«Ah, Mafalda!» esclamò la Umbridge guardando Hermione. «Ti ha mandato Travers, vero?»
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«S-sì» balbettò Hermione.
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«Bene, andrai benissimo». La Umbridge si rivolse al mago in nero e oro: «Il problema è risolto, Ministro: se possiamo usare Mafalda come cancelliera cominciamo subito». Consultò la tavoletta. «Sono dieci oggi, e una è la moglie di un dipendente! Santi numi... persino qui, nel cuore del Ministero!» Entrò nell'ascensore accanto a Hermione, insieme ai due maghi che avevano ascoltato il dialogo. «Andiamo subito giù, Mafalda, troverai tutto quello che ti occorre in aula. Buongiorno, Albert, non sei arrivato?»
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«Sì, certo» rispose Harry con la voce profonda di Runcorn.
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Uscì dall'ascensore. Le griglie dorate si chiusero con fragore alle sue spalle. Harry si voltò e vide il viso preoccupato di Hermione scendere, due alti maghi ai fianchi, il fiocco di velluto della Umbridge all'altezza della sua spalla.
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«Come mai quassù, Runcorn?» gli chiese il nuovo Ministro della Magia.
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Aveva i lunghi capelli neri e la barba venati d'argento, e l'ampia fronte sporgente gettava un'ombra sugli occhi scintillanti: a Harry ricordò un granchio che spunta da sotto una roccia.
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«Devo parlare con...» Harry esitò un istante «... Arthur Weasley. Qualcuno mi ha detto che era su al Primo Livello».
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«Ah. L'hanno sorpreso in contatto con un Indesiderabile?»
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«No» rispose Harry, la gola secca. «No, niente del genere».
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«Ah, be'. è solo questione di tempo» commentò O'Tusoe. «Se vuoi sapere come la penso io, i traditori del loro sangue sono quasi peggio dei Babbani. Buona giornata, Runcorn».
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«Buona giornata, Ministro».
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Harry osservò O'Tusoe allontanarsi sulla spessa moquette del corridoio. Non appena fu sparito, sfilò il Mantello dell'Invisibilità da sotto il pesante mantello nero, se lo gettò addosso e si avviò nella direzione opposta. Runcorn era così alto che Harry fu costretto a ingobbirsi per tenere nascosti i piedi.
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Sentiva il panico pulsargli in fondo allo stomaco. Passando davanti alle lustre porte di legno, ciascuna con il nome e il ruolo del funzionario scritti su una piccola targa, il potere del Ministero, la sua complessità, la sua inespugnabilità gli furono così evidenti che il piano congegnato con tanta cura assieme a Ron e Hermione nelle ultime quattro settimane gli parve ridicolo e infantile. Avevano concentrato tutti i loro sforzi su come entrare senza farsi riconoscere: non avevano mai pensato a cosa fare se fossero stati costretti a separarsi. Ora Hermione era incastrata in procedimenti giudiziari che sarebbero durati ore; Ron doveva compiere magie superiori, Harry ne era certo, alle sue capacità e forse la libertà di una donna dipendeva dal loro esito; quanto a lui, vagava al Livello più alto, ben sapendo che la sua preda era appena scesa.
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Si fermò, si appoggiò a una parete e cercò di decidere che fare. Il silenzio lo opprimeva: non c'erano agitazione o chiacchiericcio o rumore di passi, quassù; nei corridoi con la moquette viola tutto taceva, come se l'Incantesimo Muffliato fosse stato gettato ovunque.
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Il suo ufficio dev'essere quassù, pensò.
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Era alquanto improbabile che la Umbridge tenesse i propri gioielli in ufficio, ma d'altra parte sembrava sciocco non perquisirlo per accertarsene. Si rimise in marcia per il corridoio, dove incrociò solo un mago accigliato che mormorava istruzioni a una piuma che si librava davanti a lui, scrivendo freneticamente su una pergamena.
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Facendo attenzione ai nomi sulle porte, Harry voltò l'angolo. A metà del secondo corridoio si ritrovò in un ampio open space dove una decina di maghi e streghe sedevano ordinatamente dietro a piccoli scrittoi simili a banchi di scuola, anche se molto più lustri e privi di graffiti. Si fermò a guardarli, perché l'effetto era ipnotico. Facevano ondeggiare e girare le bacchette all'unisono, e quadratini di carta colorata svolazzavano da tutte le parti come piccoli aquiloni rosa. Dopo qualche istante, Harry capì che nel procedimento c'era un ritmo, che i foglietti seguivano tutti uno stesso moto, e dopo qualche altro secondo capì che stava assistendo alla creazione di opuscoli, che i quadratini di carta erano pagine, le quali una volta magicamente piegate e assemblate si posavano in pile accanto a ciascun mago o strega.
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Harry si avvicinò furtivo, anche se gli scrivani erano così concentrati che difficilmente si sarebbero accorti dei suoi passi sulla moquette, e sfilò un opuscolo completo dalla pila di una giovane strega. Lo esaminò sotto il Mantello. La copertina rosa recitava, a lettere dorate in rilievo:
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NATI BABBANI e i Pericoli che Pongono a una Pacifica Società Purosangue
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Sotto il titolo era disegnata una rosa rossa, con un faccino lezioso tra i petali, strangolata da una torva e zannuta erbaccia verde. La copertina non riportava il nome dell'autore, ma Harry avvertì un pizzicore alle cicatrici sul dorso della mano. La giovane strega confermò i suoi sospetti dicendo, senza smettere di muovere la bacchetta: «Qualcuno sa se oggi la vecchia megera interroga Mezzosangue tutto il giorno?»
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«Attenta» mormorò il mago accanto a lei, guardandosi attorno nervosamente; una pagina gli scivolò e cadde a terra.
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«Cos'ha, anche le orecchie magiche, adesso, oltre all'occhio?»
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La strega sbirciò verso la lustra porta di mogano davanti all'open space; anche Harry guardò, e la rabbia si impennò dentro di lui come un serpente. Nel punto in cui su una porta Babbana ci sarebbe stato uno spioncino era stato incastonato un grande occhio tondo con l'iride blu elettrico; un occhio spaventosamente familiare a chiunque avesse conosciuto Alastor Moody.
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Per un istante Harry dimenticò dove si trovava e perché: dimenticò perfino di essere invisibile. Andò fino alla porta per osservare l'occhio. Non si muoveva: guardava all'insù, cieco, paralizzato. La targa sottostante diceva:
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Dolores Umbridge Sottosegretario Anziano del Ministro
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E ancora sotto, una nuova targa un po' più lucida recitava:
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Direttore della Commissione per il Censimento dei Nati Babbani
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Harry si voltò a guardare i fabbricanti di opuscoli: erano impegnati nel loro lavoro, ma non poteva pensare che non notassero la porta di un ufficio vuoto aprirsi davanti a loro. Così prese da una tasca interna uno strano oggetto dotato di zampette ondeggianti, con un bulboso clacson di gomma come corpo. Si rannicchiò sotto il Mantello e posò a terra il Detonatore Abbindolante.
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Quello zampettò subito tra le gambe di streghe e maghi. Harry attese, la mano posata sulla maniglia; un attimo dopo risuonò uno scoppio sonoro e da un angolo si levò una gran quantità di acre fumo nero. La giovane strega in prima fila strillò: pagine rosa volarono ovunque mentre lei e i compagni balzavano in piedi e si guardavano intorno, in cerca della fonte dell'esplosione. Harry abbassò la maniglia, entrò nell'ufficio della Umbridge e si richiuse la porta alle spalle.
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Gli parve di essere tornato indietro nel tempo. La stanza era identica all'ufficio della Umbridge a Hogwarts: tovagliette di pizzo, centrini e fiori secchi ricoprivano ogni superficie. Alle pareti erano appesi gli stessi piatti decorativi, ciascuno col suo nauseante gattino infiocchettato a colori squillanti, che saltellava e faceva capriole. La scrivania era coperta da una tovaglia a fiori con i falpalà. Dietro l'occhio di Malocchio, un dispositivo telescopico consentiva alla Umbridge di spiare gli scrivani dall'altro lato della porta. Harry ci guardò dentro: erano ancora tutti riuniti attorno al Detonatore Abbindolante. Strappò il telescopio dalla porta, lasciando un foro, sfilò l'occhio magico e se lo mise in tasca. Poi si voltò, levò la bacchetta e mormorò: «Accio medaglione».
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Non accadde nulla, ma l'aveva previsto: la Umbridge era un'esperta di incantesimi e sortilegi protettivi. Così corse alla scrivania e aprì i cassetti. Vide piume e blocchi e Magiscotch; graffette magiche che si attorcigliavano e si alzavano come serpenti e che dovette ricacciare dentro; una frivola scatolina di pizzo piena di fiocchi e mollette per capelli; ma del medaglione nessuna traccia.
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C'era uno schedario dietro la scrivania: Harry lo setacciò. Come quelli di Gazza a Hogwarts, era pieno di cartellette, ciascuna etichettata con un nome. Solo nell'ultimo cassetto vide qualcosa che lo distrasse dalla ricerca: il fascicolo del signor Weasley.
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Lo sfilò e lo aprì.
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ARTHUR WEASLEY
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Stato di Sangue: Purosangue, ma con inaccettabili inclinazioni filoBabbane. Noto membro dell'Ordine della Fenice.
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Famiglia: Moglie (Purosangue), sette figli, i due più giovani a Hogwarts. N.B.: figlio maschio più giovane attualmente a casa, gravemente ammalato, confermato da ispettori del Ministero.
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Stato di Sorveglianza: SORVEGLIATO. Tutti i movimenti controllati. Alta probabilità che Indesiderabile n. 1 lo contatti (ospite della famiglia Weasley in passato).
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«Indesiderabile Numero Uno» borbottò Harry. Rimise al suo posto la cartelletta e richiuse il cassetto. Era sicuro di conoscerlo. Infatti, quando si rialzò, in cerca di altri nascondigli, vide alla parete un manifesto che lo ritraeva, con le parole 'INDESIDERABILE NUMERO UNO' impresse sul petto. C'era appiccicato un bigliettino rosa, con un gattino in un angolo. Harry si avvicinò per leggerlo: la Umbridge aveva scritto 'Da punire'.
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Più infuriato che mai, continuò a frugare in fondo ai vasi e ai cestini di fiori secchi, ma non si stupì di non trovare il medaglione. Diede un'ultima occhiata all'ufficio e il suo cuore perse un colpo. Silente lo fissava da un piccolo specchio rettangolare appoggiato su uno scaffale vicino alla scrivania.
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Harry attraversò la stanza di corsa e lo afferrò, ma nel momento in cui lo toccò capì che non era affatto uno specchio. Silente sorrideva pensoso dalla lucida copertina di un libro. A prima vista, Harry non aveva notato la riccioluta scritta verde che attraversava il cappello: 'Vita e Menzogne di Albus Silente', e nemmeno il nome dell'autore stampato sul petto: 'Rita Skeeter, autrice del bestseller Armando Dippet: Maestro o Mentecatto?' Harry aprì il libro a caso e vide una foto a tutta pagina di due ragazzi che ridevano come matti, le braccia l'uno attorno alle spalle dell'altro. Silente aveva i capelli lunghi fino alla vita e una barbetta ispida simile a quella di Krum che aveva tanto irritato Ron. Il ragazzo che si sbellicava silenziosamente accanto a lui aveva un'espressione allegra e ribelle. I suoi capelli biondi ricadevano a boccoli sulle spalle. Harry si chiese se fosse il giovane Doge, ma prima che riuscisse a leggere la didascalia la porta dell'ufficio si aprì.
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Se O'Tusoe entrando non si fosse guardato alle spalle, Harry non avrebbe fatto in tempo a rimettersi il Mantello dell'Invisibilità. Invece il Ministro dovette cogliere solo una frazione di movimento, perché per qualche istante rimase immobile, fissando con curiosità il punto in cui Harry era appena sparito. Forse decise di aver visto solo Silente grattarsi il naso sulla copertina del libro, che Harry aveva frettolosamente rimesso a posto; fatto sta che O'Tusoe andò alla scrivania e puntò la bacchetta sulla piuma pronta nel calamaio, che balzò su e cominciò a scrivere un messaggio per la Umbridge. Molto lentamente, senza quasi respirare, Harry uscì arretrando dall'ufficio.
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Gli scrivani erano ancora riuniti attorno ai resti del Detonatore Abbindolante, che continuava a fischiare piano, fumando. Harry corse via lungo il corridoio e sentì la giovane strega dire: «Scommetto che è sgattaiolato fin quassù dagli Incantesimi Sperimentali, sono così distratti, vi ricordate la papera velenosa?»
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Affrettandosi verso gli ascensori, Harry fece il punto della situazione. Non c'erano mai state molte probabilità di trovare il medaglione al Ministero e non c'era alcuna speranza di riuscire a estorcere notizie con la magia alla Umbridge finché si trovava in un'aula affollata. Adesso la loro priorità era uscire dal Ministero prima di essere scoperti, poi ci avrebbero riprovato un altro giorno. Intanto bisognava trovare Ron e studiare un modo per far uscire Hermione dall'aula.
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L'ascensore era vuoto. Harry vi balzò dentro e si sfilò il Mantello durante la discesa. Con suo enorme sollievo, al Secondo Livello salì proprio Ron, zuppo e sconvolto.
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«'G-giorno» balbettò rivolto a Harry mentre l'ascensore ripartiva.
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«Ron, sono io, Harry!»
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«Harry! Accidenti, mi ero dimenticato com'eri... perché Hermione non è con te?»
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«È dovuta scendere nelle aule con la Umbridge, non ha potuto dire di no e...»
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Ma prima che potesse finire, l'ascensore si fermò di nuovo, le porte si aprirono ed entrò il signor Weasley, immerso in conversazione con una vecchia strega bionda con una cotonatura così alta che somigliava a un formicaio.
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«... capisco cosa vuoi dire, Wakanda, ma temo di non poter condividere...»
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Il signor Weasley s'interruppe: aveva notato Harry. Fu molto strano vedersi guardare da lui con tanto disgusto. Le porte dell'ascensore si chiusero e il quartetto scivolò verso il basso.
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«Oh, salve, Reg» disse il signor Weasley, voltandosi al gocciolio che proveniva dall'abito di Ron. «Oggi non c'È l'interrogatorio di tua moglie? Ehm... cosa ti è successo? Perché sei tutto bagnato?»
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«Piove nell'ufficio di Yaxley» spiegò Ron. Si era rivolto alla spalla del signor Weasley, sicuramente perché temeva che il padre lo riconoscesse se solo si fossero guardati negli occhi. «Non sono riuscito a bloccare l'acqua, così mi hanno mandato a cercare Bernie... Pillsworth, mi pare...»
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«Sì, ultimamente piove in un mucchio di uffici» osservò il signor Weasley. «Hai provato con la Meteofattura Recanto? Con Bletchley ha funzionato».
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«Meteofattura Recanto?» sussurrò Ron. «No. Grazie, pa... voglio dire, grazie, Arthur».
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Le porte si aprirono; la vecchia strega coi capelli a formicaio scese e Ron la superò di corsa. Harry fece per seguirlo, ma si trovò la strada bloccata da Percy Weasley che entrava in ascensore, il naso affondato in un documento.
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Percy si accorse della presenza del padre solo quando le porte si richiusero. Alzò lo sguardo, vide il signor Weasley, diventò rosso come un rapanello e scese non appena le porte si riaprirono. Per la seconda volta, Harry tentò di scendere, ma questa volta fu il signor Weasley a bloccarlo, afferrandolo per un braccio.
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«Un momento, Runcorn».
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Quando l'ascensore si richiuse e riprese la discesa, il signor Weasley continuò: «Ho sentito che hai passato certe informazioni su Dirk Cresswell».
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Harry ebbe la sensazione che la rabbia del signor Weasley fosse ancora più intensa dopo il breve incontro con Percy. Decise che la cosa migliore era fare lo stupido.
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«Scusa?» disse.
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«Non fingere, Runcorn» ribatté il signor Weasley con forza. «Hai rintracciato il mago che ha contraffatto il suo albero genealogico, vero?» «Io... e allora?»
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«Allora, Dirk Cresswell è dieci volte più mago di te» mormorò il signor
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Weasley, mentre l'ascensore scendeva di un altro Livello. «E se sopravvive ad Azkaban, dovrai risponderne a lui, per non parlare di sua moglie, i suoi figli e i suoi amici...»
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«Arthur» lo interruppe Harry, «lo sai che sei sotto sorveglianza, vero?» «È una minaccia, Runcorn?» chiese il signor Weasley ad alta voce. «No» rispose Harry, «È un fatto! Tengono d'occhio ogni tuo movimento...»
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Le porte si aprirono: avevano raggiunto l'Atrium. Il signor Weasley rivolse a Harry uno sguardo duro e scese. Harry rimase lì, scosso. Avrebbe preferito incarnare qualcun altro... L'ascensore si richiuse.
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Harry indossò di nuovo il Mantello dell'Invisibilità. Avrebbe cercato di portare via Hermione da solo mentre Ron si occupava dell'ufficio piovoso. Quando le porte si aprirono, uscì in un corridoio di pietra illuminato da torce, molto diverso da quelli rivestiti di legno e moquette dei Livelli di sopra. L'ascensore si allontanò sferragliando e Harry rabbrividì, fissando la lontana porta nera che segnava l'ingresso dell'Ufficio Misteri.
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Ma la sua destinazione non era la porta nera, bensì l'apertura sulla sinistra, che dava sulla rampa di scale che portavano giù alle aule giudiziarie. Scendendo furtivo, passò in rassegna le varie possibilità: aveva ancora un paio di Detonatori Abbindolanti, ma forse era meglio bussare, entrare come Runcorn e chiedere di scambiare due parole con Mafalda. Naturalmente non sapeva se Runcorn fosse abbastanza importante da poterselo permettere, e comunque il mancato ritorno di Hermione avrebbe potuto scatenare la caccia prima che fossero usciti dal Ministero...
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Smarrito nei suoi pensieri, non si accorse subito del gelo innaturale che s'insinuava nelle sue membra, come se si stesse immergendo nella nebbia. A ogni gradino il freddo aumentava: un freddo che penetrava nella gola e lacerava i polmoni. E poi quello strisciante senso di disperazione che lo riempiva, si dilatava dentro di lui...
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Dissennatori, pensò.
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Quando raggiunse la base delle scale e voltò a destra, vide una scena terribile. Lo stretto corridoio fuori dalle aule era pieno di alte figure con i cappucci neri e i volti celati; l'unico rumore era il loro respiro rauco. I Nati Babbani condotti lì per l'interrogatorio sedevano pietrificati, ingobbiti e tremanti su dure panche di legno. Molti nascondevano il volto fra le mani, come tentando istintivamente di ripararsi dalle avide bocche dei Dissennatori. Alcuni erano accompagnati da parenti, altri soli. I Dissennatori scivolavano avanti e indietro davanti a loro e il gelo e la disperazione di quel posto calarono su Harry come una maledizione...
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Resisti, si disse, ma sapeva di non poter evocare un Patronus senza rivelarsi all'istante. Così avanzò, più piano che poteva, e a ogni passo il torpore pareva impossessarsi della sua mente, ma si costrinse a pensare a Hermione e a Ron, che avevano bisogno di lui.
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Procedere tra le incombenti sagome nere era terrificante: i volti senz'occhi nascosti sotto i cappucci si giravano al suo passaggio; Harry era certo che lo percepivano, percepivano, forse, una presenza umana che aveva ancora qualche speranza, qualche risorsa...
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E poi, all'improvviso, nel silenzio gelato, la porta di una delle segrete sulla sinistra si spalancò e ne uscì l'eco di urla.
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«No, no, sono Mezzosangue, sono Mezzosangue, vi dico! Mio padre era un mago, lo era, cercatelo, Arkie Alderton, un noto progettista di manici di scopa, cercatelo nei registri, vi dico... toglietemi le mani di dosso, giù le mani...»
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«È l'ultimo avvertimento» cantilenò la voce carezzevole della Umbridge, magicamente amplificata così da risuonare sopra le urla disperate dell'uomo. «Se oppone resistenza, verrà sottoposto al bacio del Dissennatore».
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Le urla dell'uomo cessarono, ma nel corridoio echeggiarono i suoi singhiozzi senza lacrime.
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«Portatelo via» ordinò la Umbridge.
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Due Dissennatori comparvero sulla soglia dell'aula, le mani putrefatte e coperte di piaghe attorno alle braccia di un mago semisvenuto. Scivolarono via nel corridoio con lui e il buio che si trascinavano dietro lo inghiottì.
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«Il prossimo... Mary Cattermole» chiamò la Umbridge.
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Si alzò una donnina; tremava da capo a piedi. Aveva i capelli scuri raccolti in una crocchia e indossava una lunga veste molto semplice. Il suo volto era completamente esangue. Passando davanti ai Dissennatori, rabbrividì.
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Harry agì d'istinto, senza riflettere, perché la vista di quella donna che entrava da sola nella segreta era insopportabile: prima che la porta si chiudesse, scivolò nell'aula con lei.
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Non era la stessa sala in cui era stato interrogato per uso improprio della magia. Era molto più piccola, ma con il soffitto altrettanto alto; dava la sensazione claustrofobica di essere rinchiusi sul fondo di un angusto pozzo.
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Dentro c'erano altri Dissennatori, che diffondevano la loro aura gelida; sentinelle senza volto negli angoli più lontani dall'alto palco sopraelevato. Lì, dietro una balaustra, sedeva la Umbridge, con Yaxley a un fianco e Hermione, pallida come la signora Cattermole, all'altro. Ai piedi del palco un gatto a pelo lungo di un luminoso color argento andava avanti e indietro, avanti e indietro; Harry comprese che era lì per proteggere i magistrati dalla disperazione che emanava dai Dissennatori: dovevano provarla gli accusati, non gli accusatori.
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«Si sieda» flautò la Umbridge con la sua morbida voce setosa.
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La signora Cattermole barcollò fino all'unica sedia al centro della sala, sotto il palco. Non appena si fu seduta, dai braccioli uscirono tintinnando delle catene che la legarono.
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«Lei è Mary Elizabeth Cattermole?» domandò la Umbridge.
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La signora Cattermole rispose con un solo, tremante cenno della testa. «Sposata con Reginald Cattermole dell'Ufficio Manutenzione Magica?» La signora Cattermole scoppiò in lacrime.
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«Non so dov'È, dovevamo vederci qui!»
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La Umbridge la ignorò.
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«Madre di Maisie, Ellie e Alfred Cattermole?»
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La signora Cattermole singhiozzò più forte.
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«Hanno paura, pensano che non tornerò più a casa...»
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«Ce lo risparmi» soffiò Yaxley sprezzante. «I mocciosi Babbani non suscitano le nostre simpatie».
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I singhiozzi della signora Cattermole coprivano i passi cauti di Harry verso i gradini della tribuna. Superato il punto in cui il gatto Patronus marciava avanti e indietro, avvertì la differenza di temperatura: al di là era caldo e gradevole. Il Patronus, ne era certo, apparteneva alla Umbridge, e brillava così intensamente perché lei era felice lì, nel suo elemento, a sostenere le leggi perverse che aveva contribuito a scrivere. Lentamente, con cautela, avanzò lungo il palco alle spalle della Umbridge, di Yaxley e di Hermione, e prese posto dietro quest'ultima. Aveva paura di farla sobbalzare. Pensò di usare l'Incantesimo Muffliato sulla Umbridge e su Yaxley, ma anche solo mormorando la formula rischiava di agitare Hermione. Poi la Umbridge alzò la voce per rivolgersi alla signora Cattermole e Harry ne
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approfittò.
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«Sono dietro di te» sussurrò all'orecchio dell'amica.
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Come previsto, lei sobbalzò così violentemente che per poco non rovesciò la boccetta d'inchiostro con cui doveva trascrivere l'interrogatorio, ma la Umbridge e Yaxley erano concentrati sull'accusata e non se ne accorsero.
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«Signora Cattermole, al suo arrivo al Ministero oggi le è stata requisita una bacchetta» stava dicendo la Umbridge. «Otto pollici e tre quarti, ciliegio, nucleo di pelo di unicorno. Riconosce la descrizione?»
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La signora Cattermole annuì, asciugandosi gli occhi sulla manica.
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«Può dirci per favore a quale mago o strega ha rubato questa bacchetta?» «R-rubato?» singhiozzò la signora Cattermole. «Io n-non l'ho rubata a nessuno. L'ho c-comprata quando avevo undici anni. M-m-mi ha scelto». Pianse più forte che mai.
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La Umbridge rise di una delicata risatina infantile che fece venir voglia a
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Harry di strangolarla. Si protese sopra la balaustra, per vedere meglio la sua vittima, e un oggetto d'oro scivolò in avanti, penzolando nel vuoto: il medaglione.
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Hermione lo vide e si lasciò sfuggire un gridolino, ma la Umbridge e Yaxley, ancora concentrati sulla preda, erano sordi a qualunque altra cosa.
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«No» disse la Umbridge, «no, non credo, signora Cattermole. Le bacchette scelgono solo le streghe o i maghi. Lei non è una strega. Ho qui le sue risposte al questionario che le è stato spedito... Mafalda, passamelo».
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La Umbridge tese la manina: era così simile a un rospo che Harry si stupì di non vedere la membrana tra le dita tozze. Le mani di Hermione tremavano dallo spavento. Frugò in una pila di documenti in equilibrio sulla sedia accanto a lei e infine sfilò una pergamena col nome della signora Cattermole.
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«Che... che carino, Dolores» balbettò, indicando il pendente che scintillava tra le ruches della camicetta della Umbridge.
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«Cosa?» chiese brusca la Umbridge, guardando in giù. «Oh, sì... un vecchio cimelio di famiglia» osservò, picchiettando il medaglione adagiato sul suo largo petto. «La 'S' di Selwyn... sono imparentata con i Selwyn... in realtà sono poche le famiglie Purosangue con le quali non sono imparentata... peccato» riprese a voce più alta, sfogliando il questionario della signora Cattermole, «che non si possa dire lo stesso di lei. Professione dei genitori: fruttivendoli».
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Yaxley ridacchiò. Più giù, il soffice gatto d'argento continuava la sua
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marcia avanti e indietro; i Dissennatori aspettavano nei loro angoli.
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Fu la menzogna della Umbridge che fece salire a Harry il sangue al cervello, spazzando via ogni cautela, l'idea che potesse usare il medaglione estorto a un criminale da quattro soldi per sostenere le proprie credenziali di Purosangue. Levò la bacchetta, senza nemmeno darsi la pena di nasconderla sotto il Mantello, ed esclamò: «Stupeficium!»
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Un lampo di luce rossa; la Umbridge si afflosciò picchiando la fronte sulla balaustra: i documenti della signora Cattermole scivolarono dal suo grembo a terra e il gatto argenteo svanì. Un'aria ghiacciata li investì come un'improvvisa raffica di vento; Yaxley, confuso, cercava di capire da dove fosse venuto il colpo, quando vide la mano senza corpo di Harry e la bacchetta puntata contro di lui. Cercò di estrarre a sua volta la bacchetta, ma troppo tardi.
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«Stupeficium!»
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Yaxley cadde a terra, accartocciato sul pavimento.
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«Harry!»
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«Hermione, non potevo star qui seduto a vederla...»
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«Harry, la signora Cattermole!»
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Harry si voltò, togliendosi il Mantello dell'Invisibilità; di sotto, i Dissennatori avevano abbandonato i loro angoli e scivolavano verso la donna incatenata alla sedia: forse perché il Patronus era svanito o perché avvertivano che i loro padroni non controllavano più la situazione, nulla li tratteneva. La signora Cattermole emise un terribile grido di paura quando una mano viscida e coperta di croste le afferrò il mento e le spinse indietro la testa.
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«EXPECTO PATRONUM!»
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Il cervo d'argento sbucò dalla punta della bacchetta di Harry e balzò verso i Dissennatori, che indietreggiarono e tornarono a confondersi con le ombre. La luce del cervo, più potente e calda della protezione del gatto, illuminava tutta la segreta mentre l'animale trottava attorno alla stanza.
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«Prendi l'Horcrux» disse Harry a Hermione.
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Ridiscese i gradini di corsa, infilando il Mantello nella saccoccia, e si avvicinò alla signora Cattermole.
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«Lei?» mormorò la signora, scrutandolo in viso. «Ma... ma Reg ha detto che è stato lei a suggerire il mio nome per l'interrogatorio!»
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«Davvero?» borbottò Harry, strattonando le catene che le legavano le braccia. «Be', ho cambiato idea. Diffindo!» Non successe nulla. «Hermione, come faccio a sbarazzarmi di queste catene?»
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«Aspetta, sto cercando di fare una cosa...»
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«Hermione, siamo circondati dai Dissennatori!»
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«Lo so, Harry, ma se si sveglia e non trova più il medaglione... devo duplicarlo... Geminio! Ecco, dovrebbe ingannarla...»
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Hermione lo raggiunse di corsa.
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«Vediamo un po'... Relascio!»
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Le catene si ritirarono nei braccioli della sedia. La signora Cattermole era sempre più spaventata.
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«Non capisco» sussurrò.
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«Lei adesso viene via con noi» le ordinò Harry, tirandola su in piedi.
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«Va a casa, prende i bambini e scappa, lascia il paese se deve. Travestitevi e fuggite. Ha visto anche lei: qui non avrà mai un giudizio equo».
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«Harry» lo chiamò Hermione, «come facciamo a uscire con tutti quei Dissennatori là fuori?»
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«Con i Patroni» rispose Harry, e puntò la bacchetta verso il proprio: il cervo rallentò e si avvicinò alla porta, emanando la sua vivida luce. «Tutti quelli che riusciamo a mettere insieme; chiama il tuo, Hermione».
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«Expec-expecto Patronum» balbettò Hermione. Niente.
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«È l'unico incantesimo con cui abbia mai avuto problemi» spiegò Harry alla signora Cattermole, ormai completamente interdetta. «Un vero peccato, direi... dai, Hermione...»
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«Expecto Patronum!»
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Una lontra d'argento sbucò dalla punta della bacchetta di Hermione e raggiunse il cervo danzando con grazia nell'aria.
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«Andiamo». Harry guidò Hermione e la signora Cattermole verso la porta.
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Fuori dalla segreta, la gente in attesa accolse i Patroni con urla di stupore. Harry si guardò intorno; i Dissennatori si ritraevano da un lato e dall'altro, confondendosi nel buio, disperdendosi davanti alle argentee creature.
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«È stato deciso che dovete andare tutti a casa ed entrare in clandestinità insieme alle vostre famiglie» annunciò Harry ai Nati Babbani in attesa, accecati dalla luce dei Patroni e in parte ancora tremanti. «Andate all'estero, se potete. State alla larga dal Ministero. Questa è la... ehm... la nuova posizione ufficiale. Ora, se seguite i Patroni potrete uscire dall'Atrium».
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Risalirono le scale di pietra senza essere intercettati, ma quando arrivarono agli ascensori, Harry cominciò a nutrire dei dubbi. Se fossero sbucati nell'Atrium con un cervo d'argento, una lontra volante e una ventina di persone, metà delle quali accusate di essere Nati Babbani, non poteva fare
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a meno di pensare che avrebbero causato un qual certo scompiglio. Era appena giunto a questa spiacevole conclusione che l'ascensore si fermò sferragliando davanti a loro.
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«Reg!» gridò la signora Cattermole, gettandosi tra le braccia di Ron. «Runcorn mi ha lasciato andare, ha aggredito la Umbridge e Yaxley e ha detto a tutti di abbandonare il paese: credo che sia meglio dargli retta, Reg, sul serio. Corriamo a casa a prendere i bambini e... perché sei tutto bagnato?»
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«Acqua» borbottò Ron, liberandosi dalla stretta. «Harry, sanno che ci sono degli intrusi nel Ministero, parlavano di un buco nella porta dell'ufficio della Umbridge, abbiamo al massimo cinque minuti prima di...»
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Il Patronus di Hermione sparì con un pop mentre lei si voltava verso Harry, orripilata.
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«Harry, se restiamo intrappolati qui...»
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«Non succederà, se ci muoviamo» ribatté Harry. Si rivolse al gruppo silenzioso: tutti lo fissavano a bocca aperta.
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«Chi ha la bacchetta?»
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Quasi metà alzarono la mano.
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«Bene, chi non ce l'ha stia vicino a qualcuno che ce l'ha. Dobbiamo fare in fretta... prima che ci fermino. Andiamo».
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Riuscirono a stiparsi in due ascensori. Il Patronus di Harry fece la guardia davanti alle griglie d'oro che si chiudevano e gli ascensori cominciarono a salire.
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«Ottavo Livello» annunciò l'imperturbabile voce femminile. «Atrium».
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Harry capì all'istante che erano nei guai. La sala era piena di gente che si spostava da un camino all'altro, sigillandoli tutti.
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«Harry!» squittì Hermione. «Come faremo a...?»
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«FERMI!» tuonò Harry, e la voce possente di Runcorn echeggiò nell'Atrium: i maghi che stavano chiudendo i camini s'immobilizzarono. «Seguitemi» sussurrò ai Nati Babbani terrorizzati che avanzavano in mucchio, scortati da Ron e Hermione.
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«Cosa succede, Albert?» chiese il mago stempiato che prima era arrivato dietro a Harry uscendo dal camino. Era nervoso.
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«Questi devono uscire prima che sigilliate i passaggi» rispose Harry con tutta l'autorità che riuscì a ostentare.
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I maghi di fronte a lui si guardarono.
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«Ci è stato detto di sigillare tutte le uscite e di non permettere a nessuno...»
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«Osi contraddirmi?» minacciò Harry. «Vuoi che faccia controllare il tuo albero genealogico, come quello di Dirk Cresswell?»
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«Scusa!» boccheggiò il mago stempiato, arretrando. «Non volevo, Albert, ma credevo... credevo che fossero giù per gli interrogatori e...»
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«Il loro sangue è puro» proclamò Harry, e la sua voce fonda rimbombò nell'ingresso, impressionante. «Più puro di quello di molti di voi, direi. Andate» tuonò ai Nati Babbani, che sgattaiolarono nei camini e svanirono a coppie. I maghi del Ministero si fecero indietro, alcuni perplessi, altri spaventati e risentiti. Poi...
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«Mary!»
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La signora Cattermole si guardò alle spalle. Il vero Reg Cattermole, che non vomitava più ma era pallido e smunto, era appena uscito di corsa da un ascensore.
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«R-Reg?»
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Lei spostò lo sguardo dal marito a Ron, che imprecò.
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Il mago stempiato spalancò la bocca, voltando la testa comicamente da un Reg Cattermole all'altro.
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«Ehi... che cosa succede? Che storia è questa?»
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«Chiudete l'uscita! CHIUDETELA!»
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Yaxley era schizzato fuori da un altro ascensore e correva verso il gruppo davanti ai camini nei quali tutti i Nati Babbani, tranne la signora Cattermole, erano ormai spariti. Il mago stempiato fece per levare la bacchetta, ma Harry gli sferrò un pugno enorme che lo face volare a mezz'aria.
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«Ha aiutato i Nati Babbani a fuggire, Yaxley!» urlò Harry.
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I colleghi del mago stempiato fecero un gran trambusto, approfittando del quale Ron afferrò la signora Cattermole, la spinse nel camino ancora aperto e sparì. Incerto, Yaxley guardò prima Harry, poi il mago ammaccato, mentre il vero Reg Cattermole strillava: «Mia moglie! Chi era quello con mia moglie? Cosa succede?»
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Harry vide Yaxley voltarsi e un sentore di verità farsi largo sul suo volto animalesco.
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«Via!» gridò a Hermione; le afferrò la mano e saltarono insieme nel camino mentre la maledizione di Yaxley volava sopra la sua testa. Vorticarono per qualche istante e schizzarono fuori da un water dentro un cubicolo. Harry spalancò la porta; Ron, vicino ai lavandini, cercava ancora di liberarsi dalla signora Cattermole.
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«Reg, non capisco...»
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«Mi lasci, non sono suo marito, deve andare a casa!»
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Ci fu un rumore nel cubicolo accanto; Harry si voltò a guardare: Yaxley era appena apparso.
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«ANDIAMO!» urlò Harry. Afferrò di nuovo Hermione per la mano e Ron per il braccio e girò su se stesso.
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Il buio li avvolse, insieme al consueto senso di compressione, ma qualcosa non andava... la mano di Hermione sfuggiva alla sua stretta...
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Si chiese se stava per soffocare, non riusciva a respirare né a vedere e le sole cose concrete al mondo erano il braccio di Ron e le dita di Hermione, che lentamente scivolavano via...
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E poi vide la porta del numero dodici di Grimmauld Place, con il suo battente a forma di serpente, ma prima che riuscisse a riprendere fiato si levarono un urlo e un lampo di luce viola; la mano di Hermione all'improvviso si chiuse sulla sua come una morsa e tutto fu di nuovo buio.
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