Quella parve la fine dell'amicizia tra Ron e Hermione. Erano tutti e due così arrabbiati che Harry non capiva come avrebbero potuto far pace.
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Ron era furioso perché Hermione non aveva mai preso sul serio i tentativi di Grattastinchi di divorare Crosta, non si era preoccupata di tenerlo d'occhio e tentava ancora di farlo passare per innocente, visto che gli suggeriva di cercare il topo sotto i letti dei ragazzi. Hermione, da parte sua, sosteneva che Ron non aveva nessuna prova che Grattastinchi avesse mangiato Crosta, che i peli rossi potevano essere lì da Natale, e che Ron era sempre stato prevenuto nei confronti del gatto, fin da quando Grattastinchi gli era balzato in testa al Serraglio Stregato.
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Personalmente, Harry era sicuro che Grattastinchi si fosse mangiato Crosta, e quando cercò di far notare a Hermione che tutte le prove puntavano in quella direzione, lei perse la pazienza anche con lui.
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«Ok, stai con Ron, tanto lo sapevo!» disse con voce acuta. «Prima la Firebolt, poi Crosta, è sempre colpa mia, vero? Lasciami stare, Harry, ho un sacco di compiti!»
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Ron in effetti aveva preso molto male la scomparsa del topo.
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«Dài, Ron, non facevi che ripetere quanto era noioso Crosta» disse Fred per consolarlo. «Era giù da secoli, se ne stava andando. Probabilmente è stato meglio per lui sparire cosi, in un boccone. Non deve aver sentito niente».
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«Fred!» esclamò Ginny indignata.
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«Non faceva che mangiare e dormire, Ron, lo dicevi tu» disse George.
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«Una volta però ha morsicato Goyle!» disse Ron sconsolato. «Ti ricordi, Harry?»
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«Sì, è vero» confermò Harry.
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«Il suo momento di gloria» disse Fred, incapace di restar serio. «Che la cicatrice sul dito di Goyle sia perenne tributo alla sua memoria. Dài, Ron, vai a Hogsmeade e comprati un topo nuovo. A cosa serve lamentarsi?»
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Nell'estremo tentativo di rincuorare Ron, Harry lo convinse ad accompagnarlo all'ultimo allenamento dei Grifondoro prima della partita contro i Corvonero, così alla fine avrebbe potuto fare un giro sulla Firebolt. La cosa parve distrarre per un attimo Ron dal pensiero di Crosta («Splendido! Posso provare a fare qualche goal?»), e così i due ragazzi si diressero insieme verso il campo.
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Madama Bumb, che continuava ad assistere agli allenamenti dei Grifondoro per tenere d'occhio Harry, fu colpita dalla Firebolt quanto gli altri. Prima del decollo la prese, la studiò da vicino ed espresse il suo giudizio tecnico.
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«Che equilibrio! Se la serie Nimbus ha un difetto, è un piccolo solco nella coda: spesso dopo qualche anno comincia a fare attrito. Hanno anche modernizzato il manico, è un po' più sottile delle Scopalinda, mi ricorda le vecchie Frecce d'Argento, peccato che abbiano smesso di produrle, io ci ho imparato a volare, ed era una gran bella vecchia scopa anche quella...»
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Continuò così per un po', finché Baston disse:
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«Ehm... Madama Bumb? Le spiace restituire la Firebolt a Harry? Dovremmo proprio allenarci...»
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«Oh... certo... ecco, Potter» disse Madama Bumb. «Vado a sedermi con Weasley...»
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Lei e Ron uscirono dal campo e presero posto sulle tribune, mentre la squadra dei Grifondoro si riuniva attorno a Baston per le istruzioni finali prima della partita del giorno dopo.
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«Harry, ho appena scoperto chi sarà il Cercatore di Corvonero. Cho Chang. È una del quarto anno, ed è bravina... Speravo che non fosse in forma, ha avuto qualche problema...» Baston espresse il suo disappunto per la completa ripresa di Cho Chang, poi disse: «D'altra parte, cavalca una Comet Duecentosessanta, che sarà semplicemente ridicola vicino alla Firebolt». Dedicò alla scopa di Harry uno sguardo di fervente ammirazione, poi disse: «Ok, andiamo...»
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E finalmente Harry si mise a cavalcioni della Firebolt e decollò.
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Era come sognare. La Firebolt girava al minimo tocco, sembrava obbedire ai suoi pensieri più che alla sua presa; filava per il campo a una tale velocità che lo stadio diventò una macchia verde e grigia; Harry la fece voltare così bruscamente che Alicia Spinnet urlò, poi si tuffò in una pic
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chiata perfettamente controllata, sfiorando il campo erboso con le punte dei piedi prima di innalzarsi di nuovo a dieci, dodici, quindici metri...
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«Harry, ora libero il Boccino!» gridò Baston.
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Harry si voltò e inseguì un Bolide fino alla porta; lo superò senza sforzo, vide il Boccino sfrecciare da dietro Baston e di lì a dieci secondi lo teneva stretto in mano.
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La squadra urlò di gioia. Harry lasciò andare il Boccino, gli diede un vantaggio di un minuto, poi scattò all'inseguimento, slalomando fra gli altri; lo vide rotolare vicino al ginocchio di Katie Bell, fece un giro della morte e lo afferrò di nuovo.
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Fu l'allenamento più riuscito di tutti; la squadra, contagiata dalla presenza della Firebolt, provò le sue tattiche migliori senza errori, e quando atterrò di nuovo, Baston non ebbe una sola critica da fare, cosa che, come fece notare George Weasley, non era mai successa prima di allora.
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«Non so proprio che cosa potrebbe fermarci domani!» disse Baston. «A meno che... Harry, hai risolto il tuo problema con i Dissennatori, vero?»
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«Sì» rispose Harry, pensando al suo debole Patronus e desiderando che fosse più forte.
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«I Dissennatori non torneranno, Oliver, Silente andrebbe su tutte le furie» disse Fred fiducioso.
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«Be', speriamo di no» disse Baston. «Comunque... buon lavoro a tutti. Torniamo alla Torre... a letto presto...»
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«Io resto qui ancora un po', Ron vuole fare un giro sulla Firebolt» disse Harry a Baston, e mentre il resto della squadra si avviava agli spogliatoi, Harry andò verso Ron, che superò con un balzo la barriera e gli venne incontro. Madama Bumb si era addormentata.
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«Eccola qui» disse Harry, e tese la Firebolt a Ron.
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Ron, con espressione estatica, montò la scopa e filò nell'oscurità che si infittiva. Harry si spostò al bordo del campo per guardarlo, e la notte calò prima che Madama Bumb si destasse con un sussulto, sgridasse Harry e Ron per non averla svegliata e insistesse per farli tornare al castello.
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Harry si mise in spalla la Firebolt e lui e Ron uscirono dallo stadio buio, discutendo l'andatura straordinariamente regolare della scopa, la sua fenomenale accelerazione e la sua precisione nelle svolte. Erano a metà strada quando Harry, guardando a sinistra, vide qualcosa che gli mozzò il fiato: due occhi che scintillavano nell'oscurità.
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Harry s'immobilizzò, col cuore che gli sbatacchiava contro le costole.
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«Che cosa succede?» chiese Ron.
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Harry indicò gli occhi. Ron estrasse la bacchetta e mormorò: «Lumos!»
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Un raggio di luce attraversò l'erba, colpì un albero e ne illuminò i rami; lì, accovacciato tra le foglie nuove, c'era Grattastinchi.
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«Vattene via!» ruggì Ron, chinandosi per raccogliere un grosso sasso, ma prima che lo potesse lanciare, Grattastinchi sparì con un guizzo della lunga coda rossiccia.
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«Visto?» disse Ron furioso, lasciando cadere il sasso. «Continua a lasciarlo andare dove vuole. Probabilmente adesso sta mandando giù Crosta con un paio di uccelli...»
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Harry non disse niente. Respirò a fondo lasciandosi pervadere dal sollievo; per un attimo aveva creduto che quegli occhi appartenessero al Gramo. Ripartirono alla volta del castello. Vergognandosi un po' di quell'attacco di panico, Harry non disse nulla a Ron, e non si guardò né a destra né a sinistra finché non furono nella Sala d'Ingresso bene illuminata.
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La mattina dopo Harry scese a colazione con gli altri ragazzi del suo dormitorio, tutti convinti che la Firebolt meritasse una sorta di drappello d'onore. Quando Harry entrò nella Sala Grande, tutti si voltarono a guardare la Firebolt, e si diffuse un mormorio di eccitazione. Harry vide con enorme soddisfazione che la squadra dei Serpeverde sembrava colpita da un fulmine.
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«Visto che faccia ha fatto?» disse Ron allegramente, fissando Malfoy. «Non ci può credere! Che bello!»
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Anche Baston si pavoneggiava nella gloria riflessa della Firebolt.
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«Mettila qui, Harry» disse, posando la scopa in mezzo al tavolo e voltandola in modo che il nome fosse ben visibile. Alcuni ragazzi di Corvonero e Tassorosso si avvicinarono per darle un'occhiata, Cedric Diggory andò a complimentarsi con Harry per aver acquistato una sostituta così straordinaria della Nimbus, e la fidanzata di Percy, Penelope Light di Corvonero, chiese se poteva prenderla in mano.
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«Su, su, Penny, niente sabotaggi!» disse Percy cordialmente, mentre la ragazza esaminava la Firebolt da vicino. «Io e Penelope abbiamo fatto una scommessa» disse agli altri. «Dieci galeoni sul risultato della partita!»
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Penelope rimise la scopa al suo posto, ringraziò Harry e tornò al suo tavolo.
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«Harry, fai in modo di vincere» disse Percy con un sussurro frettoloso. «Io non ce li ho, dieci galeoni. Sì, vengo, Penny!» E si affrettò a raggiungerla davanti a una fetta di pane tostato.
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«Sei sicuro di riuscire a controllare quella scopa, Potter?» disse una
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fredda voce strascicata.
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Draco Malfoy si era avvicinato per vedere meglio, con Tiger e Goyle alle spalle.
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«Sì, credo di sì» rispose Harry in tono indifferente.
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«Ha un sacco di effetti speciali, vero?» chiese Malfoy, con gli occhi che brillavano maligni. «Peccato che non abbia anche un paracadute, nel caso si avvicini un Dissennatore».
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Tiger e Goyle ridacchiarono.
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«Peccato che non ti possa spuntare un braccio in più, Malfoy» rispose Harry. «Così forse ce la faresti a prendere il Boccino».
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La squadra dei Grifondoro scoppiò in una sonora risata. Gli occhi pallidi di Malfoy diventarono due fessure, e il ragazzo si allontanò. Lo guardarono raggiungere il resto della squadra di Serpeverde, che si riunì a confabulare, certo per chiedere a Malfoy se la scopa di Harry fosse davvero una Firebolt.
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Alle undici meno un quarto, la squadra di Grifondoro si avviò agli spogliatoi. Il tempo non avrebbe potuto essere più diverso da quello della partita contro Tassorosso. Era una giornata limpida e fresca, con un venticello leggero; questa volta non ci sarebbero stati problemi di visibilità, e Harry, seppur nervoso, cominciava ad avvertire l'eccitazione che solo una partita di Quidditch poteva portare con sé. Udirono il resto della scuola che prendeva posto nello stadio. Harry si tolse la divisa scolastica nera, estrasse la bacchetta dalla tasca e la infilò nella maglietta che avrebbe indossato sotto la divisa da Quidditch. Sperava solo di non averne bisogno. All'improvviso si chiese se il professor Lupin sarebbe stato tra la folla a guardare.
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«Sapete che cosa dobbiamo fare» disse Baston mentre si preparavano a uscire dagli spogliatoi. «Se perdiamo questa partita, siamo fuori gara. Voi... comportatevi come all'allenamento di ieri e andrà tutto bene!»
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Uscirono in campo, accolti da un tumultuoso applauso. La squadra di Corvonero, vestita di blu, era già schierata a metà campo. Il loro Cercatore, Cho Chang, era l'unica ragazza della squadra. Era più bassa di Harry di almeno tutta la testa, e Harry non poté fare a meno di notare, pur teso com'era, che era molto carina. Lei sorrise a Harry mentre le squadre si fronteggiavano dietro i loro capitani, e lui avvertì una lieve stretta dalle parti dello stomaco, una cosa che non aveva nulla a che fare con i nervi.
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«Baston, Davies, stringetevi la mano» disse Madama Bumb spiccia, e Baston tese la mano al capitano di Corvonero.
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«Salite sulle scope... al mio fischio.. tre... due... uno...»
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Harry si librò a mezz'aria e la Firebolt scattò più alta e più veloce di ogni altra scopa; il suo cavaliere fece un giro di prova sopra lo stadio e prese a guardarsi in giro in cerca del Boccino, ascoltando la cronaca affidata all'amico dei gemelli Weasley, Lee Jordan.
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«Sono partiti, e l'attenzione di tutti in questa partita è puntata sulla Firebolt che Harry Potter cavalca per Grifondoro. Secondo la Guida ai Manici di Scopa, la Firebolt sarà la scopa prescelta dalle squadre nazionali alla Coppa del Mondo di quest'anno...»
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«Jordan, ti dispiacerebbe dirci che cosa succede in campo?» lo interruppe la voce della professoressa McGranitt.
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«Sicuro, professoressa... stavo dando solo qualche informazione in più... la Firebolt, tra parentesi, monta un Incantesimo Autofrenante e...»
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«Jordan!»
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«Ok, ok, Grifondoro in possesso di palla, Katie Bell di Grifondoro sfreccia verso la porta...»
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Harry oltrepassò Katie puntando nella direzione opposta e guardandosi in giro in cerca di uno scintillio dorato. Cho Chang se ne accorse subito, lo tallonava. Era una giocatrice esperta: continuava a tagliargli la strada, costringendolo a cambiare direzione.
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«Falle vedere come acceleri, Harry!» urlò Fred, superandolo per puntare a un Bolide che si dirigeva verso Alicia.
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Harry spinse in avanti la Firebolt mentre giravano attorno alle porte di Corvonero, e Cho rimase indietro. Proprio mentre Katie segnava il primo goal della partita, e i giocatori di Grifondoro esultavano, lo vide: il Boccino era quasi a terra e svolazzava vicino a una delle barriere.
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Harry scese in picchiata; Cho lo vide e si lanciò al suo inseguimento. Harry accelerò, pervaso dall'eccitazione; le picchiate erano la sua specialità, mancavano solo tre metri...
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In quel momento un Bolide, colpito da uno dei Battitori di Corvonero, balzò fuori dal nulla. Harry deviò e lo evitò per un pelo. In quei pochi cruciali istanti, il Boccino sparì.
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Dai tifosi di Grifondoro si alzò un grosso «Oooooh» di delusione e dall'ala di Corvonero esplose un fragoroso applauso per il Battitore. George Weasley manifestò il suo disappunto sparando il secondo Bolide direttamente contro il Battitore avversario, che fu costretto a rovesciarsi a mezz'aria per evitarlo.
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«Grifondoro è in vantaggio per ottanta a zero, e guardate quella Firebolt come fila! Potter la sta mettendo davvero alla prova, guardate come la fa
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girare, e la Comet di Chang non è certo all'altezza, la precisione e l'equilibrio della Firebolt sono davvero straordinari in questi lunghi...»
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«JORDAN! TI PAGANO PER FARE PUBBLICITÀ ALLE FIREBOLT? VAI AVANTI CON LA CRONACA!»
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Corvonero si riscosse; segnò tre reti, lasciando a Grifondoro un vantaggio di soli cinquanta punti. Se Cho avesse preso il Boccino prima di Harry, Corvonero avrebbe vinto. Harry planò verso il basso, evitando di stretta misura un Cacciatore di Corvonero, e scrutò il campo, in ansia. Un brillio d'oro, un palpito di piccole ali... il Boccino era laggiù, attorno alla porta di Grifondoro...
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Harry accelerò, gli occhi incollati al frammento d'oro davanti a lui. Ma un attimo dopo Cho apparve dal nulla e gli sbarrò la strada...
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«HARRY, NON È IL MOMENTO DI FARE IL GENTILUOMO!» ruggì Baston, mentre Harry deviava per evitare l'urto. «FALLA CADERE DALLA SCOPA, SE DEVI!»
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Harry si voltò e vide Cho che sorrideva. Il Boccino era sparito di nuovo. Harry puntò verso l'alto la Firebolt e presto fu a oltre sessanta metri. Con la coda dell'occhio, vide che Cho lo seguiva... aveva deciso di marcarlo stretto invece di andare a cercare il Boccino... benissimo... se voleva inseguirlo, doveva subirne le conseguenze...
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Si tuffò di nuovo in picchiata, e Cho, convinta che avesse visto il Boccino, cercò di stargli dietro; Harry si rialzò bruscamente e lei continuò a precipitare; lui scattò di nuovo, veloce come un proiettile, e poi lo vide per la terza volta. Il Boccino scintillava alto sul campo, dalla parte di Corvonero.
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Accelerò; così fece Cho, parecchi piedi più in basso. Harry era in vantaggio, si avvicinava al Boccino ogni secondo di più., e poi...
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«Oh!» urlò Cho, indicando qualcosa.
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Distratto, Harry guardò in basso.
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Tre Dissennatori, tre alti, neri Dissennatori incappucciati, guardavano verso di lui.
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Non indugiò a pensare. S'infilò una mano sotto la divisa, estrasse la bacchetta e ruggì:
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«Expecto Patronum!»
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Qualcosa di enorme, di un bianco argenteo, spuntò dalla punta della bacchetta. Harry sapeva di averla puntata direttamente verso i Dissennatori ma non si fermò a vedere che cosa succedeva; con la mente ancora miracolosamente sgombra, guardò davanti a sé, c'era quasi, tese la mano che ancora stringeva la bacchetta e riuscì a stento a serrare le dita attorno al minuscolo Boccino che si divincolava.
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Madama Bumb fischiò, Harry si voltò a mezz'aria e vide sei macchie scarlatte che puntavano su di lui. Un attimo dopo, tutta la squadra lo abbracciava così forte che quasi lo fece cadere dalla scopa. In basso echeggiavano le urla dei Grifondoro tra la folla.
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«Così si fa!» ripeteva Baston urlando. Alicia, Angelina e Katie avevano baciato Harry, Fred lo teneva così stretto che la testa rischiava di saltargli via. Nel caos più totale, la squadra riuscì a scendere a terra. Harry smontò dalla scopa e vide un branco schiamazzante di tifosi di Grifondoro che correvano in campo, Ron in testa. Prima di rendersene conto, si trovò circondato da una folla festante.
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«Sì!» strillò Ron, alzando il braccio di Harry. «Sì! Sì!»
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«Benfatto, Harry!» disse Percy entusiasta. «Ho vinto dieci galeoni! Devo andare a cercare Penelope, scusa...»
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«Bravo, Harry!» ruggì Seamus Finnigan.
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«Maledettamente bravo!» esplose Hagrid sulle teste dei Grifondoro che si accalcavano.
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«Quello sì che era un Patronus» disse una voce all'orecchio di Harry.
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Harry si voltò e vide il professor Lupin, insieme scosso e compiaciuto.
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«I Dissennatori non mi hanno fatto niente!» disse Harry eccitato. «Non ho sentito niente!»
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«Forse perché... ehm... non erano Dissennatori» disse il professor Lupin. «Vieni a vedere...»
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Guidò Harry via dalla folla, finché non giunsero in vista dell'estremità del campo.
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«Hai fatto prendere un bello spavento al signor Malfoy» disse Lupin.
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Harry guardò la scena stupefatto. Per terra, in un mucchio aggrovigliato, c'erano Malfoy, Tiger, Goyle e Marcus Flitt, il capitano dei Serpeverde, che lottavano per liberarsi dei loro lunghi mantelli neri col cappuccio. A quanto pareva, Malfoy doveva essere salito sulle spalle di Goyle. La professoressa McGranitt, furiosa come non mai, era in piedi di fronte a loro.
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«Davvero un tiro spregevole!» urlava. «Un basso, vile tentativo di sabotare il Cercatore dei Grifondoro! Siete tutti puniti, e cinquanta punti in meno per Serpeverde! Ne parlerò con il professor Silente, non dubitate! Ah, eccolo che arriva!»
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Fu il miglior suggello alla vittoria dei Grifondoro. Ron, che si era fatto largo tra la folla al fianco di Harry, era piegato in due dalle risate mentre Malfoy cercava di districarsi dal mantello in cui era ancora impigliata la testa di Goyle.
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«Andiamo, Harry!» disse George avvicinandosi, «andiamo a festeggiare! Nella sala comune di Grifondoro, subito!»
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«D'accordo» disse Harry, felice come non lo era da secoli. Lui e il resto della squadra, ancora in divisa scarlatta, guidarono la folla fuori dallo stadio e verso il castello.
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Era come se avessero già vinto la Coppa del Quidditch; la festa proseguì per tutto il giorno, fino a sera tarda. Fred e George Weasley scomparvero per un paio d'ore e tornarono con bracciate di bottiglie di Burrobirra, Zuccotti di zucca e parecchi sacchetti pieni di dolci di Mielandia.
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«Come avete fatto?» strillò Angelina Johnson, mentre George lanciava Rospi alla Menta tra la folla.
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«Con un piccolo aiuto di Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso» sussurrò Fred all'orecchio di Harry.
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Solo una persona non si unì ai festeggiamenti. Hermione, incredibile ma vero, rimase seduta in un angolo, cercando di leggere un libro enorme intitolato Vita domestica e abitudini sociali dei Babbani inglesi. Harry si allontanò dal tavolo dove Fred e George avevano cominciato a fare i giocolieri con le bottiglie di Burrobirra e le si avvicinò.
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«Sei venuta alla partita?» le chiese.
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«Ma certo» rispose Hermione con una strana voce acuta, senza alzare gli occhi. «E sono contenta che abbiamo vinto, e credo che tu sia stato bravissimo, ma devo finire questo libro per lunedì».
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«Dài, Hermione, vieni a mangiare qualcosa» disse Harry, cercando Ron con lo sguardo e chiedendosi se l'amico fosse abbastanza di buonumore da seppellire l'ascia di guerra.
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«Non posso, Harry, ho ancora quattrocentoventidue pagine da leggere» disse Hermione, in tono lievemente isterico. «Comunque...» Anche lei guardò dalla parte di Ron, «lui non mi vuole».
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Non c'era niente da ribattere, visto che Ron scelse proprio quel momento per dire ad alta voce: «Se Crosta non fosse stato appena divorato, avrebbe potuto mangiare un po' di queste Mosche al Caramello, gli piacevano tanto...»
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Hermione scoppiò in lacrime. Prima che Harry potesse dire o fare qualcosa, si infilò il libro sottobraccio e tra i singhiozzi corse verso la scala che portava al dormitorio delle ragazze.
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«Non puoi lasciarla un po' in pace?» chiese Harry a Ron, piano.
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«No» rispose Ron in tono aspro. «Se almeno fosse un po' dispiaciuta... ma non ammetterà mai di avere torto, Hermione. Si comporta ancora come se Crosta fosse in vacanza».
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La festa dei Grifondoro finì solo quando la professoressa McGranitt comparve in vestaglia scozzese e retina sui capelli, all'una di notte, insistendo perché andassero tutti a dormire. Harry e Ron salirono nel dormitorio, discutendo la partita. Alla fine, esausto, Harry s'infilò nel letto, chiuse le tende del baldacchino per intercettare un raggio di luna, si distese e scivolò quasi immediatamente nel sonno...
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Fece un sogno molto strano. Camminava in una foresta, con la Firebolt in spalla, seguendo qualcosa di un bianco argenteo che scivolava tra gli alberi davanti a lui e che Harry intravedeva a fatica tra le foglie. Ansioso di raggiungere la cosa, si affrettò, ma la sua preda accelerava. Harry prese a correre e altrettanto fece la cosa. Ora correva, e davanti sentiva un frastuono di galoppo... poi svoltò in una radura e...
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«AAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRGGGHHHHH! NOOOOOOOOOOOOO!»
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Harry si svegliò di colpo, come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo. Disorientato, nell'oscurità totale, trafficò con le tende. Sentiva dei movimenti attorno a sé, e la voce di Seamus Finnigan dall'altra parte della stanza esclamò: «Che cosa succede?»
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Harry credette di sentire sbattere la porta del dormitorio. Alla fine riuscì a dividere le tende, le aprì di scatto e nello stesso istante Dean Thomas accese la lanterna.
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Ron era seduto sul letto, terrorizzato, e le sue tende erano tutte lacerate da una parte.
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«Black! Sirius Black! Con un pugnale!»
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«Che cosa?»
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«Era qui! Un momento fa! Ha tagliato le tende! Mi ha svegliato!»
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«Sicuro che non fosse un sogno, Ron?» chiese Dean.
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«Guarda le tende! Te l'ho detto, era qui!»
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Balzarono giù dal letto. Harry raggiunse per primo la porta del dormitorio, e filarono tutti giù per le scale. Si aprirono porte, echeggiarono voci assonnate...
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«Chi ha gridato?»
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«Che cosa succede?»
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La sala comune era illuminata dal barlume del fuoco ormai quasi spento, ancora ingombra dei resti della festa. Era deserta.
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«Sei sicuro che non è stato un sogno, Ron?»
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«Ve l'ho detto, l'ho visto!»
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«Cos'è tutto questo baccano?»
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«La professoressa McGranitt ci ha detto di andare a dormire!»
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Alcune ragazze erano scese dalla loro scala, sbadigliando e infilandosi la vestaglia. Anche i ragazzi comparvero un po' alla volta.
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«Magnifico, ricomincia la festa?» esclamò allegramente Fred Weasley.
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«Tornate tutti di sopra!» disse Percy, entrando di corsa nella sala comune e agganciandosi il distintivo di Caposcuola sul pigiama.
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«Perce... Sirius Black!» disse Ron debolmente. «Nel nostro dormitorio! Con un pugnale! Mi ha svegliato!»
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Sulla sala comune scese il silenzio.
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«Sciocchezze!» esclamò Percy stupefatto. «Hai mangiato troppo, Ron... hai avuto un incubo...»
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«Ti dico che...»
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«Insomma, quando è troppo è troppo!»
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Era la professoressa McGranitt. Sbatté il ritratto alle sue spalle entrando nella sala comune e si guardò intorno furente.
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«Sono felice che Grifondoro abbia vinto la partita, ma la cosa sta diventando ridicola! Percy, da te mi aspettavo di più!»
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«Certo non sono stato io a dar loro il permesso, professoressa!» disse Percy, indignato. «Stavo proprio dicendo loro di tornare a letto! Mio fratello Ron ha avuto un incubo...»
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«NON ERA UN INCUBO!» urlò Ron. «PROFESSORESSA, MI SONO SVEGLIATO E SlRIUS BLACK ERA SOPRA DI ME CON UN PUGNALE IN MANO!»
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La professoressa McGranitt lo fissò incredula. «Non dire sciocchezze, Weasley, come avrebbe fatto a passare attraverso il ritratto?»
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«Glielo chieda!» disse Ron, puntando un dito tremante verso il retro del quadro di Sir Cadogan. «Gli chieda se ha visto...»
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Guardando Ron con sospetto, la professoressa McGranitt riaprì il ritratto e uscì. Tutta la sala comune tese le orecchie, il fiato sospeso.
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«Sir Cadogan, avete lasciato entrare un uomo nella Torre di Grifondoro?»
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«Ma certo, Madama!» strillò Sir Cadogan.
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Un silenzio attonito si diffuse dentro e fuori la sala comune.
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«Da... davvero?» disse la professoressa McGranitt. «Ma... la parola d'ordine?»
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«Ce le aveva!» rispose Sir Cadogan fiero. «Aveva le parole d'ordine di tutta la settimana, mia signora! Le ha lette su un foglietto di carta!»
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La professoressa McGranitt tornò dall'altra parte del ritratto, dove l'attendeva una folla turbata. Era bianca come gesso.
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«Chi mai» disse con voce spezzata, «chi mai è stato di una stupidità così abissale da scrivere le parole d'ordine della settimana e da lasciarle in giro?»
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Calò il silenzio totale, rotto solo da una specie di pigolio. Neville Paciock, tremando dalla punta dei capelli ai piedi calzati in soffici pantofole, alzò lentamente la mano.
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