’elaborata collana di opali.
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«Io l’ho già vista» disse Harry, fissandola. «Era esposta da Magie Sinister secoli fa. Il cartellino diceva che era maledetta. Katie deve averla toccata». Alzò lo sguardo su Leanne, che tremava in maniera incontrollabile. «Come ha fatto Katie ad averla?»
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«È per questo che stavamo litigando. Aveva il pacchetto quando è uscita dal bagno dei Tre Manici di Scopa, ha detto che era una sorpresa per qualcuno a Hogwarts e lei doveva consegnarlo. Era tutta strana mentre lo diceva… Oh no, oh no… scommetto che era sotto la Maledizione Imperius, e io non me ne sono accorta!»
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Leanne fu scossa da nuovi singhiozzi. Hermione le batté dolcemente su una spalla.
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«Non ha detto chi gliel’aveva dato, Leanne?»
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«No… non voleva… e io le ho detto che era una stupida e di non portarlo a scuola, ma lei non ascoltava e… e poi ho cercato di prenderglielo… e… e…» Leanne gemette.
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«È meglio che torniamo a scuola»suggerì Hermione, sempre abbracciando Leanne, «così sapremo come sta. Andiamo…»
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Harry esitò per un attimo, poi si sfilò la sciarpa e, ignorando il rantolo terrorizzato di Ron, ricoprì con cautela la collana e la raccolse.
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«Dobbiamo mostrarla a Madama Chips» disse Harry.
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Mentre seguiva Hermione e Leanne su per la strada, Harry rifletteva intensamente. Appena misero piede nel parco del castello, non riuscì più a trattenersi e proruppe: «Malfoy sa della collana. Era in una teca di Magie Sinister quattro anni fa, l’ho visto che la guardava quando mi nascondevo da lui e da suo padre. È questa la cosa che stava comprando il giorno che l’abbiamo seguito! Se l’è ricordata ed è tornato a comprarla!»
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«Non… non so, Harry» fece Ron esitante. «Un sacco di gente va da Magie Sinister… E la ragazza non ha detto che Katie l’ha presa nel bagno delle donne?»
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«Ha detto che quando è tornata dal bagno l’aveva con sé, non è detto che l’abbia trovata proprio nel bagno…»
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«La McGranitt!» lo avvertì Ron.
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Harry alzò lo sguardo. La professoressa McGranitt stava in effetti correndo verso di loro giù dai gradini di pietra, nel nevischio vorticante.
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«Hagrid dice che voi quattro avete visto che cosa è successo a Katie Bell… Subito nel mio ufficio, per favore! Che cos’hai in mano, Potter?»
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«È la cosa che ha toccato» rispose Harry.
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«Santo cielo» esclamò la professoressa McGranitt allarmata, e prese la collana dalle mani di Harry. «No, no, Gazza, sono con me!» aggiunse in fretta mentre Gazza si avvicinava zelante dalla Sala d’Ingresso, brandendo il suo Sensore Segreto. «Porti subito questa collana al professor Piton, ma stia attento a non toccarla, la tenga avvolta nella sciarpa!»
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Harry e gli altri seguirono la professoressa McGranitt di sopra, nel suo ufficio. Le finestre schizzate di nevischio tremavano negli infissi e la stanza era gelida nonostante il fuoco scoppiettasse nel camino. La professoressa McGranitt chiuse la porta e andò alla scrivania per fronteggiare Harry, Ron, Hermione e Leanne che stava ancora singhiozzando.
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«Allora?» chiese bruscamente. «Che cosa è successo?»
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Esitando e interrompendosi spesso nel tentativo di controllare il pianto, Leanne raccontò alla professoressa McGranitt che Katie era andata in bagno ai Tre Manici di Scopa ed era tornata con quel pacchetto anonimo. Era sembrata un po’ strana, e poi avevano litigato sul fatto di accettare o no oggetti ignoti, e la discussione era culminata nella zuffa per il pacchetto, che si era strappato e si era aperto. A quel punto, Leanne fu così sopraffatta che non ci fu verso di cavarle altro.
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«D’accordo» la consolò la professoressa McGranitt con una certa dolcezza, «ora sali in infermeria, Leanne, e fatti dare da Madama Chips qualcosa per calmarti».
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Quando fu uscita, la professoressa McGranitt si rivolse a Harry, Ron e Hermione.
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«Che cosa è successo quando Katie ha toccato la collana?»
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«Si è alzata in aria» rispose Harry prima che Ron o Hermione potessero parlare. «E poi ha cominciato a urlare ed è precipitata. Professoressa, posso vedere il professor Silente, per favore?»
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«Il Preside è via fino a lunedì, Potter» disse la professoressa McGranitt, sorpresa.
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«Via?» ripeté Harry con rabbia.
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«Sì, Potter, via!» sbottò la professoressa McGranitt, brusca. «Ma qualunque cosa tu abbia da dire su questa terribile faccenda sono sicura che puoi dirla anche a me!»
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Per un istante, Harry esitò. La professoressa McGranitt non invitava alle confidenze; Silente, benché più intimidatorio per molti versi, sembrava invece meno incline a farsi beffe di una teoria, per quanto assurda. Era questione di vita o di morte, però, e non era proprio il momento di preoccuparsi di venire deriso.
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«Credo che Draco Malfoy abbia dato a Katie quella collana, professoressa».
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Al suo fianco, Ron si stropicciò il naso con palese imbarazzo; dall’altro lato, Hermione strofinò i piedi a terra come se volesse mettere una certa distanza fra sé e Harry.
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«Questa è un’accusa molto seria, Potter» osservò la professoressa McGranitt dopo una pausa scandalizzata. «Hai qualche prova?»
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«No» rispose Harry, «ma…» e le raccontò di quando aveva seguito Malfoy fino da Magie Sinister e della conversazione che aveva origliato.
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Quando ebbe finito di parlare, la professoressa McGranitt era un po’ confusa.
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«Malfoy ha portato qualcosa da riparare da Magie Sinister?»
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«No, professoressa, voleva solo che Sinister gli dicesse come aggiustare una cosa, non l’aveva con sé. Ma non è questo il punto, il fatto è che ha comprato qualcosa nella stessa occasione, e io credo che fosse quella collana…»
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«Hai visto Malfoy uscire dal negozio con un pacchetto simile?»
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«No, professoressa, ha detto a Sinister di tenergliela da parte…»
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«Ma Harry»lo interruppe Hermione, «Sinister gli ha chiesto se voleva portarla con sé, e Malfoy ha detto di no…»
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«Perché non voleva toccarla, è chiaro!» ribatté Harry furioso.
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«Veramente ha detto: ‘Non posso portarlo così per strada’»rimarcò Hermione.
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«Be’, sarebbe sembrato un idiota a portare una collana» intervenne Ron.
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«Oh, Ron» sospirò Hermione esasperata, «sarebbe stata tutta impacchettata, per non toccarla, e quindi piuttosto facile da nascondere sotto un mantello: nessuno l’avrebbe vista! Secondo me, qualunque cosa si sia fatto mettere da parte Malfoy, dev’essere rumorosa o voluminosa: qualcosa che sapeva avrebbe attirato l’attenzione… e comunque» continuò a voce alta, prima che Harry riuscisse a interromperla, «io ho chiesto a Sinister della collana, non vi ricordate? Quando sono entrata per cercare di scoprire che cosa gli aveva chiesto Malfoy, l’ho vista. E Sinister mi ha detto il prezzo, non ha detto che era già venduta…»
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«Be’, sei stata così prevedibile che ha capito le tue intenzioni in cinque secondi, è chiaro che non te l’avrebbe detto… Comunque Malfoy avrebbe potuto mandare qualcuno a prenderla, da allora…»
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«Basta così!» li interruppe la professoressa McGranitt, mentre Hermione apriva la bocca per ribattere, furente. «Potter, apprezzo che tu mi abbia detto questo, ma non possiamo accusare il signor Malfoy solo perché ha fatto visita al negozio in cui questa collana potrebbe essere stata comprata. Lo stesso vale probabilmente per centinaia di persone…»
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«… È quello che ho detto io…» borbottò Ron.
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«… e comunque abbiamo messo in atto strettissime misure di sicurezza quest’anno, non credo che quella collana avrebbe potuto entrare a scuola a nostra insaputa…»
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«… Ma…»
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«… e soprattutto» concluse la professoressa McGranitt in tono terribilmente definitivo, «il signor Malfoy oggi non era a Hogsmeade».
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Harry la guardò a bocca aperta, come sgonfiandosi.
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«Come fa a saperlo, professoressa?»
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«Perché era in punizione con me. Non ha finito i compiti di Trasfigurazione per due volte di fila. Quindi grazie per avermi rivelato i tuoi sospetti, Potter» proseguì, «ma adesso devo andare in infermeria per vedere come sta Katie Bell. Buona giornata a tutti.».
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Tenne aperta la porta del suo ufficio. Non ebbero scelta: sfilarono davanti a lei senza aggiungere parola.
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Harry era arrabbiato con gli altri due perché si erano schierati con la McGranitt; tuttavia, non poté non intervenire quando cominciarono a parlare dell’accaduto.
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«Allora a chi pensate che Katie dovesse dare la collana?» chiese Ron mentre salivano le scale verso la sala comune.
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«Chi lo sa»disse Hermione. «Ma chiunque fosse, se l’è cavata per un pelo. Nessuno avrebbe potuto aprire quel pacchetto senza toccare la collana».
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«Poteva essere destinata a un sacco di gente» osservò Harry. «A Silente… i Mangiamorte sarebbero lieti di liberarsi di lui, dev’essere uno dei loro bersagli preferiti. O a Lumacorno… Silente sostiene che Voldemort lo voleva davvero dalla sua, e non possono essere contenti che stia dalla parte opposta. Oppure…»
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«Oppure a te» concluse Hermione, turbata.
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«Impossibile» rispose Harry, «se no Katie si sarebbe voltata e me l’avrebbe data, no? Sono sempre stato dietro di lei da quando siamo usciti dai Tre Manici di Scopa. Sarebbe stato molto più sensato consegnare il pacchetto fuori da Hogwarts, visto che Gazza perquisisce tutti quelli che entrano ed escono. Chissà perché Malfoy le ha detto di portarlo dentro il castello…»
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«Harry, Malfoy non era a Hogsmeade!» esclamò Hermione, pestando un piede per la frustrazione.
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«Avrà usato un complice» insistette Harry. «Tiger o Goyle… oppure, adesso che ci penso, un altro Mangiamorte, avrà un mucchio di compari migliori di Tiger e Goyle ora che si è unito…»
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Ron e Hermione si scambiarono sguardi che dicevano chiaramente ‘non serve a niente discutere con lui’.
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«Maltafinocchia»declamò Hermione quando raggiunsero la Signora Grassa.
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Il ritratto si aprì per farli passare. La sala comune era piuttosto affollata e odorava di vestiti umidi; a quel che pareva molti ragazzi erano tornati presto a Hogwarts per via del maltempo. Non c’erano brusii spaventati o scambi di congetture, tuttavia: evidentemente la notizia della sorte di Katie non si era ancora diffusa.
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«Non è stato un attacco molto astuto, a pensarci bene»osservò Ron, scaraventando vìa con aria noncurante un piccolo del primo anno da una delle poltrone buone vicino al fuoco e prendendone il posto. «La maledizione non è nemmeno entrata nel castello. Non è quello che si dice un piano infallibile».
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«Hai ragione» convenne Hermione, spingendo via Ron dalla poltrona con un calcetto e offrendola di nuovo al piccolo del primo anno. «Non è stato affatto ben congegnato».
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«Ma da quando Malfoy è uno dei grandi pensatori mondiali?» chiese Harry.
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Né Ron né Hermione gli risposero.
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