I due giorni successivi trascorsero senza gravi incidenti, a parte il fatto che Neville fuse il suo sesto calderone a Pozioni. Il professor Piton, che nel corso dell’estate sembrava aver raggiunto nuove vette di perfidia, lo punì costringendolo a sventrare un intero barile di rospi cornuti, e Neville tornò in uno stato di collasso nervoso.
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«Lo sai perché Piton è così di cattivo umore, vero?» disse Ron a Harry mentre Hermione insegnava a Neville un Incantesimo Smacchiatore per rimuovere le budella di rospo da sotto le unghie.
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«Sì» rispose Harry. «Moody».
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Era noto a tutti che Piton desiderava ardentemente il posto di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, e non era riuscito a ottenerlo per il quarto anno di fila. Piton aveva preso in antipatia tutti gli insegnanti precedenti, e l’aveva dimostrato, ma sembrava stranamente cauto nel manifestare aperta ostilità nei confronti di Malocchio Moody. A dire il vero, tutte le volte che Harry li vedeva insieme — ai pasti, o quando passavano nei corridoi — aveva la netta impressione che Piton evitasse l’occhio di Moody, sia quello magico che quello normale.
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«Credo che Piton abbia un po’ paura di lui, sai» disse Harry pensieroso.
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«Prova un po’ a pensare se Moody trasformasse Piton in un rospo cornuto» disse Ron, gli occhi velati, «e lo facesse rimbalzare per tutte le segrete…»
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Gli studenti di Grifondoro del quarto anno aspettavano la prima lezione di Moody con tanta ansia che il giovedì arrivarono subito dopo pranzo e si disposero in fila davanti alla sua classe prima ancora che la campana suonasse. La sola persona assente era Hermione, che comparve appena in tempo per la lezione.
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«Ero in…»
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«… biblioteca» completò Harry. «Dai, muoviti, o non troveremo posti decenti».
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Si affrettarono a occupare tre sedie proprio davanti alla cattedra, estrassero la loro copia di Le Forze Oscure: Guida all’Autodifesa, e attesero, insolitamente tranquilli. Presto udirono il tonfo dei passi disuguali di Moody che percorreva il corridoio, ed egli entrò in classe, terrorizzante come sempre. Si vedeva appena il piede di legno a forma di zampa spuntare da sotto il mantello.
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«Potete metterli via» borbottò, arrancando verso la cattedra e mettendosi a sedere, «quei libri. Non vi serviranno».
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Rimisero i libri nelle borse. Ron sembrava decisamente elettrizzato.
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Moody estrasse il registro, allontanò la lunga chioma di capelli brizzolati dal viso contorto e sfigurato e prese a fare l’appello, con l’occhio normale che scorreva sicuro la lista mentre l’occhio magico roteava, indugiando su ogni studente quando rispondeva alla chiamata.
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«Allora» disse, quando l’ultimo si fu dichiarato presente, «ho ricevuto una lettera dal professor Lupin a proposito di questa classe. Mi pare che abbiate una preparazione piuttosto solida nell’affrontare le Creature Oscure — avete fatto i Mollicci, i Berretti Rossi, i Marciotti, gli Avvincini, i Kappa e i Lupi Mannari, è esatto?»
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Ci fu un mormorio diffuso di assenso.
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«Ma siete indietro — molto indietro — sulle maledizioni» disse Moody. «Quindi sono qui per spiegarvi nel dettaglio quello che i maghi possono farsi gli uni agli altri. Ho un anno per insegnarvi come affrontare le Forze…»
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«Come, non rimarrà?» disse Ron d’impulso.
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L’occhio magico di Moody roteò per fissarsi su Ron, che cambiò faccia, spaventato; ma dopo un attimo Moody sorrise: era la prima volta che lo faceva. Ciò rese il suo volto segnato di cicatrici più devastato e contorto che mai, ma fu confortante sapere che era in grado di fare una cosa amichevole come sorridere. Ron parve molto sollevato.
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«Tu devi essere il figlio di Arthur Weasley, eh?» disse Moody. «Tuo padre mi ha tirato fuori da un bel guaio qualche giorno fa… sì, mi fermo solo quest’anno. Un favore speciale a Silente… un anno, e poi torno alla mia vita tranquilla di pensionato».
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Fece una risata roca, e poi batté le mani nodose.
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«Allora, cominciamo subito. Le maledizioni. Assumono forze e forme diverse. Ora, secondo il Ministero della Magia dovrei insegnarvi le contromaledizioni e fermarmi lì. Non dovrei mostrarvi come sono fatti gli Anatemi Oscuri illegali prima del sesto anno. Si ritiene che non siate grandi abbastanza da affrontarli fino ad allora. Ma il professor Silente ha un’opinione più alta dei vostri nervi, pensa che possiate farcela, e prima sapete che cosa dovrete fronteggiare meglio è, dico io. Come potete difendervi da qualcosa che non avete mai visto? Un mago che sta per scagliarvi contro un anatema illegale non vi dirà cosa ha intenzione di fare. Non ha intenzione di comportarsi lealmente. Dovete essere preparati. Dovete essere vigili e attenti. Dovete mettere via quella roba, signorina Brown, quando parlo io».
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Lavanda sobbalzò e arrossì. Stava mostrando a Calì il suo oroscopo completo sotto il banco. Evidentemente l’occhio magico di Moody riusciva a vedere attraverso il legno massiccio, oltre che dietro la testa.
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«Allora… qualcuno di voi sa a quali maledizioni corrispondono le pene più gravi secondo la legge magica?»
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Parecchie mani si alzarono esitanti, comprese quelle di Ron e di Hermione. Moody indicò Ron, anche se il suo occhio magico era ancora puntato su Lavanda.
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«Ehm» esordì Ron esitante, «papà me ne ha spiegato una… si chiama la Maledizione Imperius, mi pare?»
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«Ah, sì» disse Moody in tono di lode. «Tuo padre dovrebbe conoscerla. Ha procurato al Ministero un sacco di guai tutti insieme, la Maledizione Imperius».
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Moody si alzò pesantemente sui piedi scompagnati, aprì il cassetto della scrivania ed estrasse un barattolo di vetro. Dentro zampettavano tre grossi ragni neri. Harry sentì che Ron gli si rannicchiava addosso: li detestava, i ragni.
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Moody pescò nel barattolo, prese uno dei ragni e lo tenne nel palmo della mano in modo che tutti lo vedessero.
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Poi puntò la bacchetta contro di lui e borbottò: «Imperio!»
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Il ragno si calò con un balzo dalla mano di Moody appeso a un sottile filo di seta, e prese a dondolarsi avanti e indietro come su un trapezio. Tese le zampe rigidamente, poi fece un salto all’indietro, spezzando il filo e atterrando sulla scrivania, dove cominciò a fare la ruota in cerchio. Moody agitò la bacchetta, e il ragno si alzò su due delle zampe posteriori e si esibì in quello che era un inconfondibile passo di tip tap.
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Tutti risero: tutti tranne Moody.
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«Vi sembra divertente, eh?» ringhiò. «Vi piacerebbe, eh, se lo facessi a voi?»
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Le risate si spensero quasi all’istante.
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«Controllo totale» disse Moody piano, mentre il ragno si appallottolava e cominciava a rotolare. «Potrei costringerlo a saltare fuori dalla finestra, ad affogarsi, a ficcarsi giù per la gola di uno di voi…»
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Ron rabbrividì istintivamente.
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«Anni fa, c’erano un sacco di maghi e streghe controllati dalla Maledizione Imperius» disse Moody, e Harry seppe che alludeva ai giorni di massima potenza di Voldemort. «Un bel lavoretto per il Ministero, cercare di stabilire chi era costretto a fare certe cose e chi le faceva di sua spontanea volontà.
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«La Maledizione Imperius può essere contrastata, e io vi insegnerò come, ma ciò richiede una gran forza di carattere, e non tutti ce l’hanno. Meglio evitare di esserne vittime, se potete. VIGILANZA COSTANTE!» abbaiò, e tutti sussultarono.
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Moody raccolse il ragno sobbalzante e lo rimise nel barattolo. «Qualcun altro ne sa una? Un’altra maledizione illegale?»
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La mano di Hermione scattò di nuovo, e sali anche, con lieve sorpresa di Harry, quella di Neville. L’unica lezione nella quale di solito Neville forniva volontariamente informazioni era Erbologia, che era di gran lunga la materia in cui riusciva meglio. Neville stesso parve sorpreso della propria audacia.
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«Sì?» disse Moody, l’occhio magico che roteava per fissarsi su Neville.
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«Ce n’è una… la Maledizione Cruciatus» disse Neville, con la sua vocetta acuta ma ben chiara.
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Moody guardò molto attentamente Neville, questa volta con entrambi gli occhi.
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«Tu sei Paciock?» disse, l’occhio magico che roteava in giù per consultare di nuovo il registro.
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Neville annuì nervoso, ma Moody non indagò oltre. Rivolto a tutta la classe, afferrò il secondo ragno nel barattolo e lo mise sulla cattedra, dove rimase immobile, in apparenza troppo spaventato per muoversi.
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«La Maledizione Cruciatus» disse Moody. «Dev’essere un po’ più grosso perché possiate capire» disse, puntando la bacchetta contro il ragno. «Engorgio!»
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Il ragno si gonfiò. Ora era più grosso di una tarantola. Senza più alcuna riserva, Ron spinse indietro la sedia, allontanandola il più possibile dalla scrivania di Moody.
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Moody alzò di nuovo la bacchetta, la puntò contro il ragno e mormorò: «Crucio!»
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D’un tratto, le zampe del ragno si piegarono sotto il suo corpo; l’animale si rovesciò e prese a contorcersi orribilmente, dondolando da una parte all’altra. Non emise alcun suono, ma Harry fu certo che se avesse potuto, avrebbe urlato. Moody non spostò la bacchetta, e il ragno cominciò a sobbalzare e ad agitarsi più violentemente…
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«Basta!» esclamò Hermione con voce stridula.
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Harry si voltò verso di lei. Stava guardando non il ragno ma Neville, e Harry, seguendo il suo sguardo, vide che le mani di Neville stringevano il bordo del banco, le nocche bianche, gli occhi spalancati e stravolti.
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Moody alzò la bacchetta. Le zampe del ragno si rilassarono, ma continuò a contorcersi.
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«Reducio» mormorò Moody, e il ragno rimpicciolì fino a tornare della sua misura normale. Moody lo rimise nel barattolo.
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«Dolore» disse Moody dolcemente. «Non c’è bisogno di pinze schiacciapollici o coltelli per torturare qualcuno se sapete scagliare la Maledizione Cruciatus… anche quella era molto popolare, una volta. Bene… qualcuno ne conosce altre?»
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Harry si guardò intorno. Dalle facce, capì che si stavano chiedendo tutti che cosa sarebbe successo all’ultimo ragno. La mano di Hermione tremò appena mentre la alzava per la terza volta.
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«Sì?» disse Moody, guardandola.
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«Avada Kedavra» sussurrò Hermione.
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In parecchi la guardarono tesi, compreso Ron.
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«Ah» disse Moody, un altro vago sorriso che gli torceva la bocca storta. «Sì, l’ultimo, e il peggiore. Avada Kedavra… l’Anatema che uccide».
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Infilò la mano nel barattolo di vetro, e come se intuisse che cosa stava per succedere, il terzo ragno corse freneticamente sul fondo del barattolo, cercando di sfuggire alle dita di Moody, ma lui lo afferrò e lo depose sulla cattedra. Il ragno prese a zampettare affannosamente sulla superficie di legno.
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Moody levò la bacchetta, e Harry presentì quanto sarebbe accaduto e rabbrividì.
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«Avada Kedavra!» ruggì Moody.
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Ci furono un lampo di luce verde accecante e un rumore improvviso, come se un’entità enorme e invisibile galleggiasse nell’aria: il ragno si rovesciò sulla schiena all’istante, intatto ma inequivocabilmente morto. Parecchie ragazze lanciarono grida soffocate; Ron si era gettato all’indietro e quasi cadde dalla sedia quando il ragno scivolò verso di lui.
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Moody spazzò via il ragno morto dalla cattedra.
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«Non è bello» disse tranquillamente. «Non è piacevole. E non c’è contromaledizione. Non c’è modo di fermarlo. Solo una persona, che si sappia, è mai sopravvissuta, e questa persona è seduta qui di fronte a me».
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Harry si sentì arrossire mentre gli occhi di Moody (tutti e due) fissavano i suoi. Avvertì che anche gli altri lo guardavano. Harry fissò la lavagna vuota come se ne fosse stregato, ma senza in realtà vederla…
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Allora era così che erano morti i suoi genitori… proprio come quel ragno. Anche loro erano intatti e integri? Avevano semplicemente visto il lampo di luce verde e sentito il fragore della morte incombente, prima che la vita venisse cancellata dai loro corpi?
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Da tre anni, Harry riviveva di continuo nella sua mente la morte dei suoi genitori, da quando aveva scoperto che erano stati assassinati, da quando aveva saputo cos’era successo quella notte: che Codaliscia aveva rivelato la posizione dei suoi genitori a Voldemort, e come lui era piombato loro addosso. Come Voldemort avesse ucciso per primo suo padre, dopo che James Potter aveva cercato di trattenerlo, urlando a sua moglie di prendere Harry e fuggire… come Voldemort fosse avanzato verso Lily Potter ordinandole di farsi da parte, in modo da poter colpire Harry… come lei avesse offerto la propria vita in cambio di quella di Harry… e allora Voldemort aveva ucciso anche lei, prima di puntare la bacchetta su Harry…
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Tutto questo Harry lo sapeva dalla voce dei suoi stessi genitori, evocata dal tremendo potere dei Dissennatori, da lui affrontati l’anno prima: perché i demoni inducevano le loro vittime a rivivere i ricordi peggiori della loro vita, e ad annegare, impotenti, nella loro disperazione…
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Come da una distanza infinita, Moody parlò di nuovo. Con uno sforzo enorme, Harry si costrinse a tornare al presente.
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«Avada Kedavra è una maledizione che ha bisogno di essere sostenuta da un grande potere magico: potreste estrarre tutti le vostre bacchette adesso, puntarle contro di me, e pronunciare le parole, e dubito che mi fareste uscire anche solo il sangue dal naso. Ma questo non ha importanza. Non sono qui per insegnarvi come si fa.
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«Ora, se non esiste contromaledizione, perché ve l’ho mostrata? Perché dovete sapere. Dovete capire che cos’è il peggio. Non dovete trovarvi in una situazione in cui dobbiate affrontarlo. Vigilanza costante!» ruggì, e tutta quanta la classe sobbalzò di nuovo.
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«Ora… questi tre anatemi — Avada Kedavra, Imperius e Cruciatus — sono noti come le Maledizioni Senza Perdono. L’uso su un essere umano basta a meritare una condanna a vita ad Azkaban. È questo che dovete combattere. È questo che devo insegnarvi a contrastare. Avete bisogno di preparazione. Avete bisogno di essere attrezzati. Ma soprattutto, avete bisogno di esercitare una costante, incessante vigilanza. Fuori le penne… ricopiate…»
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Passarono il resto della lezione a prendere appunti su ciascuna delle maledizioni senza perdono. Nessuno parlò finché non suonò la campana: ma quando Moody li ebbe congedati e furono usciti dalla classe, esplose un torrente di chiacchiere. Quasi tutti discutevano le maledizioni con voci intimorite: «Avete visto come si contorceva?», «E quando l’ha ucciso, proprio così!»
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Parlavano della lezione, pensò Harry, come se si fosse trattato di una specie di spettacolo eccezionale, ma lui non l’aveva trovata molto divertente, e nemmeno Hermione, in apparenza.
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«Muovetevi» disse in tono nervoso a Harry e Ron.
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«Non di nuovo quella maledetta biblioteca?» disse Ron.
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«No» disse Hermione asciutta, indicando un corridoio laterale. «Neville».
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Neville era da solo in mezzo al passaggio e fissava il muro di pietra con gli stessi occhi sgranati e pieni di orrore di quando Moody aveva dato la dimostrazione della Maledizione Cruciatus.
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«Neville?» disse Hermione dolcemente.
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Neville si guardò intorno.
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«Oh, ciao» disse, la voce molto più acuta del solito. «Una lezione interessante, vero? Chissà che cosa c’è a cena, io… io muoio di fame, e voi?»
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«Neville, ti senti bene?» chiese Hermione.
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«Oh, sì, sto bene» farfugliò Neville con la stessa voce innaturale. «Una cena molto interessante… voglio dire, una lezione… che cosa c’è da mangiare?»
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Ron scoccò a Harry uno sguardo allarmato.
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«Neville, cosa…?»
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Ma uno strano tonfo sordo echeggiò alle loro spalle, e i ragazzi si voltarono per vedere il professor Moody che zoppicava verso di loro. Tacquero di colpo, guardandolo tesi, ma quando Moody parlò la sua voce roca era molto più dolce e gentile del consueto.
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«Va tutto bene, ragazzo» disse a Neville. «Perché non vieni su nel mio ufficio? Andiamo… possiamo berci una tazza di tè…»
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La prospettiva di prendere il tè con Moody sembrò spaventare Neville ancora di più. Non si mosse né parlò.
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Moody puntò l’occhio magico su Harry. «Stai bene, vero, Potter?»
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«Sì» rispose Harry, quasi in tono di sfida.
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L’occhio azzurro di Moody tremò appena nella palpebra mentre scrutava Harry.
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Poi Moody disse: «Dovete sapere. Sembrerà duro, forse, ma dovete sapere. Fingere non serve a niente… bene… andiamo, Paciock, ho dei libri che potrebbero interessarti».
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Neville scoccò un’occhiata supplichevole a Harry, Ron e Hermione, ma loro non dissero niente, quindi non ebbe altra scelta che lasciarsi condurre via, una delle mani nodose di Moody sulla spalla.
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«Ma che cosa è successo?» disse Ron, guardando Neville e Moody voltare l’angolo.
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«Non lo so» rispose Hermione, pensierosa.
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«Che lezione, però, eh?» disse Ron a Harry mentre si avviavano verso la Sala Grande. «Fred e George avevano ragione, vero? Sa il fatto suo, Moody, eh? Quando ha fatto l’Avada Kedavra, e quel ragno è morto sul serio, l’ha lasciato lì stecchito…»
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Ron colse l’espressione di Harry e tacque all’improvviso, né disse altro finché non furono giunti nella Sala Grande. Qui borbottò che secondo lui era meglio cominciare subito con le predizioni della professoressa Cooman, perché ci sarebbero volute ore.
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Hermione non si unì alla conversazione di Harry e Ron durante la cena, ma mangiò a velocità forsennata e poi ripartì alla volta della biblioteca. Harry e Ron tornarono alla Torre di Grifondoro, e stavolta fu Harry, che non aveva pensato ad altro per tutta la cena, ad affrontare l’argomento delle Maledizioni Senza Perdono.
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«Moody e Silente non finirebbero nei guai con il Ministero se si sapesse che abbiamo visto gli anatemi illegali?» chiese Harry mentre si avvicinavano alla Signora Grassa.
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«Sì, è probabile» disse Ron. «Ma Silente ha sempre fatto le cose a modo suo, no? E sono anni che Moody si caccia nei guai, immagino. Prima attacca e poi chiede: prova a pensare ai bidoni della spazzatura. Guazzabuglio».
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La Signora Grassa scattò in avanti rivelando il passaggio, e i due salirono nella sala comune di Grifondoro, che era affollata e rumorosa.
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«Allora, dobbiamo prendere la roba di Divinazione?» chiese Harry.
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«Temo di sì» sospirò Ron.
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Salirono in dormitorio a prendere i libri e le mappe, e vi trovarono Neville solo, seduto sul letto a leggere. Sembrava parecchio più tranquillo che alla fine della lezione di Moody, anche se ancora non perfettamente in sé. Aveva gli occhi piuttosto arrossati.
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«Stai bene, Neville?» gli chiese Harry.
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«Oh, sì» rispose Neville. «Sto bene, grazie. Stavo leggendo il libro che mi ha dato il professor Moody…»
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Mostrò il volume: Piante Acquatiche Magiche del Mediterraneo e loro Proprietà.
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«A quanto pare, la professoressa Sprite ha detto al professor Moody che sono proprio bravo in Erbologia» disse Neville. Nella sua voce c’era una debole nota di orgoglio che Harry aveva colto di rado prima d’allora. «Così ha pensato che mi sarebbe piaciuto».
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Riferire a Neville quello che aveva detto la professoressa Sprite, ridletté Harry, era una maniera piena di tatto per tirargli su il morale, perché era molto raro che Neville si sentisse dire che era bravo in qualcosa. Era proprio il genere di cosa che avrebbe potuto fare il professor Lupin.
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Harry e Ron portarono di sotto le loro copie di Svelare il Futuro, trovarono un tavolo libero e si misero a lavorare sulle loro predizioni per il mese seguente. Un’ora dopo avevano fatto scarsi progressi, anche se il tavolo era ingombro di pezzi di pergamena coperti di conti e simboli, e la mente di Harry era annebbiata come se fosse stata invasa dai vapori del fuoco della professoressa Cooman.
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«Non ho la più pallida idea di cosa dovrebbe significare questa roba» ammise, fissando una lunga lista di calcoli.
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«Sai» disse Ron, i capelli ritti a furia di passarci in mezzo le dita, preso dallo sconforto, «credo che sia ora di ricorrere alle vecchie misure d’emergenza per Divinazione».
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«Cosa… dobbiamo inventare?»
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«Sì» rispose Ron, spazzando via dal tavolo la gran massa di foglietti scarabocchiati, intingendo la penna nell’inchiostro e cominciando a scrivere.
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«Lunedì prossimo» annunciò, «mi verrà la tosse, a causa dell’infelice congiunzione di Marte e Giove». Alzò lo sguardo su Harry. «La conosci, no? Dalle un oceano di disgrazie e lei ci sguazzerà».
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«Giusto» disse Harry, appallottolando il suo primo tentativo e lanciandolo nel fuoco, al di sopra delle teste di un gruppo di allievi del primo anno seduti a chiacchierare. «D’accordo, allora. Lunedì: rischio di… ehm… ustioni».
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«Ci puoi giurare» fece Ron cupo, «lunedì ci toccano di nuovo gli Schiopodi. Okay, martedì io… ehm…»
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«Perderai una cosa preziosa» disse Harry, che sfogliava Svelare il futuro in cerca di spunti.
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«Giusto» rispose Ron, prendendo nota «Per colpa di… Mercurio. Perché invece tu non ti fai pugnalare alle spalle da qualcuno che credevi un amico?»
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«Sì, dai!» approvò Harry, scrivendo, «e sarà perché… Venere è nella dodicesima casa».
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«E mercoledì avrò la peggio in una rissa».
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«Aaaah, la rissa la volevo io. No, allora io perdo una scommessa».
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«E certo, perché scommetterai su di me nella rissa».
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Continuarono a inventare predizioni (che divennero sempre più tragiche) per un’altra ora, mentre la sala comune attorno a loro si svuotava lentamente e i ragazzi salivano a dormire. Grattastinchi li raggiunse, balzò agilmente in una poltrona vuota e fissò Harry con aria imperscrutabile, come avrebbe potuto fare Hermione se avesse saputo che non stavano facendo i compiti come si deve.
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Guardandosi intorno e cercando di pensare a una sventura che non aveva ancora usato, Harry vide Fred e George seduti accanto al muro dall’altra parte della sala, le teste vicine, le penne in mano, chini sullo stesso rotolo di pergamena. Era decisamente insolito vedere Fred e George appartati in un angolo a lavorare in silenzio; di solito amavano stare nel bel mezzo della mischia, e richiamare rumorosamente l’attenzione. C’era qualcosa di misterioso nel modo in cui lavoravano chini sulla pergamena, e a Harry ricordò il modo in cui confabulavano alla Tana. Allora aveva pensato che si trattasse di un altro modulo di ordinazione per i Tiri Vispi Weasley, ma questa volta sembrava diverso, o avrebbero certamente coinvolto Lee Jordan. Si chiese se ciò che facevano avesse qualcosa a che vedere con la partecipazione al Torneo Tremaghi.
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Mentre Harry li osservava, George scosse la testa, scarabocchiò qualcosa e disse molto piano, ma senza riuscire a evitare che la sua voce risuonasse nella sala quasi deserta: «No… così sembra che lo stiamo accusando. Dobbiamo andarci cauti…»
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Poi George alzò gli occhi e vide Harry che lo guardava. Harry fece un gran sorriso e tornò in fretta alle sue predizioni: non voleva che George pensasse che stava origliando. Poco dopo, i gemelli arrotolarono la pergamena, diedero la buonanotte e andarono a dormire.
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Fred e George se n’erano andati da una decina di minuti quando il ritratto si aprì e Hermione entrò nella sala comune con un fascio di fogli in una mano e nell’altra una scatola il cui contenuto sbatacchiò. Grattastinchi inarcò la schiena e si mise a fare le fusa.
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«Ciao» disse lei. «Ho appena finito!»
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«Anch’io!» esclamò Ron trionfante, lasciando cadere la penna.
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Hermione si sedette, depose gli oggetti che aveva con sé su una sedia vuota e trasse a sé le predizioni di Ron.
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«Non ti aspetta un gran bel mese, vero?» disse sardonica, mentre Grattastinchi le si acciambellava in grembo.
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«Ah be’, almeno sono avvisato» disse Ron sbadigliando.
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«A quanto pare anneghi due volte» disse Hermione.
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«Oh, davvero?» disse Ron, dando un’occhiata al compito. «Meglio cambiarne una, potrei farmi calpestare da un Ippogrifo imbizzarrito».
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«Non credi che sia un po’ troppo sfacciato che ti sei inventato questa roba?» disse Hermione.
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«Come osi!» disse Ron, fingendosi indignato. «Abbiamo lavorato come elfi domestici!»
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Hermione inarcò le sopracciglia.
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«È solo un modo di dire» aggiunse in fretta Ron.
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Anche Harry depose la penna: aveva appena finito di predire la propria morte per decapitazione.
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«Che cosa c’è nella scatola?» chiese, indicandola.
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«È buffo che tu me lo chieda» rispose Hermione lanciando uno sguardo feroce a Ron. Tolse il coperchio e mostrò il contenuto ai ragazzi.
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Dentro c’erano una cinquantina di spille, tutte di colori diversi, ma tutte con le stesse lettere: CREPA.
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«“Crepa”?» disse Harry, prendendo una spilla per osservarla meglio. «Che roba è?»
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«Non “Crepa”» fece Hermione impaziente. «È C-R-E-P-A. Sta per Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti».
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«Mai sentita nominare» disse Ron.
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«Be’, per forza» rispose Hermione in tono animato. «L’ho appena fondata».
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«Davvero?» esclamò Harry con una certa sorpresa. «E quanti membri conta?»
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«Be’, se vi iscrivete voi due… fanno tre» disse Hermione.
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«E tu credi che noi vogliamo andare in giro con delle spille con sopra scritto “Crepa”, eh?»
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«C — R — E — P — A!» sbottò Hermione infiammandosi. «Volevo metterci “Fermiamo il Vergognoso Abuso dei Nostri Compagni Magici” e “Campagna per il Mutamento del Loro Status Legale”, ma non ci stava. Quindi quelli sono i titoli del nostro manifesto».
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Brandì il foglio di pergamena verso di loro. «Ho fatto accurate ricerche in biblioteca. Gli elfi sono stati ridotti in schiavitù secoli fa. Non riesco a credere che nessuno abbia fatto niente per cambiare la situazione prima d’ora».
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«Hermione… apri le orecchie» disse Ron ad alta voce. «A-Loro-Piace. A loro piace stare in schiavitù!»
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«I nostri obiettivi a breve termine» disse Hermione, parlando ancora più forte di Ron come se non avesse sentito una parola, «sono assicurare agli elfi domestici salari e condizioni di lavoro dignitosi. I nostri obiettivi a lungo termine comprendono la modifica della legge sul non uso della bacchetta magica, e il tentativo di insediare un elfo all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, perché sono spaventosamente sottorappresentati».
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«E come le facciamo tutte queste cose?» chiese Harry.
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«Cominciamo raccogliendo adesioni» disse allegramente Hermione. «Ho pensato che l’iscrizione può costare due zellini — compresa la spilla — e il ricavato può finanziare la nostra campagna di volantinaggio. Tu sei il tesoriere, Ron — di sopra ho una cassetta per te — e Harry, tu sei il segretario, così se credi puoi scrivere tutto quello che ho detto adesso come verbale della nostra prima riunione».
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Ci fu una pausa. Hermione fece un largo sorriso e, nel vedere la faccia di Ron, Harry fu seriamente combattuto tra il ridere di lui e il prendersela con lei.
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Alla fine, il silenzio fu rotto non da Ron, che sembrava temporaneamente ammutolito, ma da un dolce picchiettio contro il vetro. Harry guardò attraverso la sala comune ormai vuota e vide, illuminata dalla luce lunare, una civetta candida come la neve appollaiata sul davanzale.
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«Edvige!» gridò, poi scattò in piedi e attraversò di corsa la stanza per aprire la finestra.
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Edvige volò dentro, planò nella stanza e atterrò sul tavolo, sopra le predizioni di Harry.
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«Era ora!» esclamò Harry raggiungendola di corsa.
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«Ha la risposta!» disse Ron eccitato, indicando il pezzetto di pergamena accartocciata legato alla zampa di Edvige.
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Harry lo slegò in fretta e si sedette a leggerlo, mentre Edvige svolazzava fino al suo ginocchio tubando piano.
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«Che cosa dice?» chiese Hermione con il fiato sospeso.
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La lettera era molto breve, e sembrava che fosse stata stilata molto in fretta. Harry lesse ad alta voce:
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Harry,
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Volo immediatamente a nord. La notizia della tua cicatrice è l’ultima di una serie di strane voci che mi sono giunte fin qui. Se ti fa ancora male, vai subito da Silente: dicono che ha convinto Malocchio a tornare al lavoro, il che significa che sta leggendo i segni, anche se è l’unico.
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Mi farò vivo presto. I miei più cari saluti a Ron e Hermione. Tieni gli occhi aperti, Harry.
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Sirius
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Harry alzò gli occhi su Ron e Hermione, che ricambiarono il suo sguardo.
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«Vola a nord?» sussurrò Hermione. «Sta tornando?»
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«Che segni sta leggendo Silente?» chiese Ron, perplesso. «Harry… che cosa succede?»
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Harry si era appena colpito la fronte col pugno, facendo sobbalzare Edvige appollaiata nel suo grembo.
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«Non dovevo dirglielo!» esclamò furioso.
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«Di che cosa stai parlando?» chiese Ron, sorpreso.
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«Lo ha convinto a tornare!» ribatté Harry, e questa volta colpì il tavolo col pugno. Edvige si rifugiò sullo schienale della poltrona di Ron, tubando indignata. «Torna perché è convinto che io sia nei guai! E non c’è niente che non va in me! Non ho niente per te» sbottò rivolto a Edvige, che schioccava il becco in attesa, «dovrai andare su alla Guferia, se vuoi da mangiare».
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Edvige gli lanciò un’occhiata profondamente offesa e decollò attraverso la finestra aperta, schiaffeggiandolo sulla testa con l’ala tesa mentre partiva.
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«Harry» esordì Hermione, in tono tranquillizzante.
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«Vado a dormire» disse Harry asciutto. «Ci vediamo domattina».
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Di sopra, nel dormitorio, s’infilò il pigiama e si ficcò nel letto a baldacchino, ma non si sentiva nemmeno lontanamente stanco.
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Se Sirius tornava e veniva catturato, era colpa sua, di Harry. Perché non aveva tenuto la bocca chiusa? Un doloretto durato pochi istanti e lui aveva dovuto spiattellare tutto… se solo avesse avuto il buonsenso di tenerselo per sé…
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Sentì Ron salire poco più tardi, ma non gli rivolse la parola. A lungo Harry rimase disteso a contemplare lo scuro baldacchino del suo letto. Il dormitorio era immerso in un silenzio totale, e se fosse stato meno preoccupato, Harry avrebbe capito che l’assenza del solito russare di Neville indicava che non era l’unico a essere sveglio.
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