Harry, Ron e Hermione avevano sempre saputo dell’incresciosa simpatia di Hagrid per le creature grandi e mostruose. Durante il primo anno a Hogwarts, Hagrid aveva tentato di allevare un drago nella sua capanna di legno e i tre non avrebbero dimenticato tanto facilmente il gigantesco cane a tre teste da lui battezzato Fuffi. Se poi, da ragazzo, Hagrid avesse sentito dire che da qualche parte, nel castello, si nascondeva un mostro, Harry era certo che avrebbe fatto carte false pur di dargli un’occhiata. Probabilmente aveva pensato che era un peccato tenere il mostro rinchiuso tanto a lungo e che meritava di sgranchirsi le sue innumerevoli zampe. Poteva vederlo, il tredicenne Hagrid, cercare di infilargli guinzaglio e collare. Ma era altrettanto sicuro che non avesse mai voluto uccidere.
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Quasi quasi, Harry avrebbe preferito non scoprire come funzionava il diario di Riddle. Ron e Hermione gli fecero ripetere un’infinità di volte quel che aveva visto e a lui era venuta la nausea di quei racconti e anche delle lunghe e inconcludenti conversazioni che ne seguivano.
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«Riddle potrebbe aver preso la persona sbagliata» disse Hermione. «Forse quello che aggrediva le persone era un altro mostro…»
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«Ma quanti mostri pensi che ci siano in questo posto?» chiese Ron ostinato.
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«Abbiamo sempre saputo che Hagrid è stato espulso» disse Harry tristemente. «E gli attentati devono essere finiti proprio dopo che lui è stato sbattuto fuori. Altrimenti, Riddle non sarebbe stato premiato».
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Ron cercò una pista diversa.
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«Riddle assomiglia a Percy… e comunque, chi gli ha chiesto di denunciare Hagrid?»
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«Ma il mostro aveva ucciso una persona, Ron» gli fece presente Hermione.
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«E se Hogwarts chiudeva, Riddle sarebbe dovuto tornare in un orfanotrofio di Babbani» disse Harry. «Non posso dargli torto se voleva restare qui…»
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Ron si mordicchiò le labbra, poi azzardò un’altra ipotesi.
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«Tu hai incontrato Hagrid a Notturn Alley, non è vero Harry?»
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«Stava comperando un Repellente per lumache carnivore» si affrettò a ricordargli Harry.
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Tutti e tre tacquero. Dopo una lunga pausa, con voce esitante Hermione si decise a fare la domanda più spinosa: «Pensate che sia il caso di andare a parlarne con lui?»
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«Allora si che ci sarebbe da ridere!» disse Ron. «Salve, Hagrid, dicci un po’, non è che per caso, ultimamente, hai sguinzagliato nel castello un coso pazzo e peloso?»
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Alla fine decisero di non dirgli niente a meno che non si verificasse un’altra aggressione, e visto che i giorni passavano e la voce disincarnata non si faceva sentire, cominciarono a sperare che non ci sarebbe mai stato bisogno di chiedergli perché era stato espulso. Erano circa quattro mesi che Justin e Nick-Quasi-Senza-Testa erano stati pietrificati e quasi tutti sembravano dell’idea che l’aggressore, chiunque fosse, avesse rinunciato una volta per tutte. Pix si era finalmente stancato di canticchiare È Potter canaglia che infuria e si scaglia; un giorno, alla lezione di Erbologia, Ernie Macmillan chiese a Harry con grande gentilezza di passargli un secchio di funghi; e a marzo, nella Serra numero Tre, molte mandragole fecero festa a lungo e rumorosamente, il che rese molto felice la professoressa Sprite.
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«Quando cercheranno di scambiarsi il vaso sapremo che sono completamente mature» disse a Harry. «A quel punto potremo far tornare in vita quei poverini nell’infermeria».
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Durante le vacanze di Pasqua, gli studenti del secondo anno ebbero qualcosa di nuovo a cui pensare. Era arrivato il momento di scegliere le materie per il terzo anno, un problema che almeno Hermione prendeva molto sul serio.
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«Potrebbe condizionare tutto il nostro futuro» disse a Harry e Ron mentre insieme scorrevano l’elenco delle nuove materie, spuntandole via via.
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«Io voglio solo smettere Pozioni» disse Harry.
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«Ma non possiamo» disse tristemente Ron. «Tutte le materie vecchie ce le dobbiamo tenere, altrimenti avrei mollato Difesa contro le Arti Oscure».
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«Ma quella è importantissima!» disse Hermione scandalizzata.
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«Non come la insegna Allock» disse Ron. «L’unica cosa che ho imparato da lui è non lasciare liberi i folletti».
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Neville Paciock era stato inondato di lettere da tutti i maghi e le streghe della sua famiglia, ricevendo da ognuno un consiglio diverso. Confuso e preoccupato, leggeva l’elenco delle materie con la lingua di fuori, chiedendo a tutti se pensavano che Aritmanzia fosse più difficile delle Antiche Rune. Dean Thomas, che come Harry era cresciuto tra i Babbani, finì per chiudere gli occhi e puntare la bacchetta magica sull’elenco delle materie: avrebbe scelto a caso. Hermione non chiese consiglio a nessuno e le scelse tutte.
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Harry sorrideva amaramente tra sé al pensiero di quel che avrebbero detto zio Vernon e zia Petunia se lui avesse provato a discutere con loro il suo futuro di mago. Non che gli mancasse una guida: Percy Weasley era ansioso di condividere con lui la propria esperienza.
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«Dipende da dove vuoi andare, Harry» disse. «Non è mai troppo presto per pensare al futuro, per questo ti suggerirei Divinazione. La gente dice che Babbanologia sia una scelta al ribasso, ma personalmente penso che i maghi dovrebbero conoscere a fondo la società dei non-maghi, specie se pensano di lavorare in stretto contatto con loro… Guarda mio padre: lui ha a che fare tutto il tempo con i Babbani. Mio fratello Charlie è stato sempre amante dell’aria aperta e quindi ha scelto Cura delle Creature Magiche. Scegli le materie in cui sei forte, Harry».
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Ma l’unica cosa per cui Harry sentiva di essere tagliato era il Quidditch. Alla fine scelse le stesse nuove materie di Ron, pensando che se lui si fosse rivelato una schiappa almeno avrebbe avuto un amico da cui farsi aiutare.
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La prossima partita di Quidditch il Grifondoro l’avrebbe giocata contro i Tassorosso. Baston insisteva per allenare la squadra tutte le sere dopo cena, per cui Harry non aveva tempo per altro che non fossero il Quidditch e i compiti. Ma le sessioni di allenamento stavano migliorando, o quantomeno si facevano più all’asciutto, e la sera della vigilia dell’incontro Harry salì nel suo dormitorio per posare il manico di scopa con la sensazione che le probabilità dei Grifondoro di vincere la coppa non erano mai state tanto alte.
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Ma l’allegria fu di breve durata. In cima alle scale incontrò Neville Paciock che pareva fuori di sé.
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«Harry… io non so chi è stato. Ho semplicemente trovato…»
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Fissandolo spaventato, Neville spalancò la porta.
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Il contenuto del suo baule era stato sparpagliato dappertutto. Il mantello giaceva a terra, strappato. Il pigiama era stato tolto da sotto il cuscino, il cassetto del comodino era stato tirato fuori e il contenuto sparso sul materasso.
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Harry si avvicinò al letto, a bocca aperta, calpestando alcune pagine strappate del volume Trekking con i troll.
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Mentre rifaceva il letto, aiutato da Neville, entrarono Ron, Dean e Seamus. Dean imprecò ad alta voce.
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«Cosa diavolo è successo, Harry?»
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«Non ne ho la più pallida idea» rispose lui. Intanto, Ron esaminava i vestiti: tutte le tasche erano state rivoltate.
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«Qui è venuto qualcuno a cercare chissà che» disse Ron. «Manca niente?»
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Harry cominciò a raccogliere tutte le sue cose, buttandole alla rinfusa dentro il baule. Ma solo quando vi ebbe scaraventato dentro l’ultimo libro di Allock si accorse di quel che mancava.
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«Il diario di Riddle non c’è più» disse sottovoce a Ron.
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«Cosa?»
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Harry si girò nervosamente verso la porta della stanza e Ron uscì dietro di lui. Scesero di corsa nella sala comune del Grifondoro, mezza deserta, e si avvicinarono a Hermione che, tutta sola, stava leggendo un libro dal titolo Metodo semplificato per la lettura delle Antiche Rune.
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La notizia la lasciò sbalordita.
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«Ma… soltanto un Grifondoro può averlo rubato… nessun altro conosce la nostra parola d’ordine…»
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«Proprio così» commentò Harry.
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La mattina dopo, al risveglio, diede loro il buongiorno un bel sole e un venticello fresco.
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«Condizioni perfette per il Quidditch» disse Baston entusiasticamente al tavolo della colazione, riempiendo di uova strapazzate i piatti dei giocatori. «Dacci dentro, Harry, devi fare una colazione decente».
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Harry continuava a scrutare l’affollato tavolo dei Grifondoro, chiedendosi se per caso il nuovo proprietario del diario di Riddle non si trovasse proprio di fronte a lui. Hermione aveva insistito perché denunciasse il furto, ma a lui l’idea non piaceva. Avrebbe dovuto raccontare tutto a un insegnante; ma quanti sapevano il motivo per cui Hagrid era stato espulso, cinquant’anni prima? Non voleva certo essere lui a riportare a galla quella storia.
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Aveva appena lasciato la Sala Grande insieme a Ron e Hermione per andare a prendere il suo equipaggiamento da Quidditch, quand’ecco che un’altra angoscia si aggiunse al già nutrito elenco delle sue preoccupazioni. Non aveva fatto in tempo a poggiare un piede sul primo gradino della scala di marmo che la udì di nuovo: «Uccidere adesso… fare a pezzi… squartare…»
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Lanciò un grido e Ron e Hermione si ritrassero allarmati.
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«La voce!» esclamò Harry guardandosi alle spalle. «L’ho sentita di nuovo… e voi?»
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Ron scosse il capo con gli occhi sbarrati. Hermione, invece, si batté una mano sulla fronte.
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«Harry… credo proprio di aver capito una cosa! Devo andare in biblioteca!»
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E sparì di corsa su per le scale.
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«Chissà che cosa ha capito…» disse Harry disorientato mentre si guardava ancora intorno cercando di individuare da dove provenisse la voce.
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«Molto più di quanto abbia capito io» disse Ron scuotendo la testa.
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«Ma perché ha dovuto andare in biblioteca?»
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«Perché Hermione è fatta così» disse Ron stringendosi nelle spalle. «Nel dubbio, vai in biblioteca».
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Harry non si mosse, indeciso, cercando di udire di nuovo la voce, ma ormai tutti stavano uscendo dalla Sala Grande parlando a voce alta e imboccavano la porta principale diretti al campo di Quidditch.
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«Meglio che ti muovi» lo incalzò Ron. «Sono quasi le undici… la partita».
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Harry salì di corsa alla torre del Grifondoro per prendere la sua Nimbus Duemila e poi si unì alla folla che sciamava verso il campo; ma con la mente era ancora al castello, dove aveva udito la voce. Mentre negli spogliatoi s’infilava la tuta scarlatta, la sua unica consolazione fu il pensiero che in quel momento tutti erano fuori per la partita.
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Le squadre entrarono in campo tra uno scrosciare di applausi. Oliver Baston decollò per un volo di riscaldamento intorno ai pali delle porte, Madama Bumb mise in campo le palle. I Tassorosso, che giocavano in tuta giallo canarino, riuniti a capannello, stavano terminando le consultazioni sulla tattica di gioco.
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Harry stava per montare sulla sua scopa quando la McGranitt entrò in campo quasi di corsa, con in mano un enorme megafono viola.
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Harry si sentì gelare il sangue.
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«La partita è stata annullata» annunciò la McGranitt, rivolta allo stadio gremito. Si udirono fischi e grida. Oliver Baston, sconvolto, planò a terra e si precipitò verso la McGranitt senza neanche scendere dalla scopa.
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«Ma professoressa» gridò, «noi dobbiamo giocare… la coppa… il Grifondoro…»
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Lei lo ignorò e continuò a parlare al megafono: «Tutti gli studenti tornino nelle sale comuni delle rispettive Case, dove i Responsabili forniranno ulteriori informazioni. Più in fretta possibile, per favore!»
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Poi abbassò il megafono e fece cenno a Harry di raggiungerla.
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«Potter, è meglio che tu venga con me…»
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Chiedendosi come mai questa volta si potesse sospettare di lui, Harry vide Ron staccarsi dalla folla in tumulto e raggiungere di corsa lui e la McGranitt che si erano incamminati verso il castello. Con sua grande sorpresa, lei non ebbe niente da obiettare.
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«Sì, forse è meglio che venga anche tu, Weasley».
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Tra gli studenti che passavano loro accanto, alcuni si lamentavano che la partita fosse stata annullata, altri avevano l’aria preoccupata. Harry e Ron seguirono la professoressa dentro la scuola e poi su per la scalinata di marmo. Questa volta, però, non furono accompagnati nell’ufficio di nessuno degli insegnanti.
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Stavano per raggiungere l’infermeria quando la professoressa McGranitt disse con voce stranamente dolce: «Avrete un grande shock. C’è stato un altro attentato… duplice questa volta».
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Harry si sentì torcere le budella. La professoressa McGranitt spalancò la porta e lui e Ron entrarono.
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Madama Chips era china su una ragazza del quinto anno dai lunghi capelli ricciuti. Harry la riconobbe per la Corvonero cui avevano chiesto casualmente informazioni sulla sala di ritrovo dei Serpeverde. E sul letto vicino al suo c’era…
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«Hermione!» gemette Ron.
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Hermione giaceva immobile, gli occhi spalancati e vitrei.
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«Le hanno trovate vicino alla biblioteca» disse la McGranitt. «Sapreste spiegarmi che cos’è questo? Era per terra, vicino a loro…»
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E così dicendo mostrò ai ragazzi uno specchietto circolare.
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Harry e Ron scossero il capo fissando entrambi Hermione.
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«Vi scorterò fino alla Torre del Grifondoro» disse la McGranitt cupa. «In ogni caso, devo fare alcune comunicazioni agli studenti.
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«D’ora in avanti, tutti gli studenti rientreranno nelle sale comuni entro le sei di sera. Nessuno di loro dovrà lasciare il dormitorio dopo quell’ora. Un insegnante vi scorterà alle lezioni. Nessuno studente deve usare il bagno se non è accompagnato da un insegnante. Tutti gli allenamenti e le partite di Quidditch dovranno essere rinviati. Le attività serali sono soppresse».
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I Grifondoro, tutti stipati nella sala comune, la ascoltavano in silenzio. La McGranitt riavvolse il rotolo di pergamena che aveva appena letto e disse con voce soffocata: «Inutile dire che raramente ho provato tanta angoscia. È probabile che la scuola verrà chiusa, a meno che il responsabile di tutti questi attentati non venga preso. Raccomando a chiunque pensi di sapere qualcosa al riguardo di farsi avanti».
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Usci a fatica dal buco del ritratto e subito tra i Grifondoro si accese un’animata conversazione.
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«E con questo i Grifondoro colpiti sono due, senza contare un fantasma del Grifondoro, una Corvonero e un Tassorosso» commentò Lee Jordan, l’amico dei gemelli Weasley, contando sulla punta delle dita. «Nessuno degli insegnanti ha notato che i Serpeverde sono tutti incolumi? Non è evidente che all’origine di tutta questa storia c’è Serpeverde? L’erede di Serpeverde, il mostro di Serpeverde… perché non li buttano fuori tutti?» tuonò tra cenni di assenso e sporadici applausi.
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Percy Weasley sedeva su una sedia dietro a Lee e per una volta non sembrava ansioso di far conoscere il suo parere. Era pallido e stralunato.
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«Percy è sotto shock» disse George a Harry, parlando a bassa voce. «Quella ragazza Corvonero… Penelope Light… è anche lei un Prefetto. Non credo si aspettasse che il mostro avrebbe osato aggredire un Prefetto».
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Ma Harry lo ascoltava solo per metà. Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Hermione, immobile sul letto dell’infermeria come una statua di pietra. Quanto a lui, se il colpevole non veniva preso in tempo, la prospettiva che gli si parava davanti era una vita intera con i Dursley. Tom Riddle aveva denunciato Hagrid perché anche lui, se la scuola avesse chiuso, avrebbe trascorso i suoi anni migliori in un orfanotrofio di Babbani. Ora Harry sapeva perfettamente come doveva essersi sentito.
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«Che cosa facciamo?» gli chiese Ron all’orecchio. «Pensi che sospettino di Hagrid?»
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«Dobbiamo parlargli» disse Harry prendendo una decisione. «Non posso credere che questa volta sia lui, ma se l’ultima volta ha liberato il mostro, saprà bene come entrare nella Camera dei Segreti. Intanto cominciamo da questo».
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«Ma la McGranitt ha detto che quando non siamo in classe dobbiamo restare nelle nostre torri…»
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«Io dico» fece Harry abbassando ancora di più la voce, «che è ora di ritirare fuori il vecchio mantello di mio padre».
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Harry aveva ereditato una cosa sola da suo padre: un lungo e argenteo Mantello dell’Invisibilità. Per loro era l’unica possibilità di sgattaiolare fuori della scuola e andare da Hagrid senza che nessuno se ne accorgesse. Si coricarono alla solita ora, aspettarono che Neville, Dean e Seamus avessero finito di fare congetture sulla Camera dei Segreti e si fossero addormentati, quindi si alzarono, si rivestirono e si gettarono addosso il mantello.
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Il tragitto attraverso i corridoi bui e deserti non fu piacevole. Spesso Harry aveva girovagato per il castello di notte, ma non l’aveva mai visto cosi frequentato, dopo il tramonto. Insegnanti. Prefetti e fantasmi pattugliavano i corridoi a coppie per controllare che non si tenessero attività insolite. Il Mantello dell’invisibilità non impediva ai due ragazzi di fare rumore e ci fu un momento di particolare tensione quando Ron urtò qualcosa con il piede a pochi metri dal luogo dove Piton montava la guardia. Per fortuna Piton starnutì quasi nello stesso momento in cui Ron si faceva sfuggire un’imprecazione. Raggiungere e aprire le porte di quercia dell’ingresso principale fu un vero sollievo.
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Era una notte chiara e stellata. Si affrettarono in direzione della finestra illuminata della casetta di Hagrid e si tolsero il mantello solo quando furono davanti all’ingresso.
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Bussarono, e dopo qualche attimo Hagrid spalancò la porta. Imbracciava una balestra e gliela puntava contro, mentre Thor, dietro di lui, abbaiava a perdifiato.
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«Oh!» esclamò il guardiacaccia abbassando l’arma e fissandoli. «Che cosa ci fate qui voi due?»
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«E quella a cosa ti serve?» chiese Harry mentre entravano, indicando la balestra.
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«Niente… niente…» balbettò Hagrid. «Stavo aspettando… non fa niente… Sedetevi… Vi faccio un tè…»
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Sembrava che non sapesse quel che stava facendo. Per poco non spense il fuoco, versandoci sopra dell’acqua dal bollitore, poi mandò in frantumi la teiera urtandola con la sua manona poderosa.
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«Ti senti bene, Hagrid?» chiese Harry. «Hai sentito di Hermione?»
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«Oh, ho sentito sì!» disse lui con voce rotta.
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Continuava a guardare nervosamente fuori dalle finestre. Riempì due grosse tazze d’acqua bollente (aveva dimenticato di aggiungere le bustine del tè) e stava per sistemare su un piatto un pezzo di panpepato, quando si udì bussare forte.
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Hagrid lasciò cadere il dolce. Harry e Ron si scambiarono un’occhiata terrorizzata, poi si buttarono addosso il Mantello dell’Invisibilità e si acquattarono in un angolo. Hagrid controllò che fossero ben nascosti, afferrò la balestra e tornò ad aprire la porta.
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«Buonasera, Hagrid».
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Era Silente. Entrò, con un’aria terribilmente seria, seguito da un altro signore dall’aspetto assai curioso.
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Lo straniero era un uomo basso, corpulento, aveva capelli grigi tutti arruffati e un’espressione ansiosa. Indossava una strana accozzaglia di indumenti: un abito gessato, una cravatta scarlatta, un soprabito nero e stivali a punta color viola. Sotto braccio portava una bombetta verde.
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«Ma quello è il principale di papà!» disse Ron in un soffio, «Cornelius Caramell, il Ministro della Magia!»
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Harry gli diede una violenta gomitata per farlo tacere.
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Hagrid era diventato pallido e sudava. Si lasciò cadere su una sedia, con lo sguardo che andava da Silente a Cornelius Caramell.
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«Brutta faccenda, Hagrid» disse Caramell con voce piuttosto secca. «Bruttissima faccenda. Dovevo venire. Quattro aggressioni a figli di Babbani. Si è passato ogni limite. Il Ministero deve intervenire».
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«Ma io…» disse Hagrid rivolgendo uno sguardo implorante a Silente. «Lei lo sa, professore; signore, io mai…»
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«Voglio che sia chiaro, Cornelius, che Hagrid gode della mia piena fiducia» disse Silente rivolto a Caramell, aggrottando la fronte.
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«Senti, Albus» disse Caramell con un certo disagio. «I precedenti di Hagrid sono contro di lui. Il Ministero deve fare qualcosa… I consiglieri della scuola si sono messi in contatto con me».
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«Eppure, Cornelius, ti ripeto che mandar via Hagrid non servirà a niente» insistette Silente. I suoi occhi azzurri erano animati da un fuoco che Harry non gli aveva mai visto prima.
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«Cerca di metterti nei miei panni» disse Caramell giocherellando con la bombetta. «Io sto ricevendo un mucchio di pressioni. Bisogna far vedere che si sta facendo qualcosa. Se si scopre che non è stato Hagrid lo rimandiamo a casa e non se ne parla più. Ma devo prenderlo. Devo. Non farei il mio dovere se…»
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«Prendermi?» chiese Hagrid che aveva cominciato a tremare. «Per portarmi dove?»
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«Soltanto per un breve periodo» disse Caramell evitando lo sguardo del gigante. «Non è una punizione, Hagrid; più che altro è una precauzione. Se verrà preso qualcun altro, tu verrai liberato con tanto di scuse…»
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«Non ad Azkaban, vero?» chiese Hagrid con voce roca.
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Prima che Caramell potesse rispondere, si udì di nuovo bussare energicamente alla porta.
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Silente andò ad aprire. Questa volta la gomitata toccò a Harry, che aveva sussultato emettendo un suono ben udibile.
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Lucius Malfoy entrò a gran passi nella capanna, avvolto in un lungo mantello nero da viaggio; sul volto, aveva stampato un sorriso freddo e soddisfatto. Thor cominciò a ringhiare.
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«Già arrivato, Caramell!» disse in tono di approvazione. «Bene, bene…»
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«Lei! Cosa vuole?» chiese Hagrid furibondo. «Fuori da casa mia!»
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«Brav’uomo, ti prego di credere che non mi piace affatto trovarmi nella tua… ehm… questa la chiami casa, vero?» disse Lucius Malfoy lanciando un’occhiata alla piccola stanza con un ghigno malevolo. «Ero semplicemente venuto a scuola e mi hanno detto che il Preside si trovava qui».
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«E, di preciso, che cosa voleva da me, Lucius?» chiese Silente. Parlava in tono gentile, ma i suoi occhi azzurri mandavano fiamme.
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«Una cosa molto spiacevole, Silente» disse Malfoy con voce strascicata, estraendo un grosso rotolo di pergamena. «Ma i consiglieri ritengono che sia arrivato il momento che lei si faccia da parte. Questo è un Ordine di Sospensione… in calce troverà tutte e dodici le firme. Mi spiace dire che riteniamo che lei stia perdendo la sua autorità. Quanti attentati ci sono stati finora? Altri due questo pomeriggio, vero? Di questo passo non ci resterà neanche più un figlio di Babbano, a Hogwarts, e tutti sappiamo quale terribile perdita sarebbe per la scuola».
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«Su, andiamo, Lucius» disse Caramell allarmato. «Silente sospeso… no, no… è l’ultima cosa che deve succedere in questo momento…»
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«L’incarico o la sospensione del Preside sono di competenza dei consiglieri, Caramell» disse Malfoy con aria serafica. «E siccome Silente non è riuscito a mettere fine agli attentati…»
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«Lucius, devi capire una cosa: se non ci riesce Silente…» disse Caramell con il labbro superiore madido di sudore, «voglio dire… chi può riuscirci?»
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«Questo è tutto da vedere» replicò Malfoy con un sorriso maligno. «Ma dal momento che abbiamo votato tutti e dodici…»
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Hagrid balzò in piedi e la sua nera testa arruffata sfiorò il soffitto.
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«E dica un po’, quanti ne ha dovuti ricattare e corrompere per farli firmare, eh?» tuonò.
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«Oh, oh, uno di questi giorni questo tuo caratterino finirà per metterti nei guai, Hagrid» disse Malfoy. «Ti consiglio di non gridare a questo modo con le guardie di Azkaban. A loro non piacerebbe affatto».
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«Non potete mandare via Silente!» gridò Hagrid, tanto che Thor guaì e corse a rannicchiarsi nella sua cuccia. «Mandatelo via e i figli dei Babbani non avranno una sola possibilità! La prossima volta ammazzeranno qualcuno!»
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«Calmati, Hagrid» gli intimò Silente duro. Poi fissò Lucius Malfoy.
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«Se i consiglieri vogliono la mia rimozione, naturalmente mi farò da parte».
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«Ma…» balbettò Caramell.
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«No!» urlò Hagrid.
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Silente non aveva smesso di fissare i suoi luminosi occhi azzurri in quelli freddi e grigi di Lucius Malfoy.
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«In ogni caso» proseguì Silente parlando con grande lentezza e scandendo le parole, in modo che nessuno potesse perderne neanche una, «lei si accorgerà che io avrò veramente lasciato la scuola soltanto quando non ci sarà più nessuno che mi sia fedele. E si accorgerà anche che a Hogwarts chi chiede aiuto lo trova sempre».
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Per un attimo Harry avrebbe giurato che Silente avesse ammiccato verso l’angolo dove si trovavano lui e Ron.
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«Sentimenti ammirevoli» disse Malfoy inchinandosi. «Tutti sentiremo la mancanza… ehm… del suo… modo personalissimo… di fare le cose, Albus, e non ci resterà che sperare che chi prenderà il suo posto riuscirà a impedire qualsiasi… ehm… eventuale… assassinio».
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Si diresse verso la porta, la spalancò, salutò l’uscita di Silente con un inchino. Caramell, sempre giocherellando con la bombetta, aspettava che Hagrid lo precedesse, ma il gigante non si mosse d’un passo, fece un respiro profondo e sillabò: «Chi ha voglia di trovare qualcosa, deve seguire i ragni. Questo lo porterà sulla pista giusta. E tutto quel che ho da dire».
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Caramell lo guardò sbalordito.
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«Va bene, vengo» disse poi infilandosi il pastrano di fustagno. Ma prima di seguire Caramell, si fermò davanti alla porta e disse di nuovo, ad alta voce: «E ricordatevi di dar da mangiare a quello, mentre sono via».
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La porta si richiuse con un tonfo e Ron si tolse di dosso il Mantello dell’Invisibilità.
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«Ora sì che siamo nei guai» disse con voce roca. «Tanto varrebbe che chiudessero la scuola stanotte stessa. Senza più Silente, ci sarà un attentato al giorno».
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Thor cominciò a guaire raspando la porta chiusa.
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