Hermione non parlò più delle lezioni di Difesa contro le Arti Oscure per ben due settimane. Le punizioni con la Umbridge erano finalmente terminate (Harry dubitava che le parole incise sul dorso della sua mano sarebbero mai svanite del tutto); Ron aveva fatto altri quattro allenamenti di Quidditch e durante gli ultimi due nessuno gli aveva urlato contro; e tutti e tre erano riusciti a far Evanescere i loro topi nell’ora di Trasfigurazione (Hermione in realtà era arrivata a far Evanescere anche un gattino). L’argomento venne affrontato di nuovo in una tempestosa sera di settembre, mentre erano in biblioteca a studiare gli ingredienti per le pozioni di Piton.
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«Mi domandavo» disse Hermione d’un tratto, «se hai più pensato a Difesa contro le Arti Oscure, Harry».
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«Certo che ci ho pensato» brontolò Harry, «è difficile dimenticarlo con quella megera come insegnante…»
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«Intendevo l’idea mia e di Ron…» Ron le lanciò un’occhiata allarmata e minacciosa. Lei gli rivolse uno sguardo torvo. «…Oh, insomma, la mia idea… che tu ci dessi delle lezioni».
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Harry non rispose subito. Finse di consultare una pagina di Antiveleni Asiatici, perché non voleva dire quello che aveva in mente.
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Nell’ultima quindicina di giorni ci aveva pensato molto. A volte gli era sembrata solo un’idea folle, come la sera in cui Hermione l’aveva proposta, ma altre volte si era ritrovato a pensare agli incantesimi che gli erano stati più utili durante i vari incontri con le Creature Oscure e i Mangiamorte… di fatto, aveva cominciato a progettare lezioni…
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«Be’» disse lentamente, quando non poté più far finta di trovare interessante Antiveleni Asiatici, «sì, io… ci ho pensato, un po’».
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«E allora?» chiese Hermione, impaziente.
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«Non lo so» rispose Harry, prendendo tempo. Guardò Ron.
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«Io ho sempre pensato che fosse una buona idea» disse Ron, molto più contento di unirsi alla conversazione ora che era sicuro che Harry non si sarebbe messo a urlare di nuovo.
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Harry si agitò sulla sedia, a disagio.
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«Ricordate che vi ho detto che è stata quasi tutta fortuna, vero?»
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«Sì, Harry» disse dolcemente Hermione, «ma comunque, non ha senso far finta che tu non sia bravo in Difesa contro le Arti Oscure, perché lo sei. L’anno scorso sei stato l’unico a respingere completamente la Maledizione Imperius, sai evocare un Patronus, sai fare un sacco di cose che nemmeno i maghi adulti sanno, Viktor lo diceva sempre…»
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Ron si voltò verso di lei così in fretta che si fece male al collo. «Ah, davvero? Che cosa diceva Vicky?» chiese, massaggiandoselo.
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«Ah-ha» rispose Hermione in tono annoiato. «Diceva che Harry sapeva fare cose di cui nemmeno lui era capace, e lui era all’ultimo anno a Durmstrang».
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Ron guardò Hermione con sospetto.
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«Non sarai mica ancora in contatto con lui?»
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«E se anche lo fossi?» disse Hermione con disinvoltura, ma era diventata un po’ rossa. «Non posso avere un amico di piuma…»
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«Lui non voleva essere solo il tuo amico di piuma» protestò Ron.
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Hermione scosse il capo esasperata, e ignorando Ron che continuava a guardarla, si rivolse a Harry: «Allora, che cosa ne dici? Ci insegnerai?»
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«Solo a te e a Ron, d’accordo?»
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«Be’» disse Hermione, di nuovo un po’ nervosa. «Ecco… ora non fare di nuovo il diavolo a quattro, Harry, per favore… ma secondo me dovresti davvero aiutare tutti quelli che vogliono imparare. Cioè, stiamo parlando di come difenderci da V-Voldemort. Oh, non essere patetico, Ron. Non sarebbe onesto non dare questa possibilità anche ad altri».
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Harry ci pensò per un momento. «Sì» disse poi, «ma dubito che qualcuno a parte voi due voglia prendere lezioni da me. Io sono pazzo, ricordi?»
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«Secondo me invece saresti sorpreso di vedere quanta gente è interessata ad ascoltarti» ribatté Hermione seria. «Senti» aggiunse, e si sporse verso di lui. Ron, che la guardava ancora accigliato, si chinò per ascoltare. «Sai che il primo finesettimana di ottobre si va a Hogsmeade? E se dicessimo a tutte le persone interessate di incontrarci al villaggio per parlarne?»
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«Perché dobbiamo farlo fuori dalla scuola?» chiese Ron.
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«Perché» disse Hermione, rimettendosi a copiare il diagramma del Cavolo Carnivoro Cinese, «non credo che la Umbridge sarebbe molto contenta di sapere che cosa abbiamo in mente».
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* * *
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Harry non vedeva l’ora di andare a Hogsmeade, ma c’era una cosa che lo preoccupava. Sirius aveva mantenuto un silenzio di tomba da quando era apparso nel fuoco all’inizio di settembre; Harry sapeva che lo avevano fatto arrabbiare raccomandandogli di non venire, ma temeva ancora che Sirius potesse gettare la prudenza al vento e arrivare lo stesso. Che cosa avrebbe fatto se il grosso cane nero gli fosse venuto incontro lungo la strada di Hogsmeade, magari sotto il naso di Draco Malfoy?
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«Be’, non possiamo dargli torto se vuole andarsene un po’ in giro» disse Ron quando Harry confidò i suoi timori a lui e a Hermione. «Insomma, è stato in fuga per più di due anni, no? Certo, non sarà stato uno spasso, ma almeno era libero. E adesso invece è chiuso in casa con quell’elfo agghiacciante».
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Hermione lo guardò storto, ma per il resto ignorò l’accenno a Kreacher.
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«Il problema» disse a Harry, «è che fino a quando V-Voldemort… — oh, per l’amor del cielo, Ron — …non esce allo scoperto, Sirius deve restare nascosto. Voglio dire, quegli stupidi del Ministero non capiranno che è innocente finché non crederanno a quello che ha sempre detto di lui Silente. E una volta che quegli scemi cominceranno a catturare i veri Mangiamorte, sarà chiaro che Sirius non lo è… insomma, non ha nemmeno il Marchio, per dirne una».
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«Secondo me non è tanto stupido da farsi vedere» disse Ron deciso. «Silente andrebbe su tutte le furie, e Sirius lo ascolta sempre, anche se non gli piacciono i suoi ordini».
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Visto che comunque Harry non si tranquillizzava, Hermione disse: «Senti, Ron e io abbiamo sondato il terreno con alcune persone che secondo noi potrebbero aver voglia di imparare un po’ di vera Difesa contro le Arti Oscure, e ce ne sono un paio che sembrano interessate. Ci siamo dati appuntamento a Hogsmeade».
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«Bene» rispose distratto Harry, che pensava ancora a Sirius.
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«Non ti preoccupare, Harry» disse piano Hermione. «Hai già abbastanza pensieri anche senza Sirius».
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Aveva ragione, naturalmente: Harry riusciva a malapena a stare al passo con i compiti, anche se adesso che non doveva più trascorrere tutte le sere in punizione con la Umbridge le cose andavano molto meglio. Ron era ancora più indietro di lui perché, se entrambi avevano gli allenamenti di Quidditch due volte alla settimana, Ron aveva anche i suoi doveri di prefetto. Hermione, invece, che seguiva più materie di loro, non solo aveva finito tutti i compiti, ma trovava anche il tempo di sferruzzare altri indumenti da elfo. Harry doveva ammettere che stava migliorando: ormai si riusciva quasi sempre a distinguere i berretti dai calzini.
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La mattina della gita a Hogsmeade era limpida ma ventosa. Dopo colazione si misero in fila davanti a Gazza, che controllava i loro nomi sulla lunga lista degli studenti che avevano ottenuto dai genitori o dai tutori il permesso di andare al villaggio. Con un piccolo tuffo al cuore, Harry ricordò che se non fosse stato per Sirius non ci sarebbe potuto andare affatto.
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Quando arrivò davanti a Gazza, il custode lo annusò a fondo, quasi volesse sentire se aveva fumato. Poi fece un breve cenno che gli fece tremolare le guance, e Harry scese i gradini di pietra e uscì nella fredda giornata di sole.
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«Perché Gazza ti annusava?» chiese Ron mentre si avviava con Harry e Hermione lungo l’ampio viale che portava ai cancelli.
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«Immagino che stesse cercando una Caccabomba» rise Harry. «Ho dimenticato di dirvelo…»
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Raccontò di quando aveva spedito la lettera a Sirius e Gazza era entrato qualche istante dopo, pretendendo di vedere la missiva. Con sua sorpresa, Hermione trovò la storia estremamente interessante, molto più di quanto pensasse lui.
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«Ha detto che qualcuno gli aveva soffiato che stavi ordinando delle Caccabombe? Ma chi è stato?»
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«Non lo so» rispose Harry con un’alzata di spalle. «Forse Malfoy, si diverte così».
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Oltrepassarono le due alte colonne di pietra sormontate dai cinghiali alati e svoltarono a sinistra verso il villaggio, con i capelli negli occhi per il vento.
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«Malfoy?» disse Hermione scettica. «Mah… sì, forse…»
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Rimase pensierosa per tutto il tragitto fino a Hogsmeade.
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«Dove andiamo, a proposito?» domandò Harry. «Ai Tre Manici di Scopa?»
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«Oh… no» disse Hermione, riemergendo dalle sue fantasticherie, «no, è sempre pieno e c’è troppo rumore. Ho detto agli altri di incontrarci alla Testa di Porco, l’altro pub, non è nella via principale. È un po’… come dire… equivoco… ma gli studenti di solito non ci vanno, perciò non credo che saremo spiati».
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Percorsero la strada principale e superarono l’Emporio degli Scherzi di Zonko, dove non furono sorpresi di trovare Fred, George e Lee Jordan; passarono davanti all’ufficio postale, dal quale i gufi partivano a intervalli regolari; infine svoltarono in una traversa in fondo alla quale c’era una piccola locanda. Una consunta insegna di legno pendeva da una staffa arrugginita sopra la porta, con l’effigie di una testa di cinghiale mozza che gocciolava sangue su un panno bianco. Il vento fece cigolare l’insegna. I tre esitarono sulla porta.
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«Dài, andiamo» disse Hermione, con un briciolo di nervosismo. Harry entrò per primo.
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Non era affatto come i Tre Manici di Scopa, la cui ampia sala dava un’impressione di calore e pulizia. La Testa di Porco era un locale piccolo, angusto e molto sporco, con un forte odore di qualcosa che poteva essere capra. Le finestre a bovindo erano così incrostate che ben poca luce filtrava nella stanza, illuminata da mozziconi di candela piantati su rozzi tavoli di legno. Il pavimento sembrava a prima vista fatto di terra battuta, ma quando Harry fece il primo passo si rese conto che c’era pietra sotto quello che doveva essere sudiciume accumulato da secoli.
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Harry ricordò che Hagrid aveva nominato quel pub al primo anno: «C’è tanta gente bizzarra, alla Testa di Porco» aveva detto, spiegando come aveva vinto un uovo di drago a uno sconosciuto incappucciato. All’epoca Harry si era chiesto come mai Hagrid non avesse trovato strano che lo sconosciuto fosse rimasto a viso coperto durante il loro incontro; ma vide che nascondere la faccia andava di moda, alla Testa di Porco. Al bancone c’era un uomo con la testa completamente avvolta in sporche bende grigie, che riusciva comunque a ingollare infiniti bicchieri di una sostanza fumante e incandescente attraverso una fessura all’altezza della bocca; due figure incappucciate sedevano a un tavolo accanto a una finestra: Harry avrebbe detto che erano Dissennatori, se non fosse stato per il loro forte accento dello Yorkshire; e in un angolo in ombra accanto al camino sedeva una strega coperta da capo a piedi da un fitto velo nero. Si distingueva solo la punta del suo naso, che formava una piccola protuberanza nel velo.
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«Non so, Hermione» mormorò Harry quando arrivarono al banco. Guardò in particolare la strega velata. «Non pensi che potrebbe esserci la Umbridge, là sotto?»
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Hermione la studiò con un’occhiata.
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«La Umbridge è più bassa» disse piano. «E comunque, se anche la Umbridge venisse qui non potrebbe fare nulla per fermarci, Harry. Ho controllato e ricontrollato il regolamento della scuola, non stiamo violando nulla; ho chiesto al professor Vitious se agli studenti fosse permesso venire alla Testa di Porco e lui mi ha detto di sì, anche se mi ha raccomandato caldamente di portarci i bicchieri. E ho controllato tutto il possibile sui gruppi di studio e di lavoro, e stiamo senza dubbio rispettando le regole. Credo solo che non sia il caso di sbandierare quello che facciamo».
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«No» convenne Harry asciutto, «soprattutto perché non è proprio un gruppo di studio che hai in mente, giusto?»
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Il barista uscì da una stanza sul retro e andò verso di loro. Era un vecchio dall’aspetto burbero, con una gran quantità di lunghi capelli grigi e la barba. Era alto, magro e aveva un’aria vagamente familiare per Harry.
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«Che cosa volete?» borbottò.
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«Tre Burrobirre» rispose Hermione.
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L’uomo trasse da sotto il bancone tre bottiglie polverose e molto sporche, che sbatté con forza sul legno.
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«Sei falci» disse.
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«Faccio io» disse in fretta Harry, porgendogli le monete. Il barista lo squadrò, indugiando per una frazione di secondo sulla sua cicatrice. Poi si voltò e mise i soldi in un antiquato registratore di cassa di legno, il cui cassetto si aprì automaticamente. Harry, Ron e Hermione andarono a sedersi al tavolo più lontano dal bancone e si guardarono attorno. L’uomo con le sudicie bende grigie batté con le nocche sul banco e ricevette dal barista un altro beverone fumante.
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«Sapete?» mormorò Ron entusiasta, guardando il bar. «Qui potremmo ordinare qualunque cosa. Scommetto che quel tizio ci venderebbe di tutto, che gliene importa? Ho sempre desiderato provare il Whisky Incendiario…»
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«Tu-sei-un-prefetto» ringhiò Hermione.
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«Ah» fece Ron, e il sorriso svanì dalla sua faccia. «Già…»
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«Allora, chi hai detto che dovrebbe venire?» domandò Harry. Tolse il tappo arrugginito dalla sua Burrobirra e bevve un sorso.
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«Un paio di persone» rispose Hermione, guardando l’orologio e lanciando occhiate nervose alla porta. «Ho detto di venire più o meno adesso e sono sicura che tutti sanno dov’è… oh, guarda, devono essere loro».
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La porta del pub si era aperta. Un ampio raggio di luce polverosa divise per un attimo la sala a metà e poi scomparve, oscurato dall’ingresso di una vera folla.
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Davanti c’erano Neville, Dean e Lavanda, seguiti da Calì e Padma Patil con (lo stomaco di Harry fece un salto mortale all’indietro) Cho e una delle sue amiche ridoline; poi (da sola, e con aria così svagata che pareva fosse capitata lì per caso) Luna Lovegood; poi Katie Bell, Alicia Spinnet e Angelina Johnson, Colin e Dennis Canon, Ernie Macmillan, Justin Finch-Fletchley, Hannah Abbott e una ragazza di Tassorosso con una lunga treccia di cui Harry non sapeva il nome; tre ragazzi di Corvonero che era abbastanza sicuro si chiamassero Anthony Goldstein, Michael Corner e Terry Steeval; Ginny, seguita da un ragazzo alto, biondo e magro con il naso all’insù che Harry riconobbe vagamente come un membro della squadra di Quidditch di Tassorosso, e a chiudere la fila Fred e George Weasley con il loro amico Lee Jordan, tutti e tre muniti di grossi sacchetti di carta gonfi della mercanzia di Zonko.
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«Un paio?» disse Harry a Hermione, in un sussurro roco. «Un paio?»
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«Be’, sì, l’idea ha avuto un certo successo» rispose allegramente Hermione. «Ron, ti va di prendere qualche altra sedia?»
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Il barista era rimasto paralizzato nell’atto di pulire un bicchiere con uno straccio tanto sporco che pareva non essere mai stato lavato. Probabilmente non aveva mai visto il locale così pieno.
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«Buondì» disse Fred avvicinandosi al bancone e contando rapidamente i suoi compagni, «possiamo avere… venticinque Burrobirre, per cortesia?»
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Il barista lo guardò male per un attimo, poi, gettando via lo straccio con un gesto irritato, come se avessero appena interrotto qualcosa di molto importante, prese a passare Burrobirre da sotto il banco.
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«Salute» disse Fred, distribuendole in giro. «Fuori i soldi, voi, non ne ho abbastanza per tutti…»
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Harry rimase a guardare stordito mentre il folto e ciarliero gruppo prendeva le Burrobirre da Fred e rovistava nelle tasche in cerca di monete. Non riusciva a immaginare perché fosse venuta tutta quella gente, finché non ebbe l’orribile idea che potessero aspettarsi una qualche specie di discorso, e a quel punto si voltò verso Hermione.
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«Ma cosa hai raccontato?» bisbigliò. «Cosa si aspettano da me?»
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«Niente, vogliono solo sentire che cos’hai da dire» rispose Hermione cercando di tranquillizzarlo; ma poiché Harry continuava a guardarla furibondo aggiunse in fretta: «Tu non devi fare niente, adesso, parlerò prima io».
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«Ciao, Harry» disse Neville raggiante, sedendosi di fronte a lui.
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Harry cercò di ricambiare il saluto, ma aveva la bocca straordinariamente arida. Cho gli aveva appena sorriso e si era seduta alla destra di Ron. La sua amica, con i capelli ricci di un biondo ramato, non sorrise, anzi rivolse a Harry uno sguardo di totale diffidenza che diceva senz’ombra di dubbio che se fosse stato per lei non sarebbe mai venuta.
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In un batter d’occhio i nuovi arrivati presero posto attorno a Harry, Ron e Hermione, qualcuno con aria eccitata, altri curiosa, Luna Lovegood persa nel vuoto. Quando tutti ebbero trovato una sedia, le chiacchiere si spensero. Tutti gli occhi erano puntati su Harry.
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«Ehm» disse Hermione. Il nervosismo rendeva la sua voce un po’ più acuta del solito. «Bene, ehm… ciao».
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Il gruppo si concentrò su di lei, anche se gli sguardi continuavano a tornare su Harry.
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«Ecco… ehm… bene, sapete tutti perché siamo qui. Dunque, Harry ha avuto l’idea…» — Harry le lanciò un’occhiataccia — «cioè io ho avuto l’idea… che sarebbe stato meglio per chi voleva imparare Difesa contro le Arti Oscure, e intendo dire impararla davvero, non quella spazzatura che ci fa studiare la Umbridge…» — la voce di Hermione si fece all’improvviso più forte e sicura — «perché nessuno potrebbe definire quella roba Difesa contro le Arti Oscure» («Giusto!» disse Anthony Goldstein, e Hermione parve rincuorata), «…be’, ho pensato che avremmo fatto meglio, insomma, a prendere in mano la situazione».
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Fece una pausa, guardò di traverso Harry e proseguì: «E con questo intendo dire imparare a difenderci sul serio, non solo in teoria, ma con veri incantesimi…»
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«Però vuoi anche passare l’esame di Difesa contro le Arti Oscure ai G.U.F.O., immagino?» disse Michael Corner.
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«Certo» rispose prontamente Hermione. «Ma ancora di più voglio essere ben addestrata nella Difesa, perché… perché…» respirò a fondo e concluse, «perché Lord Voldemort è tornato».
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La reazione fu immediata e prevedibile. L’amica di Cho strillò e si versò la Burrobirra addosso; Terry Steeval ebbe una specie di spasmo involontario; Padma Patil rabbrividì, e Neville emise uno strano suono che riuscì a trasformare in un colpo di tosse. Tutti comunque fissarono intensamente, quasi avidamente, Harry.
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«Be’… il progetto è questo» continuò Hermione. «Se volete unirvi a noi, dobbiamo decidere come…»
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«Dove sono le prove che Tu-Sai-Chi è tornato?» chiese il giocatore biondo di Tassorosso in tono aggressivo.
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«Silente lo crede…» cominciò Hermione.
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«Silente crede a lui, cioè» disse il ragazzo biondo accennando a Harry.
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«E tu chi sei?» chiese Ron, piuttosto rudemente.
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«Zacharias Smith» rispose il ragazzo, «e credo che abbiamo il diritto di sapere con precisione come fa Potter a dire che Voi-Sapete-Chi è tornato».
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«Senti» intervenne Hermione, «non è per questo che abbiamo indetto l’incontro…»
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«Va bene, Hermione» disse Harry.
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Aveva appena capito il motivo per cui era venuta tanta gente. Hermione avrebbe dovuto prevederlo. Alcune di quelle persone, o forse la maggior parte, erano lì nella speranza di sentire la storia di Harry di prima mano.
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«Che cosa mi fa dire che Tu-Sai-Chi è tornato?» domandò Harry, guardando Zacharias dritto negli occhi. «L’ho visto. Ma Silente ha raccontato a tutta la scuola che cos’è successo alla fine dell’anno scorso, e se non hai creduto a lui non crederai a me, e non ho intenzione di sprecare un pomeriggio a cercare di convincere nessuno».
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L’intero gruppo parve trattenere il respiro mentre Harry parlava. Gli parve che perfino il barista stesse ascoltando, intanto che strofinava lo stesso bicchiere con lo straccio sudicio, sporcandolo sempre di più.
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Zacharias disse sdegnoso: «Silente ci ha detto soltanto che Cedric Diggory era stato ucciso da Tu-Sai-Chi e che tu avevi riportato il suo corpo a Hogwarts. Non ci ha raccontato nessun particolare, non ci ha detto com’è stato ucciso Diggory, credo che tutti noi vorremmo sapere…»
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«Se sei venuto per sapere che cosa succede quando Voldemort uccide qualcuno, non posso aiutarti» rispose Harry. La sua collera, sempre pronta ad affiorare in quei giorni, stava montando di nuovo. Non staccò gli occhi dal volto aggressivo di Zacharias Smith, ed era ben deciso a non guardare Cho. «Non voglio parlare di Cedric Diggory, va bene? Quindi se è per questo che siete qui, potete anche andarvene»
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Scoccò un’occhiata rabbiosa a Hermione: era tutta colpa sua; era stata lei a decidere di metterlo in mostra come una specie di fenomeno e ovviamente tutti erano corsi a sentire la sua storia assurda. Ma nessuno si alzò, nemmeno Zacharias Smith, anche se continuò a fissare Harry.
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«Allora» riprese Hermione, con voce di nuovo acuta, «come dicevo… se volete imparare un po’ di Difesa, dobbiamo pensare a come faremo, quante volte ci incontreremo e dove…»
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«È vero» la interruppe la ragazza con la lunga treccia, guardando Harry, «che sai evocare un Patronus?»
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Il gruppo fu percorso da un mormorio interessato.
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«Sì» rispose Harry, un po’ sulla difensiva.
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«Un Patronus corporeo?»
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La frase risvegliò qualcosa nella memoria di Harry.
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«Ehm… conosci per caso Madama Bones?» domandò.
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La ragazza sorrise.
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«È mia zia» disse. «Io sono Susan Bones. Mi ha detto della tua udienza. Allora, è vero? Fai un Patronus a forma di cervo?»
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«Sì» disse Harry.
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«Accidenti, Harry!» esclamò Lee, molto impressionato. «Non lo sapevo!»
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«La mamma ha raccomandato a Ron di non dirlo troppo in giro» disse Fred, sorridendo a Harry. «Ha detto che attiravi già abbastanza l’attenzione così».
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«Non ha tutti i torti» borbottò Harry, e un paio di ragazzi risero.
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La strega velata seduta in fondo si mosse appena sulla sedia.
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«E hai ucciso un Basilisco con la spada che c’è nell’ufficio di Silente?» domandò Terry Steeval. «Me l’ha raccontato uno di quei ritratti sul muro quando ci sono andato l’anno scorso…»
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«Ehm… sì» disse Harry.
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Justin Finch-Fletchley fischiò; i fratelli Canon si scambiarono un’occhiata attonita e Lavanda Brown disse piano: «Wow!» Harry cominciava a sentire un po’ caldo sotto il colletto; era deciso a guardare ovunque tranne che dalla parte di Cho.
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«E il primo anno» disse Neville a tutto il gruppo, «ha salvato quella Pietra Filologica…»
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«Filosofale» sibilò Hermione.
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«Sì, quella… dalle mani di Voi-Sapete-Chi» concluse Neville.
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Gli occhi di Hannah Abbott erano tondi come galeoni.
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«Per non parlare» disse Cho (gli occhi di Harry saettarono verso di lei, che lo guardava sorridendo, e il suo stomaco fece un’altra capriola), «delle prove che ha dovuto superare durante il Torneo Tremaghi l’anno scorso… draghi, sirene, Acromantula e tutto il resto…»
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Ci fu un mormorio di ammirato assenso attorno al tavolo. Le budella di Harry si stavano contorcendo, mentre lui cercava di imporre alla sua faccia di non sembrare troppo compiaciuta. Il fatto che Cho l’avesse appena lodato rendeva molto, molto più difficile dire quello che aveva giurato a se stesso di mettere in chiaro.
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«Sentite» disse, e tutti tacquero all’istante. «Io… non voglio cercare di fare il modesto, ma… sono stato molto aiutato…»
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«Non con il drago» intervenne subito Michael Corner. «Quello è stato un gran bel volo…»
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«Be’, sì…» ammise Harry, pensando che sarebbe stato maleducato contraddirlo.
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«E nessuno ti ha aiutato a liberarti di quei Dissennatori quest’estate» disse Susan Bones.
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«No» rispose Harry, «no, d’accordo. Certo, ho fatto delle cose senza l’aiuto di nessuno, ma quello che sto cercando di dire è…»
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«Stai cercando di svicolare?» chiese Zacharias Smith.
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«Ho un’idea» disse Ron ad alta voce, prima che Harry potesse ribattere. «Perché non chiudi quella bocca?»
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Forse era stata la parola “svicolare” a dare particolarmente fastidio a Ron. In ogni caso stava guardando Zacharias come se non chiedesse di meglio che picchiarlo. Zacharias arrossì.
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«Be’, siamo tutti qui per imparare da lui, e ci sta dicendo che non sa fare niente» si difese.
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«Non ha detto questo» ringhiò Fred.
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«Vuoi che ti puliamo le orecchie?» domandò George, sfilando da una delle borse di Zonko un lungo strumento metallico dall’aria letale.
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«O anche altre parti del corpo, per noi non fa differenza dove lo mettiamo» disse Fred.
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«Va bene» riprese in fretta Hermione, «andiamo avanti… il punto è: siamo tutti d’accordo, vogliamo prendere lezioni da Harry?»
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Ci fu un mormorio di assenso generale. Zacharias incrociò le braccia e non disse nulla, forse perché era troppo occupato a tenere d’occhio lo strumento nelle mani di Fred.
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«Bene» disse Hermione, soddisfatta che almeno qualcosa fosse stato deciso. «Dunque, la domanda successiva è con quale frequenza ci incontriamo. Non credo che abbia senso farlo meno di una volta alla settimana…»
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«Un momento» obiettò Angelina. «Dobbiamo assicurarci cne non interferisca con i nostri allenamenti di Quidditch».
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«Giusto» disse Cho, «nemmeno con i nostri».
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«E neanche con i nostri» aggiunse Zacharias Smith.
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«Sono sicura che troveremo una sera che vada bene per tutti» proseguì Hermione, con una nota di impazienza, «ma vedete, è una cosa importante, stiamo parlando di come difenderci dai Mangiamorte di V-Voldemort…»
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«Ben detto!» esclamò Ernie Macmillan, che Harry si era aspettato di sentir parlare molto prima. «Personalmente credo che sia molto importante, forse più importante di qualsiasi altra cosa che faremo quest’anno, persino dei G.U.F.O.!»
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Si guardò intorno come se si aspettasse di sentir dire «Assolutamente no!» Visto che nessuno parlò, proseguì: «Personalmente non riesco proprio a capire perché il Ministero ci abbia rifilato un’insegnante così inutile in un momento tanto critico. Ovviamente negano il ritorno di Voi-Sapete-Chi, ma mandarci un’insegnante determinata a impedirci di usare incantesimi difensivi…»
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«Secondo noi il motivo per cui la Umbridge non ci vuole addestrare alla Difesa contro le Arti Oscure» disse Hermione, «è che deve avere una sua… idea folle che Silente possa usare gli studenti della scuola come una specie di esercito privato. Crede che possa mobilitarci contro il Ministero».
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Quasi tutti restarono attoniti alla notizia; tutti tranne Luna Lovegood, che cinguettò: «Be’, questo ha un senso. Dopotutto, Cornelius Caramell ha il suo esercito privato».
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«Cosa?» fece Harry, preso completamente alla sprovvista da quell’informazione.
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«Sì, ha un esercito di Eliopodi» spiegò Luna in tono solenne.
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«No che non ce l’ha» sbottò Hermione.
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«Invece sì» disse Luna.
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«Che cosa sono gli Eliopodi?» chiese Neville con sguardo vacuo.
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«Sono spiriti di fuoco» cominciò Luna, sgranando gli occhi sporgenti che la fecero sembrare più pazza che mai, «grandi creature fiammeggianti che cavalcano bruciando tutto ciò che…»
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«Non esistono, Neville» insisté Hermione, acida.
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«Sì che esistono!» disse Luna con rabbia.
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«Scusa, ma che prove ci sono?» domandò Hermione.
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«Ci sono moltissime testimonianze oculari. Sei così ottusa che hai bisogno che le cose ti vengano ficcate sotto il naso…»
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«Hem, hem» intervenne Ginny, in un’imitazione così fedele della professoressa Umbridge che molti si guardarono intorno allarmati prima di ridere. «Non dovevamo decidere con quale frequenza incontrarci?»
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«Sì» disse prontamente Hermione, «hai ragione, Ginny».
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«Be’, una volta alla settimana va bene» concordò Lee Jordan.
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«Sempre che…» cominciò Angelina.
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«Sì, sì, l’abbiamo capito, il Quidditch» disse Hermione spazientita. «Bene. L’altra cosa da decidere è dove incontrarsi…»
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Questo era molto più difficile; l’intero gruppo ammutolì.
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«In biblioteca?» suggerì Katie Bell dopo qualche momento.
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«Non credo che Madama Pince sarebbe molto contenta» rispose Harry.
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«Forse un’aula vuota?» propose Dean.
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«Sì» disse Ron, «la McGranitt potrebbe darci la sua, l’ha fatto quando Harry si allenava per il Tremaghi».
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Ma Harry era sicuro che la McGranitt non sarebbe stata così accomodante, questa volta. Malgrado tutto quello che Hermione aveva detto sui gruppi di studio e di lavoro consentiti, aveva la netta sensazione che questo sarebbe stato considerato molto più eversivo.
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«Va bene, cercheremo un posto» concluse Hermione. «Manderemo un messaggio a tutti quando avremo definito luogo e orario del primo incontro».
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Rovistò nella sua borsa, prese piuma e pergamena, poi esitò, come se cercasse di farsi coraggio per dire qualcosa.
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«Io… credo che dovremmo tutti scrivere il nostro nome, per sapere chi è presente oggi. Ma credo anche» e qui respirò a fondo, «che dovremmo essere tutti d’accordo di non divulgare ai quattro venti quello che stiamo facendo. Perciò, se firmate, acconsentirete a non raccontarlo alla Umbridge o a chiunque altro».
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Fred prese la pergamena e firmò allegramente, ma Harry notò all’improvviso che tanti sembravano molto meno contenti alla prospettiva di mettere il proprio nome sulla lista.
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«Ehm…» disse esitando Zacharias, senza prendere la pergamena che George tentava di passargli, «ecco… sono sicuro che Ernie mi dirà quando c’è la riunione».
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Ma anche Ernie pareva riluttante a firmare. Hermione lo guardò con le sopracciglia inarcate.
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«Io… ecco, noi siamo prefetti» disse Ernie. «E se qualcuno trovasse quella lista… insomma… come dici anche tu, se la Umbridge scopre…»
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«Hai appena detto che questo gruppo è la cosa più importante di quest’anno» gli ricordò Harry.
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«Eh… sì» disse Ernie, «sì, ne sono convinto, è solo che…»
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«Ernie, credi davvero che lascerei questo elenco in giro?» chiese Hermione stizzita.
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«No. No, certo che no» rispose Ernie, un po’ meno teso. «Io… firmo, sicuro».
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Nessuno fece obiezioni dopo Ernie, anche se Harry vide l’amica di Cho scoccarle un’occhiata di rimprovero prima di aggiungere il proprio nome. Quando l’ultima persona (Zacharias) ebbe firmato, Hermione si riprese la pergamena e la rimise con cura nella borsa. C’era una strana atmosfera nel gruppo ora; era come se fossero legati da una specie di contratto.
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«Be’, si è fatto tardi» disse bruscamente Fred, alzandosi. «Io, George e Lee dobbiamo acquistare merci di natura strategica; ci vediamo dopo».
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In un batter d’occhio anche il resto del gruppo se ne andò. Cho impiegò molto tempo ad allacciare le cinghie della borsa, con i lunghi capelli neri che le nascondevano il viso, ma la sua amica le stava accanto a braccia incrociate, emettendo versetti d’impazienza, e Cho non ebbe altra scelta che andare via con lei. Mentre l’amica la precedeva fuori dalla porta, Cho si voltò e salutò Harry con la mano.
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«Be’, direi che è andata abbastanza bene» disse allegra Hermione qualche istante dopo, mentre usciva dalla Testa di Porco con Harry e Ron. I due reggevano ancora le loro Burrobirre.
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«Quello Zacharias è un idiota» commentò Ron, guardando in tralice la sagoma di Smith, appena distinguibile in lontananza.
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«Nemmeno a me piace molto» ammise Hermione, «ma mi ha sentito mentre parlavo con Ernie e Hannah al tavolo di Tassorosso, e sembrava molto interessato, quindi che cosa potevo dire? Comunque più siamo meglio è… insomma, anche Michael Corner e i suoi amici non sarebbero venuti se lui non uscisse con Ginny…»
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Ron, che stava tracannando l’ultimo sorso di Burrobirra, si soffocò e si spruzzò la bevanda sulla camicia.
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«Lui COSA?» gracchiò indignato, con le orecchie del colore di involtini di manzo crudi. «Lei esce con… mia sorella esce con… Michael Corner in che senso?»
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«Be’, è per questo che lui e i suoi amici sono venuti, credo… certo, ovviamente vogliono imparare la Difesa, ma se Ginny non avesse detto a Michael che cosa stava succedendo…»
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«Quando è… quando si sono…»
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«Si sono conosciuti al Ballo del Ceppo e si sono messi insieme alla fine dell’anno scorso» disse Hermione in tono composto. Avevano svoltato in High Street, e lei si fermò davanti al negozio di piume Scrivenshaft, che aveva in vetrina una bella esposizione di penne di fagiano. «Mmm… credo che mi comprerò una piuma nuova».
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Entrò. Harry e Ron la seguirono.
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«Qual era Michael Corner?» domandò Ron furioso.
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«Quello bruno» rispose Hermione.
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«Non mi piace» disse Ron all’istante.
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«Che strano» mormorò Hermione fra i denti.
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«Ma» continuò Ron, seguendola lungo una fila di piume infilate in calamai di rame, «io credevo che a Ginny piacesse Harry!»
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Hermione lo guardò compassionevole e scosse il capo.
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«A Ginny piaceva Harry, ma ha lasciato perdere mesi fa. Non che non ti voglia bene, è ovvio» disse con gentilezza a Harry, mentre esaminava una lunga piuma nera e oro.
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Harry, che aveva la mente ancora completamente occupata dal saluto di Cho, non trovava l’argomento interessante quanto Ron, che invece tremava d’indignazione; però si rese conto di una cosa che fino a quel momento non aveva registrato.
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«È per questo che adesso parla?» chiese a Hermione. «Non parlava mai davanti a me, prima».
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«Esatto» rispose Hermione. «Sì, credo che prenderò questa…»
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Andò al banco e pagò quindici falci e due zelimi, con Ron che le alitava sul collo.
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«Ron» disse severa, voltandosi e pestandogli un piede, «è proprio per questo che Ginny non ti ha detto che sta con Michael: sapeva che l’avresti presa male. Quindi non farla tanto lunga, per l’amor del cielo».
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«Che vuoi dire? Chi la sta prendendo male? lo non la faccio lunga per niente…» Ron continuò a borbottare fra i denti per tutta la strada.
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Hermione guardò Harry, esasperata, e poi sussurrò, mentre Ron ancora imprecava contro Michael Corner: «E già che parliamo di Michael e Ginny… che cosa mi dici di te e Cho?»
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«In che senso?» chiese in fretta Harry.
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Era come se dentro di lui ci fosse dell’acqua in ebollizione che saliva rapida; una sensazione bruciante che gli faceva avvampare il viso nell’aria fredda… era così facile da capire?
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«Be’» Hermione abbozzò un sorriso, «non riesce a toglierti gli occhi di dosso, no?»
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Harry non aveva mai apprezzato tanto la bellezza del villaggio di Hogsmeade.
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