«Harry, fermati».
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«Cosa c'È?»
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Avevano appena raggiunto la tomba dello sconosciuto Abbott.
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«C'È qualcuno laggiù. Ci sta guardando. Lo sento. Là, vicino ai cespugli».
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Rimasero immobili, stretti l'uno all'altra, scrutando la cinta nera del cimitero. Harry non vedeva nulla.
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«Sei sicura?»
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«Ho visto qualcosa muoversi, potrei giurarlo...»
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Si separò da lui per avere il braccio della bacchetta libero.
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«Sembriamo Babbani» osservò Harry.
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«Babbani che hanno appena deposto fiori sulla tomba dei tuoi genitori!
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Harry, sono sicura che c'È qualcuno laggiù!»
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Harry pensò a Storia della Magia; diceva che il cimitero era infestato di spettri: e se...? Ma poi udì un fruscio e vide un mucchietto di neve smossa nel cespuglio indicato da Hermione. I fantasmi non spostano la neve.
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«È un gatto» disse Harry dopo qualche istante, «o un uccello. Se fosse un Mangiamorte, saremmo già stecchiti. Ma andiamo fuori di qui e rimettiamoci il Mantello».
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Uscendo dal cimitero si guardarono più volte alle spalle. Harry, che non era affatto tranquillo come aveva finto per rassicurare Hermione, fu felice di raggiungere il cancello e il marciapiede scivoloso. Si infilarono di nuovo sotto il Mantello dell'Invisibilità. Il pub adesso era più affollato: molte voci stavano cantando la carola che avevano sentito avvicinandosi alla chiesa. Harry stava per suggerire di rifugiarsi lì dentro, ma prima che potesse parlare, Hermione mormorò «Da questa parte» e lo condusse lungo la strada buia che portava fuori dal villaggio nella direzione opposta rispetto a quella del loro arrivo. Harry vedeva il punto in cui terminavano le villette e la stradina finiva in aperta campagna. Camminavano quanto più veloci osavano, oltrepassando altre finestre scintillanti di luci colorate, i profili degli alberi di Natale scuri dietro le tende.
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«Come faremo a trovare la casa di Bathilda?» chiese Hermione, rabbrividendo e continuando a voltarsi indietro. «Harry? Cosa ne dici? Harry?»
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Gli strattonò il braccio, ma lui era distratto. Stava osservando la massa scura alla fine di quella fila di case. Un attimo dopo si era messo a correre, trascinando con sé Hermione, che per poco non scivolò sul ghiaccio.
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«Harry...»
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«Guarda... guarda, Hermione...»
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«Io non... oh!»
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La vedeva: l'Incanto Fidelius doveva essere morto con James e Lily. La siepe si era inselvatichita nei sedici anni passati da quando Hagrid aveva raccolto Harry fra i detriti, che ora giacevano sparsi tra l'erba alta fino alla vita. Gran parte della casa era ancora in piedi, interamente coperta di edera scura e neve, ma il lato destro del piano superiore era esploso; quello era senz'altro il punto in cui la maledizione era rimbalzata indietro. Si fermarono al cancello, contemplando la rovina di quella che un tempo doveva essere stata una villetta uguale a tutte le altre lì vicino.
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«Chissà perché nessuno l'ha ricostruita» sussurrò Hermione.
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«Forse non si può» suggerì Harry. «Come per le ferite causate dalla Magia Oscura, non si può riparare il danno».
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Fece scivolare una mano fuori dal Mantello e la posò sul cancello coperto dalla neve e dalla ruggine, non per aprirlo, ma solo per toccare una parte della casa.
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«Non vorrai entrare. Mi sembra pericoloso, potrebbe... oh, Harry, guarda!»
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Doveva essere stato il contatto della mano sul cancello. Davanti a loro, dal groviglio di rovi ed erbacce era emerso un cartello, come un bizzarro fiore dalla crescita accelerata. A lettere d'oro impresse sul legno c'era scritto:
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Qui, la notte del 31 ottobre 1981, persero la vita Lily e James Potter.
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Il figlio Harry è l'unico mago mai sopravvissuto all'Anatema che Uccide.
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La casa, invisibile ai Babbani, è stata lasciata intatta nel suo stato di rovina come monumento ai Potter e in ricordo della violenza che distrusse la loro famiglia.
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Tutto intorno a queste lettere incise con cura, i maghi e le streghe venuti in pellegrinaggio al luogo in cui il Ragazzo Che è Sopravvissuto era sfuggito alla morte avevano aggiunto le loro scritte. Alcuni avevano semplicemente firmato in Inchiostro Sempiterno; altri avevano scolpito le loro iniziali nel legno; altri ancora avevano lasciato messaggi. I più recenti spiccavano sopra sedici anni di graffiti magici e dicevano tutti cose simili.
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'Buona fortuna, Harry, ovunque tu sia'. 'Se leggi queste righe, Harry,
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siamo tutti con te!' 'Lunga vita a Harry Potter'.
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«Non dovevano scrivere sul cartello!» protestò Hermione, indignata.
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Ma Harry le rivolse un gran sorriso.
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«È straordinario, sono felice che l'abbiano fatto. Io...»
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S'interruppe. Una figura imbacuccata zoppicava lungo il viottolo verso di loro, stagliandosi contro le luci della piazza lontana. Harry pensò, anche se era difficile a dirsi, che fosse una donna. Avanzava lentamente, forse per timore di scivolare sulla neve. La schiena curva, la stazza, il passo incerto suggerivano un'età molto avanzata. In silenzio la guardarono avvicinarsi. Harry attese di vedere se entrava in una delle villette, ma sapeva d'istinto che non l'avrebbe fatto. Alla fine la figura si fermò a pochi metri da loro e rimase lì al centro della strada ghiacciata.
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Non c'era bisogno che Hermione gli pizzicasse il braccio. Era praticamente impossibile che quella donna fosse una Babbana: stava fissando una casa che avrebbe dovuto esserle del tutto invisibile. Anche per una strega, tuttavia, era strano uscire in una notte così fredda solo per contemplare una vecchia rovina. Secondo tutte le leggi della magia ordinaria, inoltre, non avrebbe dovuto vedere Harry e Hermione. Eppure a lui sembrava proprio che sapesse che erano lì, e anche chi erano. Aveva appena raggiunto questa inquietante conclusione quando lei alzò una mano guantata e fece loro cenno di avvicinarsi.
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Hermione si strinse a lui sotto il Mantello, il braccio premuto contro il suo.
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«Come fa a saperlo?»
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Lui scosse il capo. La donna ripeté il gesto, più vigorosamente. Harry avrebbe potuto elencare una lunga serie di ragioni per non obbedirle, ma la sensazione di sapere chi fosse cresceva a ogni secondo che passavano l'uno di fronte all'altra nella strada deserta.
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Possibile che li avesse aspettati per tutti quei mesi? Che Silente le avesse detto di aspettare, che alla fine Harry sarebbe arrivato? Non era probabile che fosse stata lei a muoversi tra le ombre del cimitero e che li avesse seguiti fin lì? Persino la sua capacità di avvertire la loro presenza suggeriva un potere simile a quello di Silente che lui non aveva mai incontrato in nessun altro.
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Infine Harry parlò, facendo sussultare Hermione.
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«Sei Bathilda?»
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La figura infagottata annuì e ripeté il suo gesto.
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Sotto il Mantello, Harry e Hermione si guardarono. Harry alzò le so
pracciglia; Hermione annuì con un piccolo cenno nervoso.
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Avanzarono verso la donna, che immediatamente si voltò e si avviò un po' zoppicante nella direzione da cui erano venuti. Oltrepassate numerose case, entrò in un cancello. La seguirono lungo il vialetto attraverso un giardino incolto quasi quanto quello che avevano appena lasciato. Trafficò per un momento con una chiave davanti alla porta, la aprì e si fece da parte per lasciarli entrare.
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Aveva un cattivo odore, o forse era la casa: Harry arricciò il naso passandole davanti e si tolse il Mantello. Ora che le stava accanto, si rese conto di quanto era bassa; incurvata dall'età, gli arrivava a stento al petto. Chiuse la porta, le nocche bluastre e chiazzate contro la vernice che si sfaldava, poi si voltò e guardò Harry in volto. Aveva gli occhi offuscati dalle cataratte e sprofondati in pieghe di pelle trasparente, tutta la faccia coperta di capillari rotti e macchie brune. Harry si domandò se riuscisse a vederlo; ma comunque avrebbe visto un Babbano stempiato.
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L'odore di vecchiaia, di polvere, di abiti non lavati e di cibo stantio si fece più intenso quando lei si tolse dalla testa uno scialle nero tutto tarmato, rivelando una rada chioma bianca che lasciava intravedere il cuoio capelluto.
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«Bathilda?» ripeté Harry.
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Lei annuì di nuovo. Harry percepì il medaglione contro la pelle; la cosa al suo interno che a volte ticchettava o batteva si era risvegliata; la sentì pulsare attraverso l'oro freddo. Sapeva, sentiva che ciò che l'avrebbe distrutta era vicino?
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Bathilda passò alle loro spalle strascicando i piedi, spinse da parte Hermione come se non l'avesse vista e sparì in quello che doveva essere un salotto.
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«Harry, non sono sicura» bisbigliò Hermione.
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«Guarda com'È piccola; non dovremmo avere problemi a sopraffarla se fosse necessario» rispose Harry. «Senti, avrei dovuto dirtelo, lo sapevo che non era proprio sana di mente. Muriel ha detto che era 'rimbambita'».
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«Di qua!» chiamò Bathilda dalla stanza accanto.
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Hermione sussultò e afferrò Harry per il braccio.
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«Va tutto bene» la rassicurò Harry, ed entrò in salotto per primo. Bathilda si muoveva a passo incerto accendendo le candele, ma era ancora molto buio, per non parlare dello sporco. Uno spesso strato di polvere scricchiolava sotto i loro piedi e il naso di Harry colse sotto l'odore di umido e muffa qualcosa di peggio, come di carne andata a male. Chissà da
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quanto tempo nessuno entrava in casa di Bathilda a vedere come stava. Sembrava che si fosse dimenticata anche di saper praticare la magia, perché stava accendendo le candele a mano, goffamente, rischiando più volte di appiccare il fuoco al polsino di pizzo penzolante.
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«Lasci fare a me» si offrì Harry, prendendole i fiammiferi di mano. Lei rimase a guardarlo finché non ebbe acceso tutti i mozziconi di candela fissati su piattini in giro per la stanza, pericolosamente in bilico su pile di libri e su tavolini carichi di tazze incrinate e muffite.
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L'ultima candela che Harry individuò stava in mezzo a molte fotografie, sopra un cassettone panciuto. Quando la fiamma prese vita, il suo riflesso danzò sui vetri polverosi e sulle cornici d'argento. Harry scorse piccoli movimenti nelle foto. Mentre Bathilda armeggiava con la legna davanti al camino, lui borbottò: «Tergeo». La polvere svanì e Harry si accorse subito che alcune delle comici più grandi e decorate erano vuote. Si chiese se era stata Bathilda o qualcun altro a togliere le immagini. Poi una foto sul fondo attirò la sua attenzione e lui la afferrò.
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Era il ladro con i capelli d'oro e la faccia allegra, il giovane appollaiato sul davanzale di Gregorovich, che sorrideva indolente dalla cornice d'argento. Harry si ricordò all'istante dove l'aveva già visto: in Vita e Menzogne di Albus Silente, a braccetto con Silente ragazzino, ed ecco dove dovevano essere finite tutte le foto mancanti: nel libro di Rita.
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«Signora... signorina... Bath» cominciò con voce tremante. «Chi è questo?»
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Bathilda era al centro della stanza e guardava Hermione che le accendeva il fuoco.
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«Signorina Bath?» ripeté Harry, e si fece avanti, con il ritratto in mano. Il camino si animò di fiamme. Bathilda alzò gli occhi alla sua voce e l'Horcrux batté più rapido contro il suo petto.
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«Chi è questo?» le chiese Harry.
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Lei scrutò con aria solenne prima la foto, poi Harry.
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«Lo sa chi è questo?» ripeté lui, più lentamente e più forte. «Quest'uomo? Lo conosce? Come si chiama?»
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Bathilda sembrava assente. Harry si sentì molto frustrato. Come aveva fatto Rita Skeeter ad aprire lo scrigno dei suoi ricordi?
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«Chi è quest'uomo?» Stava quasi urlando.
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«Harry, che cosa stai facendo?» gli chiese Hermione.
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«Questa foto, Hermione, è il ladro, il ladro di Gregorovich! La prego!» disse a Bathilda. «Chi È?»
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Ma la vecchia si limitò a fissarlo.
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«Perché ci ha chiesto di venire con lei, signora... signorina... Bath?» le chiese Hermione, alzando a sua volta la voce. «C'È qualcosa che ci vuole dire?»
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Senza dar segno di averla sentita, Bathilda si avvicinò a Harry. Con un cenno del capo, tornò a guardare l'ingresso.
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«Vuole che ce ne andiamo?» le chiese Harry.
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Lei ripeté il gesto, questa volta indicando prima lui, poi se stessa, poi il soffitto.
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«Oh, be'... Hermione, vuole che io vada di sopra con lei, credo».
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«Va bene» acconsentì Hermione. «Andiamo».
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Ma quando Hermione si mosse, Bathilda scosse il capo con sorprendente energia e indicò di nuovo prima Harry, poi se stessa.
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«Vuole che io vada con lei da solo».
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«Perché?» chiese Hermione, e la sua voce rimbombò chiara e squillante nella stanza illuminata dalle candele; a quel suono così forte, la vecchia signora scosse il capo.
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«Forse Silente le ha detto di dare la spada a me, e a me soltanto».
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«Credi davvero che sappia chi sei?»
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«Sì» rispose Harry, guardando dentro gli occhi lattiginosi fissi nei suoi,
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«credo di sì».
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«Be', d'accordo allora, ma fai presto».
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«Mi faccia strada» disse Harry a Bathilda.
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Lei parve capire, perché lo oltrepassò e si diresse strascicando i piedi verso la porta. Harry guardò Hermione con un sorriso rassicurante, ma non era certo che lei lo avesse visto; stava nel mezzo di quello squallore illuminato dalle candele, le braccia strette attorno al petto, a guardare la libreria. Uscendo dalla stanza, senza farsi vedere né da Hermione né da Bathilda, Harry si fece scivolare la foto del ladro ignoto sotto il cappotto.
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Le scale erano ripide e strette: Harry fu quasi tentato di appoggiare le mani sul largo fondoschiena di Bathilda per assicurarsi che non gli cadesse addosso, cosa che pareva alquanto probabile. Lentamente, ansimando un po', la vecchia salì fino al pianerottolo, voltò subito a destra e lo condusse in una camera da letto dal soffitto basso.
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Era buio pesto e l'odore era terribile: Harry aveva appena scorto un vaso da notte che spuntava da sotto il letto quando Bathilda chiuse la porta e anche quello fu inghiottito dall'oscurità.
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«Lumos». Harry accese la bacchetta e sussultò: in quei pochi istanti di
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tenebra, Bathilda si era avvicinata, e lui non l'aveva sentita.
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«Sei Potter?» gli sussurrò.
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«Sì».
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Lei annuì piano, solenne. Harry sentì l'Horcrux battere forte, più forte del proprio cuore: era una sensazione sgradevole, inquietante.
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«Ha qualcosa per me?» le chiese Harry, ma lei sembrava distratta dalla luce della bacchetta.
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«Ha qualcosa per me?» ripeté lui.
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Poi lei chiuse gli occhi e accaddero molte cose contemporaneamente: la cicatrice di Harry cominciò a bruciare; l'Horcrux batté così forte da muovere il maglione; la buia stanza fetida svanì per un attimo. Harry provò un moto di gioia ed esclamò, con voce acuta e fredda: «Tienilo!»
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Harry barcollò: la buia stanza maleodorante era di nuovo attorno a lui; non sapeva cosa fosse successo.
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«Ha qualcosa per me?» chiese per la terza volta, molto più forte.
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«Qui». Bathilda indicò l'angolo. Harry sollevò la bacchetta e vide il profilo di una toeletta ingombra sotto la finestra schermata da una tenda.
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Questa volta la donna non gli fece strada. Harry s'infilò tra lei e il letto disfatto, impugnando la bacchetta. Non voleva perderla d'occhio.
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«Che cos'È?» chiese avvicinandosi al tavolino, occupato da quel che aveva l'aspetto e l'odore di una pila di biancheria sporca.
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«Là» disse lei, indicando la massa informe.
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Harry distolse un attimo lo sguardo per cercare l'elsa di una spada, o un rubino, in mezzo a quel groviglio, ma vide con la coda dell'occhio un movimento strano; il panico lo costrinse a voltarsi e il terrore lo paralizzò, perché il vecchio corpo di Bathilda si stava afflosciando e un enorme serpente sbucava dal punto in cui un attimo prima c'era il collo.
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Il serpente colpì mentre lui alzava la bacchetta: la forza del morso sull'avambraccio la fece volare verso il soffitto; la sua luce roteò accecante nella stanza e si spense; poi un potente colpo di coda al diaframma gli mozzò il fiato: cadde all'indietro sulla toeletta, nel mucchio di abiti sudici...
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Rotolò di lato, evitando per un soffio la coda del serpente, che si abbatté sul tavolino dove lui si trovava un secondo prima: i frammenti del piano di vetro gli piovvero addosso mentre rovinava a terra. Da sotto, sentì Hermione gridare: «Harry?»
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Non riuscì a prendere abbastanza fiato per rispondere: una pesante massa liscia lo schiacciò al suolo e strisciò su di lui, possente, muscolosa...
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«No!» ansimò, inchiodato al pavimento.
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«Sì» sussurrò la voce. «Sssssì... ti tengo... ti tengo...»
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«Accio... Accio bacchetta...»
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Ma non accadde nulla e Harry aveva bisogno delle mani per cercare di allontanare il serpente che gli si attorcigliava attorno al torace, gli strizzava l'aria fuori dai polmoni, gli premeva l'Horcrux sul petto, un cerchio di ghiaccio che pulsava di vita, a pochi centimetri dal suo cuore frenetico, e una fredda luce bianca gli inondò il cervello, gli cancellò ogni pensiero, gli annegò il respiro, passi distanti, tutto diventava...
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Un cuore di metallo gli batteva fuori dal petto, e adesso volava, volava trionfante senza aver bisogno di scope o Thestral...
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Si svegliò bruscamente nel buio maleodorante; Nagini l'aveva lasciato andare. Si alzò a fatica e contro la luce del pianerottolo vide il serpente attaccare e Hermione gettarsi di lato con uno strillo: la sua maledizione, deviata, colpì la finestra che andò in frantumi. L'aria gelida invase la stanza, Harry si abbassò per evitare un'altra pioggia di vetri rotti e il suo piede scivolò su qualcosa di simile a una matita... la sua bacchetta...
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Si chinò ad afferrarla, ma il serpente sembrava riempire tutta la stanza e la sua coda frustava l'aria; Hermione non si vedeva e per un attimo Harry pensò il peggio, ma poi sentì il fragore di un'esplosione e vide un lampo di luce rossa: il serpente volò in aria, schiaffeggiandolo forte sul volto mentre una spira dopo l'altra saliva verso il soffitto. Harry sollevò la bacchetta, ma la cicatrice bruciò ancora più forte, più forte di quanto avesse fatto in anni.
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«Sta arrivando! Hermione, sta arrivando!»
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Il serpente cadde a terra sibilando ferocemente. Tutto era caos: la bestia aveva divelto scaffali dal muro e schegge di ceramica volavano ovunque. Harry balzò sul letto e afferrò la forma scura di Hermione...
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La tirò via dal letto e lei strillò di dolore; il serpente si alzò di nuovo, ma Harry sapeva che stava arrivando di peggio, forse era già al cancello, la sua testa si sarebbe spaccata a metà per il dolore alla cicatrice...
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Corse via, trascinando Hermione con sé, e il serpente si gettò di nuovo su di loro; quando colpì, Hermione gridò «Confringo!» e il suo incantesimo volò per la stanza, facendo esplodere lo specchio dell'armadio e rimbalzando indietro, dal soffitto al pavimento; Harry sentì il calore scottargli il dorso della mano. Un vetro gli tagliò la guancia quando, sempre avvinghiato a Hermione, saltò dal letto al tavolino infranto e poi fuori dalla finestra, nel nulla; l'urlo di Hermione echeggiò nella notte, mentre roteavano a mezz'aria...
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E poi la cicatrice si aprì e lui era Voldemort, attraversava di corsa la
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stanza fetida, le lunghe dita bianche stringevano il davanzale, scrutava l'uomo stempiato e la donnina contorcersi e sparire. Urlò di rabbia, un urlo che si mescolò con quello della ragazza, attraverso i giardini bui, sopra il suono delle campane che annunciavano il Natale...
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E il suo urlo era l'urlo di Harry, il suo dolore il dolore di Harry... che potesse succedere lì, dove era già successo in passato... lì, a poca distanza da quella casa in cui era stato così vicino a scoprire che cos'era morire... morire... il dolore era terribile... strappato dal proprio corpo... ma se non aveva più un corpo, perché la testa gli faceva tanto male, se era morto, come mai soffriva così, il dolore non cessava con la morte, non andava via...
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La notte umida e ventosa, due bambini vestiti da zucche che caracollavano nella piazza, e le vetrine dei negozi decorate con ragni di carta, tutte le pacchiane imitazioni Babbane di un mondo al quale non credevano... e lui avanzava, con quel senso di decisione e potere e giustizia che provava sempre in queste circostanze... niente rabbia... quella era per anime più deboli della sua... trionfo, quello sì... aveva atteso quel momento, l'aveva desiderato...
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«Bel costume, signore!»
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Quando fu abbastanza vicino perché il bambino potesse guardare sotto il suo cappuccio, vide il sorriso spegnersi e la paura oscurare il volto truccato; poi il bambino si voltò e corse via... sotto la veste tastò il manico della bacchetta... un solo gesto e il bambino non sarebbe mai tornato dalla madre... ma era inutile, decisamente inutile...
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Proseguì lungo un'altra via più buia e finalmente comparve la sua meta, l'Incanto Fidelius infranto, ma loro non lo sapevano ancora... si avvicinò alla siepe scura, facendo meno rumore delle foglie morte che frusciavano sul marciapiede, e guardò al di là...
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Non avevano tirato le tende, li vide distintamente nel piccolo salotto: l'uomo alto e bruno con gli occhiali faceva uscire sbuffi di fumo colorato dalla punta della bacchetta per divertire il piccolo con i capelli neri nel suo pigiama azzurro. Il bambino rideva e cercava di afferrare il fumo, di acchiapparlo con la manina...
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Si aprì una porta ed entrò la madre, dicendo parole che lui non poteva sentire, i lunghi capelli rosso scuro che le incorniciavano il viso. Il padre prese in braccio il figlio e lo passò alla madre. Gettò la bacchetta sul divano e si stiracchiò, sbadigliando...
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Il cancello cigolò appena quando lo apri, ma James Potter non lo senti. La sua mano bianca sfilò la bacchetta da sotto il mantello e la puntò verso
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la porta, che si spalancò.
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Aveva varcato la soglia quando James arrivò di corsa nell'ingresso. Facile, troppo facile, non aveva nemmeno preso la bacchetta...
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«Lily, prendi Harry e corri! è lui! Vai! Scappa! Io lo trattengo...» Trattenerlo, senza una bacchetta in mano!... Rise prima di scagliare la maledizione...
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«Avada Kedavra!»
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La luce verde riempi l'angusto ingresso, illuminò la carrozzina contro la parete, fece scintillare le sbarre della balaustra come parafulmini. James Potter cadde come una marionetta a cui erano stati tagliati i fili...
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La senti urlare dal piano di sopra, in trappola, ma se non faceva sciocchezze lei, almeno, non aveva nulla da temere... Salì le scale, ascoltando divertito i suoi tentativi di barricarsi dentro... nemmeno lei aveva la bacchetta... quanto erano stupidi, e fiduciosi a riporre la loro salvezza negli amici, ad abbandonare le armi anche solo per qualche istante...
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Forzò la porta, gettò da un lato la sedia e le scatole frettolosamente accatastate con un pigro gesto della bacchetta... lei era in piedi, il bambino in braccio. Nel vederlo, depose il piccolo nel lettino alle sue spalle e apri le braccia, come se potesse servire a qualcosa, come se nascondendolo sperasse di poter essere scelta al suo posto...
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«No! Harry no, ti prego!»
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«Spostati, stupida... spostati...»
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«Harry no. Prendi me piuttosto, uccidi me, ma non Harry...»
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«È il mio ultimo avvertimento...»
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«Non Harry! Ti prego... Per favore... lui no! Harry no! Per favore... farò qualunque cosa...»
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«Spostati... spostati, ragazza...»
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Avrebbe potuto allontanarla dal lettino con la forza, ma pensò che fosse più prudente finirli tutti...
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La luce verde lampeggiò nella stanza e lei cadde come il marito. In tutto questo tempo il bambino non aveva mai pianto: stava in piedi, aggrappato alle sbarre del lettino, e guardava l'intruso in faccia con una sorta di vivo interesse, come se pensasse che sotto il mantello fosse nascosto suo padre, pronto a fare altre lucine divertenti, e che sua madre sarebbe tornata su da un momento all'altro, ridendo...
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Puntò la bacchetta attentamente contro il volto del bambino: voleva vederla bene, la distruzione di questo unico, inesplicabile pericolo. Il bambino scoppiò a piangere: si era accorto che non era James. Non gli piace
va che piangesse, non aveva mai sopportato i bambini che frignavano all'orfanotrofio...
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«Avada Kedavra!»
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E poi esplose: non era più nulla, null'altro che dolore e terrore, e doveva nascondersi, non lì tra le macerie della casa distrutta, dove il bambino era intrappolato e urlava, ma lontano... lontano...
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«No» gemette.
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Il serpente avanzò sul pavimento sudicio e ingombro, e lui aveva ucciso il ragazzo, eppure era il ragazzo...
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«No...»
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E adesso era appoggiato alla finestra infranta della casa di Bathilda, immerso nei ricordi della sua sconfitta più grande, e ai suoi piedi l'enorme serpente strisciava sui cocci di vetro e porcellana... guardò in basso e vide qualcosa... qualcosa di incredibile...
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«No...»
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«Harry, va tutto bene, sei salvo!»
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Si chinò a raccogliere la cornice rotta. Eccolo, il ladro ignoto, il ladro che stava cercando...
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«No... me caduta... m'È caduta...»
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«Harry, va tutto bene, svegliati, svegliati!»
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Lui era Harry... Harry, non Voldemort... e la cosa che frusciava non era un serpente...
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Aprì gli occhi.
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«Harry» sussurrò Hermione. «Ti senti... bene?»
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«Sì» mentì.
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Era nella tenda, disteso su uno dei letti in basso, sotto un mucchio di coperte. Dal silenzio e dalla luce piatta e fredda oltre il soffitto di tela capì che era quasi l'alba. Era zuppo di sudore; lo sentiva sulle lenzuola e sulle coperte.
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«Ce l'abbiamo fatta».
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«Sì» disse Hermione. «Ho dovuto usare un Incantesimo di Librazione per metterti a letto, non riuscivo a sollevarti. Eri... be', non eri proprio...»
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Aveva ombre viola sotto gli occhi castani e in mano una piccola spugna: gli aveva sciacquato il viso.
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«Sei stato male» concluse. «Molto male». «Quanto tempo è passato?»
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«Ore. è quasi mattina».
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«E io ero... cosa, svenuto?»
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«Non proprio» rispose Hermione, a disagio. «Urlavi e gemevi e... altro» aggiunse, in un tono che lo inquietò. Che cos'aveva fatto? Aveva urlato maledizioni come Voldemort? Aveva pianto come il piccolo nel lettino?
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«Non riuscivo a toglierti l'Horcrux» aggiunse Hermione, e lui capì che era per cambiare discorso. «Era incollato, incollato al tuo petto. Hai un segno; mi dispiace, ho dovuto usare un Incantesimo Tagliuzzante per levartelo. E il serpente ti ha morso, ma ho ripulito la ferita e ci ho messo sopra del dittamo...»
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Harry scostò la maglietta umida e guardò. C'era un ovale scarlatto sul suo cuore, dove il medaglione l'aveva scottato. Vide anche i segni del morso quasi cicatrizzati sull'avambraccio.
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«Dove hai messo l'Horcrux?»
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«Nella borsa. Credo che faremo meglio a non tenerlo addosso per un po'».
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Harry ricadde sui cuscini e guardò il volto sciupato e grigio di lei.
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«Non dovevamo andare a Godric's Hollow. è colpa mia, è tutta colpa mia, Hermione, scusami».
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«Non è colpa tua. Anch'io volevo andare; ero convinta che Silente ti avesse lasciato là la spada».
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«Già, be'... ci siamo sbagliati, eh?»
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«Cosa è successo, Harry? Cosa è successo quando ti ha portato di sopra? Il serpente era nascosto da qualche parte? è venuto fuori, l'ha uccisa e ti ha aggredito?»
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«No» rispose lui. «Lei era il serpente... o il serpente era lei... per tutto il tempo».
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«C-cosa?»
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Chiuse gli occhi. Aveva ancora addosso l'odore della casa di Bathilda, che rendeva il ricordo spaventosamente nitido.
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«Bathilda dev'essere morta da un pezzo. Il serpente era... era dentro di lei. Tu-Sai-Chi l'ha lasciato a Godric's Hollow, ad aspettare. Avevi ragione. Sapeva che sarei tornato».
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«Il serpente era dentro di lei?»
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Lui riaprì gli occhi: Hermione era disgustata.
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«Lupin aveva detto che ci sarebbe stata magia che non potevamo nemmeno immaginare» proseguì Harry. «Lei non voleva parlare davanti a te, perché era Serpentese, tutto Serpentese, e non me ne sono reso conto, ma è chiaro, io riuscivo a capirla. Quando siamo saliti nella sua stanza, il serpente ha mandato un messaggio a Tu-Sai-Chi, l'ho sentito dentro la testa,
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ho avvertito la sua eccitazione, le ha detto di tenermi lì... e poi...»
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Ricordò il serpente che scivolava fuori dal collo di Bathilda: non c'era bisogno di scendere nei particolari con Hermione.
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«... lei si è trasformata, trasformata nel serpente, e ha attaccato».
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Guardò i segni del morso.
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«Non doveva uccidermi, solo trattenermi fino all'arrivo di Tu-Sai-Chi». Se solo fosse riuscito ad ammazzare il serpente, ne sarebbe valsa la pena, almeno... Nauseato, si alzò a sedere e gettò via le coperte.
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«Harry, no, devi riposarti!»
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«Sei tu che hai bisogno di dormire. Senza offesa, hai un aspetto orribile.
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Io sto bene. Farò la guardia per un po'. Dov'È la mia bacchetta?» Lei non rispose, si limitò a guardarlo.
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«Dov'È la mia bacchetta, Hermione?»
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Lei si morse il labbro, gli occhi pieni di lacrime.
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«Harry...»
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«Dov'È la mia bacchetta?»
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Lei si chinò accanto al letto per prenderla e gliela porse.
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La bacchetta di agrifoglio e fenice era quasi spezzata in due. Un fragile filamento di piuma di fenice teneva insieme i due pezzi. Il legno si era tranciato. Harry la prese fra le mani come se fosse una cosa viva che ha subito una terribile ferita. Non riusciva a riflettere: tutto era una macchia di panico e terrore. Poi la diede a Hermione.
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«Aggiustala. Ti prego».
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«Harry, io non credo, quando si rompe così...»
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«Per favore, Hermione, provaci!»
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«R-Reparo».
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La metà penzolante della bacchetta si saldò. Harry la brandì.
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«Lumos!»
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La bacchetta emise una flebile luce, poi si spense. Harry la puntò contro
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Hermione.
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«Expelliarmus!»
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La bacchetta di Hermione sussultò lievemente, ma non le volò via dalla mano. Il debole tentativo di magia fu troppo per quella di Harry, che si spezzò di nuovo in due. Lui la fissò, stupefatto, incapace di accettare quello che vedeva... la bacchetta che era sopravvissuta a tanto...
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«Harry» sussurrò Hermione, così piano che lui quasi non la sentì. «Scusami. Credo di essere stata io. Quando stavamo scappando, sai, il serpente ci attaccava, e così ho scagliato un Incanto Esplosivo, ed è rimbalzato o
vunque, e deve aver... aver colpito...»
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«È stato un incidente» rispose Harry meccanicamente. Si sentiva vuoto, stordito. «Tro-troveremo il modo di ripararla».
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«Harry, non credo» ribatté Hermione, il volto coperto di lacrime. «Ricordi... ricordi Ron? Quando ha rotto la sua, cadendo con l'auto? Non è più stata la stessa, ha dovuto procurarsene una nuova».
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Harry pensò a Olivander, rapito e prigioniero di Voldemort, a Gregorovich, che era morto. Come avrebbe fatto a trovare una nuova bacchetta?
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«Va bene» disse, in tono falsamente neutro, «per ora prendo in prestito la tua, allora. Per montare la guardia».
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Il volto umido di lacrime, Hermione gli porse la propria bacchetta, e lui uscì dalla tenda, lasciandola seduta accanto al letto, non desiderando altro che allontanarsi da lei.
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