Il giorno dopo Katie fu trasferita all’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche; nel frattempo la notizia che era stata colpita da una maledizione si era sparsa in tutta la scuola, anche se i particolari erano incerti e nessuno a parte Harry, Ron e Hermione sembrava sapere che non era lei la vittima designata.
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«Oh, e naturalmente lo sa anche Malfoy» disse Harry agli altri due, che avevano deciso di far finta di essere sordi tutte le volte che lui tirava fuori la teoria Malfoy-è-un-Mangiamorte.
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Harry si era chiesto se Silente sarebbe tornato in tempo per la lezione di lunedì sera; non avendo avuto contrordini, si presentò fuori dal suo ufficio alle otto in punto, bussò, e fu invitato a entrare. Il Preside sedeva al proprio posto, insolitamente stanco; aveva la mano nera e bruciata come sempre, ma sorrise e gli fece segno di accomodarsi. Il Pensatoio era di nuovo sulla scrivania e gettava scintille di luce argentata sul soffitto.
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«Hai passato giorni intensi mentre io ero via» esordì. «Mi risulta che tu abbia assistito all’incidente di Katie».
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«Sissignore. Come sta?»
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«Ancora molto male, anche se è stata abbastanza fortunata. Pare che abbia sfiorato la collana con una piccolissima zona di epidermide: aveva un buchetto nel guanto. Se l’avesse indossata, se anche solo l’avesse presa a mani nude, sarebbe morta, forse all’istante. Per fortuna il professor Piton è riuscito a evitare la rapida diffusione della fattura…»
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«Perché lui?» chiese subito Harry. «Perché non Madama Chips?»
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«Impertinente» intervenne una voce flebile da uno dei ritratti sulla parete: Phineas Nigellus Black, il bis-bisnonno di Sirius, che un attimo prima sembrava addormentato, alzò la testa che teneva appoggiata alle braccia. «Ai miei tempi io non avrei permesso a uno studente di mettere in discussione le regole di Hogwarts».
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«Sì, grazie, Phineas» rispose Silente in tono conciliante. «Il professor Piton è molto più esperto delle Arti Oscure di Madama Chips, Harry. Comunque, il personale del San Mungo mi manda un bollettino ogni ora e spero che col tempo Katie si riprenderà del tutto».
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«Dov’è stato questo finesettimana, signore?» chiese ancora Harry, respingendo la netta sensazione di esagerare. Anche Phineas Nigellus doveva pensarla allo stesso modo, perché sibilò piano.
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«Preferirei non dirlo adesso» ribatté Silente. «Ma lo farò a tempo debito».
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«Davvero?» disse Harry, stupito.
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«Sì, suppongo di sì». Silente trasse dall’interno della veste una nuova bottiglia di ricordi d’argento e la stappò con un colpo di bacchetta.
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«Signore» cominciò Harry esitante, «ho incontrato Mundungus a Hogsmeade».
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«Ah, sì, so che Mundungus sta trattando la tua eredità con fraudolenta mancanza di rispetto» commentò Silente, aggrottando la fronte. «Da quando l’hai incontrato fuori dai Tre Manici di Scopa si è dato alla macchia; sospetto che abbia paura di affrontarmi. Ma sta’ sicuro che non farà più sparire nessuno degli oggetti di Sirius».
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«Quel vecchio Mezzosangue rognoso ruba i cimeli di famiglia dei Black?» esclamò Phineas Nigellus, irritato; e sparì dalla cornice, indubbiamente per far visita al proprio ritratto al numero dodici di Grimmauld Place.
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«Professore» proseguì Harry dopo una breve pausa, «la professoressa McGranitt le ha detto quello che le ho raccontato dopo che Katie è stata ferita? Su Draco Malfoy?»
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«Mi ha riferito i tuoi sospetti, sì».
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«E lei…?»
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«Prenderò tutti i provvedimenti necessari per indagare su chiunque abbia potuto aver parte nell’incidente di Katie» garantì Silente. «Ma quello che mi sta a cuore adesso, Harry, è la nostra lezione».
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Il ragazzo era un po’ seccato: se le loro lezioni erano tanto importanti, perché tra la prima e la seconda c’era stato un intervallo così lungo? Però non aggiunse altro su Draco Malfoy, ma guardò Silente versare i ricordi freschi nel Pensatoio e far roteare ancora una volta il bacile di pietra.
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«Ricorderai, ne sono certo, che abbiamo lasciato il racconto degli esordi di Lord Voldemort al punto in cui quell’attraente Babbano, Tom Riddle, aveva abbandonato la moglie strega, Merope, ed era tornato alla dimora di famiglia a Little Hangleton. Merope rimase sola a Londra; aspettava il bambino che un giorno sarebbe diventato Lord Voldemort».
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«Come fa a sapere che era a Londra, signore?»
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«Per via delle prove fornite da un certo Caractacus Burke»rispose Silente, «che, per una strana coincidenza, era socio di Sinister nel negozio dal quale proviene la collana di cui abbiamo appena discusso».
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Fece roteare il contenuto del Pensatoio come Harry l’aveva visto fare in passato, come un cercatore d’oro setaccia la sabbia in cerca di pepite. Dalla vorticante massa argentea spuntò un vecchietto, che girava piano, opalescente come un fantasma ma molto più solido, con un ciuffo di capelli che gli copriva del tutto gli occhi.
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«Sì, ne siamo entrati in possesso in circostanze curiose. Ci fu portata da una giovane strega appena prima di Natale, oh, ormai sono passati tanti anni. Disse che aveva un disperato bisogno di denaro, be’, era evidente. Era coperta di stracci e parecchio avanti con… aspettava un bambino, insomma. Disse che il medaglione era appartenuto a Serpeverde. Be’, sentiamo di continuo storie del genere — ‘Oh, questa era di Merlino, sul serio, la sua teiera prefenta’ — ma, quando lo guardai, vidi che portava veramente il suo blasone, e bastarono pochi semplici incantesimi a rivelarmi la verità. Naturalmente questo lo rendeva senza prezzo. Lei non sembrava avere la minima idea di quanto valesse. Fu felice di prendere dieci galeoni. L’affare migliore che abbiamo mai fatto!»
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Silente scosse con forza il Pensatoio e Caractacus Burke calò di nuovo nel vortice di ricordi da cui era affiorato.
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«Solo dieci galeoni?» ripeté Harry, indignato.
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«Caractacus Burke non era celebre per la sua generosità» osservò Silente. «Così ora sappiamo che verso la fine della sua gravidanza Merope era sola a Londra, con un disperato bisogno di denaro, così disperato da vendere la sola cosa preziosa che possedeva, uno degli amati cimeli di famiglia di Orvoloson».
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«Ma poteva fare un incantesimo!» sbottò Harry impaziente. «Avrebbe potuto procurarsi cibo e tutto ciò che le serviva con la magia, no?»
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«Ah» fece Silente, «forse sì. Però credo — e ancora una volta azzardo un’ipotesi, ma sono sicuro di avere ragione — che quando suo marito la abbandonò, Merope abbia cessato di usare la magia. Credo che non volesse più essere una strega. È anche possibile che la sofferenza per l’amore non corrisposto l’abbia privata dei suoi poteri; può succedere. In ogni caso, come stai per vedere, Merope rifiutò di alzare la bacchetta anche per salvarsi la vita».
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«Non ha voluto restare in vita nemmeno per suo figlio?»
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Silente levò le sopracciglia.
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«Possibile che provi compassione per Lord Voldemort?»
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«No» rispose Harry immediatamente, «ma lei poteva scegliere, no? Non come mia madre…»
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«Anche tua madre ha potuto scegliere» lo corresse Silente con dolcezza. «Sì, Merope Riddle scelse la morte nonostante un figlio che aveva bisogno di lei, ma non essere troppo severo nel giudicarla, Harry. Era profondamente debilitata da una lunga sofferenza e non aveva mai posseduto il coraggio di tua madre. E ora, se vuoi alzarti…»
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«Dove andiamo?» chiese Harry mentre Silente lo raggiungeva davanti alla scrivania.
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«Questa volta entreremo nella mia memoria. Credo che la troverai particolareggiata ed esauriente. Dopo di te, Harry…»
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Harry si chinò sul Pensatoio; il suo viso infranse la fresca superficie della memoria, e lui precipitò di nuovo nel buio… Qualche secondo più tardi i suoi piedi toccarono terra, aprì gli occhi e scoprì che lui e Silente si trovavano in una vecchia e animata strada di Londra.
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«Eccomi» annunciò Silente allegro, indicando un’alta figura poco distante che attraversava la strada davanti a un carro del latte trainato da cavalli.
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I lunghi capelli e la barba di quel giovane Albus Silente erano rossicci. Procedette sul marciapiede, attirando molti sguardi curiosi sul suo vistoso abito di velluto color prugna.
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«Bel vestito, signore»osservò Harry senza riuscire a trattenersi. Silente si limitò a ridacchiare. Seguirono a breve distanza la sua versione più giovane, fino ad attraversare il cancello di ferro di un cortile spoglio, davanti a un edificio squadrato e tetro circondato da alte ringhiere. Silente salì i pochi gradini fino al portone e bussò una volta. Dopo qualche istante la porta fu aperta da una ragazza trasandata in grembiule.
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«Buon pomenggio. Ho appuntamento con una certa signora Cole, che credo sia la direttrice…»
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«Oh» fece la ragazza, sbalordita dall’aspetto eccentrico di Silente. «Eh… ’spetti ’n attimo… SIGNORA COLE!» gridò.
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Harry udì una voce remota urlare qualcosa in risposta. La ragazza si rivolse di nuovo a Silente.
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«Venga, sta arrivando».
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Silente entrò in un ingresso col pavimento a scacchi bianchi e neri; il luogo era squallido ma immacolato. Prima ancora che la porta si chiudesse, una donna scarna dall’aria tormentata si avvicinò a passetti rapidi. Il suo viso affilato sembrava più ansioso che scortese, e avanzando verso Silente la donna si rivolse a un’altra domestica in grembiule alle proprie spalle.
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«… e porta su la tintura di iodio a Martha, Billy Stubbs si è tolto le croste e le bolle aperte di Eric Whalley stanno macchiando tutte le lenzuola… ci mancava la varicella»mormorò a nessuno in particolare. Poi il suo sguardo si posò su Silente e rimase immobile, stupefatta come se una giraffa avesse appena varcato la soglia.
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«Buon pomeriggio» la salutò lui, e le tese la mano.
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La signora Cole rimase a bocca aperta.
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«Sono Albus Silente. Le ho mandato una lettera per chiederle un appuntamento e lei è stata così gentile da invitarmi qui oggi».
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La signora Cole batté le palpebre. Stabilito che non si trattava di un’allucinazione, rispose con voce fioca: «Oh, sì. Be’… be’, allora… è meglio se viene nel mio ufficio. Sì».
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Guidò Silente in una stanzetta che sembrava in parte salotto in parte ufficio. Era squallida come l’ingresso e i mobili erano vecchi e spaiati. Invitò l’ospite ad accomodarsi su una sedia traballante e prese posto dietro una scrivania ingombra, osservandolo con aria nervosa.
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«Sono qui, come le ho scritto nella mia lettera, per parlare di Tom Riddle e dei provvedimenti per il suo futuro» esordì Silente.
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«Lei è un parente?» gli chiese la signora Cole.
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«No, sono un insegnante» rispose lui. «Sono qui per offrire a Tom un posto nella mia scuola».
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«Di che scuola si tratta?»
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«Si chiama Hogwarts».
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«E come mai è interessato a Tom?»
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«Crediamo che possieda le qualità che cerchiamo».
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«Vuol dire che ha vinto una borsa di studio? Com’è possibile? Non ne ha mai fatto richiesta».
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«Be’, era iscritto alla nostra scuola dalla nascita…»
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«Chi l’ha iscritto? I suoi genitori?»
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Senza dubbio la signora Cole era una donna inopportunamente acuta. Anche Silente doveva essere dello stesso avviso, perché Harry lo vide sfilare la bacchetta dalla tasca dell’abito di velluto e nello stesso tempo prendere un foglio perfettamente bianco dalla scrivania.
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«Ecco» disse Silente. Fece un gesto con la bacchetta e le porse il foglio. «Credo che questo chiarirà tutto».
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La signora Cole guardò intensamente il foglio bianco. Per un attimo gli occhi le andarono fuori fuoco, poi tornarono normali.
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«Sembra a posto» approvò placida, e glielo restituì. Poi il suo sguardo si posò su una bottiglia di gin e due bicchieri che di sicuro qualche istante prima non c’erano.
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«Ehm… posso offrirle un bicchiere di gin?» domandò in tono molto sofisticato.
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«Grazie molte» rispose Silente con un gran sorriso.
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Fu subito chiaro che la signora Cole non era una dilettante in fatto di gin. Versò due bei bicchieri e vuotò il proprio in un sorso. Schioccò le labbra con naturalezza e sorrise per la prima volta a Silente, che non esitò ad approfittare del vantaggio.
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«Mi chiedevo se lei potesse raccontarmi qualcosa sulla storia di Tom Riddle. Credo che sia nato qui all’orfanotrofio, vero?»
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«Esatto» rispose la signora Cole, versandosi altro gin. «Me lo ricordo benissimo, perché avevo appena cominciato a lavorare qui. Era l’ultimo giorno dell’anno e faceva un freddo terribile, nevicava. Una gran brutta notte. E questa ragazza, non molto più vecchia di me a quel tempo, arrivò barcollando su per i gradini. Be’, non era la prima. L’abbiamo accolta e un’ora dopo è nato il bambino. E dopo un’altra ora era morta».
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La signora Cole annuì solennemente e bevve un altro generoso sorso di gin.
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«Ha detto qualcosa prima di morire?» chiese Silente. «Qualcosa sul padre del bambino, per esempio?»
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«A dire il vero sì» rispose la signora Cole, che sembrava godersela parecchio, col gin in mano e un pubblico attento alla sua storia. «Ricordo che mi disse: ‘Spero che assomigli al suo papà’ e davvero faceva bene a sperarlo, perché lei non era una bellezza… poi mi ha detto che dovevamo chiamarlo Tom, come suo padre, e Orvoloson, come il padre di lei… sì, un nome strano, vero? Ci siamo chiesti se facesse parte di un circo… Poi disse che il cognome del bambino doveva essere Riddle. Ed è morta poco dopo senza un’altra parola.
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«Be’, l’abbiamo chiamato come aveva detto lei, sembrava così importante per quella povera ragazza, ma nessun Tom né Orvoloson né Riddle è mai venuto a cercarlo, nessun parente, quindi è rimasto all’orfanotrofio da allora».
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La signora Cole si versò quasi distrattamente un’altra bella dose di gin. Sugli zigomi le erano comparsi due pomelli rosa. Poi riprese: «È un ragazzo strano».
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«Sì» commentò Silente. «Lo sospettavo».
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«Era strano anche da bambino. Non piangeva quasi mai. E poi, quando è diventato un po’ più grande, è diventato… bizzarro».
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«Bizzarro… in che senso?» chiese Silente con dolcezza.
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«Be’, lui…»
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Ma la signora Cole indugiò per un attimo, e non c’era niente di vago o confuso nello sguardo indagatore che lanciò a Silente da sopra il bicchiere di gin.
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«Mi garantisce che ha un posto alla sua scuola?»
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«Assolutamente» affermò Silente.
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«E nulla di quello che dico può cambiare questa cosa?»
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«Nulla».
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«Lo porterà via comunque?»
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«Comunque» ripeté Silente in tono grave.
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Lei lo guardò con gli occhi ridotti a fessure, come se stesse decidendo se credergli. Evidentemente decise di sì, perché sbottò: «Spaventa gli altri bambini».
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«Vuol dire che è prepotente?» chiese Silente.
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«Diciamo così» rispose la signora Cole un po’ accigliata, «ma è molto difficile sorprenderlo. Ci sono stati degli episodi… delle cose brutte…»
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Silente non le mise fretta, anche se Harry capì che era molto interessato. Lei bevve un’altra sorsata di gin e il suo colorito si fece più intenso.
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«Il coniglio di Billy Stubbs… Be’, Tom ha detto che non è stato lui e io non vedo come avrebbe potuto, ma comunque non si è impiccato da solo alle travi, no?»
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«Non direi, no»mormorò Silente.
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«Ma se invece è stato lui, che io sia maledetta se so come ha fatto ad arrampicarsi fin lassù. So solo che lui e Billy avevano litigato il giorno prima. E poi…» la signora Cole bevve un altro po’ di gin, versandosene un goccio sul mento, questa volta, «… alla gita estiva… li portiamo fuori, sa, una volta l’anno, in campagna o al mare… Be’, Amy Benson e Dennis Bishop non sono più stati gli stessi, dopo, e siamo riusciti a cavargli solo che erano stati in una caverna con Tom Riddle. Lui ha giurato che erano solo andati a esplorare, ma qualcosa è successo là dentro, ne sono certa. E poi, be’, sono accadute un sacco di cose, cose bizzarre…»
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Guardò di nuovo Silente, e anche se aveva le guance arrossate il suo sguardo era fermo.
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«Non credo che si dispiaceranno in molti a vederlo andar via».
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«Lei capirà senz’altro che non possiamo tenerlo sempre con noi» ribatté Silente. «Dovrà tornare qui come minimo tutte le estati».
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«Oh, be’, è sempre meglio di una botta sul naso con un attizzatoio arrugginito» replicò la signora Cole con un leggero singhiozzo. Si alzò e Harry fu stupito di scoprire che si reggeva bene sulle gambe, anche se due terzi del gin erano spariti. «Vorrà vederlo, immagino».
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«Certo» rispose Silente, alzandosi a sua volta.
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Lei lo guidò su per le scale di pietra, impartendo allo stesso tempo ordini e raccomandazioni a inservienti e bambini. Harry vide che gli orfani indossavano tutti la stessa tunica grigiastra. Sembravano nel complesso ben curati, ma non si poteva negare che fosse un posto triste in cui crescere.
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«Eccoci» annunciò la signora Cole, fermandosi all’inizio di un lungo corridoio al secondo piano. Bussò due volte alla prima porta ed entrò.
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«Tom, hai una visita. Questo è il signor Sipiente… mi scusi, Saliente. È venuto a… be’, te lo dirà lui».
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Harry e i due Silente entrarono nella stanza e la signora Cole chiuse la porta alle loro spalle. Era una cameretta spoglia e vuota, a parte un vecchio armadio, una sedia di legno e un letto di ferro. Un ragazzo era seduto sulle coperte grigie, con le gambe tese davanti a sé e un libro in mano.
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Non c’era traccia dei Gaunt sul volto di Tom Riddle. L’ultimo desiderio di Merope era stato esaudito: era l’affascinante padre in miniatura, alto per i suoi undici anni, pallido e coi capelli scuri. Socchiuse un po’ gli occhi, per valutare l’aspetto eccentrico del nuovo venuto. Ci fu un momento di silenzio.
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«Come stai, Tom?» chiese Silente. Si fece avanti e tese la mano.
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Il ragazzo esitò, poi la strinse. Silente avvicinò la dura sedia di legno a Riddle, così che i due sembravano un paziente all’ospedale e un visitatore.
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«Io sono il professor Silente».
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«’Professore’?» ripeté Riddle. Era guardingo. «È come ‘dottore’? Come mai è qui? Lei l’ha chiamata per farmi visitare?»
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Indicò la porta dalla quale la signora Cole se n’era appena andata.
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«No, no» rispose Silente sorridendo.
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«Non le credo» ribatté Riddle. «Vuole farmi visitare, vero? Dica la verità!»
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Pronunciò le ultime tre parole con forza impressionante: era un ordine, e sembrava che l’avesse impartito molte volte. I suoi occhi si erano dilatati e lui scrutava truce Silente, che non rispose e continuò a sorridere affabile. Dopo qualche istante Riddle smise di guardarlo, eppure era, se possibile, ancora più sospettoso.
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«Chi è lei?»
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«Te l’ho detto. Mi chiamo professor Silente e sono venuto a offrirti un posto a Hogwarts, la mia scuola… la tua nuova scuola, se vorrai venire».
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La reazione di Riddle fu sorprendente. Balzò dal letto e indietreggiò, furibondo.
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«Non mi prenda in giro! Dal manicomio, ecco da dove viene lei, vero? ‘Professore’, certo… Be’, io non ci vado, capito? Quella vecchia gatta, è lei che dovrebbe essere ricoverata. Io non ho mai fatto niente alla piccola Amy Benson o a Dennis Bishop, e può anche andare a chiederglielo, glielo diranno!»
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«Io non vengo dal manicomio» disse Silente con pazienza. «Sono un professore e se vuoi sederti tranquillo ti racconterò di Hogwarts. Ma se preferisci non venire nella mia scuola nessuno ti costringerà…»
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«Vorrei solo che ci provassero» lo interruppe Riddle, beffardo.
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«Hogwarts» continuò Silente, come se non avesse sentito, «è una scuola per ragazzi con capacità speciali…»
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«Io non sono pazzo!»
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«Lo so che non sei pazzo. Hogwarts non è una scuola per pazzi. È una scuola di magia».
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Silenzio. Riddle si era bloccato, il volto inespressivo, ma i suoi occhi balenavano a destra e a sinistra fra i due di Silente, come se cercasse di coglierne uno in flagrante menzogna.
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«Magia?» ripeté in un sussurro.
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«Esatto» confermò Silente.
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«È… è magia, quella che so fare?»
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«Che cos’è che sai fare?»
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«Di tutto» esalò Riddle. Un rossore eccitato gli salì dal collo alle guance incavate; sembrava febbricitante. «Muovo le cose senza toccarle. Faccio fare agli animali quello che voglio senza addestrarli. Faccio capitare cose brutte a chi mi dà fastidio. So ferirli, se voglio».
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Gli tremavano le gambe. Barcollò in avanti e si risedette sul letto, fissandosi le mani, a capo chino, come in preghiera.
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«Lo sapevo che ero diverso» sussurrò alle proprie dita tremanti. «Lo sapevo che ero speciale. Ho sempre saputo che c’era qualcosa».
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«Be’, avevi ragione» disse Silente, che non sorrideva più, ma osservava Riddle con intensità. «Tu sei un mago».
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Riddle alzò il capo. Il suo volto era trasfigurato: mostrava una selvaggia felicità, eppure per qualche ragione questa non migliorava il suo aspetto; al contrario, i suoi tratti finemente modellati sembravano più rozzi, la sua espressione quasi bestiale.
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«Anche lei è un mago?»
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«Sì, lo sono».
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«Lo dimostri» ordinò subito Riddle, con lo stesso tono autoritario di prima.
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Silente alzò le sopracciglia.
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«Se, come deduco, accetti di venire a Hogwarts…»
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«Certo che accetto!»
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«Allora devi chiamarmi ‘professore’ o ‘signore’».
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Riddle s’irrigidì per un attimo fugace prima di dire, con irriconoscibile cortesia: «Mi scusi, signore. Volevo dire… la prego, professore, potrebbe mostrarmi…?»
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Harry era sicuro che Silente avrebbe rifiutato, che avrebbe detto a Riddle che ci sarebbe stato un sacco di tempo per le dimostrazioni pratiche a Hogwarts, che al momento si trovavano in un edificio pieno di Babbani, e quindi dovevano essere cauti. E invece, con sua enorme sorpresa, Silente estrasse la bacchetta da una tasca interna della giacca, la puntò verso lo squallido armadio nell’angolo e l’agitò appena, con noncuranza.
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L’armadio s’incendiò.
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Riddle balzò in piedi. Harry non poté biasimarlo quando gemette per la sorpresa e la rabbia; tutto ciò che possedeva doveva trovarsi là dentro; ma non appena Riddle si scagliò verso Silente le fiamme svanirono, lasciando l’armadio intatto.
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Riddle spostò lo sguardo dall’armadio a Silente, poi, con espressione avida, indicò la bacchetta.
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«Dove posso trovarne una?»
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«Tutto a tempo debito» rispose Silente. «Credo che ci sia qualcosa che cerca di uscire dal tuo armadio».
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E infatti dall’interno si udiva un debole sbatacchiare. Per la prima volta, Riddle parve spaventato.
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«Apri» ordinò Silente.
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Riddle esitò, poi attraversò la stanza e aprì di colpo l’anta dell’armadio. Sullo scaffale più alto, sopra una fila di abiti lisi, una scatoletta di cartone tremava e si scuoteva come se vi fossero intrappolati dei topi.
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«Tirala fuori» disse Silente.
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Riddle prese la scatola vibrante. Era nervoso.
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«C’è qualcosa in quella scatola che non dovresti avere?» gli chiese Silente.
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Riddle gli rivolse un lungo, limpido sguardo calcolatore.
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«Sì, direi di sì, signore» ammise infine.
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«Aprila» continuò Silente.
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Riddle tolse il coperchio e rovesciò il contenuto sul letto, senza guardarlo. Harry, che si era aspettato qualcosa di molto più interessante, vide un mucchio di piccoli oggetti banali: tra gli altri uno yo-yo, un ditale d’argento e un’armonica a bocca tutta arrugginita. Una volta liberati dalla scatola, cessarono di tremare e rimasero immobili sulla coperta sottile.
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«Li restituirai ai loro proprietari con le tue scuse» ordinò Silente con calma, infilando di nuovo la bacchetta dentro la giacca. «Saprò se questo è stato fatto o no. E ti avverto: il furto non è tollerato a Hogwarts».
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Riddle non parve nemmeno remotamente confuso; continuava a fissare il mago con freddezza, soppesandolo. Infine mormorò con voce incolore: «Sissignore».
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«A Hogwarts» continuò Silente, «si insegna non solo a usare la magia, ma a controllarla. Tu, di sicuro inavvertitamente, hai usato i tuoi poteri in un modo che non viene né insegnato né ammesso nella nostra scuola. Non sei il primo, e non sarai l’ultimo, che consente alla propria magia di prendere il sopravvento: ma devi sapere che Hogwarts può espellere gli studenti, e che il Ministero della Magia — sì, esiste un Ministero — punisce chi infrange la legge con severità ancora maggiore. Tutti i nuovi maghi devono accettare, entrando nel nostro mondo, di attenersi alle nostre leggi».
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«Sissignore» ripeté Riddle.
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Era impossibile capire che cosa stesse pensando: il suo volto rimase inespressivo mentre rimetteva la piccola scorta di oggetti rubati nella scatola di cartone. Quando ebbe finito si rivolse a Silente e dichiarò con schiettezza: «Non ho denaro».
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«A questo si può porre rimedio» ribatté Silente, ed estrasse dalla tasca un borsellino di pelle pieno di monete. «A Hogwarts esiste un fondo per aiutare chi ne ha bisogno a comprare libri e abiti. Forse dovrai accontentarti di libri e altre cose di seconda mano, ma…»
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«Dove si comprano i libri di incantesimi?» lo interruppe Riddle, che aveva preso la pesante borsa di monete senza ringraziarlo, e stava osservando un grosso galeone d’oro.
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«A Diagon Alley»rispose Silente. «Ho qui la tua lista dei libri e del necessario per la scuola. Posso aiutarti a trovare tutto…»
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«Lei viene con me?» chiese Riddle, alzando lo sguardo.
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«Certo, se tu…»
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«Non ho bisogno di lei» tagliò corto Riddle. «Sono abituato a fare le cose da solo, vado sempre in giro per Londra per conto mio. Come si arriva in questa Diagon Alley… signore?» chiese, incrociando lo sguardo di Silente.
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Harry pensava che Silente avrebbe insistito per accompagnare Riddle, ma ancora una volta rimase sorpreso. Silente consegnò a Riddle la busta con la lista delle cose necessarie e, dopo avergli spiegato con precisione come arrivare dall’orfanotrofio al Paiolo Magico, disse: «Tu riuscirai a vederlo, anche se i Babbani… la gente non magica… non possono. Chiedi di Tom il barista… è facile da ricordare, ha il tuo stesso nome…»
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Riddle ebbe uno scatto irritato, come se cercasse di scacciare una mosca molesta.
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«Non ti piace il nome ‘Tom’?»
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«Ci sono un mucchio di Tom» borbottò Riddle. Poi, come se non potesse trattenere la domanda, come se gli venisse fuori suo malgrado, chiese: «Mio padre era un mago? Si chiamava anche lui Tom Riddle, mi hanno detto».
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«Temo di non saperlo» rispose Silente con dolcezza.
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«Mia madre non può essere stata magica, se no non sarebbe morta» disse Riddle, più a se stesso che a Silente. «Quindi doveva esserlo lui. Allora… quando avrò preso tutta la mia roba… quando vengo a questa Hogwarts?»
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«Tutti i dettagli sono sul secondo foglio di pergamena nella busta» replicò Silente. «Partirai dalla stazione di King’s Cross il primo di settembre. C’è dentro anche un biglietto ferroviario».
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Riddle annuì. Silente si alzò e tese di nuovo la mano. Stringendola, Riddle disse: «So parlare coi serpenti. L’ho scoperto quando siamo stati in gita in campagna… mi trovano, mi sussurrano cose. È normale per un mago?»
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Harry capì che aveva tralasciato fino a quel momento di citare quello stranissimo potere, deciso a far colpo.
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«È insolito» rispose Silente dopo un attimo di esitazione, «ma non unico».
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Il suo tono era noncurante ma il suo sguardo vagò curioso sul volto di Riddle. Rimasero a osservarsi un momento, l’uomo e il ragazzo. Poi la stretta di mano si sciolse e Silente fu alla porta.
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«Ci rivediamo a Hogwarts, Tom».
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«Credo che possa bastare» annunciò il Silente dai capelli bianchi al fianco di Harry, e qualche istante dopo veleggiavano di nuovo leggeri nel buio, prima di atterrare con agio nell’ufficio.
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«Siediti» lo invitò Silente.
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Harry obbedì, la testa colma di quel che aveva appena visto.
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«Ci ha creduto molto più in fretta di me… voglio dire, quando lei gli ha detto che era un mago» osservò Harry. «Io non ho creduto subito a Hagrid, quando me l’ha detto».
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«Sì, Riddle era perfettamente pronto a credere di essere… per usare la sua parola… ‘speciale’».
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«Lei lo sapeva… allora?»
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«Sapevo di aver appena incontrato il più pericoloso mago Oscuro di tutti i tempi? No, non avevo idea che crescendo sarebbe diventato quello che è» rispose Silente. «Tuttavia fui senza dubbio affascinato da lui. Tornai a Hogwarts deciso a tenerlo d’occhio, cosa che avrei dovuto fare in ogni caso, perché era solo e senza amici; ma già sentivo di doverlo fare per il bene degli altri quanto per il suo.
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«I suoi poteri, come hai sentito, erano sorprendentemente sviluppati per un mago così giovane e — ciò che è più interessante e sinistro — aveva già scoperto di poterli in qualche modo controllare e cominciato a usarli con consapevolezza. Come hai visto, non erano gli esperimenti a casaccio tipici dei giovani maghi: usava la magia contro altre persone, per spaventare, per punire, per manipolare. Le storie del coniglio impiccato e dei bambini attirati in una caverna erano assai eloquenti… So ferirli, se voglio…»
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«Ed era un Rettilofono» lo interruppe Harry.
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«Esatto; una rara capacità, presumibilmente connessa con le Arti Oscure, anche se, come sappiamo, vi sono Rettilofoni anche tra i buoni e i grandi. In effetti la sua capacità di parlare con i serpenti non mi preoccupò quanto la sua chiara inclinazione alla crudeltà, alla segretezza e al dominio.
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«Il tempo si prende di nuovo gioco di noi» osservò Silente, indicando il cielo buio oltre le finestre. «Ma prima che ci separiamo, voglio richiamare la tua attenzione su alcuni aspetti della scena a cui abbiamo appena assistito, perché hanno importanti rapporti con quanto discuteremo nei nostri incontri futuri.
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«Prima di tutto, spero che tu abbia notato la reazione di Riddle quando ho osservato che un’altra persona portava il suo nome, ‘Tom’».
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Harry annuì.
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«In quel momento ha dimostrato il suo disprezzo per qualunque cosa lo leghi ad altre persone, qualunque cosa lo renda ordinario. Già allora desiderava essere diverso, unico, celebre. Come sai, si sbarazzò del suo nome pochi anni dopo quella conversazione e creò la maschera di ‘Lord Voldemort’ dietro la quale si è nascosto per tanto tempo.
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«Confido che tu abbia notato pure che Tom Riddle era già del tutto autonomo, incline all’isolamento e privo di amici. Non volle aiuto o compagnia per andare a Dìagon Alley. Preferì agire da solo. Il Voldemort adulto è uguale. Sentirai molti dei suoi Mangiamorte sostenere di godere della sua fiducia, di essere i soli vicini a lui, perfino di capirlo. Sono degli illusi. Lord Voldemort non ha mai avuto un amico, e non credo che ne abbia mai voluto uno.
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«E spero che tu non abbia troppo sonno per prestare attenzione a un’ultima cosa: il giovane Tom Riddle amava collezionare trofei. Hai visto la scatola di oggetti rubati che aveva nascosto nella sua stanza. Erano stati sottratti alle vittime della sua prepotenza: ricordi, se vuoi, di momenti di magia particolarmente sgradevole. Rammenta questa inclinazione, perché sarà importantissima più avanti.
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«E adesso è proprio ora di andare a letto».
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Harry si alzò. Mentre attraversava la stanza, il suo sguardo cadde sul tavolino sul quale l’ultima volta era posato l’anello di Orvoloson Gaunt, ma l’anello non c’era più.
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«Sì, Harry?» chiese Silente, vedendo che Harry si era bloccato.
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«L’anello è sparito» disse Harry, guardandosi attorno. «Ma pensavo che potesse avere l’armonica o qualcosa del genere».
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Silente gli rivolse un gran sorriso osservandolo da sopra gli occhiali a mezzaluna.
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«Molto astuto, Harry, ma l’armonica è sempre stata solo un’armonica»
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E su questa nota enigmatica fece un cenno con la mano a Harry, che capì di essere stato congedato.
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