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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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Il Calice di Fuoco


   «Non ci credo» esclamò Ron stupefatto, mentre gli studenti di Hogwarts risalivano in fila i gradini dietro la delegazione di Durmstrang. «Krum, Harry! Viktor Krum!»
    «Per l’amor del cielo, Ron, è solo un giocatore di Quidditch!» disse Hermione.
    «Solo un giocatore di Quidditch?» disse Ron, guardandola come se non riuscisse a credere alle sue orecchie. «Hermione… è uno dei migliori Cercatori del mondo! Non sapevo che andasse ancora a scuola!»
    Mentre riattraversavano la Sala d’Ingresso con gli altri studenti di Hogwarts, diretti alla Sala Grande, Harry vide Lee Jordan che saltava su e giù per riuscire a veder meglio la nuca di Krum. Parecchie ragazze del sesto anno si stavano frugando freneticamente in tasca mentre camminavano («Oh, non ci posso credere, non ho nemmeno una penna», «Credi che mi firmerà il cappello col rossetto?»)
    «Insomma» disse altezzosa Hermione mentre superavano le ragazze che ora battibeccavano per il rossetto.
    «Io voglio avere il suo autografo, se ci riesco» disse Ron, «non è che hai una penna, eh, Harry?»
    «No, sono di sopra nella borsa» rispose Harry.
    Raggiunsero il tavolo di Grifondoro e presero posto. Ron si premurò di sedere sul lato che guardava l’ingresso, perché Krum e i suoi compagni di Durmstrang erano ancora riuniti laggiù, apparentemente incerti su dove sedersi. Gli studenti di Beauxbatons si erano sistemati al tavolo di Corvonero e si guardavano intorno imbronciati. Tre di loro si stringevano ancora sciarpe e scialli attorno alla testa.
    «Non fa così freddo» esclamò irritata Hermione, che li stava osservando. «Perché non si sono portati i mantelli?»
    «Quaggiù! Venite a sedervi qui!» sibilò Ron. «Di qua! Hermione, spostati, fai spazio…»
    «Cosa?»
    «Troppo tardi» disse Ron amareggiato.
    Viktor Krum e i suoi compagni di Durmstrang si erano seduti al tavolo di Serpeverde. Harry notò che Malfoy, Tiger e Goyle erano molto compiaciuti per questo; Malfoy si chinò in avanti per dire qualcosa a Krum.
    «Si, certo, lisciatelo bene, Malfoy» disse Ron aspro. «Ci scommetto che Krum lo capisce benissimo che tipo è… scommetto che ha sempre intorno della gente che lo adula… dove credete che dormirà? Potremmo offrirgli un posto nel nostro dormitorio, Harry… non mi dispiacerebbe cedergli il mio letto. Io potrei sistemarmi su una brandina».
    Hermione sbuffò.
    «Sembrano molto più allegri di quelli di Beauxbatons» osservò Harry.
    Gli studenti di Durmstrang si stavano togliendo le pesanti pellicce e guardavano in su verso il soffitto nero stellato con aria interessata; un paio presero i piatti e le coppe d’oro e li osservarono da vicino, apparentemente impressionati.
    Su al tavolo dei docenti, Mastro Gazza, il guardiano, stava aggiungendo delle sedie. Indossava un vecchio frac ammuffito in onore della circostanza. Harry si meravigliò nel vedere che aggiungeva quattro sedie, due da ciascun lato di Silente.
    «Ma ci sono solo due persone in più» disse. «Perché Gazza prepara quattro posti? Chi altro deve arrivare?»
    «Eh?» disse Ron in tono vago. Stava ancora fissando avidamente Krum.
    Quando tutti gli studenti furono entrati nella Sala e si furono sistemati ai tavoli delle loro Case, gli insegnanti entrarono, raggiunsero in fila il tavolo più lontano e si sedettero. Il professor Silente, il professor Karkaroff e Madame Maxime furono gli ultimi. Quando apparve la loro Preside, gli allievi di Beauxbatons scattarono in piedi. Alcuni studenti di Hogwarts risero. Il gruppo di Beauxbatons non sembrò minimamente imbarazzato, e nessuno tornò a sedere se non dopo che Madame Maxime ebbe preso posto alla sinistra di Silente. Quest’ultimo però rimase in piedi e il silenzio calò sulla Sala Grande.
    «Buona sera, signore e signori, fantasmi e — soprattutto — ospiti» disse Silente rivolgendo un gran sorriso agli studenti stranieri. «È un grande piacere per me darvi il benvenuto qui a Hogwarts. Spero e confido che la vostra permanenza qui sarà tanto comoda quanto piacevole».
    Una delle ragazze di Beauxbatons che si stringeva ancora uno scialle attorno alla testa scoppiò in un’inconfondibile risatina di scherno.
    «Nessuno ti costringe a restare!» sussurrò Hermione, seccata.
    «Il Torneo verrà ufficialmente inaugurato alla fine del banchetto» disse Silente. «Ora vi invito tutti a mangiare, bere e a fare come se foste a casa vostra!»
    Sedette, e Harry vide Karkaroff curvarsi subito verso di lui e intavolare una conversazione.
    I piatti davanti a loro si riempirono di cibo come al solito. Gli elfi domestici giù nelle cucine sembravano aver dato fondo a tutte le loro capacità; davanti a loro c’era una varietà di pietanze molto più ricca di quanto Harry non avesse mai visto prima, comprese alcune che erano decisamente straniere.
    «Che cos’è quello?» esclamò Ron, indicando un grosso piatto di una specie di stufato di crostacei disposto accanto a un gran pasticcio di carne e rognone.
    «Bouillabaisse» disse Hermione.
    «Salute» disse Ron.
    «È francese» spiegò Hermione. «L’ho mangiata in vacanza, due estati fa, è molto buona».
    «Se lo dici tu» commentò Ron servendosi di sanguinaccio.
    La Sala Grande sembrava molto più affollata del solito, anche se c’erano una ventina scarsa di studenti in più; forse era perché le uniformi di colore diverso spiccavano contro il nero della divisa di Hogwarts. Ora che si erano tolti le pellicce, gli studenti di Durmstrang apparvero vestiti di un intenso rosso sangue.
    Hagrid sgattaiolò nella Sala passando per una porta dietro il tavolo degli insegnanti venti minuti dopo l’inizio del banchetto. Scivolò al suo posto in fondo e salutò Harry, Ron e Hermione con una mano pesantemente fasciata.
    «Gli Schiopodi stanno bene, Hagrid?» gridò Harry.
    «Benissimo» rispose Hagrid allegro.
    «Sì, ci scommetto» disse Ron piano. «A quanto pare finalmente hanno trovato qualcosa che gli piace, eh? Le dita di Hagrid».
    In quel momento una voce disse: «Mi scusa, voleva prondere la bouillabaisse…»
    Era la ragazza di Beauxbatons che aveva riso durante il discorso di Silente. Si era tolta lo scialle: una cascata di capelli di un biondo argenteo le scendeva fin quasi alla vita. Aveva grandi occhi di un azzurro intenso e denti candidi e regolari.
    Ron diventò paonazzo. La fissò di sotto in su, apri la bocca per rispondere, ma non ne uscì altro che un debole gorgoglio.
    «Certo, fai pure» rispose Harry, spingendo il piatto verso la ragazza.
    «Voi non prende più?»
    «No» rispose Ron senza fiato. «Sì, era squisita».
    La ragazza prese il piatto e lo portò con cautela al tavolo di Corvonero. Ron continuava a fissarla come se non avesse mai visto una ragazza prima di quel momento. Harry scoppiò a ridere. Il rumore parve far tornare in sé Ron.
    «È una Veela!» disse a Harry con voce roca.
    «Ma certo che no!» ribatté Hermione acida. «Non vedo nessun altro che la guarda a bocca aperta come un idiota!»
    Ma le cose non stavano proprio così. Mentre la ragazza attraversava la Sala, molte teste maschili si voltarono, e alcuni parvero perdere l’uso della parola, proprio come Ron.
    «Vi dico che non è una ragazza normale!» disse Ron, allungando la testa per non perderla di vista. «Non le fanno così a Hogwarts!»
    «Le fanno benone, a Hogwarts» disse Harry senza riflettere. Si dava il caso che Cho Chang fosse seduta a pochi posti di distanza dalla ragazza coi capelli d’argento.
    «Quando voi due vi sarete risistemati gli occhi nelle orbite» disse Hermione bruscamente, «forse riuscirete a vedere chi è appena arrivato».
    Stava indicando il tavolo degli insegnanti. I due posti ancora vuoti erano stati appena occupati. Ora Ludo Bagman sedeva dall’altro lato del professor Karkaroff, mentre il signor Crouch, il capo di Percy, era vicino a Madame Maxime.
    «Che cosa ci fanno qui?» disse Harry stupito.
    «Hanno organizzato loro il Torneo Tremaghi, no?» disse Hermione. «Avranno voluto assistere all’apertura».
    Quando arrivò la seconda portata notarono anche un certo numero di dessert dall’aria insolita. Ron studiò da vicino uno strano tipo di budino pallido, poi lo spostò accuratamente di qualche centimetro alla sua destra, in modo che fosse ben visibile dal tavolo di Corvonero. La ragazza che sembrava una Veela però, a quanto pareva, aveva mangiato abbastanza, e non venne a prenderselo.
    Quando i piatti d’oro furono ripuliti, Silente si alzò di nuovo. Una piacevole tensione parve diffondersi nella sala. Harry provò un vago brivido di eccitazione al pensiero di ciò che stava per accadere. Parecchi posti più in là, Fred e George erano tesi in avanti e fissavano Silente con grande concentrazione.
    «Il momento è giunto» disse Silente, sorridendo al mare di visi rivolti verso il suo. «Il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Vorrei dire qualche parola di presentazione prima di far entrare il forziere…»
    «Il cosa?» sussurrò Harry.
    Ron alzò le spalle.
    «… solo per chiarire la procedura che seguiremo quest’anno. Ma prima di tutto lasciate che vi presenti, per coloro che non li conoscono, il signor Bartemius Crouch, Direttore dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale» — ci fu un clap clap di applausi educati — «e il signor Ludo Bagman, Direttore dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici».
    Per Bagman risuonò una salva di applausi molto più sonora che per Crouch, forse a causa delia sua fama di Battitore, o semplicemente perché aveva un aspetto molto più amabile. Lui rispose con un cenno gioviale della mano. Bartemius Crouch non sorrise né salutò quando venne annunciato il suo nome. Ricordandolo col suo abito inappuntabile alla Coppa del Mondo di Quidditch, Harry ridletté che vestito da mago aveva un’aria strana. I suoi baffi a spazzolino e la scriminatura severa sembravano parecchio stravaganti vicino ai lunghi capelli e alla barba bianca di Silente.
    «Il signor Bagman e il signor Crouch hanno lavorato instancabilmente negli ultimi mesi per mettere a punto il Torneo Tremaghi» proseguì Silente, «e si uniranno a me, al professor Karkaroff e a Madame Maxime nella giuria che valuterà gli sforzi dei campioni».
    Alla parola “campioni”, l’attenzione degli studenti in ascolto parve ridestarsi.
    Forse Silente aveva notato la loro improvvisa immobilità, perché sorrise dicendo: «Ora il forziere, prego. Mastro Gazza».
    Gazza, che era appostato seminascosto in un angolo remoto della Sala, si avvicinò a Silente, trasportando un grosso baule di legno tempestato di pietre preziose. Sembrava molto antico. Un mormorio eccitato di interesse si levò dagli studenti in attesa; Dennis Canon sali addirittura sulla sedia per vederci bene, ma, essendo così piccolo, la sua testa sovrastava a stento quelle degli altri.
    «Le istruzioni per le prove che i campioni affronteranno quest’anno sono già state prese in esame dal signor Crouch e dal signor Bagman» disse Silente, mentre Gazza posava con cautela il baule sul tavolo davanti a lui, «ed essi hanno preso i provvedimenti necessari. Le sfide saranno tre, distribuite nell’arco dell’anno scolastico, e metteranno alla prova i campioni in molti modi diversi… la loro perizia magica, la loro audacia, i loro poteri deduttivi e, naturalmente, la loro capacità di affrontare il pericolo».
    A quest’ultima parola, la Sala fu invasa da un silenzio così assoluto che sembrava che tutti avessero smesso di respirare.
    «Come sapete, tre campioni gareggiano nel Torneo» riprese tranquillo Silente, «uno per ogni scuola. Essi otterranno un punteggio in base all’abilità dimostrata in ciascuna delle prove del Torneo e il campione che avrà totalizzato il punteggio più alto dopo la terza prova vincerà la Coppa Tremaghi. I campioni verranno designati da un selezionatore imparziale… il Calice di Fuoco».
    Silente estrasse la bacchetta e batté tre volte sul cofano. Il coperchio si aprì lentamente con un cigolio. Silente infilò la mano all’interno ed estrasse una grossa coppa di legno rozzamente intagliata. Sarebbe sembrata del tutto comune, se non fosse stata colma fino all’orlo di fiamme danzanti blu e biancastre.
    Silente chiuse il forziere e pose delicatamente il Calice sul coperchio: da lì sarebbe stato ben visibile a tutti.
    «Chiunque desideri proporsi come campione deve scrivere a chiare lettere il suo nome e quello della sua scuola su un foglietto di pergamena e metterlo nel Calice» disse Silente. «Gli aspiranti campioni hanno ventiquattr’ore per farsi avanti. Domani sera, la sera di Halloween, il Calice restituirà i nomi dei tre che avrà giudicato più meritevoli di rappresentare le loro scuole. Il Calice verrà esposto stasera nella Sala d’Ingresso, dove sarà liberamente raggiungibile per tutti coloro che desiderano gareggiare.
    «Per garantire che nessuno studente di età inferiore a quanto richiesto cada in tentazione» continuò Silente, «traccerò una Linea dell’Età attorno al Calice di Fuoco una volta che sarà stato posto all’Ingresso. Nessuno al di sotto dei diciassette anni potrà varcare questa linea.
    «Infine, vorrei ricordare a tutti coloro che desiderano partecipare che il Torneo non va affrontato con leggerezza. Una volta che un campione sarà stato scelto dal Calice di Fuoco, lui o lei sarà tenuto a partecipare al Torneo fino alla fine. Inserire il vostro nome nel Calice costituisce un contratto magico vincolante. Non è concesso di cambiare idea una volta diventati campioni. Vi prego dunque di essere molto sicuri di voler prendere parte alla gara, prima di mettere il vostro nome nel Calice. Ora, credo che sia il momento di andare a dormire. Buonanotte a voi tutti».
    «Una Linea dell’Età!» disse Fred Weasley, gli occhi scintillanti, mentre tutti si dirigevano verso la Sala d’Ingresso. «Be’, si dovrebbe riuscire a imbrogliarla con una Pozione Invecchiante, no? E una volta che i nomi sono nel Calice, è fatta… lui non è in grado di stabilire se hai diciassette anni o no!»
    «Ma io credo che nessuno sotto i diciassette anni abbia uno straccio di possibilità» disse Hermione, «non ne sappiamo ancora abbastanza…»
    «Parla per te» la zittì George secco. «Tu proverai a entrare, vero, Harry?»
    Harry considerò in fretta l’insistenza di Silente sul fatto che nessuno con meno di diciassette anni dovesse candidarsi, ma poi la meravigliosa visione di se stesso vincitore della Coppa Tremaghi invase di nuovo la sua mente… si chiese quanto poteva arrabbiarsi Silente se qualcuno con meno di diciassette anni trovava il modo di superare la Linea dell’Età…
    «Dov’è?» chiese Ron, che non stava ascoltando una parola della conversazione, ma scrutava la folla per vedere che fine aveva fatto Krum. «Silente non ha detto dove dormono quelli di Durmstrang, vero?»
    Ma questo interrogativo ebbe quasi subito una risposta. Avevano raggiunto il tavolo di Serpeverde, e Karkaroff aveva appena chiamato a raccolta i suoi studenti.
    «Allora, torniamo alla nave» stava dicendo. «Viktor, come ti senti? Hai mangiato abbastanza? Devo far portare del vino aromatizzato dalle cucine?»
    Harry vide Krum scuotere la testa mentre indossava di nuovo la pelliccia.
    «Io folefa del fino, Herr Professor» disse un altro studente di Durmstrang, speranzoso.
    «Non l’ho chiesto a te, Poliakoff» ribatté Karkaroff, l’aria affettuosa e paterna svanita in un istante. «Vedo che ti sei rovesciato di nuovo il cibo sui vestiti, disgustoso ragazzo…»
    Karkaroff si voltò e raggiunse la porta con i suoi studenti al seguito. Harry si fermò per cedergli il passo.
    «Grazie» disse Karkaroff noncurante, guardandolo appena.
    E poi s’immobilizzò. Si voltò di nuovo verso Harry e lo guardò come se non riuscisse a credere ai suoi occhi. Dietro di lui, anche gli studenti di Durmstrang si fermarono. Gli occhi di Karkaroff risalirono lentamente il viso di Harry e indugiarono sulla sua cicatrice. Anche gli studenti di Durmstrang fissavano Harry incuriositi. Con la coda dell’occhio, Harry vide le facce di alcuni illuminarsi di comprensione: il ragazzo con i vestiti macchiati diede un colpetto alla sua vicina e indicò apertamente la fronte di Harry.
    «Sì, è Harry Potter» disse una voce ringhiosa alle loro spalle.
    Il professor Karkaroff si voltò di scatto. Malocchio Moody era là, appoggiato pesantemente al bastone, l’occhio magico che fissava malevolo il Preside di Durmstrang.
    Il colore svanì dal viso di Karkaroff. I suoi lineamenti si torsero in una terribile smorfia di rabbia e paura.
    «Tu!» esclamò, fissando Moody come se avesse visto un fantasma.
    «Io» disse Moody arcigno. «E a meno che tu non debba dire qualcosa a Potter, Karkaroff, è il caso che tu ti sposti. Stai bloccando il passaggio».
    Era vero; metà degli studenti della Sala ora era in attesa alle loro spalle e si alzavano in punta di piedi per vedere il motivo dell’ingorgo.
    Senza dir altro, il professor Karkaroff si portò via i suoi studenti. Moody lo guardò sparire, l’occhio magico puntato sulla sua schiena, un’aria di intenso disgusto sul viso sfigurato.
   
    * * *
    Di sabato, in genere, quasi tutti gli studenti facevano colazione tardi. Invece quella mattina Harry, Ron e Hermione non furono i soli ad alzarsi molto prima del solito: quando scesero in Sala d’Ingresso, c’erano già una ventina di persone che girellavano, mangiando toast e osservando il Calice di Fuoco. Stava nel centro della Sala, sullo sgabello che di solito reggeva il Cappello Parlante. Una sottile linea d’oro circolare era disegnata per terra, a circa tre metri dallo sgabello.
    «Qualcuno ci ha già messo dentro il suo nome?» chiese Ron impaziente a una del terzo anno.
    «Tutti quelli di Durmstrang» rispose lei. «Ma non ho ancora visto nessuno di Hogwarts».
    «Scommetto che qualcuno si è segnato ieri sera dopo che eravamo tutti andati a dormire» disse Harry. «Io avrei fatto così… non avrei voluto che tutti mi vedessero. E se il Calice ti risputa subito fuori?»
    Qualcuno rise alle spalle di Harry. Voltandosi, vide Fred, George e Lee Jordan che correvano giù dalle scale, tutti e tre molto eccitati.
    «Fatto» sussurrò Fred trionfante a Harry, Ron e Hermione. «L’abbiamo appena presa».
    «Cosa?» chiese Ron.
    «La Pozione Invecchiante, cervellodicacca» disse Fred.
    «Una goccia per uno» spiegò George, sfregandosi le mani tutto allegro. «Ci basta essere più grandi solo di pochi mesi».
    «Ci divideremo i mille galeoni se vince uno di noi tre» disse Lee, con un gran sorriso.
    «Non sono sicura che funzionerà, sapete» intervenne Hermione cauta. «Silente avrà pensato anche a questo».
    Fred, George e Lee la ignorarono.
    «Pronti?» chiese Fred agli altri due, tremando per l’eccitazione. «Andiamo, allora… vado io per primo…»
    Harry guardò affascinato Fred che estraeva dalla tasca un foglietto di pergamena con scritto sopra “Fred Weasley — Hogwarts”. Fred avanzò fino alla linea, e lì rimase, dondolandosi sulle punte dei piedi come un tuffatore che si accinge a un volo di quindici metri. Poi, con gli occhi di tutti i presenti puntati addosso, trasse un gran respiro e superò la linea.
    Per un solo istante, Harry fu convinto che avesse funzionato — George lo pensò di sicuro, perché emise un ululato di trionfo e seguì il fratello con un balzo — ma un attimo dopo si udì un forte sfrigolio, ed entrambi i gemelli furono espulsi dal cerchio d’oro come se fossero stati scagliati da un invisibile lanciatore del peso. Atterrarono doloranti a tre metri di distanza sul freddo pavimento di pietra, poi, come se non bastasse, risuonò una forte esplosione ed entrambi si videro spuntare due identiche lunghe barbe bianche.
    La Sala d’Ingresso rimbombò di risate, a cui si aggiunsero anche quelle di George e Fred, non appena si furono guardati bene in faccia.
    «Vi avevo avvertiti» disse una voce profonda e divertita, e tutti si voltarono mentre il professor Silente usciva dalla Sala Grande. Scrutò Fred e George con gli occhi che scintillavano. «Suggerisco a entrambi di andare da Madama Chips. Si sta già occupando della signorina Fawcett di Corvonero e del signor Summers di Tassorosso: anche loro hanno deciso di invecchiarsi un po’. Anche se devo dire che le loro barbe non sono nemmeno remotamente belle come le vostre».
    Fred e George si diressero all’infermeria, accompagnati da Lee, che ululava dal ridere, mentre Harry, Ron e Hermione, ridacchiando a loro volta, entrarono per far colazione.
    Le decorazioni della Sala Grande quella mattina erano cambiate. Era Halloween: una nuvola di pipistrelli vivi svolazzava sul soffitto incantato, mentre centinaia di zucche intagliate sogghignavano da tutti gli angoli. Harry si diresse verso Dean e Seamus, che stavano discutendo degli studenti di Hogwarts di diciassette anni o più che probabilmente si sarebbero fatti avanti.
    «Gira voce che Warrington si sia alzato presto e abbia presentato il suo nome» disse Dean a Harry. «Quello grosso di Serpeverde che sembra un bradipo».
    Harry, che aveva giocato a Quidditch contro Warrington, scosse la testa disgustato. «Non possiamo avere un campione di Serpeverde!»
    «E tutta Tassorosso parla di Diggory» disse Seamus sprezzante. «Io non pensavo che avrebbe voluto rischiare il suo bel faccino».
    «Ascoltate!» esclamò Hermione all’improvviso.
    Nell’Ingresso si udirono applausi e grida. Tutti si voltarono sulle sedie e videro entrare Angelina Johnson con un sorriso imbarazzato. Angelina, una ragazza nera alta che giocava da Cacciatrice nella squadra di Quidditch di Grifondoro, li raggiunse, si sedette e disse: «Be’, fatto! Ho appena consegnato il mio nome!»
    «Stai scherzando!» disse Ron, colpito.
    «Ma allora hai diciassette anni?» le chiese Harry.
    «Ma certo che ce li ha. Io non vedo nessuna barba, e tu?» disse Ron.
    «Li ho compiuti la settimana scorsa» spiegò Angelina.
    «Be’, sono contenta che si presenti qualcuno di Grifondoro» disse Hermione. «Spero davvero che tu ce la faccia, Angelina!»
    «Grazie, Hermione» disse Angelina con un sorriso.
    «Sì, meglio tu che Bambolo Diggory!» disse Seamus, suscitando gli sguardi truci di parecchi Tassorosso che passavano lì davanti.
    «Che cosa facciamo oggi, allora?» chiese Ron a Harry e Hermione quando ebbero finito di fare colazione e uscirono dalla Sala Grande.
    «Non siamo ancora andati da Hagrid» propose Harry.
    «Ok» disse Ron, «basta che non ci chieda di offrire qualche dito agli Schiopodi».
    All’improvviso Hermione s’illuminò di entusiasmo.
    «Mi è venuto in mente adesso… non ho ancora chiesto a Hagrid di iscriversi a CREPA!» esclamò. «Aspettatemi, faccio un salto di sopra a prendere le spille, va bene?»
    «Ma che razza di…» disse Ron esasperato mentre Hermione correva su per la scalinata di marmo.
    «Ehi, Ron» disse Harry all’improvviso. «È la tua amica…»
    Gli studenti di Beauxbatons stavano rientrando dal parco, compresa la ragazza che assomigliava a una Veela. I ragazzi accalcati attorno al Calice di Fuoco si ritrassero per lasciarli passare, guardandoli con grande curiosità.
    Madame Maxime entrò alle spalle dei suoi studenti e li mise in fila. Uno dopo l’altro, gli allievi di Beauxbatons varcarono la Linea dell’Età e lasciarono cadere i loro pezzetti di pergamena nelle fiamme blu e biancastre. Ogni nome, cadendo nel fuoco, diventava rosso per un attimo e sprizzava scintille.
    «Che cosa credi che succederà a quelli che vengono esclusi?» mormorò Ron rivolto a Harry, mentre la Veela lasciava cadere il suo foglietto nel Calice. «Credi che torneranno alla loro scuola o resteranno qui a vedere il Torneo?»
    «Non lo so» rispose Harry. «Resteranno qui, immagino… Madame Maxime resta per fare il giudice, no?»
    Quando tutti gli studenti di Beauxbatons ebbero inserito i loro nomi nel Calice, Madame Maxime li condusse di nuovo fuori, nel parco.
    «Allora, dove dormono?» disse Ron, avanzando verso la porta per seguirli con lo sguardo.
    Un gran fracasso alle loro spalle annunciò la ricomparsa di Hermione con la scatola di spille CREPA.
    «Oh, be’, muoviamoci» disse Ron, correndo giù per i gradini senza togliere gli occhi di dosso alla Veela, che ora era a metà del prato con Madame Maxime.
    Mentre si avvicinavano alla capanna di Hagrid al limitare della Foresta Proibita, fu svelato il mistero della sistemazione notturna di Beauxbatons: gli studenti stavano risalendo a bordo della gigantesca carrozza blu polvere, ora parcheggiata a un centinaio di metri dalla porta di casa di Hagrid. I pachidermici cavalli volanti pascolavano in un recinto improvvisato lì accanto.
    Harry bussò alla porta di Hagrid, e i latrati tonanti di Thor risposero all’istante.
    «Era ora!» esclamò Hagrid, aperta la porta e visto chi bussava. «Credevo che v’eravate scordati dov’è che abito!»
    «Abbiamo avuto tanto da fare. Ha…» esordì Hermione, e ammutolì.
    Hagrid indossava il suo migliore (e davvero orrendo) vestito marrone peloso, più una cravatta a quadri gialli e arancio. Ma non era questo il peggio; evidentemente aveva cercato di domare le sue chiome, usando dosi abbondanti di quella che sembrava morchia. Ora i capelli erano appiattiti in due ciuffi: forse aveva cercato di farsi la coda come Bill, ma aveva scoperto di averne troppi. Il look non gli donava affatto. Per un momento, Hermione strabuzzò gli occhi, poi, decisa a non commentare, disse: «Ehm… dove sono gli Schiopodi?»
    «Là fuori vicino all’orto delle zucche» rispose Hagrid tutto felice. «Stanno diventando grandicelli, ormai devono essere lunghi quasi un metro. C’è solo un problema, hanno cominciato a mangiarsi tra loro».
    «Oh, no, davvero?» disse Hermione, tacitando con un’occhiata eloquente Ron che, fissando la stravagante acconciatura di Hagrid, aveva appena aperto la bocca per dire la sua.
    «Sì» disse Hagrid malinconico. «Va tutto bene però, adesso li ho messi in vasche separate. Ce n’ho ancora una ventina».
    «Be’, meno male» commentò Ron. Hagrid non colse il sarcasmo.
    La capanna di Hagrid era in realtà una sola stanza: un letto gigantesco con una coperta patchwork era sistemato in un angolo. Un tavolo di legno e alcune sedie ugualmente smisurate si trovavano davanti al fuoco, sotto un’abbondanza di prosciutti salati e uccelli morti penzolanti dal soffitto. I ragazzi sedettero al tavolo mentre Hagrid preparava il tè. e ben presto furono immersi nell’ennesima discussione sul Torneo Tremaghi. Hagrid sembrava eccitato quanto loro.
    «Aspettate» disse con un gran sorriso. «Dovete solo aspettare, vedrete della roba che non avete mai visto. La prima prova… ah, ma non devo dire niente».
    «Continua, Hagrid!» lo supplicarono Harry, Ron e Hermione. ma lui si limitò a scuotere la testa sorridendo.
    «Non voglio rovinarvi la sorpresa» disse. «Ma sarà uno spettacolo, parola mia. Quei campioni dovranno proprio mettercela tutta. Mai pensavo di vedere un Torneo Tremaghi nella mia vita!»
    Finirono per pranzare da Hagrid, anche se non mangiarono molto: Hagrid aveva preparato quello che secondo lui era uno stufato di carne, ma dopo che Hermione estrasse un grosso artiglio dalla sua porzione, lei, Harry e Ron persero l’appetito. Però si divertirono a cercare di far dire a Hagrid quali sarebbero state le prove del Torneo, discussero quali dei partecipanti avevano le maggiori possibilità di essere scelti come campioni, e si chiesero se Fred e George erano già stati liberati della barba.
    Una pioggia leggera prese a cadere a metà pomeriggio; era molto piacevole star seduti vicino al fuoco, ascoltando il ticchettio morbido delle gocce contro la finestra, guardando Hagrid che si rammendava i calzini e litigava con Hermione a proposito degli elfi domestici — perché si rifiutò categoricamente di unirsi al CREPA quando lei gli mostrò le spille.
    «Gli fai solo un dispiacere, Hermione» disse in tono grave, infilando uno spesso filo giallo in un enorme ago di osso. «È nella loro natura curare gli umani, sono fatti così, capito? Li fai infelici se ci porti via il loro lavoro, e li insulti se provi a pagarli».
    «Ma Harry ha liberato Dobby, ed era al settimo cielo» obiettò Hermione. «E abbiamo sentito dire che adesso chiede lo stipendio!»
    «Sì, be’, ci sono i matti in tutte le razze. Non dico che non c’è il singolo elfo che ci piacerebbe la libertà, ma non riuscirai mai a convincere gli altri, quasi tutti gli altri — no, niente da fare, Hermione».
    Hermione parve molto contrariata, e infilò la scatola con le spiile nella tasca del mantello.
    Alle cinque e mezza stava calando l’oscurità, e Ron, Harry e Hermione decisero che era ora di tornare al castello per il banchetto di Halloween e, cosa più importante, per assistere alla proclamazione dei campioni delle tre scuole.
    «Vengo con voi» disse Hagrid, mettendo via il cucito. «Solo un secondo».
    Hagrid si alzò, raggiunse la cassettiera accanto al letto e vi frugò in cerca di qualcosa. Non gli fecero molto caso finché un odore davvero atroce non colpì i loro nasi.
    Tossicchiando, Ron disse: «Hagrid, che cos’è?»
    «Eh?» disse Hagrid, voltandosi con una grossa bottiglia in mano. «Non vi piace?»
    «È dopobarba?» chiese Hermione con voce un po’ soffocata.
    «Ehm… Eau de Cologne» borbottò Hagrid. Stava diventando rosso. «Forse è un po’ troppa» disse burbero. «Vado a toglierla, aspettate…»
    Si precipitò fuori e lo videro lavarsi vigorosamente nel barile d’acqua fuori dalla finestra.
    «Eau de Cologne?» esclamò Hermione stupefatta. «Hagrid?»
    «E i capelli, e il vestito?» aggiunse Harry a mezza voce.
    «Guardate!» esclamò Ron all’improvviso, indicando fuori.
    Hagrid si era appena rialzato e voltato. Se prima era arrossito, non era niente in confronto a quello che gli stava succedendo ora. Alzandosi con molta cautela, in modo che Hagrid non li vedesse, Harry, Ron e Hermione sbirciarono dalla finestra e videro che Madame Maxime e gli studenti di Beauxbatons erano appena usciti dalla carrozza, anche loro diretti al banchetto. Non sentirono le parole di Hagrid, ma si era rivolto a Madame Maxime con lo sguardo rapito e velato che Harry gli aveva visto solo in una circostanza: quando contemplava il cucciolo di drago, Norberto.
    «Va al castello con lei!» sbottò Hermione indignata. «Credevo che ci aspettasse…»
    Dopo aver degnato la capanna solo di una vaga occhiata, Hagrid marciò su per il prato con Madame Maxime, gli studenti di Beauxbatons al seguito, impegnati a correre per tener dietro alle loro enormi falcate.
    «Lei gli piace!» disse Ron incredulo. «Be’, se avranno dei figli, stabiliranno un record mondiale: ci scommetto che i loro bambini peseranno una tonnellata».
    Uscirono dalla capanna e si chiusero la porta alle spalle. Fuori era sorprendentemente buio. Stringendosi nei mantelli, s’incamminarono su per i prati.
    «Ooh, sono loro, guardate!» sussurrò Hermione.
    Il drappello di Durmstrang risaliva dal lago verso il castello. Viktor Krum camminava a fianco di Karkaroff, e gli altri studenti li seguivano in ordine sparso. Eccitato, Ron seguì Krum con gli occhi, ma quest’ultimo non si guardò intorno mentre raggiungeva il portone principale e lo varcava prima di loro.
    Quando entrarono, la Sala Grande illuminata dalle candele era quasi piena. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. Fred e George — di nuovo senza un pelo — sembravano aver preso bene la delusione.
    «Spero che sia Angelina» disse Fred mentre Harry, Ron e Hermione si sedevano.
    «Anch’io!» disse Hermione ansante. «Be’, lo sapremo presto!»
    Il banchetto di Halloween parve protrarsi più del solito. Forse perché era il secondo banchetto in due giorni, Harry non gustò le pietanze straordinarie come avrebbe fatto in circostanze normali. Come chiunque altro nella Sala, a giudicare dai colli perennemente tesi, dall’espressione di impazienza dipinta su ogni volto, dal continuo su e giù per vedere se Silente aveva già finito di mangiare, Harry voleva soltanto che venisse sparecchiato e scoprire chi erano i campioni designati.
    E finalmente, i piatti d’oro tornarono immacolati come in origine; il rumore nella Sala crebbe bruscamente e scomparve quasi all’istante mentre Silente si alzava. Ai suoi lati, il professor Karkaroff e Madame Maxime sembravano tesi e ansiosi come chiunque altro. Ludo Bagman sorrideva e strizzava l’occhio a parecchi studenti. Il signor Crouch, invece, sembrava piuttosto indifferente, quasi annoiato.
    «Bene, il Calice è quasi pronto a prendere le sue decisioni» annunciò Silente. «Ritengo che abbia bisogno di un altro minuto. Ora, prego i campioni che verranno chiamati di venire da questa parte della Sala, passare davanti al tavolo degli insegnanti ed entrare nella stanza accanto» e indicò la porta dietro il tavolo, «dove riceveranno le prime istruzioni».
    Estrasse la bacchetta e tracciò un ampio gesto; tutte le candele tranne quelle all’interno delle zucche intagliate si spensero all’istante, sprofondando la Sala nella semioscurità. Il Calice di Fuoco ora splendeva più luminoso che mai, e lo sfavillio bianco e bluastro delle fiamme era quasi doloroso allo sguardo. Tutti lo fissavano, in attesa… qualcuno continuava a controllare l’orologio…
    «Ci siamo quasi» bisbigliò Lee Jordan.
    Le fiamme ridiventarono rosse all’improvviso. Dall’interno del Calice si sprigionarono scintille. Un attimo dopo, una lingua di fuoco dardeggiò nell’aria, un pezzetto di pergamena bruciato ne volò fuori… tutta la sala trattenne il respiro.
    Silente afferrò il foglietto e lo tenne in mano col braccio teso, in modo da poter leggere alla luce delle fiamme, che erano tornate di un bianco bluastro.
    «Il campione di Durmstrang» lesse con voce forte e chiara, «è Viktor Krum».
    «Lo sapevo, io!» strillò Ron, mentre una tempesta di applausi e urla invadeva la Sala. Harry vide Viktor Krum alzarsi dal tavolo di Serpeverde e dirigersi goffo verso Silente; girò a destra, avanzò lungo il tavolo degli insegnanti e spari oltre la porta che conduceva alla stanza accanto.
    «Bravo, Viktor!» esplose Karkaroff, così forte che tutti lo udirono, anche sopra gli applausi. «Lo sapevo che avevi la stoffa!»
    I battimani e i commenti si spensero. L’attenzione si concentrò di nuovo sul Calice, che qualche istante dopo tornò a farsi rosso. Un secondo foglietto di pergamena ne schizzò fuori, sospinto dalle fiamme.
    «Il campione di Beauxbatons» annunciò Silente, «è Fleur Delacour!»
    «È lei, Ron!» gridò Hany. mentre la ragazza che somigliava tanto a una Veela si alzava in piedi con grazia, gettava indietro la chioma brillante e avanzava leggera tra i tavoli di Corvonero e Tassorosso.
    «Oh, guarda, ci sono rimasti tutti male» disse Hermione al di sopra del frastuono, accennando agli altri del gruppo di Beauxbatons. “Rimasti male” era dir poco, pensò Harry. Due delle ragazze escluse erano scoppiate in un pianto dirotto, e singhiozzavano con la testa sulle braccia.
    Quando anche Fleur Delacour fu scomparsa nella sala accanto, calò di nuovo il silenzio, ma questa volta era un silenzio carico di un’eccitazione quasi palpabile. Era la volta del campione di Hogwarts…
    E il Calice di Fuoco divenne ancora una volta rosso; scintille ne piovvero fuori; la lingua di fuoco scattò alta nell’aria, e dalla sua punta Silente prese il terzo pezzetto di pergamena.
    «Il campione di Hogwarts» scandì, «è Cedric Diggory!»
    «No!» esclamò Ron ad alta voce, ma nel frastuono assordante del tavolo vicino nessuno lo sentì tranne Harry. Ogni singolo Tassorosso era balzato in piedi, urlando e saltando, mentre Cedric avanzava tra i compagni, con un gran sorriso sul volto, e si dirigeva verso la stanza dietro il tavolo degli insegnanti. In verità l’applauso per Cedric durò tanto a lungo che Silente ci mise un po’ a farsi sentire di nuovo.
    «Ottimo!» gridò allegramente, e alla fine il clamore si calmò. «Bene, ora abbiamo i nostri tre campioni. Sono certo di poter contare su tutti voi, compresi gli studenti di Beauxbatons e Durmstrang, perché diate ai vostri campioni tutto il sostegno che potete. Acclamando il vostro campione, contribuirete in modo molto…»
    Ma Silente s’interruppe all’improvviso, e tutti capirono che cosa lo aveva distratto.
    Il fuoco nel Calice era tornato rosso. Le scintille sprizzarono. Una lunga fiamma dardeggiò repentina nell’aria, e su di essa galleggiava un altro foglietto di pergamena.
    Automaticamente, così parve, Silente tese la lunga mano e afferrò la pergamena. La allontanò da sé e lesse il nome. Per un lunghissimo istante, Silente fissò il foglietto, e tutta la Sala fissò Silente. Poi il Preside si schiarì la voce e lesse:
    «Harry Potter».
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