Harry fu come svuotato dallo shock. Tutti e tre rimasero lì, paralizzati dall'orrore, sotto il Mantello dell'Invisibilità. Gli ultimi raggi del sole che tramontava gettavano una luce insanguinata sui prati coperti di lunghe ombre. Poi udirono alle loro spalle un ululato selvaggio.
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«Hagrid» mormorò Harry. Senza riflettere, fece per voltarsi, ma Ron e Hermione lo afferrarono per le braccia.
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«Non possiamo» disse Ron, bianco come un cencio. «Finirà in un altro guaio se scoprono che siamo andati a trovarlo...»
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Il respiro di Hermione era breve e irregolare.
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«Come... hanno... potuto?» disse con voce soffocata. «Come hanno potuto?»
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«Andiamo» disse Ron battendo i denti.
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Ripartirono alla volta del castello, avanzando piano per rimanere nascosti sotto il Mantello. La luce ora diminuiva in fretta. Quando furono sui campi aperti, l'oscurità calò come un incantesimo attorno a loro.
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«Crosta, stai fermo» sibilò Ron, premendosi la mano sul petto. Il topo si divincolava come un pazzo. Ron si fermò di colpo e cercò di infilare Crosta più a fondo dentro la tasca. «Si può sapere che cos'hai, stupido topo?
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Stai fermo AHIA! Mi ha morso!»
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«Ron, stai zitto!» sussurrò in fretta Hermione. «Caramell sarà qui tra un minuto».
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«Non... vuole... stare tranquillo...»
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Crosta era chiaramente terrorizzato. Si agitava con tutte le forze, cercando di liberarsi dalla stretta di Ron.
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«Che cos'ha?»
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Ma Harry aveva appena visto Grattastinchi che scivolava verso di loro, il corpo appiattito, i grandi occhi gialli che scintillavano inquietanti nell'oscurità. Non seppe dire se li vedesse o se stesse seguendo gli squittii di Crosta.
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«Grattastinchi!» gemette Hermione. «No, vai via, Grattastinchi! Vai via!»
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Ma il gatto si avvicinava...
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«Crosta... No!»
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Troppo tardi. Il topo scivolò tra le dita di Ron che cercava di trattenerlo, cadde a terra e fuggì. In un balzo, Grattastinchi scattò alle sue calcagna, e prima che Harry o Hermione potessero impedirglielo, Ron si tolse il Mantello dell'Invisibilità e sparì nell'oscurità.
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«Ron!» gemette Hermione.
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Lei e Harry si scambiarono un'occhiata. Era impossibile correre sotto il Mantello, così uscirono allo scoperto e si gettarono all'inseguimento di Ron: sentivano i suoi passi risuonare davanti a loro, e le sue grida contro Grattastinchi.
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«Vai via... vai via... Crosta, vieni qui...»
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Si udì un colpo secco.
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«Preso! Vattene via, gattaccio puzzolente...»
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Harry e Hermione quasi inciamparono addosso a Ron; riuscirono a stento a fermarsi davanti a lui. Era per terra, lungo disteso, ma Crosta era di nuovo nella sua tasca; il ragazzo teneva le mani strette sul rigonfiamento tremante.
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«Ron... dài... torna sotto il Mantello...» ansimò Hermione. «Silente... il Ministro... usciranno tra un attimo...»
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Ma prima che riuscissero a ricoprirsi, prima ancora che potessero riprendere fiato, sentirono i tonfi soffocati di zampe giganti. Qualcosa avanzava a balzi verso di loro: un enorme cane nero come la pece, con gli occhi chiari.
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Harry cercò la bacchetta magica, ma era troppo tardi. Il cane fece un
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balzo enorme e gli posò le zampe sul petto. Harry cadde all'indietro in un turbinio di pelo; sentì il fiato caldo dell'animale, vide le sue lunghe zanne...
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Ma la forza del balzo aveva portato la bestia troppo in là; il cane rotolò via; intontito, con la sensazione di avere qualche costola rotta, Harry cercò di rialzarsi; lo sentì ringhiare mentre si preparava a un nuovo attacco.
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Ron era in piedi, pronto. Mentre il cane balzava di nuovo verso di loro, spinse da un lato Harry; le mascelle della belva si chiusero sul braccio teso di Ron; Harry si protese e afferrò una manciata di peli del mostro, ma l'animale trascinava via Ron come se fosse una bambola di pezza...
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Poi, dal nulla, qualcosa colpì Harry in viso, così forte da farlo cadere di nuovo. Sentì che anche Hermione strillava di dolore e cadeva.
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Harry cercò la bacchetta, tentando di ricacciare indietro il sangue che gli colava negli occhi...
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«Lumos!» sussurrò.
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La luce della bacchetta magica illuminò il tronco di un grosso albero; l'inseguimento di Crosta li aveva portati all'ombra del Platano Picchiatore e i suoi rami scricchiolavano, come scossi da un forte vento, menando frustate avanti e indietro per impedire loro di avvicinarsi.
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E là, alla base del tronco, c'era il cane, che trascinava Ron dentro una grossa fessura delle radici. Ron lottava con furia, ma già la testa e il busto non si vedevano più...
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«Ron!» urlò Harry, cercando di seguirlo, ma un grosso ramo scattò ferocemente e il ragazzo fu costretto ad arretrare di nuovo.
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Tutto quello che si vedeva ormai era una gamba di Ron, agganciata a una radice nel tentativo di impedire al cane di trascinarlo più giù. Ma un terribile scricchiolio spezzò l'aria come un colpo di pistola: la gamba di Ron si era rotta, e un attimo dopo il suo piede spariva nel buco.
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«Harry... dobbiamo andare a chiedere aiuto...» ansimò Hermione; sanguinava anche lei: il Platano le aveva ferito la spalla.
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«No! Quella cosa è grande abbastanza da divorarlo, non abbiamo tempo...»
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«Non ce la faremo mai se qualcuno non ci aiuta...»
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Un altro ramo scattò contro di loro, i ramoscelli contratti come nocche.
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«Se può entrare quel cane, possiamo anche noi» disse Harry col fiato grosso, correndo di qua e di là nel tentativo di aprirsi la strada fra i perfidi rami sibilanti, ma non era possibile avvicinarsi alle radici senza finire a tiro dell'albero.
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«Oh, aiuto, aiuto!» sussurrò Hermione disperata, saltellando incerta sul
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posto. «Per favore...»
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Grattastinchi balzò in avanti. Strisciò come un serpente tra i rami agitati e appoggiò le zampe anteriori sopra un nodo nel tronco.
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All'improvviso l'albero cessò di muoversi, come se fosse stato trasformato in marmo. Non si mosse più una foglia.
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«Grattastinchi!» sussurrò Hermione incerta. Poi strinse forte il braccio di Harry, tanto da fargli male. «Come faceva a sapere...?»
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«È amico di quel cane» disse Harry incupito. «Li ho visti insieme. Vieni... e tieni pronta la bacchetta...»
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In un attimo raggiunsero il tronco, ma prima di arrivare alla fessura nelle radici, Grattastinchi li precedette scivolando all'interno con un guizzo della coda cespugliosa. Harry lo seguì; avanzò a quattro zampe e scivolò giù per una china di terra fino al fondo di un tunnel molto basso. Grattastinchi era un po' più avanti, gli occhi che lampeggiavano alla luce della bacchetta di Harry. Un attimo dopo, Hermione strisciò al suo fianco.
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«Dov'è Ron?» sussurrò con voce terrorizzata.
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«Da questa parte» disse Harry, avanzando dietro Grattastinchi, con la schiena curva.
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«Dove finisce questo tunnel?» chiese Hermione senza fiato, seguendolo.
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«Non lo so... è segnato sulla Mappa del Malandrino ma Fred e George dicono che non l'ha mai usato nessuno... finisce fuori dai confini della mappa, ma sembrava che portasse a Hogsmeade...»
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Avanzavano più velocemente possibile, quasi piegati in due; davanti a loro, la coda di Grattastinchi spariva e riappariva. La galleria proseguiva, sembrava lunga almeno come quella per Mielandia. Harry riusciva a pensare solo a Ron e a quello che l'enorme cane poteva fargli... boccheggiava, traendo brevi respiri dolorosi, e correva chino...
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E poi il tunnel prese a salire; poco dopo curvò, e Grattastinchi sparì. Harry vide una macchia di luce fioca che penetrava da una piccola apertura.
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Lui e Hermione si fermarono, ripresero fiato e si sporsero a guardare. Entrambi alzarono la bacchetta per vedere che cosa li attendeva.
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Era una stanza, una stanza molto polverosa e disordinata. La carta da parati si scollava dai muri; il pavimento era tutto macchiato; ogni mobile era rotto come se qualcuno lo avesse preso a randellate. Le finestre erano chiuse da tavole inchiodate.
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Harry lanciò uno sguardo a Hermione, che aveva l'aria molto spaventata ma annui.
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Harry si spinse fuori dall'apertura e si guardò attorno. La stanza era deserta, ma c'era una porta aperta alla loro destra, che conduceva in un'anticamera buia. All'improvviso Hermione afferrò di nuovo il braccio di Harry. Osservava le finestre sbarrate con gli occhi sgranati.
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«Harry» sussurrò, «credo che siamo dentro la Stamberga Strillante».
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Harry si guardò attorno. Lo sguardo gli cadde su una sedia di legno. Grossi pezzi erano saltati via; una delle gambe era stata strappata.
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«Non sono stati i fantasmi» disse lentamente.
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In quel momento sentirono uno scricchiolio sopra le loro teste. Qualcosa si era mosso al piano di sopra. Fissarono entrambi il soffitto. Hermione gli stringeva il braccio cosi forte che Harry stava perdendo la sensibilità delle dita. La guardò alzando le sopracciglia; lei annuì e mollò la presa.
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Più silenziosamente possibile, avanzarono nell'anticamera e presero a salire la scala che andava in pezzi. Tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere tranne il pavimento, dove una larga striscia lucida indicava che qualcosa era stato trascinato di sopra.
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Raggiunsero il pianerottolo buio.
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«Nox» sussurrarono insieme, e le luci sulla punta delle bacchette si spensero. C'era solo una porta aperta. Mentre la raggiungevano furtivi, avvertirono dei movimenti dall'altra parte; un sordo gemito, e poi un intenso ronzio di fusa. Si scambiarono un ultimo sguardo, un ultimo cenno.
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Con la bacchetta ben stretta in mano e tesa davanti a sé, Harry sferrò un calcio alla porta e la spalancò.
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Su uno splendido letto a baldacchino con le cortine polverose era disteso Grattastinchi. Alla loro vista le fusa si fecero più intense. Sul pavimento c'era Ron, che si teneva la gamba, piegata con una strana angolatura.
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Harry e Hermione si precipitarono verso di lui.
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«Ron... stai bene?»
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«Dov'è il cane?»
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«Non è un cane» gemette Ron, digrignando i denti per il dolore. «Harry, è una trappola...»
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«Che cosa...»
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«È lui il cane... E un Animagus...»
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Ron guardò un punto oltre la spalla di Harry. Harry si voltò. Con un tonfo, l'uomo nell'ombra chiuse la porta.
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Una massa di sudici capelli aggrovigliati gli scendeva fino alle spalle. Se non avesse avuto quegli occhi brillanti dentro le orbite cupe e infossate, avrebbe potuto essere un cadavere. La pelle cerea era così tirata sulle ossa
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del viso che questo sembrava un teschio. I denti gialli erano scoperti in un ghigno. Era Sirius Black.
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«Expelliarmus!» gracchiò, puntando contro di loro la bacchetta di Ron.
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Le bacchette di Harry e Hermione balzarono via dalle mani, in alto, e Black le afferrò. Poi si avvicinò di un passo. Aveva gli occhi puntati su Harry.
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«Ero sicuro che saresti venuto ad aiutare il tuo amico» disse rauco. La sua voce aveva l'aria di non essere stata usata da un pezzo. «Tuo padre avrebbe fatto lo stesso per me. Sei stato coraggioso a non andare a chiamare un insegnante. Te ne sono grato... questo renderà le cose molto più semplici...»
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L'allusione a suo padre risuonò nelle orecchie di Harry come se Black l'avesse urlata. Un odio ribollente gli esplose nel petto e prese il posto della paura. Per la prima volta nella vita, voleva riavere la bacchetta in mano non per difendersi, ma per attaccare... per uccidere. Senza sapere che cosa stava facendo, avanzò, ma ci fu un improvviso movimento ai suoi lati e due paia di mani lo afferrarono trattenendolo.
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«No, Harry!» ansimò Hermione con un sussurro agghiacciato; Ron invece, che si era rialzato a fatica, si rivolse a Black.
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«Se vuoi uccidere Harry, dovrai uccidere anche noi!» disse con fierezza, benché lo sforzo di reggersi in piedi lo rendesse sempre più pallido, e oscillando leggermente.
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Qualcosa lampeggiò negli occhi cupi di Black.
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«Stenditi» disse piano a Ron. «Hai la gamba rotta».
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«Mi hai sentito?» disse Ron debolmente, aggrappandosi a fatica a Harry per non cadere. «Dovrai ucciderci tutti e tre!»
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«Qui morirà una sola persona questa notte» disse Black, e il suo ghigno si allargò.
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«Perché?» esplose Harry, cercando di liberarsi dalla presa di Ron e Hermione. «L'ultima volta non ci hai badato, vero? Non ti è importato niente di uccidere tutti quei Babbani per arrivare a Minus... che cosa succede, Azkaban ti ha rammollito?»
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«Harry!» protestò Hermione. «Stai zitto!»
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«HA UCCISO MIA MADRE E MIO PADRE!» ruggì Harry, e con grande sforzo si liberò dalla stretta di Ron e Hermione e balzò in avanti...
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Si era dimenticato della magia... si era dimenticato di essere piccolo, magro e di avere solo tredici anni, mentre Black era un uomo fatto, e molto alto, anche. Harry sapeva solo che voleva fargli più male che poteva e che
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non gli importava se veniva a sua volta ferito...
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Forse fu lo stupore nel veder fare a Harry una cosa così sciocca, ma Black non alzò le bacchette in tempo. Una delle mani di Harry si strinse attorno al suo polso ossuto, deviando le bacchette; l'altra colpì la testa di Black e caddero tutti e due all'indietro, verso il muro...
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Hermione strillò; Ron urlò; ci fu un lampo accecante mentre le bacchette nella mano di Black sparavano in aria un getto di scintille che mancò per un soffio il viso di Harry; quest'ultimo sentì il braccio rattrappito agitarsi follemente sotto le sue dita, ma non mollò la presa, mentre con l'altra mano colpiva tutte le parti di Black che gli capitavano a tiro...
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Ma la mano libera di Black afferrò Harry per la gola...
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«No» ringhiò. «Ho aspettato troppo...»
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Le dita si strinsero, Harry si sentì soffocare, gli occhiali di traverso.
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Poi vide il piede di Hermione scattar fuori dal nulla. Black lasciò andare Harry con un grugnito di dolore. Ron si gettò sulla mano armata di bacchette di Black, e Harry udì un lieve rumore...
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Si liberò dal groviglio di corpi e vide la sua bacchetta che rotolava sul pavimento; si tuffò per prenderla, ma...
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«Argh!»
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Grattastinchi si era tuffato nella mischia e aveva affondato gli artigli nel braccio di Harry, che se lo scrollò di dosso. Ma Grattastinchi scattò verso la bacchetta...
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«NON FARLO!» urlò Harry sferrando al gatto un calcio che lo fece balzare da una parte soffiando; Harry afferrò la bacchetta e si voltò...
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«Toglietevi di mezzo!» gridò a Ron e Hermione.
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Non se lo fecero dire due volte. Hermione, cercando di riprendere fiato, il labbro sanguinante, scattò di lato, recuperando la sua bacchetta e quella di Ron. Ron strisciò fino al letto a baldacchino, e vi si lasciò cadere, ansante, la faccia pallida ora quasi verdastra, le mani che stringevano la gamba rotta.
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Black giaceva scompostamente vicino al muro. Il suo petto si alzava e si abbassava in fretta mentre lui osservava Harry avvicinarsi lentamente, la bacchetta puntata dritta al suo cuore.
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«Vuoi uccidermi, Harry?» sussurrò.
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Harry si fermò sopra Black, la bacchetta ancora contro il suo petto, e lo guardò. Un livido scuro gli si stava allargando sotto l'occhio sinistro e perdeva sangue dal naso.
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«Hai ucciso i miei genitori» disse Harry con voce appena tremante, ma
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la mano che reggeva la bacchetta rimase immobile.
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Black lo guardò di sotto in su con i suoi occhi infossati.
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«Non lo nego» disse molto piano. «Ma se sapessi com'è andata...»
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«Com'è andata?» ripeté Harry, con le orecchie che gli pulsavano furiosamente. «Tu li hai venduti a Voldemort, è tutto quello che devo sapere!»
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«Devi ascoltarmi» disse Black, con una nota di urgenza nella voce. «Altrimenti lo rimpiangerai... non capisci...»
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«Capisco molte più cose di quello che credi tu» esclamò Harry, con voce più tremante che mai. «Non l'hai mai sentita, vero? Mia madre... che cerca di impedire a Voldemort di uccidermi... e sei stato tu... sei stato tu...»
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Prima che uno dei due potesse aggiungere altro, qualcosa di rosso sfrecciò davanti a Harry; un attimo dopo, Grattastinchi balzò su Black e si sistemò sul suo petto. Black batté le palpebre e guardò il gatto.
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«Scendi» mormorò, cercando di spingerlo via.
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Ma Grattastinchi affondò gli artigli negli abiti di Black e non si mosse. Voltò il brutto muso schiacciato verso Harry e lo guardò con gli occhioni gialli. Alla sua destra, Hermione ruppe in un singhiozzo.
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Harry guardò Black e Grattastinchi, la presa sempre più salda sulla bacchetta. E allora, che cosa gli importava di dover uccidere anche il gatto? Era alleato di Black... se era pronto a morire per cercare di proteggerlo, non erano affari di Harry... se Black voleva salvarlo, era solo la prova che gli importava più di Grattastinchi che dei genitori di Harry...
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Harry alzò la bacchetta. Era il momento di agire. Era il momento di vendicare suo padre e sua madre. Stava per uccidere Black. Doveva uccidere Black. Era la sua occasione...
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I secondi si allungarono, e Harry era ancora lì paralizzato, la bacchetta a mezz'aria, mentre Black lo guardava tenendo Grattastinchi sul petto. Dal baldacchino arrivava il respiro affannoso di Ron; Hermione taceva.
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E poi si udì un nuovo rumore...
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Passi attutiti echeggiarono attraverso il pavimento... qualcuno camminava al piano di sotto.
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«SIAMO QUASSÙ!» urlò Hermione all'improvviso. «SIAMO QUASSÙ... C'È SIRIUS BLACK... PRESTO!»
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Black fece un gesto di sorpresa che riuscì quasi a far sloggiare Grattastinchi; Harry strinse convulsamente la bacchetta... Fallo adesso! disse una voce dentro di lui, ma i passi ormai risuonavano sulle scale e Harry non era ancora entrato in azione.
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La porta della stanza si spalancò in una pioggia di scintille rosse e Harry
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si voltò mentre il professor Lupin si precipitava dentro, il viso esangue, la bacchetta levata e pronta. I suoi occhi guizzarono da Ron disteso sul letto a Hermione rannicchiata vicino alla porta a Harry, che torreggiava su Black con la bacchetta alzata, e infine a Black, rannicchiato e sanguinante ai piedi di Harry.
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«Expelliarmus!» gridò Lupin.
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La bacchetta di Harry volò via ancora una volta; così fecero le due che aveva Hermione. Lupin le afferrò tutte al volo, poi avanzò guardando Black, con Grattastinchi sul petto a difenderlo.
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Harry si sentì all'improvviso svuotato. Non l'aveva fatto. I nervi avevano ceduto. Black sarebbe stato riconsegnato ai Dissennatori.
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Poi Lupin parlò con voce molto alterata, una voce che vibrava di un'emozione repressa. «Dov'è, Sirius?»
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Harry guardò in fretta Lupin. Non capiva che cosa volesse dire. Dov'era chi? Si voltò di nuovo verso Black.
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Black era privo di espressione. Per qualche secondo non si mosse. Poi, molto lentamente, alzò la mano vuota e indicò Ron. Del tutto confuso, Harry guardò a sua volta Ron, che aveva l'aria completamente inebetita.
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«Ma allora...» mormorò Lupin, guardando Black così intensamente che sembrava volesse leggergli nella mente... «perché non si è mai rivelato finora? A meno che...» Gli occhi di Lupin si allargarono all'improvviso, come se vedesse qualcosa al di là di Black, qualcosa che nessun altro poteva vedere... «A meno che non fosse lui... a meno che non vi siate scambiati... senza dirmelo?»
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Molto lentamente, senza levare quegli occhi infossati dal viso di Lupin, Black annuì.
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«Professore» intervenne Harry ad alta voce, «che cosa...?»
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Ma non finì mai la domanda, perché quello che vide gli spense la voce in gola. Lupin stava abbassando la bacchetta. Un momento dopo era al fianco di Black, gli afferrava la mano, lo aiutava a rialzarsi facendo cadere a terra Grattastinchi e lo abbracciava come un fratello.
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Harry si sentì lo stomaco a pezzi.
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«NON CI CREDO!» gridò Hermione.
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Lupin lasciò andare Black e si voltò verso di lei. Si era alzata da terra e indicava Lupin, lo sguardo febbrile. «Lei... lei...»
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«Hermione...»
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«... lei e lui!»
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«Hermione, calmati...»
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«Non l'ho detto a nessuno!» strillò Hermione. «Le ho parato le spalle...»
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«Hermione, ascoltami, ti prego!» gridò Lupin. «Posso spiegare...»
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Harry si sentì scuotere non dalla paura, ma da una nuova ondata di rabbia.
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«Io le credevo» urlò a Lupin, con la voce che tremava incontrollata, «e lei è sempre stato suo amico!»
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«Ti sbagli» disse Lupin. «Per dodici anni non sono stato amico di Sirius, ma ora lo sono... lascia che ti spieghi...»
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«No!» gridò Hermione. «Harry, non credergli, ha aiutato Black a entrare nel castello, anche lui ti vuole morto... è un Lupo Marinaro!»
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Scese un silenzio carico di tensione. Gli occhi di tutti erano fissi su Lupin, che sembrava straordinariamente calmo, anche se era piuttosto pallido.
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«Questa volta non sei all'altezza di te stessa, Hermione» disse. «Ne hai azzeccata una su tre, temo. Non ho aiutato Sirius a entrare nel castello e di sicuro non voglio vedere Harry morto...» Uno strano tremito gli attraversò il viso. «Ma non negherò che sono un Lupo Mannaro».
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Ron fece un eroico sforzo per rialzarsi, ma ricadde con un gemito di dolore. Lupin gli si avvicinò preoccupato, ma Ron disse, respirando affannosamente:
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«Lontano da me, Lupo Mannaro!»
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Lupin si fermò di colpo. Poi, con evidente fatica, si voltò verso Hermione e disse:
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«Da quanto tempo lo sai?»
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«Da un secolo» sussurrò Hermione. «Da quando ho fatto il tema per il professor Piton...»
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«Ne sarà felice» disse Lupin freddamente. «Ha assegnato quel tema nella speranza che qualcuno capisse che cosa significavano i miei sintomi. Hai controllato il calendario lunare e hai capito che ero sempre ammalato quando c'era la luna piena? O hai capito che il Molliccio si trasformava nella luna quando mi vedeva?»
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«Tutt'e due le cose» disse Hermione piano.
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Lupin scoppiò in una risatina forzata.
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«Per la tua età, sei la strega più brillante che abbia mai conosciuto, Hermione».
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«No» sussurrò Hermione. «Se fossi stata un po' più sveglia, avrei detto a tutti che cosa è lei!»
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«Ma lo sanno già» disse Lupin. «Almeno, i miei colleghi lo sanno».
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«Silente l'ha assunta anche se sapeva che era un Lupo Mannaro?» e
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sclamò Ron sbalordito. «Ma è matto?»
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«Alcuni colleghi erano di questo avviso» disse Lupin. «Ha dovuto faticare parecchio per convincere certi insegnanti che sono affidabile...»
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«E SI SBAGLIAVA! LEI LO HA SEMPRE AIUTATO!» urlò Harry indicando Black, che all'improvviso andò verso il letto e vi sprofondò, il volto nascosto da una mano tremante. Grattastinchi gli balzò accanto e gli si piazzò in grembo, facendo le fusa. Ron si ritrasse da entrambi, trascinando la gamba.
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«Non ho aiutato Sirius» disse Lupin. «Se me ne date la possibilità, vi spiegherò. Guardate...»
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Prese le bacchette di Harry, Ron e Hermione una alla volta e le lanciò ai loro proprietari; Harry afferrò la sua, stupefatto.
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«Allora» disse Lupin, infilando di nuovo la sua nella cintura. «Voi siete armati, noi no. Ora volete ascoltare?»
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Harry non sapeva cosa pensare. Era un tranello?
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«Se non l'ha aiutato» disse, lanciando a Black uno sguardo furioso, «come faceva a sapere che era qui?»
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«La mappa» disse Lupin. «La Mappa del Malandrino. Ero nel mio studio a guardarla...»
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«Sa come farla funzionare?» chiese Harry sospettoso.
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«Ma certo che so come farla funzionare» disse Lupin, agitando la mano con impazienza. «Ho dato una mano a disegnarla. Io sono Lunastorta: i miei amici mi chiamavano cosi, a scuola».
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«Lei l'ha disegnata..?»
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«La cosa importante è che stasera la stavo guardando attentamente, perché sospettavo che tu, Ron e Hermione avreste cercato di sgattaiolare fuori dal castello per andare da Hagrid prima dell'esecuzione del suo Ippogrifo. E avevo ragione, vero?»
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Aveva cominciato a camminare avanti e indietro, guardandoli. Nuvolette di polvere si alzavano ai suoi piedi.
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«Era probabile che avresti usato il vecchio Mantello di tuo padre, Harry...»
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«Come fa a sapere del Mantello?»
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«Non sai quante volte ho visto James sparire lì sotto...» disse Lupin agitando di nuovo la mano, impaziente. «Il fatto è che sulla Mappa del Malandrino ti si vede anche se indossi un Mantello dell'Invisibilità. Vi ho visto attraversare il parco ed entrare nella capanna di Hagrid. Venti minuti dopo, vi siete congedati da Hagrid e siete tornati al castello. Ma con voi
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c'era qualcun altro».
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«Cosa?» esclamò Harry. «No, non è vero!»
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«Non riuscivo a credere ai miei occhi» disse Lupin senza smettere di camminare avanti e indietro, ignorando l'interruzione. «Credevo che la mappa fosse difettosa. Come poteva trovarsi con voi?»
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«Non c'era nessuno con noi!» disse Harry.
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«E poi ho visto un altro puntino che si spostava in fretta verso di voi, e sotto c'era scritto Sirius Black... L'ho visto scontrarsi con voi, ho visto che trascinava due di voi dentro il Platano Picchiatore...»
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«Uno di noi!» disse Ron rabbioso.
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«No, Ron» disse Lupin. «Due».
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Si era fermato, gli occhi puntati su Ron.
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«Credi che potrei dare un'occhiata al tuo topo?» disse in tono pacato.
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«Cosa?» disse Ron. «Che cosa c'entra Crosta?»
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«Tutto» disse Lupin. «Posso vederlo, per favore?»
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Ron esitò, poi s'infilò una mano sotto gli abiti. Ne emerse Crosta, che si divincolava disperatamente; Ron dovette afferrarlo per la lunga coda pelata per impedirgli di fuggire. Grattastinchi alzò la testa e soffiò.
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Lupin si avvicinò a Ron. Parve trattenere il respiro mentre studiava Crosta con grande attenzione.
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«Cosa?» ripeté Ron, tenendosi vicino Crosta, con aria spaventata. «Che cosa c'entra il mio topo con tutto il resto?»
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«Quello non è un topo» sbottò Sirius Black all'improvviso.
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«Che cosa vuol dire... ma certo che è un topo...»
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«No che non lo è» disse Lupin piano. «È un mago».
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«Un Animagus» disse Black, «che si chiama Peter Minus».
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