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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Sorprese di compleanno


   Il giorno dopo Harry confidò l’incarico che gli aveva assegnato Silente sia a Ron che a Hermione, anche se in separata sede, perché Hermione si rifiutava di stare in presenza di Ron più del tempo necessario a rifilargli un’occhiata sprezzante.
    Ron era convinto che Harry non avrebbe avuto problemi con Lumacorno.
    «Ti adora» disse a colazione, agitando una forchettata di uovo fritto. «Non ti rifiuterà niente, no? Non al suo piccolo Principe delle Pozioni. Fermati oggi pomeriggio dopo la lezione e chiediglielo».
    Hermione era più pessimista.
    «Dev’essere deciso a nascondere quello che è davvero successo se Silente non è riuscito a cavarglielo» bisbigliò, mentre passeggiavano nel cortile deserto e innevato all’intervallo. «Horcrux… Horcrux… non ne ho mai sentito parlare…»
    «Davvero?»
    Harry era deluso: aveva sperato che lei ne sapesse qualcosa.
    «Dev’essere Magia Oscura molto avanzata, altrimenti perché Voldemort lo voleva sapere? Credo che sarà difficile ottenere quell’informazione, Harry, dovrai stare molto attento a come affronti Lumacorno, architettare una strategia…»
    «Secondo Ron basta che oggi pomeriggio mi fermi dopo Pozioni…»
    «Oh, be’, se Ronron la pensa così, è meglio che tu segua il suo consiglio» sbottò, infiammandosi subito. «Dopotutto quando mai Ronron ha sbagliato giudizio?»
    «Hermione, non puoi…»
    «No!»esclamò lei con rabbia, e se ne andò di corsa lasciando Harry solo e sprofondato fino alle caviglie nella neve.
    Le ore di Pozioni erano molto sgradevoli in quel periodo, poiché dovevano condividere il tavolo. Quel giorno Hermione spostò il suo calderone in modo da stare vicina a Ernie e ignorò gli altri due.
    «Ma tu che cosa le hai fatto?» borbottò Ron a Harry, osservando il profilo altezzoso di Hermione.
    Ma prima che Harry potesse rispondere, Lumacorno li invitò al silenzio.
    «State buoni, state buoni! Presto, ora, abbiamo un sacco di lavoro da fare oggi pomeriggio! La Terza Legge di Golpalott… chi sa dirmi…? Ma la signorina Granger, naturalmente!»
    Hermione recitò tutto d’un fiato: «La-Terza-Legge-di-Golpalott-dice-che-l’antidoto-per-un-veleno-composto-è-maggiore-della-somma-degli-antidoti-di-ciascuno-dei-singoli-componenti».
    «Esatto!» gongolò Lumacorno. «Dieci punti per Grifondoro! Ora, se accettiamo la Terza Legge di Golpalott…»
    Harry avrebbe dovuto credere Lumacorno sulla parola riguardo alla Terza Legge di Golpalott, perché non ci aveva capito niente. Ma nessun altro tranne Hermione parve comprendere il resto.
    «… naturalmente supponendo di aver compiuto una corretta identificazione degli ingredienti della pozione grazie al Rivelaincanto di Scarpin, il nostro scopo primario non è quello relativamente semplice di scegliere gli antidoti agli ingredienti contenuti, ma di scoprire il componente aggiunto che, grazie a un processo quasi alchemico, trasformerà tali diversi elementi…»
    Ron era seduto vicino a Harry, a bocca aperta, e scarabocchiava distrattamente sul suo Pozioni Avanzate. Dimenticava sempre che non poteva più contare su Hermione per tirarsi fuori dai guai.
    «… e quindi» concluse Lumacorno, «voglio che ciascuno di voi prenda una di queste fiale sulla mia cattedra. Contengono un veleno al quale dovete creare un antidoto prima della fine della lezione. Buona fortuna, e non dimenticate i guanti protettivi!»
    Hermione era scesa dal suo sgabello ed era a metà strada verso la scrivania di Lumacorno prima ancora che il resto della classe avesse capito che era ora di muoversi e, quando Harry, Ron ed Ernie tornarono al tavolo, aveva già versato il contenuto della sua fiala nel calderone e stava accendendo il fuoco.
    «È un peccato che il Principe non possa aiutarti granché questa volta, Harry» disse allegramente, rialzandosi. «Qui si tratta di capire il concetto. Niente scorciatoie o trucchetti!»
    Irritato, Harry stappò il veleno che aveva preso dalla cattedra di Lumacorno, un liquido di un rosa sgargiante, lo versò nel calderone e vi accese sotto il fuoco. Non aveva la minima idea di che cosa fare. Guardò Ron, che aveva copiato tutte le sue mosse e ora stava lì con espressione idiota.
    «Sicuro che il Principe non ha qualche suggerimento?» borbottò a Harry.
    Harry prese il suo fidato Pozioni Avanzate e andò al capitolo sugli antidoti. C’era la Terza Legge di Golpalott, parola per parola come l’aveva pronunciata Hermione, ma senza una singola nota illuminante a spiegare che cosa volesse dire. Evidentemente il Principe, come Hermione, non aveva avuto difficoltà a capirla.
    «Niente» rispose Harry, funereo.
    Hermione agitava entusiasta la bacchetta sopra il suo calderone. Non riuscirono nemmeno a copiare l’incantesimo che stava eseguendo perché ormai era diventata così brava in quelli non verbali che non aveva più bisogno di dirli ad alta voce. Ernie Macmillan però stava borbottando ‘Specialis Revelio!’ sul suo paiolo, che suonava bene, così Harry e Ron si affrettarono a imitarlo.
    A Harry bastarono cinque minuti per capire che la sua reputazione di miglior artefice di pozioni della classe stava per crollare. Lumacorno aveva sbirciato speranzoso nel suo calderone durante il primo giro della segreta, pronto a profondersi in esclamazioni estasiate come al solito, e invece aveva ritratto in fretta la testa, tossendo, soffocato dall’odore di uova marce. Hermione non avrebbe potuto essere più soddisfatta; non aveva tollerato di essere superata in ogni prova di Pozioni. Al momento stava decantando gli ingredienti del suo veleno, che si erano misteriosamente separati, in dieci diverse fiale di cristallo. Per evitare quello spettacolo irritante, Harry si chinò sul libro del Principe Mezzosangue e voltò alcune pagine con inutile energia.
    Ed eccola lì, scarabocchiata attraverso una lunga lista di antidoti.
    ’Ficcagli un bezoar in gola’.
    Harry fissò le parole per un istante. Una volta, molto tempo prima, non aveva sentito parlare di bezoar? Piton non l’aveva nominato nella primissima lezione di Pozioni? ‘Una pietra che si trova nella pancia delle capre e che salva da molti veleni’.
    Non era una risposta al problema Golpalott, e se Piton fosse ancora stato il loro insegnante Harry non avrebbe osato farlo, ma a mali estremi estremi rimedi. Si affrettò verso l’armadio delle scorte e vi frugò dentro, spingendo da parte corni di unicorno e grovigli di erbe essiccate finché non trovò, proprio in fondo, una scatolina con su scarabocchiata la parola ‘Bezoar’.
    Aprì la scatola proprio mentre Lumacorno gridava: «Ragazzi, ancora due minuti!» Dentro c’erano alcuni oggetti raggrinziti, più simili a reni secchi che a vere pietre. Harry ne afferrò uno, rimise la scatola nell’armadio e corse indietro al suo calderone.
    «Tempo… SCADUTO!» gridò Lumacorno gioviale. «Be’, vediamo che cos’avete fatto! Blaise… che cos’hai da farmi vedere?»
    Lumacorno fece lentamente il giro della stanza, esaminando i vari antidoti. Nessuno aveva portato a termine il compito, anche se Hermione stava ancora cercando di ficcare alcuni ingredienti nella sua bottiglia prima che Lumacorno arrivasse da lei. Ron aveva rinunciato, e cercava solo di non inalare i fumi putrescenti che si levavano dal suo calderone. Harry rimase in attesa, col bezoar stretto nella mano sudata.
    Il loro tavolo era l’ultimo. Lumacorno annusò la pozione di Ernie e passò a quella di Ron con una smorfia. Non indugiò sul suo calderone, ma si ritrasse in fretta con un breve conato.
    «E tu, Harry?» domandò. «Che cosa mi hai preparato?»
    Harry tese la mano con il bezoar sul palmo.
    Lumacorno lo fissò per dieci secondi buoni. Harry si chiese per un istante se gli avrebbe urlato addosso. Poi gettò indietro la testa e scoppiò in una risata ruggente.
    «Hai del coraggio, ragazzo!» tuonò, prendendo il bezoar e alzandolo in modo che tutti potessero vederlo. «Oh, sei come tua madre… Be’, niente da dire… un bezoar è senza dubbio un antidoto a tutte queste pozioni!»
    Hermione, lustra in volto e macchiata di fuliggine sul naso, era livida. Il suo antidoto incompiuto, che contava cinquantadue ingredienti compresa una ciocca dei suoi capelli, ribolliva pigro alle spalle di Lumacorno, che aveva occhi solo per Harry.
    «E ci hai pensato da solo al bezoar, vero, Harry?»gli chiese lei a denti stretti.
    «Questo è lo spirito inventivo di cui un vero pozionista ha bisogno!» cinguettò Lumacorno, prima che Harry le potesse rispondere. «Proprio come sua madre, la stessa padronanza intuitiva della materia, l’ha sicuramente ereditata da Lily… Sì, Harry, sì, se hai un bezoar a portata di mano, naturalmente funzionerà… anche se, visto che non funzionano con tutto, e sono rari, vale comunque la pena di sapere come preparare un antidoto…»
    La sola persona nella stanza più arrabbiata di Hermione era Malfoy che, Harry fu lieto di constatare, si era versato addosso una sostanza che sembrava vomito di gatto. Prima che uno dei due potesse manifestare la sua ira perché Harry era risultato il primo della classe senza fare niente, però, suonò la campanella.
    «Ora di metter via tutto!» annunciò Lumacorno. «E altri dieci punti a Grifondoro per la sfacciataggine!»
    Ridacchiando, tornò balzelloni alla cattedra.
    Harry si attardò, impiegando una quantità di tempo esagerata a riempire lo zaino. Né Ron né Hermione gli augurarono buona fortuna uscendo; erano tutti e due seccati. Infine Harry e Lumacorno rimasero soli nella stanza.
    «Su, Harry, o sarai in ritardo per la prossima lezione»disse Lumacorno affabile, facendo scattare le serrature d’oro della sua valigetta di pelle di drago.
    «Signore» cominciò Harry, sentendosi spaventosamente identico a Voldemort, «vorrei chiederle una cosa».
    «Spara, ragazzo mio, spara…»
    «Signore, mi chiedevo che cosa sa degli… degli Horcrux».
    Lumacorno s’immobilizzò. Il suo viso tondo parve ripiegarsi su se stesso. Si leccò le labbra e chiese con voce roca: «Che cos’hai detto?»
    «Le ho domandato se sa qualcosa degli Horcrux, signore. Vede…»
    «Te l’ha detto Silente» sussurrò Lumacorno.
    La sua voce era cambiata. Non era più gioviale, ma spaventata, terrorizzata. Si frugò nella tasca sul petto e ne sfilò un fazzoletto con cui si asciugò la fronte umida.
    «Silente ti ha mostrato quel… quel ricordo» continuò. «Allora, non è così?»
    «Sì»rispose Harry, decidendo all’istante che era meglio non mentire.
    «Sì, naturale» mormorò Lumacorno, picchiettandosi ancora il volto pallido. «Ovviamente… be’, se hai visto quel ricordo, Harry, saprai che io non so niente… niente…» e ripeté la parola con forza, «degli Horcrux».
    Prese la valigetta di pelle di drago, si rificcò in tasca il fazzoletto e marciò verso la porta della segreta.
    «Signore» tentò Harry disperato, «pensavo solo che potesse esserci qualcos’altro in quel ricordo…»
    «Ah sì?» chiese Lumacorno. «Be’, ti sei sbagliato, sai? SBAGLIATO!»
    Urlò l’ultima parola e, prima che Harry potesse dire altro, uscì sbattendo la porta.
    Né Ron né Hermione furono per nulla comprensivi con lui quando raccontò del suo disastroso colloquio. L’una ribolliva ancora per il modo in cui Harry aveva trionfato senza merito; l’altro ce l’aveva con lui perché non gli aveva passato un bezoar.
    «Sarebbe stato da stupidi farlo tutti e due!» sbottò Harry irritato. «Senti, ho dovuto cercare di ammorbidirlo per potergli chiedere di Voldemort, no? Oh, non puoi controllarti?» aggiunse esasperato davanti al sussulto di Ron.
    Furioso per il suo fallimento e per l’atteggiamento degli amici, nei giorni seguenti Harry rimuginò su Lumacorno. Decise che per il momento avrebbe finto di aver dimenticato tutto; meglio lasciare che si cullasse in un falso senso di sicurezza prima di tornare all’attacco.
    Di conseguenza, Lumacorno tornò a trattarlo con il consueto calore, come se non fosse successo niente. Harry attese un invito a uno dei suoi festini serali, questa volta deciso ad accettare, anche a costo di spostare gli allenamenti di Quidditch. Purtroppo però non arrivò alcun invito. Harry controllò con Hermione e Ginny: nessuna delle due ne aveva ricevuti, né, per quanto ne sapevano, nessun altro. Non poté fare a meno di chiedersi se Lumacorno non fosse poi smemorato come sembrava, ma solo deciso a non offrire a Harry altre occasioni per interrogarlo.
    Nel frattempo, la biblioteca di Hogwarts aveva tradito Hermione per la prima volta a memoria d’uomo. Era così sconvolta che dimenticò perfino di essere irritata con Harry per il trucchetto del bezoar.
    «Non ho trovato una sola spiegazione degli effetti di un Horcrux!» gli rivelò. «Nemmeno una! Ho cercato in tutto il Reparto Proibito e perfino nei libri più orrendi,quelli che ti spiegano come preparare le pozioni più raccapriccianti… niente! Sono riuscita a trovare solo questo, nell’introduzione a Delle Magie Fetide e Putridissime… sentite qui: ‘Dell’Horcrux, la più malvagia delle magiche invenzioni, non discorreremo né daremo istruzione’… Ma allora perché citarlo?» esclamò con impazienza, chiudendo bruscamente il vecchio libro, che emise un lamento spettrale. «Oh, stai zitto» sbottò, e lo ricacciò nella borsa.
    La neve si sciolse attorno alla scuola all’arrivo di febbraio, sostituita da un’umidità fredda e desolata. Nubi di un grigio violetto gravavano sul castello e una costante pioggia gelida rendeva i prati fangosi e sdrucciolevoli. Il risultato fu che la prima lezione di Materializzazione per i ragazzi del sesto anno, fissata per un sabato mattina in modo che non interferisse col programma regolare, si tenne nella Sala Grande invece che all’aperto.
    Quando giunsero Harry e Hermione (Ron era sceso con Lavanda), scoprirono che le tavole erano scomparse. La pioggia frustava le alte finestre e il soffitto incantato vorticava cupo sopra di loro mentre si riunivano davanti ai professori McGranitt, Piton, Vitious e Sprite — i direttori delle Case — e a un piccolo mago che doveva essere l’Istruttore mandato dal Ministero. Era stranamente incolore, con ciglia trasparenti, capelli a ciuffi e un’aria eterea, come se un solo sbuffo di vento potesse soffiarlo via. Harry si chiese se le frequenti Smaterializzazioni e Materializzazioni avessero in qualche modo diminuito la sua sostanza, o se una struttura fragile fosse ideale per chiunque desiderasse svanire.
    «Buongiorno» esordì il mago del Ministero quando tutti gli studenti furono arrivati e i direttori delle Case ebbero imposto il silenzio. «Mi chiamo Wilkie Twycross e sarò il vostro Istruttore Ministeriale di Materializzazione per le prossime dodici settimane. Spero in questo periodo di riuscire a prepararvi…»
    «Silenzio, Malfoy, e stai attento!» abbaiò la professoressa McGranitt.
    Tutti si voltarono. Malfoy era rosso grigiastro; si allontanò furente da Tiger, con cui sembrava aver litigato a bassa voce. Harry guardò rapido Piton, che pareva irritato, ma probabilmente più per il fatto che la McGranitt avesse sgridato uno della sua Casa che per la maleducazione di Malfoy.
    «… così che molti di voi possano affrontare l’esame» continuò Twycross, come se non fosse stato interrotto. «Come saprete, di solito è impossibile Materializzarsi o Smaterializzarsi entro i confini di Hogwarts. Il Preside ha sospeso questo incantesimo solo per la Sala Grande e per un’ora, per consentirvi di esercitarvi. Vorrei sottolineare che non riuscirete a Materializzarvi fuori dalle pareti di questa Sala, e che sarebbe assai poco saggio provarci.
    «Prego, disponetevi in modo da avere un metro e mezzo di spazio davanti a voi».
    Seguì una grande agitazione: i ragazzi si allontanavano, si urtavano e si intimavano a vicenda di uscire dal proprio spazio. I direttori delle Case camminarono tra gli studenti, disponendoli in ordine e interrompendo le liti.
    «Harry, dove vai?» gli chiese Hermione.
    Ma Harry non rispose; avanzava rapido nella calca, oltre il punto in cui il professor Vitious faceva queruli tentativi di sistemare alcuni Corvonero, che volevano stare tutti davanti; oltre la professoressa Sprite, che incitava i Tassorosso a mettersi in fila; finché, scansato Ernie Macmillan, prese posto in fondo alla folla, proprio dietro Malfoy, il quale approfittava del caos generale per continuare la discussione con Tiger, che un metro e mezzo più in là aveva un’aria ribelle.
    «Non so quanto ancora durerà, va bene?» gli sibilò Malfoy, ignaro di Harry alle sue spalle. «Ci vuole più tempo di quanto immaginassi».
    Tiger aprì la bocca, ma l’altro lo anticipò.
    «Senti, quello che faccio non ti interessa, tu e Goyle fate come dico io e state di guardia!»
    «Io racconto ai miei amici che cosa ho in mente, se voglio che facciano la guardia per me» fece Harry, abbastanza forte perché Malfoy lo sentisse.
    Malfoy si voltò di scatto e la mano gli volò alla bacchetta, ma in quel preciso istante i quattro direttori delle Case gridarono «zitti!» e calò di nuovo il silenzio. Malfoy si voltò lentamente per guardare davanti a sé.
    «Grazie» continuò Twycross. «Allora…»
    Agitò la bacchetta. Vecchi cerchi di legno apparvero all’istante sul pavimento davanti a ciascuno studente.
    «Le cose importanti da ricordare quando ci si Materializza sono le tre D!» spiegò Twycross. «Destinazione, Determinazione, Decisione!
    «Punto primo: fissate la mente con forza sulla destinazione desiderata. In questo caso, l’interno del vostro cerchio. Vi prego di concentrarvi, adesso».
    Tutti si guardarono attorno furtivi, per controllare che gli altri fissassero il proprio cerchio, poi si affrettarono a obbedire. Harry scrutò l’area circolare di pavimento polveroso delimitata dal suo cerchio e si sforzò di non pensare a nient’altro. Ma risultò impossibile, perché non riusciva a smettere di lambiccarsi su che cosa potesse tramare Malfoy che richiedesse delle sentinelle.
    «Punto secondo» proseguì Twycross. «Mettete a fuoco la vostra determinazione di occupare lo spazio visualizzato! Lasciate che la brama di entrarvi fluisca dalla vostra mente in ogni particella del vostro corpo!»
    Harry si guardò intorno di nascosto. Alla sua sinistra, Ernie Macmillan contemplava il proprio cerchio con tanta intensità che era diventato rosso; sembrava che volesse deporre un uovo grande come una Pluffa. Harry soffocò una risata e calò in fretta lo sguardo sul proprio cerchio.
    «Punto terzo» annunciò Twycross, «e solo quando vi do l’ordine… girate sul posto, cercando di entrare nel nulla, muovendovi con decisione! Al mio ordine… uno…»
    Harry si guardò di nuovo intorno: molti dei ragazzi erano preoccupati dalla richiesta di Materializzarsi così in fretta. «… due…»
    Harry cercò di concentrarsi di nuovo sul suo cerchio: si era già dimenticato il significato delle tre D. «… TRE!»
    Harry girò su se stesso, perse l’equilibrio e quasi cadde. Non fu il solo. Tutta la Sala all’improvviso fu piena di ragazzi barcollanti; Neville era disteso a pancia in su; Ernie Macmillan aveva fatto una sorta di piroetta dentro il suo cerchio e per un attimo parve emozionato, finché non vide Dean Thomas ridere di lui.
    «Non importa, non importa!» commentò asciutto Twycross, che evidentemente non si era aspettato niente di meglio. «Sistemate i cerchi, per favore, e tornate nella posizione iniziale…»
    Il secondo tentativo non fu migliore del primo. Il terzo altrettanto. Fino al quarto non accadde nulla di interessante. Poi echeggiò un terribile ululato di dolore e tutti si voltarono, terrorizzati, per vedere Susan Bones di Tassorosso che oscillava dentro il suo cerchio: ma la gamba sinistra le era rimasta nel punto da cui era partita, a un metro e mezzo da lei.
    I direttori delle Case accorsero; si udì un grande schiocco e si levò uno sbuffo di fumo viola, che si dissolse rivelando Susan in singhiozzi, ricongiunta alla sua gamba ma spaventatissima.
    «Lo Spaccamento, ossia la separazione casuale di parti del corpo» spiegò Wilkie Twycross con freddezza, «si verifica quando la volontà non è sufficientemente determinata. Dovete concentrarvi di continuo sulla vostra destinazione,e muovervi senza fretta, ma con decisione… così».
    Fece un passo avanti, girò su se stesso con grazia, a braccia larghe, e svanì in un vorticare di stoffa per riapparire in fondo alla Sala.
    «Ricordate le tre D» ripeté, «e riprovate… uno… due… tre…»
    Ma un’ora dopo, lo Spaccamento di Susan era ancora la cosa più interessante che fosse successa. Twycross non pareva scoraggiato. Si allacciò il mantello al collo e si limitò a dire: «A sabato prossimo, voi tutti, e non dimenticate: destinazione, determinazione, decisione».
    E con questo agitò la bacchetta, fece Evanescere i cerchi e uscì dalla Sala accompagnato dalla professoressa McGranitt. Le chiacchiere esplosero non appena i ragazzi cominciarono a spintonarsi verso la Sala d’Ingresso.
    «Come sei andato?» chiese Ron, raggiungendo Harry di corsa. «A me pare di aver sentito qualcosa l’ultima volta che ho provato… una specie di formicolio nei piedi».
    «Avrai le scarpe troppo strette, Ronron» disse una voce alle loro spalle, e Hermione li superò a grandi passi, con un sogghigno.
    «Io non ho sentito niente» rispose Harry, ignorando l’interruzione. «Ma al momento non me ne importa…»
    «Come sarebbe, non te ne importa… non vuoi imparare a Materializzarti?» chiese Ron, incredulo.
    «Non poi tanto, davvero. Preferisco volare» replicò Harry, e si guardò indietro per vedere dov’era Malfoy. Arrivati nella Sala d’Ingresso, accelerò. «Dai, spicciati, voglio fare una cosa…»
    Perplesso, Ron seguì Harry di corsa su alla Torre di Grifondoro. Furono trattenuti da Pix, che aveva chiuso una porta al quarto piano e si rifiutava di lasciar passare chiunque a meno che non si desse fuoco alle mutande, ma Harry e Ron si limitarono a tornare indietro e a prendere una delle loro fidate scorciatoie. Di lì a cinque minuti varcavano il buco del ritratto.
    «Mi vuoi dire che cosa dobbiamo fare, allora?» gli chiese Ron, ansante.
    «Quassù» rispose Harry, e lo guidò attraverso la sala comune oltre la porta, verso la scala dei ragazzi.
    Il loro dormitorio era vuoto, come Harry aveva sperato. Aprì in fretta il suo baule e cominciò a rovistare, mentre Ron lo guardava impaziente.
    «Harry…»
    «Malfoy sta usando Tiger e Goyle come sentinelle. Ha appena litigato con Tiger. Voglio sapere… ecco».
    L’aveva trovata, una pergamena piegata in apparenza bianca, che dispiegò e batté con la punta della bacchetta.
    «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni… o almeno, Malfoy non le ha».
    Sulla pergamena apparve immediatamente la Mappa del Malandrino: la pianta dettagliata di tutti i piani del castello, e i minuscoli punti in movimento, etichettati da un piccolo cartiglio, che rappresentavano tutti gli abitanti.
    «Aiutami a trovare Malfoy» fece Harry.
    Posò la Mappa sul letto e vi si chinò sopra insieme a Ron.
    «Ecco!» disse lui dopo un minuto. «È nella sala comune di Serpeverde, guarda… con la Parkinson e Zabini e Tiger e Goyle…»
    Harry guardò la Mappa, deluso, ma si rianimò subito.
    «Be’, d’ora in poi lo terrò d’occhio» decise. «E quando lo vedrò appostarsi da qualche parte con Tiger e Goyle che fanno la guardia fuori, mi metterò il Mantello dell’Invisibilità e andrò a vedere che cosa…»
    Si interruppe perché Neville era entrato nel dormitorio, con addosso un forte odore di bruciato, e s’era messo a cercare un paio di mutande nuove nel proprio baule.
    Benché determinato a sorprendere Malfoy, Harry non ebbe fortuna per le due settimane seguenti. Consultava la Mappa più spesso che poteva, facendo anche visite non necessarie in bagno tra una lezione e l’altra, ma non gli capitò mai di cogliere Malfoy in un luogo sospetto. In realtà vide Tiger e Goyle spostarsi per il castello da soli, fermandosi in corridoi deserti, però in quelle occasioni non solo Malfoy non era nelle vicinanze, ma era impossibile da individuare sulla Mappa. Era un vero mistero. Harry contemplò l’ipotesi che si allontanasse dai confini della scuola, ma non riusciva a capire come, visto l’altissimo livello di sorveglianza. Poteva solo supporre di avere difficoltà a trovare Malfoy tra le centinaia di puntolini neri sulla Mappa. Quanto al fatto che Malfoy, Tiger e Goyle sembravano andare ciascuno per la propria strada quando di solito erano inseparabili, è quello che succede quando si cresce: Ron e Hermione, rifletté malinconicamente Harry, ne erano la prova vivente.
    Marzo prese il posto di febbraio senza che il tempo mutasse, a parte il vento che si aggiunse all’umidità. Nell’indignazione generale, in tutte le bacheche delle sale comuni apparve un cartello: la gita successiva a Hogsmeade era stata cancellata. Ron era furente.
    «Era il giorno del mio compleanno!» si lagnò. «L’aspettavo tanto!»
    «Non è una gran sorpresa, però, no?» ribatté Harry. «Dopo quello che è successo a Katie».
    Non era ancora tornata da San Mungo. E in più La Gazzetta del Profeta aveva riferito di altre sparizioni, tra cui quelle di numerosi parenti di allievi di Hogwarts.
    «Adesso l’unica cosa che ho da aspettare è quella stupida lezione di Materializzazione!» borbottò Ron immusonito. «Bel regalo di compleanno…»
    Dopo tre lezioni, Materializzarsi era sempre difficilissimo, anche se altri erano riusciti a Spaccarsi. La delusione era alta e circolava un certo malcontento nei confronti di Wilkie Twycross e delle sue tre D, che gli erano valse una serie di soprannomi, i più garbati dei quali erano Deretano e Demente.
    «Buon compleanno, Ron» disse Harry il primo di marzo, quando furono svegliati da Seamus e Dean che scendevano rumorosamente a colazione. «Un regalo per te».
    Gli lanciò sul letto un pacco, che andò ad aggiungersi a una piccola catasta probabilmente consegnata dagli elfi domestici durante la notte.
    «Grazie» rispose Ron sonnolento. Strappò l’involucro, mentre Harry scese dal letto, aprì il baule e vi rovistò dentro in cerca della Mappa del Malandrino, che nascondeva sempre dopo l’uso. Lo svuotò per metà prima di trovarla sotto i calzini appallottolati dove teneva ancora la bottiglia di pozione della fortuna, la Felix Felicis.
    «Bene» mormorò. Tornò a letto, colpì piano la Mappa con la bacchetta e sussurrò: «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni» in modo che Neville non lo sentisse.
    «Belli!» esclamò Ron entusiasta, sventolando il regalo di Harry: un nuovo paio di guanti da Portiere.
    «Prego» replicò Harry distrattamente, cercando Malfoy nel dormitorio di Serpeverde. «Ehi… non mi pare che sia a letto…»
    Ron non rispose: era troppo occupato a scartare regali, e ogni tanto gettava un’esclamazione di gioia.
    «Gran bel bottino quest’anno!» annunciò, mostrando un pesante orologio d’oro con strani simboli sul bordo e minuscole stelle mobili al posto delle lancette. «Visto che cosa mi hanno regalato mamma e papà? Mi sa che diventerò maggiorenne anche il prossimo anno…»
    «Forte» borbottò Harry, dedicando uno sguardo rapido all’orologio prima di scrutare la Mappa più da vicino. Dov’era Malfoy? Non sembrava che fosse alla tavola di Serpeverde in Sala Grande, a fare colazione… non era vicino a Piton, nel suo studio… non era in nessuno dei bagni o in infermeria…
    «Ne vuoi uno?» farfugliò Ron, offrendogli una scatola di Cioccalderoni.
    «No, grazie» rispose Harry alzando gli occhi. «Malfoy è sparito di nuovo!»
    «Non è possibile» biascicò Ron, ficcandosi in bocca un secondo Cioccalderone mentre scivolava giù dal letto per vestirsi. «Andiamo, se non ti spicci dovrai Materializzarti a stomaco vuoto… forse sarebbe più facile, chissà…»
    Guardò pensieroso la scatola di Cioccalderoni, poi scrollò le spalle e ne prese un terzo.
    Harry batté con la bacchetta sulla Mappa, borbottò «Fatto il misfatto»anche se non era vero, e si vestì, meditabondo. Ci doveva essere un motivo per le periodiche sparizioni di Malfoy, ma non riusciva a immaginarlo. Il modo migliore per scoprirlo sarebbe stato pedinarlo, ma anche con il Mantello dell’Invisibilità era un’idea poco realistica; aveva le lezioni, gli allenamenti di Quidditch, i compiti e Materializzazione; non poteva seguire Malfoy tutto il giorno in giro per la scuola senza che la sua assenza venisse notata.
    «Pronto?» chiese a Ron.
    Era a metà strada verso la porta del dormitorio quando si accorse che Ron non si era mosso. Era appoggiato ai piedi del letto e fissava fuori dalla finestra bagnata di pioggia con una strana espressione confusa.
    «Ron? La colazione».
    «Non ho fame».
    Harry lo squadrò.
    «Ma non hai appena detto…»
    «Be’, d’accordo, scendo» sospirò Ron, «ma non mi va di mangiare».
    Harry lo studiò, insospettito.
    «Ti sei appena mangiato mezza scatola di Cioccalderoni, vero?»
    «Non è per quello». Ron sospirò di nuovo. «Tu… tu non puoi capire».
    «D’accordo» ribatté Harry, benché perplesso, voltandosi per aprire la porta.
    «Harry!» esclamò Ron.
    «Cosa?»
    «Harry, non lo sopporto!»
    «Non sopporti cosa?» gli chiese Harry, che cominciava a essere preoccupato. Ron era pallido e sembrava sul punto di vomitare.
    «Non riesco a smettere di pensare a lei!» ansimò.
    Harry lo guardò a bocca aperta. Non se l’era aspettato e non era sicuro di volerlo sentire Va bene essere amici, ma se Ron cominciava a chiamare Lavanda ‘Lavlav’ avrebbe dovuto dire basta.
    «Perché questo ti impedisce di fare colazione?» gli chiese, cercando di infondere un po’ di buonsenso al dialogo.
    «Non credo che sappia che esisto» sospirò Ron con un gesto disperato.
    «Certo che sa che esisti» ribatté Harry, esterrefatto. «Non fa altro che pomiciare con te, no?»
    Ron strizzò gli occhi.
    «Di chi stai parlando?»
    «E tu di chi stai parlando?» chiese Harry, sempre più convinto che ogni briciolo di ragionevolezza fosse svanito dalla conversazione.
    «Di Romilda Vane»rispose Ron dolcemente, e tutto il suo viso parve illuminarsi, come se fosse stato colpito da un raggio della più pura luce solare.
    Si fissarono per quasi un minuto. «È uno scherzo, vero? Stai scherzando» concluse Harry.
    «Io credo… Harry, credo di amarla» balbettò Ron con voce soffocata.
    «D’accordo» disse Harry, avvicinandosi per esaminare gli occhi vitrei e il colorito pallido. «D’accordo… dillo di nuovo stando serio».
    «Io l’amo» boccheggiò Ron, senza fiato. «Hai visto i suoi capelli, sono così neri e splendenti e setosi… E i suoi occhi? I suoi grandi occhi scuri? E il suo…»
    «È molto, molto divertente» tagliò corto Harry, «ma lo scherzo è finito, d’accordo? Smettila».
    Si voltò per andarsene; aveva fatto due passi verso la porta quando gli arrivò un colpo sull’orecchio destro. Si voltò barcollando. Il pugno di Ron era serrato, il suo volto deformato dall’ira; stava per colpire di nuovo.
    Harry reagì d’istinto; la bacchetta uscì dalla tasca e l’incantesimo gli balzò in mente senza nemmeno pensarci: Levicorpus!
    Ron fu issato per la caviglia un’altra volta; urlò ciondolando impotente, con i vestiti che gli pendevano di dosso.
    «Ma sei impazzito?»urlò Harry.
    «Tu l’hai insultata! Hai detto che era uno scherzo!» gridò Ron, che stava piano piano diventando scarlatto per via del sangue alla testa.
    «È una follia!» esclamò Harry. «Che cosa ti è…?»
    E poi vide la scatola aperta sul letto di Ron e la verità lo colpì con la forza di un troll in fuga.
    «Dove hai preso quei Cioccalderoni?»
    «Erano un regalo di compleanno!» strillò Ron, girando lentamente a mezz’aria mentre lottava per liberarsi. «Te ne ho anche offerto uno, no?»
    «Li hai presi da terra?»
    «Mi erano caduti dal letto, va bene? Fammi scendere!»
    «Non ti sono caduti dal letto, idiota, non capisci? Erano miei, li ho tirati fuori dal baule quando cercavo la Mappa. Sono i Cioccalderoni che Romilda mi ha regalato prima di Natale e sono tutti ripieni di filtro d’amore!»
    Ma Ron parve comprendere solo una di quelle parole.
    «Romilda?» ripeté. «Hai detto Romilda? Harry… la conosci? Puoi presentarmela?»
    Harry guardò Ron appeso per aria e il suo volto tremendamente speranzoso, e contenne a fatica una risata. Una parte di lui — quella più vicina al suo orecchio destro pulsante — era piuttosto incline a lasciar cadere Ron e vederlo correre qua e là come un pazzo fino a quando l’effetto della pozione fosse svanito… ma d’altronde erano amici, Ron non era in sé quando l’aveva aggredito, e Harry era convinto di meritarsi un altro pugno se avesse consentito a Ron di dichiarare amore imperituro a Romilda Vane.
    «Sì, te la presento» rispose, pensando in fretta. «Adesso ti faccio scendere, va bene?»
    Spedì Ron a schiantarsi sul pavimento (l’orecchio gli faceva proprio male), ma quello balzò in piedi con un gran sorriso.
    «Dev’essere nell’ufficio di Lumacorno» gli disse con sicurezza avviandosi alla porta.
    «Perché?» chiese Ron teso, correndo per stargli al passo.
    «Oh, fa delle ripetizioni con lui» inventò Harry senza alcuno scrupolo.
    «Forse posso chiedere se posso farle anch’io con lei?» chiese Ron entusiasta.
    «Magnifica idea» approvò Harry.
    Lavanda era in attesa vicino al buco del ritratto: una complicazione imprevista.
    «Sei in ritardo, Ronron!» lo redarguì, imbronciata. «Ho un regalo…»
    «Lasciami in pace» ribatté Ron, impaziente, «Harry deve presentarmi Romilda Vane».
    E senza un’altra parola uscì. Harry cercò di imbastire un’espressione di scusa per Lavanda, ma forse gliene riuscì solo una di divertimento, perché lei sembrava più offesa che mai quando la Signora Grassa si richiuse alle loro spalle.
    Harry era un po’ preoccupato che Lumacorno non ci fosse, invece aprì la porta del suo ufficio non appena sentì bussare. Indossava una vestaglia di velluto e un berretto da notte verdi, e aveva gli occhi cisposi.
    «Harry» borbottò. «È molto presto… di solito il sabato dormo fino a tardi…»
    «Professore, mi dispiace disturbarla» bisbigliò Harry, mentre Ron si issava in punta di piedi nel tentativo di vedere la stanza oltre Lumacorno, «ma il mio amico Ron ha ingerito per sbaglio un filtro d’amore. Non potrebbe dargli un antidoto? Lo porterei da Madama Chips, ma noi studenti non dovremmo possedere niente che provenga da Tiri Vispi Weasley e, sa… strane domande…»
    «Avrei pensato che riuscissi a preparargli tu un rimedio, Harry, un pozionista abile come te…» obiettò Lumacorno.
    «Ehm» fece Harry, un po’ distratto dalle gomitate di Ron che cercava di entrare a forza nella stanza, «be’, non ho mai preparato un antidoto per un filtro d’amore, signore, e nel tempo che impiegherei a fare quello giusto Ron potrebbe combinare qualcosa di grave…»
    Per fortuna, Ron scelse quel momento per mugolare: «Harry, non la vedo… la tiene nascosta?»
    «La pozione era scaduta?» chiese Lumacorno, osservando Ron con interesse professionale. «Possono irrobustirsi se conservate a lungo».
    «Questo spiegherebbe parecchie cose» ansimò Harry, ormai impegnato in un corpo a corpo con Ron per impedirgli di stendere Lumacorno. «È il suo compleanno, professore» aggiunse in tono supplichevole.
    «Oh, d’accordo, entrate, allora, entrate» acconsentì Lumacorno, addolcito. «Ho l’occorrente qui nella mia borsa, non è un antidoto difficile…»
    Ron si scaraventò nello studio surriscaldato e ingombro, inciampò in un poggiapiedi infiocchettato, riacquistò l’equilibrio aggrappandosi al collo di Harry e borbottò: «Non mi ha visto, vero?»
    «Non è ancora arrivata» lo rassicurò Harry. Lumacorno aprì la cassetta delle pozioni e versò un pizzico di questo e quello in una bottiglietta di cristallo.
    «Bene» disse Ron con ardore. «Come ti sembro?»
    «Bellissimo» disse Lumacorno soave, e porse a Ron un bicchiere di liquido trasparente. «Adesso bevilo, è un tonico per i nervi, ti calmerà fino al suo arrivo».
    «Ottimo» approvò Ron entusiasta, e bevve rumorosamente l’antidoto.
    Harry e Lumacorno lo osservarono. Per un attimo Ron sorrise; poi, molto lentamente, il sorriso si afflosciò e svanì, sostituito da un’espressione di intenso orrore.
    «Sei tornato normale, allora?» chiese Harry sollevato. Lumacorno ridacchiò. «Grazie mille, professore».
    «Di niente, ragazzo mio, di niente» replicò Lumacorno mentre Ron crollava in una poltrona con aria devastata.
    «Ha bisogno di un cordiale»aggiunse, trafficando su un tavolo carico di bottiglie. «Ho della Burrobirra, ho del vino, ho un’ultima bottiglia di questo idromele barricato… mmm… volevo regalarlo a Silente per Natale… Ah, be’…»scrollò le spalle. «… Non può sentire la mancanza di ciò che non ha mai ricevuto! Perché non lo apriamo adesso per festeggiare il compleanno del signor Weasley? Non c’è niente come un buon superalcolico per cacciar via le pene d’amore non corrisposto…»
    Ridacchiò di nuovo e Harry lo imitò. Era la prima volta che si trovava quasi solo con Lumacorno dopo il disastroso tentativo di estorcergli il vero ricordo. Forse, se fosse riuscito a mantenerlo di buonumore… forse, se avessero bevuto abbastanza idromele barricato…
    «Ecco qua» continuò Lumacorno, e porse ai ragazzi due bicchieri d’idromele prima di levare il suo. «Be’, buonissimo compleanno, Ralph…»
    «… Ron…» sussurrò Harry.
    Ma Ron, che sembrava non aver sentito il brindisi, aveva già bevuto.
    Ci fu un secondo, appena più di un battito cardiaco, nel quale Harry capì che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di terribile, e Lumacorno evidentemente no.
    «… e cento di questi…»
    «Ron!»
    Ron aveva lasciato cadere il bicchiere; si alzò a metà dalla poltrona e poi si afflosciò, con le braccia e le gambe che sussultavano incontrollabili. Aveva la schiuma alla bocca e gli occhi fuori dalle orbite.
    «Professore!» urlò Harry. «Faccia qualcosa!»
    Ma Lumacorno sembrava paralizzato dallo spavento. Ron si contorceva e soffocava; la sua pelle stava diventando blu.
    «Cosa… ma…» farfugliò Lumacorno.
    Harry balzò oltre un basso tavolino e corse alla cassetta da pozioni di Lumacorno, estrasse barattoli e sacchetti, mentre i terribili rantoli di Ron riempivano la stanza. Poi la trovò: la pietra simile a un rene raggrinzito che Lumacorno gli aveva preso a Pozioni.
    Si precipitò di nuovo accanto a Ron, gli spalancò la bocca e gli ficcò in gola il bezoar. Ron fu scosso da un grande brivido, inspirò con un suono rasposo e il suo corpo divenne molle e immobile.
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