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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Un Natale molto gelato


   «E così Piton si è offerto di aiutarlo? Davvero si è offerto di aiutarlo?»
    «Se me lo chiedi un’altra volta» minacciò Harry, «ti ficco questo cavolino…»
    «Volevo solo sapere!» rispose Ron. Erano soli al lavandino della cucina della Tana, a pulire una montagna di cavolini per la signora Weasley. La neve cadeva lieve oltre la finestra davanti a loro.
    «Sì, Piton si è offerto di aiutarlo!» ripeté Harry. «Ha detto che aveva promesso alla madre di Malfoy di proteggerlo, che aveva fatto un Giuramento Infrangibile o qualcosa del genere…»
    «Un Voto Infrangibile?» interruppe Ron, stupefatto. «Nooo, non può essere… sei sicuro?»
    «Sì, sono sicuro» rispose Harry. «Perché, cosa vuol dire?»
    «Be’, non si può infrangere un Voto Infrangibile…»
    «Che strano, ci ero arrivato da solo. Ma allora che cosa succede se lo infrangi?»
    «Muori» rispose Ron semplicemente. «Fred e George hanno cercato di convincermi a farne uno quando avevo cinque anni. E quasi l’ho fatto, ci stavamo già tenendo la mano con Fred, quando papà ci ha scoperti. Andò fuori di testa» ricordò, con un luccichio negli occhi. «È stata la sola volta che ho visto papà arrabbiato quanto mamma. Fred sostiene che la sua chiappa sinistra non è mai più stata la stessa».
    «Sì, be’, a parte la chiappa sinistra di Fred…»
    «Scusa?» chiese la voce di Fred mentre i gemelli entravano in cucina. «Aaah, George, guarda qui. Usano i coltelli, che tenerezza».
    «Fra poco più di due mesi compio diciassette anni» rispose Ron imbronciato, «e allora potrò farlo con la magia!»
    «Ma nel frattempo» intervenne George, sedendosi e mettendo i piedi sul tavolo, «possiamo goderci lo spettacolo di voi che dimostrate l’uso corretto di un… oplà».
    «Sei stato tu!» sbottò Ron arrabbiato, succhiandosi il dito tagliato. «Aspetta quando avrò diciassette anni…»
    «Sono sicuro che ci stupirai tutti con le tue finora insospettate magiche virtù» sbadigliò Fred.
    «E a proposito di finora insospettate virtù, Ronald» fece George, «che cos’è che ci ha detto Ginny di te e una signorina che si chiama… a meno che le nostre informazioni siano manchevoli… Lavanda Brown?»
    Ron diventò un po’ rosso, ma rivolse di nuovo la sua attenzione ai cavolini con un’aria che non sembrava dispiaciuta.
    «Fatevi gli affari vostri».
    «Che risposta elegante» commentò Fred. «Non so proprio come ti vengono in mente. No, quello che volevamo sapere… com’è successo?»
    «In che senso?»
    «Ha avuto un incidente?»
    «Come?»
    «Be’, come ha fatto a riportare un danno cerebrale così esteso? Attenti!»
    La signora Weasley entrò appena in tempo per vedere Ron scagliare il coltello dei cavolini contro Fred, che lo trasformò in un aeroplano di carta con un pigro colpo di bacchetta.
    «Ron!» esclamò, furiosa. «Che non ti veda mai più lanciare coltelli!»
    «Va bene» rispose Ron. «Vedrete» aggiunse sottovoce voltandosi verso la montagna di cavolini.
    «Fred, George, mi dispiace, cari, ma Remus arriva stasera, quindi Bill dovrà dormire insieme a voi!»
    «Non c’è problema» replicò George.
    «E poi, visto che Charlie non torna a casa, Ron e Harry staranno su in soffitta, e se Fleur dorme con Ginny…»
    «… gran bel Natale per Ginny» borbottò Fred.
    «… tutti dovrebbero star comodi. Be’, tutti avranno un letto, almeno» concluse la signora Weasley un po’ seccata.
    «Siamo sicuri che Percy non ci farà vedere la sua brutta faccia, allora?» chiese Fred.
    La signora Weasley si voltò dall’altra parte prima di rispondere.
    «No, è molto occupato al Ministero, credo».
    «Oppure è l’idiota più grande del mondo» aggiunse Fred mentre sua madre usciva dalla cucina. «Una delle due. Be’, allora andiamo, George».
    «Che cosa avete in mente voi due?» chiese Ron. «Perché non ci aiutate con questi cavolini? Potreste usare la bacchetta, così saremmo liberi anche noi!»
    «No, non credo che sarebbe giusto» rispose Fred serio. «È molto formativo per il carattere, imparare a pulire i cavolini senza magia, ti fa capire quanto è difficile per i Babbani e i Maghinò…»
    «… e se vuoi che uno ti dia una mano, Ron» aggiunse George tirandogli l’aeroplano di carta, «io eviterei di lanciargli coltelli. È solo un piccolo suggerimento. Stiamo andando al villaggio, c’è una ragazza molto carina che lavora dal giornalaio e pensa che i miei trucchi con le carte siano meravigliosi… quasi come vera magia…»
    «Idioti» borbottò Ron cupo, osservando Fred e George allontanarsi sul prato coperto di neve. «Gli ci volevano solo pochi secondi e poi potevamo andare anche noi».
    «Io non avrei potuto» obiettò Harry. «Ho promesso a Silente di non andare in giro mentre sono qui».
    «Ah, già» fece Ron. Pulì ancora qualche cavolino e chiese: «Racconterai a Silente di Piton e Malfoy e delle cose che si sono detti?»
    «Certo» rispose Harry. «Lo dirò a chiunque possa fermarli e Silente è il primo della lista. Forse ne parlerò ancora anche a tuo padre».
    «Peccato che tu non abbia capito cosa combina Malfoy».
    «E come facevo a capirlo? Era quello il problema, che si è rifiutato di dirlo a Piton».
    Calò il silenzio per qualche istante, poi Ron riprese: «Naturalmente lo sai che cosa diranno tutti? Mio padre e Silente e tutti quanti? Diranno che Piton non vuole davvero aiutare Malfoy, ma stava solo cercando di scoprire il suo piano».
    «Perché non l’hanno sentito» rispose Harry. «Nessuno può recitare così bene, nemmeno Piton».
    «Già… Però lo diranno».
    Harry si voltò a guardarlo, accigliato.
    «Ma tu mi credi?»
    «Certo!» replicò Ron frettolosamente. «Davvero, io sì! Ma loro sono tutti convinti che Piton faccia parte dell’Ordine, no?»
    Harry non rispose. Gli era già venuto in mente che quella sarebbe stata l’obiezione più probabile alle sue nuove prove. Gli pareva già di sentire Hermione: ‘Ma è ovvio, Harry, faceva finta perché Malfoy gli rivelasse che cosa sta facendo…’
    Era pura ipotesi, tuttavia, dal momento che non aveva avuto l’occasione di raccontare a Hermione quello che aveva origliato. Era sparita dalla festa di Lumacorno prima che lui tornasse, o così gli aveva detto un adirato McLaggen, ed era già andata a dormire quando lui era tornato in sala comune. Siccome lui e Ron erano partiti per la Tana molto presto la mattina dopo, aveva avuto appena il tempo di augurarle buon Natale e dirle che aveva novità molto importanti da raccontarle al ritorno dalle vacanze. Non era del tutto sicuro che lei l’avesse sentito, però; Ron e Lavanda alle sue spalle si stavano dando un addio decisamente non verbale.
    Eppure nemmeno Hermione sarebbe riuscita a negare che Malfoy tramava qualcosa, e che Piton lo sapeva; quindi Harry si sentiva pienamente in diritto di dire ‘io te l’avevo detto’, cosa che aveva già ripetuto parecchie volte a Ron.
    Harry non poté parlare con il signor Weasley, che lavorava fino a tardi al Ministero, prima della vigilia di Natale. Ospiti e padroni di casa erano seduti in salotto; Ginny l’aveva decorato con tanta dovizia che sembrava di trovarsi nel centro di un’esplosione di ghirlande di carta. Fred, George, Harry e Ron erano gli unici a sapere che l’angelo in cima all’albero era in verità uno gnomo da giardino che aveva morso Fred alla caviglia mentre raccoglieva le carote per la cena di Natale. Sottoposto a uno Stupeficium, dipinto d’oro, ficcato in un minuscolo tutù, e con due alucce incollate alla schiena, scrutava torvo tutti quanti dall’alto: era l’angelo più brutto che Harry avesse mai visto, con il testone calvo e bitorzoluto e i piedi pelosi.
    Avrebbero dovuto tutti ascoltare la cantante preferita della signora Weasley, Celestina Warbeck, la cui voce usciva trillando da una grossa radio di legno. Fleur, che sembrava trovare Celestina molto noiosa, parlava a voce altissima, e la signora Weasley, accigliata, continuava ad alzare il volume a colpi di bacchetta, così che Celestina cantava sempre più forte. Coperti da una canzone particolarmente vivace dal titolo Un calderone pieno di forte amor bollente, Fred e George cominciarono una partita a Spara Schiocco con Ginny. Ron continuava a lanciare sguardi furtivi a Bill e Fleur, come a voler prendere spunti. Remus Lupin, più magro e lacero che mai, era seduto vicino al fuoco e ne studiava le profondità, apparentemente sordo alla voce di Celestina.
    Vieni, mescola il mio calderone e, se con passione ti riuscirà, il mio forte amor bollente questa notte ti scalderà.
    «La ballavamo a diciotto anni!» sospirò la signora Weasley, asciugandosi gli occhi nel lavoro a maglia. «Ti ricordi, Arthur?»
    «Mmpf?» fece il signor Weasley, che stava chino a sbucciare un mandarancio. «Oh, sicuro… una melodia meravigliosa…»
    Con uno sforzo si raddrizzò un po’ e guardò Harry, seduto accanto a lui.
    «Mi dispiace» disse, accennando alla radio mentre Celestina attaccava il ritornello. «Finirà presto».
    «Non c’è problema» rispose Harry con un gran sorriso. «C’è stato tanto lavoro al Ministero?»
    «Molto» assentì il signor Weasley. «Non mi peserebbe se ottenessimo dei risultati, ma abbiamo arrestato tre persone negli ultimi due mesi e temo che nessuno di loro sia un vero Mangiamorte… ma non andarlo a dire in giro, Harry»aggiunse in fretta, improvvisamente molto più sveglio.
    «Non staranno ancora trattenendo Stan Picchetto, vero?» chiese Harry.
    «Temo di sì» rispose il signor Weasley. «So che Silente ha cercato di fare appello direttamente a Scrimgeour per Stan… Voglio dire, tutti quelli che l’hanno interrogato convengono che è un Mangiamorte come questo mandarancio… ma le alte cariche vogliono dare l’impressione di fare progressi, e ‘tre arresti’ suona meglio di ‘tre arresti erronei con successivo rilascio’… Ma anche questo è top secret…»
    «Non dirò nulla» gli assicurò Harry. Esitò per un attimo, chiedendosi quale fosse il modo migliore per affrontare l’argomento che gli stava a cuore; mentre riordinava i pensieri, Celestina Warbeck attaccò una ballata dal titolo Mi hai stregato il cuor.
    «Signor Weasley, si ricorda quello che le avevo detto alla stazione quando partivamo per la scuola?»
    «Ho controllato, Harry» fu la pronta risposta. «Sono andato a perquisire casa Malfoy. Non c’era niente che non avrebbe dovuto esserci».
    «Si, lo so, l’ho letto sul giornale… Ma questa è una cosa diversa… be’, più…»
    E raccontò la conversazione tra Malfoy e Piton che aveva origliato. Lupin si voltò appena verso di lui, registrando ogni parola; quando ebbe finito, cadde il silenzio, a parte il canto confidenziale di Celestina.
    Oh, mio povero cuore, dov’è andato? Per un incantesimo mi ha lasciato…
    «Non hai pensato, Harry» cominciò il signor Weasley, «che Piton stesse solo fingendo…»
    «Fingendo di offrire il suo aiuto in modo da poter scoprire che cosa Malfoy aveva in mente?» completò Harry rapido. «Sì, immaginavo che lei l’avrebbe detto. Ma come facciamo a esserne sicuri?»
    «Non è affar nostro» intervenne Lupin inaspettatamente. Si era girato a guardare Harry, la schiena verso il camino. «Sono affari di Silente. Lui si fida di Severus, e questo dovrebbe bastare a tutti noi».
    «Ma» interloquì Harry, «mettiamo che… mettiamo che Silente si sbagli su Piton…»
    «L’hanno detto in tanti, tante volte. Tutto si riduce ad avere o non avere fiducia nel giudizio di Silente. Io ce l’ho, e quindi mi fido di Severus».
    «Ma Silente può sbagliare» ribatté Harry. «Lo dice anche lui. E a te…»
    Guardò Lupin dritto negli occhi.
    «… sinceramente, a te piace Piton?»
    «Non lo odio e non lo amo» rispose Lupin. «No, Harry, dico la verità» aggiunse, perché Harry aveva assunto un’espressione scettica. «Non saremo mai amici, forse; dopo tutto quello che è successo tra James, Sirius e Severus c’è troppo rancore. Ma non dimentico che, durante l’anno in cui ho insegnato a Hogwarts, Severus ha preparato la Pozione Antilupo per me tutti i mesi, alla perfezione, perché non soffrissi durante la luna piena».
    «Ma si è lasciato sfuggire ‘per caso’ che sei un lupo mannaro, e così sei dovuto andar via!» sbottò Harry arrabbiato.
    Lupin scrollò le spalle.
    «La notizia sarebbe trapelata comunque. Sappiamo tutti e due che voleva il mio posto, ma avrebbe potuto danneggiarmi molto di più manomettendo la pozione. Mi ha mantenuto in salute. Devo essergli grato».
    «Forse non ha osato perché Silente lo teneva d’occhio!» ribatté Harry.
    «Tu sei deciso a detestarlo, Harry». Lupin sorrise debolmente. «E capisco che con James come padre e Sirius come padrino tu abbia ereditato un vecchio pregiudizio. Racconta a Silente quello che hai detto ad Arthur e a me, ma non aspettarti che condivida il tuo punto di vista; non aspettarti nemmeno che sia sorpreso da quello che gli dici. Può anche darsi che Piton abbia interrogato Draco per ordine di Silente».
    … e adesso che per bene l’hai spezzato, ridammi, ti prego, il mio cuore innamorato!
    Celestina concluse la canzone su una lunghissima nota acuta e alti applausi uscirono dalla radio; la signora Weasley vi si unì con entusiasmo.
    «È finito?» chiese Fleur ad alta voce. «Sonto scielo, era terribile…»
    «Una tisana per tutti?» chiese il signor Weasley alzandosi. «Un bombardino?»
    «Che cos’hai fatto ultimamente?» chiese Harry a Lupin, mentre il signor Weasley andava a prendere il bombardino e tutti gli altri si stiracchiavano e cominciavano a chiacchierare.
    «Oh, mi sono dato alla macchia» rispose Lupin. «Letteralmente. Ecco perché non ho potuto scriverti, Harry; mandarti delle lettere sarebbe stato come tradirsi».
    «Perché?»
    «Vivo tra i miei compagni, i miei pari. Lupi mannari» aggiunse Lupin, quando Harry lo fissò senza capire. «Stanno quasi tutti dalla parte di Voldemort. Silente voleva una spia, ed eccomi… bell’e pronto».
    Era un po’ amareggiato, e forse se ne rese conto, perché sorrise con più calore e riprese: «Non mi lamento; è un lavoro necessario, e chi può farlo meglio di me? Ma è stato difficile ottenere la loro fiducia. Vedi, porto i segni inconfondibili di chi ha cercato di vivere tra i maghi, mentre loro hanno sfuggito la società e vivono ai margini, rubando… e a volte uccidendo… per mangiare».
    «Come mai amano Voldemort?»
    «Sono convinti che con lui avranno una vita migliore» rispose Lupin. «Ed è difficile controbattere, con Greyback là fuori…»
    «Chi è Greyback?»
    «Non hai sentito parlare di lui?» Le mani di Lupin si strinsero convulsamente in grembo. «Fenrir Greyback è forse il più selvaggio lupo mannaro che esista. Considera sua missione nella vita mordere e contaminare quanti più umani possibile; vuole creare tanti lupi mannari da sopraffare i maghi. Voldemort gli ha promesso una lauta preda in cambio dei suoi servigi. Greyback è specializzato in bambini… mordili da piccoli, dice, e allevali lontano dai loro genitori, insegna loro a odiare i maghi normali. Voldemort ha minacciato di scatenarlo sui figli di tanta gente; una minaccia che di solito sortisce buoni risultati».
    Lupin tacque e poi aggiunse: «È stato Greyback a mordere me».
    «Come?» chiese Harry, esterrefatto. «Cioè… quando eri bambino?»
    «Sì. Mio padre l’aveva offeso. A lungo ho ignorato l’identità del lupo mannaro che mi aveva aggredito; provavo perfino pietà per lui, pensavo che non riuscisse a controllarsi, dal momento che ormai sapevo come ci si sentiva. Ma Greyback non è così. Quando c’è la luna piena, si apposta vicino alle vittime, per essere sicuro di colpire. Pensa a tutto. E questo è l’essere che Voldemort sta usando per riunire i lupi mannari. Non posso dire che i miei argomenti ragionevoli abbiano gran successo contro i proclami di Greyback che noi lupi mannari meritiamo il sangue, che dobbiamo vendicarci delle persone normali».
    «Ma tu sei normale!» esclamò Harry. «Hai solo un… un problema…»
    Lupin scoppiò a ridere.
    «A volte mi ricordi tanto James. In compagnia lo chiamava il mio ‘piccolo problema peloso’. Un sacco di gente si era fatta l’idea che avessi un coniglio ribelle».
    Prese un bombardino offerto dal signor Weasley è lo ringraziò; sembrava un po’ più allegro. Nel frattempo Harry avvertì un impeto di emozione: sentendo nominare suo padre si era ricordato che c’era una cosa che voleva chiedere a Lupin.
    «Hai mai sentito parlare di qualcuno che si chiamava il Principe Mezzosangue?»
    «Mezzosangue… e prima?»
    «Principe» ripeté Harry, osservandolo bene per capire la sua reazione.
    «Non ci sono principi tra i maghi» rispose Lupin sorridendo. «È il titolo che stai pensando di adottare? Pensavo che ‘Prescelto’ ti bastasse».
    «Non c’entra niente con me!» ribatté Harry indignato. «Il Principe Mezzosangue era uno studente di Hogwarts, io ho il suo vecchio libro di Pozioni. L’ha riempito di incantesimi di sua invenzione. Uno è il Levicorpus…»
    «Oh, quello era molto di moda quando andavo a Hogwarts» ricordò Lupin. «Al quinto anno, per diversi mesi non potevi fare un passo senza finire appeso in aria per la caviglia».
    «Lo usava anche mio padre» disse Harry. «L’ho visto nel Pensatoio, contro Piton».
    Cercò di suonare indifferente, come se fosse un commento trascurabile, ma non era sicuro di aver ottenuto l’effetto desiderato; il sorriso di Lupin era un po’ troppo comprensivo.
    «Sì» rispose, «ma non era l’unico. Come ti ho detto, era molto popolare… sai che questi incantesimi vanno e vengono…»
    «Ma sembra che sia stato inventato quando andavi a scuola tu» insistette Harry.
    «Non necessariamente» ribatté Lupin. «Le fatture seguono le mode, come tutto il resto». Studiò Harry e poi mormorò: «James era Purosangue, Harry, e ti garantisco che non ci ha mai chiesto di chiamarlo ‘Principe’».
    Harry abbandonò ogni cautela: «E non era Sirius? Non eri tu?»
    «Decisamente no».
    «Oh» rispose Harry fissando il fuoco. «Pensavo solo… be’, mi ha aiutato un sacco in Pozioni, il Principe».
    «Quanti anni ha questo libro, Harry?»
    «Non so, non ho mai controllato».
    «Be’, forse ti darà qualche idea sul periodo in cui il Principe è stato a Hogwarts» suggerì Lupin.
    Poco dopo, Fleur decise di imitare Celestina cantando Un calderone pieno di forte amor bollente,e dalla faccia della signora Weasley tutti lo presero come il segnale che era ora di andare a letto. Nella camera di Ron in soffitta era stata aggiunta una brandina per Harry.
    Ron si addormentò quasi subito, ma prima di andare a letto Harry frugò nel suo baule ed estrasse Pozioni Avanzate. Lo sfogliò, finché trovò la data di pubblicazione sulla prima pagina. Aveva quasi cinquant’anni. Né suo padre né gli amici di suo padre erano a Hogwarts cinquant’anni prima. Deluso, Harry gettò il libro nel baule, spense la lampada e si rigirò, pensando ai lupi mannari e a Piton, a Stan Picchetto e al Principe Mezzosangue, infine cadde in un sonno inquieto, denso di ombre striscianti e di urla di bambini morsi…
    «Sta scherzando…»
    Harry si svegliò di colpo e trovò una calza rigonfia ai piedi del letto. S’infilò gli occhiali e si guardò attorno; la finestrella era quasi completamente oscurata dalla neve e davanti a lui Ron sedeva nel letto, esaminando una specie di grossa catena d’oro.
    «Che cos’è?» chiese Harry.
    «È il regalo di Lavanda» rispose Ron, disgustato. «Non può mica pensare che io mi metta…»
    Harry guardò meglio e scoppiò a ridere. Dalla catena pendevano in grosse lettere d’oro le parole ‘Amore Mio’.
    «Carina» sghignazzò. «Elegante. Dovresti proprio mettertela davanti a Fred e George».
    «Se glielo dici» lo minacciò Ron, facendo sparire la catena sotto il cuscino, «io… io… io ti…»
    «Mi balbetti addosso? Andiamo, ti pare che lo farei?»
    «Come può pensare che mi piaccia una roba del genere?» chiese Ron al nulla, con aria agghiacciata.
    «Be’, ripensaci» suggerì Harry. «Ti sei mai lasciato sfuggire che non vedevi l’ora di andare in giro con ‘Amore Mio’ appeso al collo?»
    «Be’… non è che noi due parliamo molto» ammise Ron. «Più che altro…»
    «Pomiciate» completò Harry.
    «Be’, sì» ribatté Ron. Esitò un momento, poi domandò: «Hermione sta sul serio con McLaggen?»
    «Non lo so» ammise Harry. «Erano insieme alla festa di Lumacorno, ma non credo che sia andata benissimo».
    Ron tornò a rovistare nella calza, un po’ più allegro.
    Tra i regali di Harry c’erano un pullover fatto a maglia dalla signora Weasley con un bel Boccino d’Oro sul davanti, una grossa scatola di prodotti Tiri Vispi Weasley da parte dei gemelli e un pacchetto un po’ umido che sapeva di muffa con un’etichetta che diceva ‘Al padrone da Kreacher’.
    Harry lo fissò. «Credi che sia sicuro aprirlo?» chiese.
    «Non può essere niente di pericoloso, tutta la nostra posta viene ancora perquisita al Ministero» disse Ron, osservando il pacchetto con aria sospettosa.
    «Io non ho pensato di fare un regalo a Kreacher! In genere si fanno regali di Natale ai propri elfi domestici?» domandò Harry, tastando cautamente il pacchetto.
    «Hermione lo farebbe» rispose Ron. «Ma aspettiamo di vedere che cos’è prima che cominci a sentirti in colpa».
    Un attimo dopo, Harry strillò e balzò giù dalla branda; il pacchetto conteneva un mucchio di vermi.
    «Carini» sghignazzò Ron. «Un pensiero gentile».
    «Meglio della collana» ribatté Harry, e Ron s’incupì di botto.
    Tutti indossavano pullover nuovi al pranzo di Natale, tranne Fleur (per la quale, a quanto pareva, la signora Weasley non aveva voluto sprecarne uno) e la signora Weasley, che esibiva un cappello da strega nuovo di zecca, blu notte, coperto da minuscoli diamanti a forma di stella, e una spettacolare collana d’oro.
    «Sono i regali di Fred e George! Bellissimi, vero?»
    «Be’, adesso che ci laviamo i calzini da soli ti apprezziamo sempre di più, mamma»disse George, agitando una mano con leggerezza. «Un po’ di pastinaca, Remus?»
    «Harry, hai un verme nei capelli» fece Ginny allegra, sporgendosi sopra il tavolo per prenderlo; Harry sentì sul collo una pelle d’oca che non aveva niente a che fare col verme.
    «Orribile» disse Fleur con un brividino affettato.
    «Sì, vero?» confermò Ron. «Un po’ di salsa, Fleur?»
    Nel desiderio di aiutarla, rovesciò la salsiera; Bill agitò la bacchetta e la salsa galleggiò a mezz’aria, poi tornò mansueta al suo posto.
    «Sei un pastisciòn come quella Tonks» disse Fleur a Ron dopo aver baciato Bill per ringraziarlo. «Rovescia sompre tutto…»
    «Ho invitato la cara Tonks qui oggi» intervenne la signora Weasley, posando le carote sul tavolo con foga eccessiva e guardando Fleur torva. «Ma non è voluta venire. Le hai parlato di recente, Remus?»
    «No, non sono stato in contatto con nessuno» rispose Lupin. «Ma Tonks ha la sua famiglia da cui andare, no?»
    «Mmm» fece la signora Weasley. «Forse. Ma veramente ho avuto l’impressione che pensasse di trascorrere il Natale da sola».
    Scoccò a Lupin un’occhiata irritata, come se fosse tutta colpa sua se si ritrovava Fleur come nuora invece di Tonks, ma osservando Fleur che imboccava Bill con la propria forchetta, Harry si disse che la signora Weasley combatteva una battaglia perduta. Poi gli verme in mente una cosa a proposito di Tonks, e a chi chiedere se non a Lupin, che sapeva tutto dei Patroni?
    «Il Patronus di Tonks ha cambiato forma» gli disse. «Almeno, così ha detto Piton. Non sapevo che potesse succedere. Perché un Patronus dovrebbe cambiare?»
    Lupin masticò con calma il boccone e lo inghiottì prima di rispondere lentamente: «Qualche volta… un grosso spavento… una tempesta emotiva…»
    «Era grande e aveva quattro zampe» mormorò Harry, attraversato da un pensiero improvviso. «Ehi… non poteva essere…»
    «Arthur!» esclamò la signora Weasley all’improvviso. Si era alzata dalla sedia, la mano sul cuore e fissava fuori dalla finestra della cucina. «Arthur… è Percy!»
    «Che cosa?»
    Il signor Weasley si voltò. Tutti guardarono dalla finestra; Ginny si alzò per vedere meglio. C’era proprio Percy Weasley, che avanzava nel giardino coperto di neve, gli occhiali cerchiati di corno che scintillavano al sole. Ma non era solo.
    «Arthur, è… è con il Ministro!»
    E infatti lo seguiva l’uomo che Harry aveva visto sulla Gazzetta del Profeta,un po’ zoppicante, la criniera di capelli grigi e il mantello nero punteggiati di neve. Prima che uno di loro potesse parlare, prima che il signore e la signora Weasley potessero far altro che scambiarsi sguardi esterrefatti, la porta sul retro si aprì ed entrò Percy.
    Ci fu un istante di doloroso silenzio. Poi Percy disse, rigido: «Buon Natale, madre».
    «Oh, Percy!» singhiozzò la signora Weasley, gettandosi tra le sue braccia.
    Rufus Scrimgeour si fermò sulla soglia, appoggiandosi al bastone e sorridendo a quella scena commovente.
    «Dovete perdonare l’intrusione» cominciò, quando la signora Weasley lo guardò, sorridendo e asciugandosi gli occhi. «Io e Percy eravamo nelle vicinanze — per lavoro, naturalmente — e lui non è riuscito a resistere all’idea di fare un salto».
    Ma Percy non dava segno di voler salutare nessuno del resto della famiglia. Rimase dritto come un palo, con aria guardinga, fissando oltre le teste di tutti gli altri. Il signor Weasley, Fred e George lo guardavano impietriti.
    «Prego, si accomodi, Ministro!» si agitò la signora Weasley, raddrizzandosi il cappello. «Prenda un po’ di dacchino, o un tolce… cioè…»
    «No, no, mia cara Molly» rispose Scrimgeour. Harry sospettò che ne avesse chiesto il nome a Percy prima di entrare. «Non voglio disturbare, non sarei affatto qui se Percy non avesse tanto voluto vedervi…»
    «Oh, Perce!»mugolò la signora Weasley, alzandosi in punta di piedi per baciarlo.
    «… ci tratteniamo solo cinque minuti, quindi farò un giro in giardino mentre voi chiacchierate con Percy. No, no, vi garantisco che non voglio intromettermi! Be’, se a qualcuno andasse di mostrarmi il vostro delizioso giardino… ah, quel giovane ha finito, perché non fa una passeggiata con me?»
    L’atmosfera attorno alla tavola mutò in modo palpabile. Tutti guardarono da Scrimgeour a Harry: nessuno parve trovare convincente che il Ministro pretendesse di non conoscere il nome di Harry, o naturale che scegliesse proprio lui per farsi accompagnare quando anche Ginny, Fred e George avevano i piatti vuoti.
    «Sì, d’accordo» rispose Harry nel silenzio generale.
    Non ci era cascato. A dispetto delle affermazioni di Scrimgeour di essere lì per caso, perché Percy potesse salutare la famiglia, la vera ragione del loro arrivo era quella: parlare a quattr’occhi con lui.
    «È tutto a posto» mormorò, passando davanti a Lupin, che si era alzato. «Tutto a posto» ripeté, quando il signor Weasley fece per parlare.
    «Magnifico!» disse Scrimgeour, e fece un passo indietro per lasciar passare Harry. «Faremo un giro e poi io e Percy ce ne andremo. Continuate pure, voi tutti!»
    Harry attraversò il cortile verso il giardino incolto e coperto di neve, con Scrimgeour che gli zoppicava al fianco. Sapeva che era stato Capo dell’Ufficio Auror; era duro e segnato dalle battaglie, molto diverso dal corpulento Caramell con la sua bombetta.
    «Delizioso» commentò Scrimgeour, fermandosi vicino allo steccato per guardare il prato bianco e le piante irriconoscibili. «Delizioso».
    Harry non disse nulla. Si sentiva addosso lo sguardo dell’altro.
    «È da molto tempo che desideravo conoscerti» continuò Scrimgeour dopo un po’. «Lo sapevi?»
    «No» rispose Harry con sincerità.
    «Oh, sì. Ma Silente è molto protettivo con te. Naturale, ovvio, naturale, dopo quello che hai passato… soprattutto dopo quello che è successo al Ministero…»
    Aspettò che Harry dicesse qualcosa poi, visto che non lo faceva, continuò: «È da quando sono stato nominato che spero di avere un’occasione per parlarti, ma Silente — e lo capisco, come ti dicevo — ha evitato che accadesse».
    Harry continuò a tacere, in attesa.
    «Quante voci sono circolate!» proseguì Scrimgeour. «Be’, naturalmente sappiamo tutti e due che sono un po’ gonfiate… tutte quelle storie su una profezia… che tu sei il Prescelto…»
    Stavano arrivando, pensò Harry, alla vera ragione di quella visita.
    «… Suppongo che Silente abbia discusso di queste faccende con te…»
    Harry rifletté, chiedendosi se doveva mentire o no. Guardò le piccole impronte degli gnomi nelle aiuole, e i solchi lasciati da quello che Fred aveva catturato e che ora indossava il tutù in cima all’albero di Natale. Infine decise per la verità… o almeno una parte.
    «Sì, ne abbiamo discusso».
    «Certo, certo…» fece Scrimgeour. Harry vide con la coda dell’occhio che il Ministro lo stava scrutando intensamente, così finse di essere molto interessato a uno gnomo che spuntava da un rododendro congelato. «E che cosa ti ha detto Silente, Harry?»
    «Mi spiace, ma questo resta fra noi» rispose Harry, con la sua voce più amabile.
    Anche quella di Scrimgeour suonò leggera e amichevole: «Oh, naturale, se si tratta di confidenze non devi divulgarle… no, no… e, in ogni caso, è poi così importante se tu sei il Prescelto?»
    Harry dovette rimuginarci sopra prima di rispondere.
    «Non capisco cosa intende, Ministro».
    «Be’, naturalmente per te sarà della massima importanza» rise Scrimgeour. «Ma per la comunità magica… tutto sta nella percezione, no? È quello che la gente crede che importa».
    Harry non rispose. Gli parve di capire vagamente dove stavano andando a parare, ma non voleva aiutare Scrimgeour ad arrivarci. Lo gnomo sotto il rododendro scavava vicino alle radici in cerca di vermi e Harry non gli levò gli occhi di dosso.
    «Vedi, tutti credono che tu sia davvero il Prescelto» proseguì il Ministro. «Pensano che tu sia l’eroe… e naturalmente lo sei, Harry, Prescelto o no! Quante volte ormai hai affrontato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato? Be’, comunque» continuò, senza aspettare risposta, «il fatto è che sei un simbolo di speranza per molti, Harry. L’idea che ci sia qualcuno che potrebbe riuscire, che potrebbe addirittura essere destinato a distruggere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato… ecco, è ovvio che dà un certo sollievo alla gente. E io non posso fare a meno di pensare che quando te ne renderai conto potrai considerare, ecco, quasi un dovere schierarti al fianco del Ministero e dare un sostegno morale a tutti».
    Lo gnomo era appena riuscito a impossessarsi di un verme. Lo tirava forte, cercando di sfilarlo dal suolo gelato. Harry rimase in silenzio così a lungo che Scrimgeour disse, spostando lo sguardo da lui allo gnomo: «Buffe creature, eh? Ma tu che ne dici, Harry?»
    «Non riesco a capire che cosa vuole da me» replicò Harry lentamente. «’Schierarmi al fianco del Ministero’… che significa?»
    «Oh, be’, niente di oneroso, te lo garantisco» rispose Scrimgeour. «Vederti entrare e uscire ogni tanto dal Ministero, per esempio, darebbe la giusta impressione. E già che ci sei potresti avere ampie opportunità di parlare con Gawain Robards, il mio successore a capo dell’Ufficio Auror. Dolores Umbridge mi ha detto che tu accarezzi il sogno di diventare un Auror. Insomma, si potrebbe fare in modo che succeda facilmente…»
    Harry sentì la rabbia ribollirgli in fondo allo stomaco: Dolores Umbridge era ancora al Ministero?
    «Insomma» rispose, come se volesse solo chiarire alcuni punti, «vorrebbe dare l’impressione che io lavori per il Ministero?»
    «Sarebbe di conforto per tutti credere che tu sia più coinvolto, Harry» confermò Scrimgeour, sollevato che Harry avesse capito così in fretta. «Il Prescelto, sai… si tratta di dare alla gente speranza, la sensazione che siano in ballo grandi cose…»
    «Ma se io continuo a correre dentro e fuori dal Ministero» proseguì Harry, sempre sforzandosi di mantenere un tono amichevole, «non sembrerà che io approvi quanto sta facendo il Ministero?»
    «Be’» fece Scrimgeour accigliandosi appena, «ecco, sì, in parte è quello che vorremmo…»
    «No, non credo che possa andare» concluse Harry in tono amabile. «Vede, a me non piacciono alcune cose che il Ministero sta facendo. Sbattere dentro Stan Picchetto, per esempio».
    Scrimgeour tacque per un momento, ma la sua espressione s’indurì di botto.
    «Non mi aspetto che tu possa capire»rispose, e non fu bravo quanto Harry nel controllare la rabbia. «Questi sono tempi pericolosi e bisogna prendere certe misure. Tu hai sedici anni…»
    «Silente ne ha molti di più, e anche lui pensa che Stan non dovrebbe stare ad Azkaban» replicò Harry. «Ne state facendo un capro espiatorio, e di me volete fare una mascotte».
    Si guardarono, a lungo e intensamente. Infine Scrimgeour sbottò, senza più fingere cordialità: «Capisco. Tu preferisci — come il tuo eroe Silente — dissociarti dal Ministero?»
    «Io non voglio essere usato» ribatté Harry.
    «C’è chi direbbe che è tuo dovere farti usare dal Ministero!»
    «Sì, e c’è chi direbbe che è vostro dovere controllare che le persone siano davvero Mangiamorte prima di metterle in galera» ribatté Harry, con rabbia crescente. «Lei sta facendo quello che faceva Barty Crouch. Non capite mai, voi, vero? Prima Caramell, che fa finta che tutto vada benone mentre la gente viene assassinata sotto il suo naso, poi lei che sbatte dentro quelli sbagliati e vuole far la scena di aver arruolato il Prescelto!»
    «Quindi tu non sei il Prescelto?» domandò Scrimgeour.
    «Ha detto che non importava»rise Harry, amaro. «Non a lei, comunque».
    «Non avrei dovuto dirlo» fece Scrimgeour in fretta. «Sono stato insensibile…»
    «No, è stato onesto» lo corresse Harry. «È una delle poche cose oneste che mi ha detto. A lei non importa che io viva o muoia, le interessa solo che la aiuti a convincere tutti che state vincendo la guerra contro Voldemort. Non ho dimenticato, Ministro…»
    Alzò il pugno destro. Bianche e lucide sul dorso della mano gelata c’erano le cicatrici delle parole che Dolores Umbridge lo aveva costretto a incidere nella sua stessa carne: Non devo dire bugie.
    «Non ricordo di averla vista correre in mia difesa quando cercavo di dire a tutti che Voldemort era tornato. Il Ministero non aveva tanta voglia di fare amicizia l’anno scorso».
    Rimasero in un silenzio ghiacciato quanto il suolo sotto i loro piedi. Lo gnomo era riuscito a sfilare il suo verme da terra e lo succhiava allegramente, appoggiandosi contro i rami più bassi del cespuglio di rododendro.
    «Che cos’ha in testa Silente?» chiese Scrimgeour in tono brusco. «Dove va durante le sue assenze da Hogwarts?»
    «Non ne ho idea» rispose Harry.
    «E anche se lo sapessi non me lo diresti, vero?»
    «No, non glielo direi».
    «Be’, allora vedrò di scoprirlo in un altro modo».
    «Può provarci» replicò Harry con indifferenza. «Ma lei sembra più abile di Caramell, quindi avrà imparato dai suoi errori. Lui ha cercato di intromettersi a Hogwarts. Avrà notato che non è più Ministro, ma Silente è ancora Preside. Lo lascerei in pace, se fossi in lei».
    Ci fu una lunga pausa.
    «Be’, mi sembra chiaro che ha fatto un ottimo lavoro con te» riprese Scrimgeour, gli occhi freddi e duri dietro le lenti cerchiate di metallo. «Sei l’uomo di Silente, sempre e comunque, vero, Potter?»
    «Esatto» concluse Harry. «E sono contento che l’abbiamo chiarito».
    Voltò le spalle al Ministro della Magia e tornò a grandi passi verso la casa.
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