L'euforia di Harry per aver finalmente conquistato la Coppa del Quidditch durò almeno una settimana. Anche il tempo sembrava festeggiare: con l'avvicinarsi di giugno, le giornate si fecero serene e afose, e l'unica cosa che veniva voglia di fare era passeggiare nei prati e gettarsi lunghi distesi sull'erba con parecchie pinte di succo di zucca gelato, a giocare qualche distratta partita a Gobbiglie o a guardare l'enorme piovra che avanzava sognante sulla superficie del lago.
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Ma non potevano permetterselo: gli esami erano vicini, e invece di impigrire in giro, gli studenti erano costretti a rimanere al castello, cercando di obbligare i cervelli a concentrarsi mentre seducenti sbuffi di aria estiva penetravano dalle finestre. Anche Fred e George Weasley furono visti studiare: dovevano ottenere il G.U.F.O. (Giudizio Unico per i Fattucchieri Ordinari). Percy invece si preparava per il M.A.G.O. (Magia Avanzata Grado Ottimale), il diploma più alto che si potesse prendere a Hogwarts. Dal momento che sperava di entrare al Ministero della Magia, doveva ottenere il massimo dei voti. Diventava sempre più irritabile, e assegnava punizioni molto severe a chiunque disturbasse la pace serale della sala comune. In effetti, l'unica persona più tesa di lui era Hermione.
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Harry e Ron avevano rinunciato a chiederle come facesse a seguire più corsi contemporaneamente, ma non riuscirono a trattenersi quando videro l'orario degli esami che si era preparata. Nella prima colonna c'era scritto:
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LUNEDÌ
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ore 9, Aritmanzia
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ore 9, Trasfigurazione
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Pranzo
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ore 13, Incantesimi
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ore 13, Antiche Rune
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«Hermione...» disse Ron cautamente, visto che in quel periodo l'amica tendeva a esplodere quando qualcuno la disturbava. «Ehm... sei sicura di aver copiato gli orari giusti?»
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«Cosa?» sbottò Hermione, afferrando l'orario e osservandolo. «Ma certo».
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«Serve a qualcosa chiederti come farai a sostenere due esami insieme?» chiese Harry.
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«No» rispose Hermione asciutta. «Qualcuno ha visto la mia copia di Numerologia e Grammatica?»
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«Oh, sì, l'ho presa io per leggere qualcosa prima di dormire» disse Ron, molto piano. Hermione prese a sparpagliare fogli di pergamena sul tavolo, in cerca del libro. In quel momento alla finestra si udì un fruscio ed Edvige entrò volando, con un biglietto stretto nel becco.
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«È di Hagrid» disse Harry aprendo la busta. «L'appello di Fierobecco... è il sei».
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«L'ultimo giorno degli esami» disse Hermione senza smettere di cercare il suo libro di Aritmanzia.
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«E si terrà qui» disse Harry, continuando a leggere. «Verrà qualcuno del Ministero della Magia e... e un boia».
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Hermione alzò gli occhi stupita.
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«Portano il boia all'appello! Ma è come se avessero già deciso!»
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«Sì» disse Harry.
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«Non possono!» ululò Ron. «Ho passato secoli a leggere per Hagrid, non possono far finta di niente!»
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Ma Harry aveva l'orribile sensazione che fosse stato il signor Malfoy a
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decidere per il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose. Draco, che dal trionfo di Grifondoro nella finale di Quidditch era stato insolitamente tranquillo, negli ultimi giorni aveva riacquistato un po' della vecchia spavalderia. A giudicare da qualche sprezzante osservazione colta per caso, Malfoy era certo che Fierobecco sarebbe stato giustiziato, e sembrava assolutamente soddisfatto di sé per essere riuscito a ottenere quel risultato. Harry riuscì a stento a trattenersi dall'imitare Hermione prendendo a schiaffi Malfoy, in quelle occasioni. E la cosa peggiore era che non avevano né il tempo né la possibilità di andare a trovare Hagrid, perché le nuove, severe misure di sicurezza non erano state allentate, e Harry non osava recuperare il Mantello dell'Invisibilità dall'interno della strega orba.
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La settimana degli esami cominciò e una quiete innaturale scese sul castello. Il lunedì i ragazzi del terzo anno uscirono da Trasfigurazione all'ora di pranzo, mogi e pallidi, confrontando i risultati e lamentandosi per la difficoltà delle prove, compresa la trasformazione di una teiera in una testuggine. Hermione riuscì a irritare tutti brontolando sul fatto che la sua testuggine sembrava più una tartaruga, cosa che era l'ultima preoccupazione di tutti gli altri.
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«La mia aveva ancora il beccuccio al posto della coda, che incubo...»
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«Le testuggini sbuffano vapore?»
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«Aveva il guscio decorato a foglioline, credi che mi abbasseranno il voto?»
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Poi, dopo un rapido pasto, tutti di nuovo di sopra per l'esame di Incantesimi. Hermione aveva ragione; in effetti il professor Vitious chiese loro gli Incantesimi Rallegranti. Per la tensione Harry esagerò un po'; tanto che Ron, che faceva coppia con lui, ebbe un accesso di risatine isteriche e dovette restare rinchiuso in un posto tranquillo per un'ora prima di essere in grado di eseguire a sua volta l'Incantesimo. Dopo cena, gli studenti tornarono in fretta nelle sale comuni, non per rilassarsi, ma per ripassare Cura delle Creature Magiche, Pozioni e Astronomia.
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La mattina dopo Hagrid assistette all'esame di Cura delle Creature Magiche con aria davvero molto preoccupata; sembrava che pensasse ad altro. Aveva preparato una grossa vasca di Vermicoli per la classe, e disse loro che per passare la prova il loro Vermicolo doveva essere ancora vivo di lì a un'ora. Dal momento che i Vermicoli prosperavano se lasciati a se stessi, fu l'esame più facile che avessero mai sostenuto, e in più diede a Harry, Ron e Hermione la possibilità di parlare con Hagrid.
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«Becco è un po' giù» disse Hagrid, chinandosi con la scusa di controllare che il Vermicolo di Harry fosse ancora vivo. «È stato rinchiuso per troppo tempo. Comunque... sapremo dopodomani... in un modo o nell'altro...»
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Quel pomeriggio ci fu l'esame di Pozioni, che fu un disastro totale. Per quanto ci provasse, Harry non riuscì a far addensare il suo Intruglio Confondente, e Piton, che era rimasto lì a guardarlo con un'aria di vendicativa soddisfazione, prima di allontanarsi scarabocchiò qualcosa di terribilmente simile a uno zero nei suoi appunti.
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Poi a mezzanotte fu la volta di Astronomia, sulla torre più alta; il mercoledì mattina toccò a Storia della Magia, e Harry nel suo tema scrisse tutto quello che Florian Fortebraccio gli aveva raccontato sulla caccia alle streghe nel Medioevo, desiderando ardentemente uno dei gelati alla ciocconocciola di Fortebraccio, visto il caldo soffocante. Il mercoledì pomeriggio ci fu Erbologia, alle serre, sotto un sole cocente; poi tutti di nuovo in sala comune, col collo e la schiena scottati, a desiderare che fosse già il giorno dopo alla stessa ora, quando sarebbe stato tutto finito.
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Il penultimo esame, il giovedì mattina, fu Difesa contro le Arti Oscure. Il professor Lupin aveva architettato la prova più insolita che avessero mai affrontato: una sorta di corsa a ostacoli all'aperto, in cui dovevano attraversare una piccola vasca che conteneva un Avvincino, superare una serie di buche piene di Berretti Rossi, farsi strada lungo un sentiero nella palude ignorando i consigli maliziosi di un Marciotto e infine arrampicarsi dentro un vecchio tronco e combattere contro un Molliccio.
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«Ottimo, Harry» mormorò Lupin con un sorriso mentre Harry usciva dal tronco. «Punteggio pieno».
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Fiero del proprio successo, Harry rimase nei paraggi per vedere come se la cavavano Ron e Hermione. Ron andò molto bene finché non arrivò al Marciotto, che riuscì a confonderlo e a farlo sprofondare fino alla vita nell'acquitrino. Hermione fece tutto alla perfezione finché non fu arrivata al tronco con il Molliccio dentro. Dopo un minuto, sbucò fuori urlando.
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«Hermione!» disse il professor Lupin, allarmato. «Che cosa succede?»
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«La p... p... professoressa McGranitt!» esclamò Hermione senza fiato, indicando il tronco. «Di... dice che sono stata bocciata in tutte le materie!»
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Ci volle un po' per calmare Hermione. Quando alla fine ebbe ripreso il controllo di sé, lei, Harry e Ron tornarono al castello. Ron aveva ancora una certa voglia di ridere del Molliccio di Hermione, ma la lite fu sviata alla vista di ciò che li attendeva in cima alle scale.
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Cornelius Caramell, lievemente accaldato nel suo mantello gessato, era
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lì in piedi che guardava verso il parco. Alla vista di Harry esclamò:
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«Buongiorno, Harry! Hai appena sostenuto un esame, suppongo. Hai quasi finito?»
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«Sì» rispose Harry. Hermione e Ron, che non avevano mai rivolto la parola al Ministro della Magia, indugiarono imbarazzati alle sue spalle.
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«Bella giornata» disse Caramell, gettando un'occhiata al lago. «Che peccato... che peccato...»
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Sospirò profondamente e guardò Harry.
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«Sono qui per una missione sgradevole, Harry. Il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose ha richiesto un testimone per l'esecuzione di un Ippogrifo rabbioso. E siccome dovevo già venire a Hogwarts per verificare come vanno le cose con Black, hanno mandato me».
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«Vuol dire che c'è già stato l'appello?» lo interruppe Ron facendo un passo avanti.
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«No, no, è fissato per oggi pomeriggio» disse Caramell guardando Ron con curiosità.
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«Allora può darsi che lei non debba assistere a nessuna esecuzione!» disse Ron ostinato. «L'Ippogrifo potrebbe anche cavarsela!»
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Prima che Caramell potesse rispondere, due maghi uscirono dal castello e lo raggiunsero. Uno era così vecchio che sembrava avvizzire davanti a loro; l'altro era alto e robusto, con sottili baffi neri. Harry dedusse che fossero rappresentanti del Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose, perché il primo mago strizzò gli occhi verso la capanna di Hagrid e disse con voce acuta:
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«Cielo, sono troppo vecchio per queste cose... è alle due, vero, Caramell?»
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Il mago coi baffi neri stava sfiorando qualcosa che gli pendeva dalla cintura; Harry guardò meglio e vide che faceva scorrere il grosso pollice sulla lama di un'ascia lucente. Ron aprì la bocca per dire qualcosa, ma Hermione gli diede una gomitata e fece un cenno verso la Sala d'Ingresso.
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«Perché mi hai interrotto?» disse Ron furioso mentre entravano nella Sala Grande per il pranzo. «Li hai visti? Hanno già l'ascia pronta! Questa non è giustizia!»
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«Ron, tuo padre lavora per il Ministero, non puoi rivolgerti con quel tono al suo capo!» disse Hermione. Ma anche lei era sconvolta. «Se questa volta Hagrid si controlla e discute il caso come si deve, non possono giustiziare Fierobecco...»
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Ma Harry sapeva che Hermione non credeva veramente a quello che di
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ceva. Tutto attorno a loro, i ragazzi parlavano animatamente, aspettando allegramente la fine degli esami quel pomeriggio; ma Harry, Ron e Hermione, preoccupati per Hagrid e Fierobecco, non li imitarono.
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L'ultimo esame di Harry e Ron era Divinazione; quello di Hermione, Babbanologia. Salirono insieme la scalinata di marmo. Hermione li salutò al primo piano e Harry e Ron salirono fino al settimo, dove molti della loro classe erano seduti sulla scala a chiocciola che portava all'aula della professoressa Cooman, impegnati in un ripasso affannoso dell'ultimo minuto.
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«Ci vuole vedere uno alla volta» li informò Neville mentre si sedevano vicino a lui. Aveva Svelare il Futuro aperto in grembo alle pagine dedicate alla Lettura della Sfera di Cristallo. «Qualcuno di voi ha mai visto qualcosa in una sfera di cristallo?» chiese loro con aria infelice.
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«No» disse Ron sbrigativo. Continuava a guardare l'orologio; Harry sapeva che contava i minuti che mancavano all'inizio dell'appello di Fierobecco.
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La coda di persone davanti alla classe si accorciava molto lentamente. Tutte le volte che uno di loro scendeva dalla scaletta d'argento, gli altri chiedevano in un sussurro:
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«Che cosa ti ha chiesto? È andata bene?»
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Ma tutti si rifiutavano di rispondere.
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«Dice che la sfera di cristallo le ha detto che se parlo mi capiterà una cosa terribile!» squittì Neville mentre scendeva le scale diretto verso Harry e Ron, che ora erano sul pianerottolo.
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«È probabile» disse Ron sprezzante. «Sai, sto cominciando a pensare che Hermione avesse ragione a proposito di quella» e puntò il pollice verso la botola in alto. «E davvero una vecchia impostora».
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«Si» disse Harry, guardando a sua volta l'orologio. Erano le due in punto. «Vorrei che si sbrigasse...»
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Calì scese raggiante di orgoglio.
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«Dice che ho tutti i requisiti di una vera Veggente» dichiarò a Harry e Ron. «Ho visto un mucchio di cose... be', buona fortuna!»
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E corse giù per la scala a chiocciola incontro a Lavanda.
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«Ronald Weasley» disse la familiare voce velata sopra le loro teste. Ron fece una smorfia rivolto a Harry e sparì su per la scaletta d'argento. Harry era l'ultimo rimasto. Sedette per terra, la schiena contro il muro, ascoltando una mosca che ronzava contro la finestra inondata di sole, il pensiero al di là del prato, con Hagrid.
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Alla fine, dopo una ventina di minuti, i grossi piedi di Ron ricomparvero
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sulla scala.
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«Com'è andata?» gli chiese Harry alzandosi.
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«Uno schifo» rispose Ron. «Non ho visto niente, così mi sono inventato qualcosa. Non credo di averla convinta, comunque...»
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«Ci vediamo in sala comune» mormorò Ron mentre la voce della professoressa Cooman chiamava «Harry Potter!»
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La stanzetta della torre era più calda che mai; le tende erano tirate, il fuoco acceso, e il solito aroma nauseante fece tossire Harry mentre inciampava nella folla di sedie e tavoli fino a raggiungere la professoressa Cooman, che lo aspettava seduta davanti a una grossa sfera di cristallo.
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«Buona giornata, mio caro» disse con voce dolce. «Se gentilmente vuoi guardare nell'Occhio... fai pure con calma... poi dimmi che cosa vedi...»
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Harry si chinò sulla sfera di cristallo e la fissò più intensamente che poteva, nella speranza che gli mostrasse qualcosa oltre alla solita nebbia bianca vorticante. Ma non successe nulla.
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«Allora?» lo esortò la professoressa Cooman. «Che cosa vedi?»
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Il calore era soffocante e le narici di Harry bruciavano per il fumo profumato che si alzava dal fuoco. Pensò a quello che aveva appena detto Ron e decise di fingere.
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«Ehm...» disse, «una forma scura... mmm...»
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«A cosa assomiglia?» sussurrò la professoressa Cooman. «Pensaci...»
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Harry si concentrò e gli venne in mente Fierobecco.
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«A un Ippogrifo» disse deciso.
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«Davvero!» bisbigliò la professoressa Cooman, scarabocchiando furiosamente sulla pergamena che teneva in bilico sulle ginocchia. «Ragazzo mio, forse vedi le conseguenze dei guai del povero Hagrid con il Ministero della Magia! Guarda meglio... ti sembra che l'Ippogrifo abbia... la testa?»
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«Sì» disse Harry in tono fermo.
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«Sicuro?» insistette la professoressa Cooman. «Sei sicuro, caro? Non lo vedi contorcersi a terra, magari, con una sagoma scura che brandisce l'ascia dietro di lui?»
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«No!» disse Harry, che cominciava ad avvertire un vago malessere.
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«Niente sangue? Hagrid non piange?»
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«No!» ripeté Harry, desideroso di andarsene da quella stanza e dal calore. «Sta bene, adesso... vola via...»
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La professoressa Cooman sospirò.
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«Be'. caro, credo che ci fermeremo qui... un po' deludente... ma sono certa che hai fatto del tuo meglio».
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Sollevato, Harry si alzò, prese la borsa e fece per andarsene, ma poi una voce alta e dura parlò alle sue spalle.
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«Accadrà questa notte».
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Harry si voltò. La professoressa Cooman si era irrigidita sulla sedia, lo sguardo perso e la bocca tremante.
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«Co... come?» disse Harry.
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Ma la professoressa Cooman parve non sentirlo. I suoi occhi si rovesciarono. Harry rimase lì spaventato. Sembrava che lei stesse per avere una specie di attacco. Esitò, pensando di correre fino all'infermeria. Poi la professoressa Cooman parlò di nuovo con quella voce dura, cosi diversa dal solito:
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«Il Signore Oscuro è solo e senza amici, abbandonato dai suoi seguaci. Il suo servo è rimasto in catene per dodici anni. Questa notte, prima di mezzanotte, il servo si libererà e cercherà di unirsi al padrone. Il Signore Oscuro risorgerà con l'aiuto del servo, più grande e più orribile che mai. Questa notte... prima di mezzanotte... il servo... si libererà... per unirsi... al padrone...»
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La testa le ricadde sul petto. L'insegnante emise una sorta di grugnito. Poi, all'improvviso, la sua testa si rialzò.
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«Mi dispiace tanto, caro ragazzo» disse sognante. «Dev'essere il caldo, sai... mi sono addormentata...»
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Harry continuò a guardarla.
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«C'è qualcosa che non va, mio caro?»
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«Lei... lei mi ha appena detto che il... il Signore Oscuro risorgerà... che il suo servo sta per tornare da lui...»
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La professoressa Cooman parve decisamente stupita.
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«Il Signore Oscuro? ColuiCheNonDeveEssereNominato? Mio caro ragazzo, non è una cosa sulla quale si può scherzare... risorgere, addirittura...»
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«Ma l'ha detto lei un momento fa! Ha detto che il Signore Oscuro...»
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«Ti devi essere assopito anche tu, caro!» disse la professoressa Cooman. «Non avrei mai la presunzione di prevedere una cosa così inverosimile!»
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Harry ridiscese la scaletta e la scala a chiocciola, stupefatto... aveva appena ascoltato la professoressa Cooman formulare una vera profezia? O forse aveva solo pensato di concludere l'esame con una scena impressionante?
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Cinque minuti dopo filava oltre i troll della sorveglianza, verso l'ingresso della Torre di Grifondoro, con in mente l'eco delle parole della profes
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soressa Cooman. I compagni lo incrociarono diretti dalla parte opposta, ridendo e scherzando, puntando verso i prati e un po' di quella libertà a lungo agognata; quando Harry ebbe superato il buco del ritratto ed entrò nella sala comune, la trovò quasi deserta. Tn un angolo però c'erano Ron e Hermione.
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«La professoressa Cooman» esclamò Harry ansante, «mi ha appena detto...»
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Ma si interruppe di colpo alla vista delle loro facce.
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«Fierobecco ha perso» disse Ron pianissimo. «Hagrid ha appena mandato questo».
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Il biglietto di Hagrid questa volta era asciutto, senza macchie di lacrime, ma la sua mano doveva aver tremato mentre scriveva, tanto che il messaggio si leggeva a stento.
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Appello perso. Esecuzione al tramonto. Nulla da fare. Non venite. Non voglio che vedete.
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Hagrid
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«Dobbiamo andare» disse subito Harry. «Non può stare là seduto da solo ad aspettare il boia!»
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«Al tramonto, però» disse Ron, che guardava nel vuoto fuori dalla finestra. «Non ci daranno mai il permesso... specialmente a te, Harry...»
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Harry si prese la testa tra le mani, riflettendo.
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«Se solo avessimo il Mantello dell'Invisibilità...»
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«Dov'è?» chiese Hermione.
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Harry le disse di averlo lasciato nel passaggio sotto la strega orba.
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«...se Piton mi trova un'altra volta da quelle parti, finisco nei guai, e sul serio» concluse.
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«È vero» disse Hermione alzandosi. «Se vede te... come si fa ad aprire la gobba della strega?»
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«Devi... darle un colpo di bacchetta e dire Dissendium» rispose Harry. «Ma...»
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Hermione non attese il resto della frase; attraversò la stanza, aprì con una spinta il ritratto della Signora Grassa e sparì dalla loro vista.
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«Non sarà andata a prenderlo...» disse Ron attonito.
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E invece sì. Hermione tornò un quarto d'ora dopo con il Mantello argenteo piegato con cura e nascosto sotto gli abiti.
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«Hermione, non so che cosa ti prende ultimamente!» disse Ron sbalordi
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to. «Prima picchi Malfoy, poi pianti la lezione della Cooman...»
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Hermione parve piuttosto lusingata.
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Scesero a cena con tutti gli altri, ma alla fine non tornarono alla Torre di Grifondoro. Harry aveva nascosto il Mantello sotto i vestiti; doveva tenere le braccia incrociate per nascondere il rigonfio. S'infilarono in una stanza vuota accanto alla Sala d'Ingresso, in ascolto, finché non furono certi che fosse deserta. Sentirono ancora qualcuno attraversare l'ingresso di corsa, e una porta che sbatteva. Hermione fece capolino dalla porta.
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«Ok» sussurrò, «non c'è nessuno... il Mantello, presto...»
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Camminando molto vicini in modo che nessuno li vedesse, attraversarono l'ingresso in punta di piedi, coperti dal Mantello, poi scesero i gradini di pietra fino al prato. Il sole già calava dietro la foresta proibita, spruzzando d'oro le cime degli alberi.
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Raggiunsero la capanna di Hagrid e bussarono. Il guardiacaccia ci mise un po' a rispondere, e quando lo fece, si guardò intorno in cerca del visitatore, pallido e tremante.
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«Siamo noi» sibilò Harry. «Abbiamo addosso il Mantello dell'Invisibilità. Facci entrare, così possiamo levarcelo».
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«Non dovevate venire!» mormorò Hagrid, ma fece un passo indietro e i tre entrarono. Hagrid chiuse in fretta la porta e Harry si sfilò il Mantello.
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Hagrid non piangeva né si gettò al collo di nessuno. Sembrava che non sapesse dove si trovava o che cosa doveva fare. Una disperazione, la sua, che era peggio delle lacrime.
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«Volete del tè?» disse. Le sue manone tremarono afferrando il bollitore.
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«Dov'è Fierobecco, Hagrid?» chiese Hermione esitante.
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«Io... l'ho portato fuori» rispose Hagrid, versando un po' di latte sul tavolo mentre riempiva il bricco. «È legato nell'orto delle zucche. Ho pensato che doveva vedere gli alberi e... e respirare l'aria buona... prima di...»
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La mano di Hagrid tremava cosi forte che il bricco del latte gli scivolò tra le dita e finì in mille pezzi.
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«Ci penso io, Hagrid» disse rapida Hermione, affrettandosi a ripulire.
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«Ce n'è un altro nella credenza» disse Hagrid sedendosi e asciugandosi la fronte sulla manica. Harry guardò Ron, che gli restituì lo sguardo, desolato.
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«Non c'è niente che si possa fare, Hagrid?» chiese Harry risoluto, prendendo posto accanto a lui. «Silente...»
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«Ci ha provato» disse Hagrid. «Non ha il potere, lui, di annullare quello
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che decide il Comitato. L'ha detto, a loro, che Fierobecco è a posto, ma hanno paura... lo sapete com'è Lucius Malfoy... li ha minacciati, credo io... e il boia, Macnair, è un vecchio amico di Malfoy... ma farà in fretta... e io gli starò vicino...»
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Hagrid deglutì. I suoi occhi sfrecciavano da una parte all'altra della capanna, in cerca di un briciolo di speranza e di conforto.
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«Silente verrà quando... quando succede. Mi ha scritto questa mattina. Dice che vuole... vuole stare con me. Grand'uomo, Silente...»
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Hermione, che stava cercando nella credenza di Hagrid, si lasciò sfuggire un piccolo singhiozzo soffocato. Si alzò con l'altro bricco in mano, lottando per trattenere le lacrime.
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«Anche noi resteremo con te, Hagrid» esclamò, ma Hagrid scosse il testone arruffato.
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«Voi dovete tornare al castello. Ve l'avevo detto, non voglio che voi vedete. E non dovevate essere qui comunque... Se Caramell e Silente ti trovano fuori senza permesso, Harry, sono guai grossi».
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Lacrime silenziose solcavano ora il viso di Hermione, che cercò di non farsi vedere da Hagrid dandosi da fare per preparare il tè. Poi, mentre prendeva la bottiglia del latte per versarne un po' nel bricco, si lasciò sfuggire uno strillo.
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«Ron! Io... non posso crederci... è Crosta!»
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Ron la guardò a bocca aperta.
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«Ma che cosa stai dicendo?»
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Hermione posò il bricco sul tavolo e lo rovesciò. Con uno squittìo disperato, agitando freneticamente le zampe nel tentativo di tornare dentro, il topo Crosta scivolò sul tavolo.
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«Crosta!» esclamò Ron esterrefatto. «Crosta, che cosa ci fai qui?»
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Afferrò il topo che si contorceva tutto e lo sollevò. Crosta aveva un aspetto orribile. Era più magro che mai, grosse chiazze di pelo erano cadute lasciando ampie macchie rosate, e si contorceva tra le mani di Ron, cercando disperatamente di liberarsi.
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«Va tutto bene, Crosta!» disse Ron. «Niente gatti! Nessuno ti farà del male!»
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Hagrid si alzò di scatto, gli occhi puntati alla finestra. Il suo viso di solito rubicondo era diventato color pergamena.
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«Arrivano...»
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Harry, Ron e Hermione si voltarono di scatto. Un gruppo di uomini scendeva i gradini del castello. Davanti c'era Albus Silente, la barba d'ar
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gento che scintillava nel sole morente. Vicino a lui trotterellava Cornelius Caramell. Li seguivano il vecchio, fragile membro del Comitato e il boia, Macnair.
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«Dovete andare» disse Hagrid. Tremava tutto. «Non devono trovarvi qui... andate, adesso...»
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Ron s'infilò Crosta in tasca e Hermione prese il Mantello.
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«Vi faccio uscire dalla porta dietro» disse Hagrid.
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Lo seguirono fino all'ingresso sul retro. A Harry parve tutto stranamente irreale, tanto più quando vide Fierobecco legato a un albero nell'orto delle zucche di Hagrid. L'Ippogrifo sembrava aver capito che stava per succedere qualcosa. Voltò la testa affilata da una parte e dall'altra e raspò il terreno nervosamente.
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«Va tutto bene, Becco» disse Hagrid dolcemente. «Tutto bene...» Si voltò verso Harry, Ron e Hermione. «Andate» disse. «Andate».
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Ma i tre non si mossero.
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«Hagrid, non possiamo...»
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«Diremo loro che cosa è successo veramente...»
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«Non possono ucciderlo...»
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«Andate!» esclamò Hagrid deciso. «È già abbastanza brutto senza che finite tutti nei guai!»
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Non avevano scelta. Mentre Hermione gettava il Mantello sopra Harry e Ron, sentirono delle voci davanti alla capanna. Hagrid guardò il punto in cui erano appena spariti.
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«Andate, svelti» disse con voce roca. «Non dovete sentire...»
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E tornò dentro la capanna mentre qualcuno bussava alla porta davanti.
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Lentamente, in una sorta di orribile trance, Harry, Ron e Hermione fecero in silenzio il giro della casa di Hagrid. Quando giunsero dall'altra parte, la porta davanti si chiuse con un colpo secco.
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«Vi prego, muoviamoci» sussurrò Hermione. «Non lo sopporto, non ce la faccio...»
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Presero a risalire il prato verso il castello. Ora il sole calava rapido; il cielo era diventato di un grigio chiaro striato di viola, ma verso ovest c'era un bagliore rosso rubino.
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Ron si fermò di colpo.
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«Oh, ti prego, Ron» esordì Hermione.
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«È Crosta... non vuole... stare tranquillo...»
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Ron si chinò, cercando di trattenere Crosta dentro la tasca, ma il topo era fuori di sé; squittiva come un pazzo, si agitava e si divincolava, cercando
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di affondare i denti nella mano di Ron.
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«Crosta, sono io, stupido, sono Ron» sibilò.
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Sentirono una porta aprirsi alle loro spalle e il suono di alcune voci maschili.
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«Oh, Ron, muoviamoci, ti prego, stanno per farlo!» sussurrò Hermione.
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«Ok... Crosta, stai buono...»
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Proseguirono; Harry, come Hermione, cercò di non prestare orecchio alle voci alle loro spalle. Ron si fermò di nuovo.
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«Non riesco a tenerlo fermo... Crosta, stai zitto o ci sentiranno...»
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Il topo squittiva selvaggiamente, ma non abbastanza forte da coprire i rumori che arrivavano dal giardino di Hagrid. Si udì un intreccio indistinto di voci maschili, poi venne il silenzio e poi, senza preavviso, l'inconfondibile sibilo di un'ascia, seguito da un tonfo.
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Hermione barcollò.
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«L'hanno fatto!» sussurrò a Harry. «Io non... non ci posso credere... l'hanno fatto!»
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