La prospettiva di parlare faccia a faccia con Sirius fu la sola cosa che sostenne Harry per i quindici giorni che seguirono, l’unica luce in un orizzonte che non era mai stato più cupo. Lo shock di essere campione della scuola ormai si era un po’ attenuato, e cominciava a farsi strada la paura per ciò che lo attendeva. La prima prova era sempre più vicina; la sentiva acquattata davanti a lui come un mostro orrendo che gli sbarrava il cammino. I suoi nervi non avevano mai sofferto così tanto, nemmeno prima di un incontro di Quidditch, compreso l’ultimo contro Serpeverde, in cui Grifondoro aveva vinto la Coppa. Harry non riusciva a pensare a un dopo, era come se tutta la sua vita lo avesse condotto alla prima prova, e con questa dovesse finire…
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A dire il vero, non sapeva come Sirius avrebbe potuto migliorare il suo stato d’animo. Doveva affrontare una prova sconosciuta di difficile, pericolosa magia davanti a centinaia di persone, ma la sola vista di un volto amichevole sarebbe stata preziosa, al momento. Harry rispose a Sirius: scrisse che si sarebbe trovato davanti al fuoco della sala comune all’ora concordata, e lui e Hermione passarono molto tempo a studiare piani per costringere eventuali intrusi a uscire dalla sala comune la notte in questione. Nella peggiore delle ipotesi, avrebbero lanciato un sacchetto di Caccabombe, ma speravano di no: Gazza li avrebbe scuoiati vivi.
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Nel frattempo, la vita di Harry nel castello peggiorò ancora quando uscì l’articolo di Rita Skeeter sul Torneo Tremaghi: si scoprì infatti che era non tanto un pezzo sul Torneo quanto la storia della vita di Harry tratteggiata a tinte forti. Una foto di Harry occupava gran parte della prima pagina; l’articolo (che continuava alle pagine due, sei e sette) era tutto su Harry, i nomi dei campioni di Beauxbatons e Durmstrang (scritti sbagliati) erano stati infilati nell’ultima riga dell’articolo, e Cedric non era stato nemmeno citato.
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L’articolo era uscito dieci giorni prima, e tutte le volte che ci pensava, Harry provava ancora un senso di nausea e vergogna bruciante. Rita Skeeter aveva riferito una mostruosa quantità di cose che lui non ricordava di aver mai detto nella vita, men che meno nel ripostiglio delle scope.
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«Credo di aver ereditato la mia forza dai miei genitori. So che sarebbero molto fieri di me se potessero vedermi… sì, qualche volte la notte piango ancora per loro, non mi vergogno di ammetterlo… so che nulla mi potrà ferire durante il Torneo, perché loro vegliano su di me…»
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Ma Rita Skeeter era andata oltre: non solo aveva trasformato i suoi “ehm” in lunghe frasi stucchevoli, ma aveva anche intervistato altri sul suo conto.
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Harry a Hogwarts ha finalmente trovato l’amore. Il suo intimo amico Colin Canon dice che Harry è quasi sempre in compagnia di una certa Hermione Granger, una ragazza straordinariamente graziosa, Babbana per nascita, che, come Harry, è una degli studenti migliori della scuola.
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Dal momento in cui uscì l’articolo, Harry dovette sopportare un’incredibile quantità di battute e commenti sarcastici da parte di tutti, soprattutto i Serpeverde.
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«Vuoi un fazzoletto, Harry? Così se per caso ti metti a piangere a Trasfigurazione…»
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«Da quando sei uno degli allievi migliori della scuola, Potter? O è una scuola che tu e Paciock avete messo su insieme?»
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«Ehi… Harry!»
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Harry si voltò di scatto: ne aveva abbastanza. «Sì, è vero!» urlò esasperato. «Mi sono appena cavato gli occhi a forza di piangere la mamma morta, e adesso ho intenzione di continuare…»
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«No… era solo… ti è caduta la penna».
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Era Cho. Harry diventò di fiamma.
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«Oh… va bene… scusa…» borbottò, riprendendosi la penna.
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«Ehm… buona fortuna per martedì» disse lei. «Spero davvero che tu te la cavi bene».
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Harry non poté che sentirsi molto stupido.
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Anche Hermione si sorbiva la sua bella dose di battute sgradevoli, ma non aveva ancora cominciato a strillare ai passanti innocenti; in effetti, Harry era davvero ammirato per il modo in cui affrontava la situazione.
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«Straordinariamente graziosa? Lei?» aveva esclamato Pansy Parkinson la prima volta che si era trovata faccia a faccia con Hermione dopo l’uscita dell’articolo di Rita. «Chi aveva in mente? Un castoro?»
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«Ignorale» disse Hermione con voce piena di dignità, oltrepassando a testa alta le Serpeverde sogghignanti come se non esistessero. «Ignorale e basta, Harry».
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Ma Harry non ci riusciva. Ron non gli rivolgeva la parola da quando gli aveva detto del castigo di Piton. Harry aveva mezzo sperato che si sarebbero rappacificati durante le due ore nelle quali furono costretti a mettere sott’aceto cervelli di ratto nel sotterraneo di Piton, ma proprio quel giorno era uscito l’articolo di Rita, a rafforzare la convinzione di Ron che Harry si stesse davvero godendo tutta l’attenzione di cui era oggetto.
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Hermione era arrabbiata con tutti e due; andava dall’uno all’altro, cercando di costringerli a parlarsi, ma Harry era irremovibile: avrebbe parlato con Ron solo se lui avesse riconosciuto che Harry non aveva messo il suo nome nel Calice di Fuoco, e si fosse scusato per averlo definito un bugiardo.
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«Non sono stato io a cominciare» diceva Harry cocciuto. «È un problema suo».
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«Ma lui ti manca!» esclamava Hermione impaziente. «E io so che tu manchi a lui…»
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«Lui mancarmi?» diceva Harry. «Non mi manca affatto…»
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Ma era una bugia bella e buona. A Harry piaceva molto Hermione, ma non era come con Ron. Ridevi molto meno, e stavi molto di più in biblioteca se Hermione era la tua migliore amica. Harry non padroneggiava ancora gli Incantesimi di Appello, sembrava aver sviluppato una specie di blocco, e Hermione insistette che apprendere la teoria gli sarebbe servito. Di conseguenza passarono un sacco di tempo chini sui libri all’ora di pranzo.
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Anche Viktor Krum passava un mucchio di tempo in biblioteca, e Harry si chiese che cosa stava tramando. Studiava, o cercava informazioni che gli potessero tornar utili per superare la prima prova? Hermione si lamentava della presenza di Krum — non perché desse loro fastidio, ma perché da dietro gli scaffali spuntavano spesso interi gruppi di ragazzine ridacchianti e sospiranti, venute a spiarlo, e Hermione trovava irritante tutto quel chiasso.
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«Non è nemmeno carino!» borbottava arrabbiata, scrutando torva il profilo aguzzo di Krum. «Lo adorano solo perché è famoso! Non lo guarderebbero due volte se non sapesse fare quella roba, quella Falsa Wonky…»
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«Finta Wronsky» la corresse Harry a denti stretti: oltre al fastidio nel sentir storpiare i termini del Quidditch, aveva provato una fitta di nostalgia al pensiero della faccia di Ron se avesse sentito Hermione parlare di False Wonky.
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È strano, ma quando si ha paura di qualcosa, e si darebbe tutto per rallentare il tempo, quest’ultimo ha la spiacevole abitudine di accelerare. I giorni che precedettero la prima prova parvero scivolar via come se qualcuno avesse regolato gli orologi sulla doppia velocità. Quella sensazione di panico a stento controllato seguiva Harry ovunque andasse, onnipresente come le battute maligne sull’articolo della Gazzetta del Profeta.
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Il sabato prima della prova, tutti gli studenti dal terzo anno in su ebbero il permesso di andare in gita al villaggio di Hogsmeade. Hermione disse a Harry che gli avrebbe fatto bene allontanarsi dal castello per un po’, e Harry non tardò molto a farsi convincere.
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«Ma, e Ron?» disse. «Non vuoi andarci con lui?»
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«Oh… be’…» Hermione arrossi. «Pensavo che potremmo vederci ai Tre Manici di Scopa…»
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«No» disse Harry in tono netto.
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«Oh, Harry, è una cosa così stupida…»
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«Verrò, ma non ho intenzione di vedere Ron, e mi porto il Mantello dell’Invisibilità».
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«Oh, va bene, allora…» sbottò Hermione, «ma detesto parlarti quando ce l’hai addosso, non so mai se devo guardarti o no».
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Così Harry si mise il Mantello dell’lnvisibilità su in dormitorio, tornò di sotto e lui e Hermione partirono insieme per Hogsmeade.
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Harry si sentiva meravigliosamente libero sotto il Mantello; osservò gli altri studenti superarli mentre entravano nel villaggio, e molti ostentavano spille con la scritta TIFA PER CEDRIC DIGGORY, ma una volta tanto non fu oggetto di commenti sarcastici, e nessuno citò quello stupido articolo.
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«Adesso continuano a guardare me» disse più tardi Hermione imbronciata, mentre uscivano da Mielandia mangiando grossi cioccolatini ripieni. «Credono che parli da sola».
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«Non muovere cosi tanto le labbra, allora».
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«Ma dai, ti prego, togliti quel mantello per un po’. Qui nessuno ti darà fastidio».
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«Ah, davvero?» disse Harry. «Guardati alle spalle».
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Rita Skeeter e il suo amico fotografo erano appena usciti dal pub Tre Manici di Scopa. Passarono proprio accanto a Hermione senza guardarla, parlando a bassa voce. Harry si ritrasse contro il muro di Mielandia perché Rita Skeeter la smettesse di colpirlo con la sua borsetta di coccodrillo.
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Quando se ne furono andati, Harry disse: «Rimane qui al villaggio. Scommetto che verrà a vedere la prima prova».
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Nel dirlo, il suo stomaco fu invaso da un’ondata di panico purissimo. Non lo disse; lui e Hermione non avevano discusso molto di ciò che lo aspettava; Harry aveva la sensazione che lei non volesse pensarci.
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«Se n’è andata» disse Hermione, guardando dritto attraverso Harry verso la fine della High Street. «Perché non andiamo a berci una Burrobirra ai Tre Manici di Scopai Fa un po’ freddo, no? Non sei obbligato a parlare con Ron!» aggiunse seccata, interpretando correttamente il suo silenzio.
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I Tre Manici di Scopa era pieno zeppo, soprattutto di studenti di Hogwarts che si godevano il pomeriggio di libertà, ma anche di personaggi magici che si potevano incontrare solo lì. Harry immaginava che Hogsmeade, essendo il solo villaggio completamente magico di tutta la Gran Bretagna, fosse una sorta di porto franco per creature come le megere, che non erano abili come i maghi nel camuffarsi.
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Era molto difficile spostarsi tra la folla con addosso il Mantello dell’Invisibilità, perché potevi pestare per sbaglio i piedi a qualcuno, cosa che tendeva ad attirare domande inopportune. Harry avanzò lentamente verso un tavolo libero nell’angolo mentre Hermione andava a prendere le bibite. Attraversando il pub, Harry notò Ron seduto con Fred, George e Lee Jordan. Resistendo all’impulso di dargli una bella manata sulla nuca, finalmente raggiunse il tavolo e si sedette.
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Hermione arrivò un attimo dopo e gli fece scivolare una Burrobirra sotto il mantello.
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«Sembro una scema, qui seduta da sola» borbottò. «Meno male che mi sono portata qualcosa da fare».
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Ed estrasse un quaderno in cui teneva il registro dei membri di CREPA. Harry vide il suo nome e quello di Ron in cima alla brevissima lista. Sembrava passato un secolo da quando avevano inventato insieme le profezie per la professoressa Cooman, ed era spuntata Hermione e li aveva nominati segretario e tesoriere.
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«Sai, forse dovrei cercare di coinvolgere un po’ di gente del villaggio in CREPA» disse Hermione pensierosa, guardandosi attorno.
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«Si, certo» disse Harry. Bevve una sorsata di Burrobirra da sotto il mantello. «Hermione, quando hai intenzione di lasciar perdere questa storia del CREPA?»
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«Quando gli elfi domestici avranno salari e condizioni di lavoro dignitosi!» gli sibilò in risposta. «Sai, sto cominciando a pensare che sia venuto il momento di passare a un’azione più diretta. Chissà come si fa a entrare nelle cucine della scuola…»
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«Non ne ho idea, chiedi a Fred e George» suggerì Harry.
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Hermione cadde in un silenzio meditabondo, mentre Harry beveva la sua Burrobirra e osservava gli avventori del pub. Sembravano tutti allegri e rilassati. Ernie Macmillan e Hannah Abbott si stavano scambiando le figurine delle Cioccorane a un tavolo vicino; entrambi portavano la spilla con scritto TIFA PER CEDRIC DIGGORY appuntata al mantello. Vicino alla porta vide Cho con un grappo di amiche di Corvonero. Non aveva la spilla però… cosa che rincuorò Harry, ma appena appena…
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Che cosa non avrebbe dato per essere uno di loro, seduto a ridere e parlare, senza niente di cui preoccuparsi tranne i compiti. Immaginò come sarebbe stato essere lì se il suo nome non fosse uscito dal Calice di Fuoco. Non avrebbe indossato il Mantello dell’lnvisibilità, prima di tutto. Ron sarebbe stato seduto accanto a lui. Loro tre probabilmente si sarebbero divertiti a immaginare quale pericolo mortale avrebbero affrontato i campioni nella prova di martedì. Avrebbe aspettato con impazienza il momento di vederli in azione, di qualunque cosa si trattasse… di tenere per Cedric assieme a tutti gli altri, al sicuro in un posto in fondo agli spalti…
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Si chiese che cosa dovevano provare gli altri campioni. Le ultime volte che aveva incrociato Cedric, era circondato da ammiratori e sembrava nervoso ma eccitato. Harry scorgeva Fleur Delacour di tanto in tanto nei corridoi; aveva la stessa aria di sempre, altezzosa e impeccabile. E Krum si limitava a star seduto in biblioteca, chino sui libri.
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Harry pensò a Sirius. e il nodo che gli stringeva forte il petto parve allentarsi un po’. Avrebbe parlato con lui esattamente di lì a dodici ore, perché quella era la notte in cui si sarebbero incontrati davanti al camino della sala comune — ammesso che nulla andasse storto, come viceversa era successo ultimamente…
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«Guarda, è Hagrid!» esclamò Hermione.
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Il retro del testone lanoso di Hagrid — aveva provvidenzialmente abbandonato i ciuffctti affiorava sopra la folla. Harry si chiese come mai non lo avesse notato subito, visto che Hagrid era così grosso, ma alzandosi con cautela vide che Hagrid era chino verso il professor Moody. Hagrid aveva di fronte il solito boccale enorme, ma Moody beveva dalla fiaschetta. Madama Rosmerta, la graziosa ostessa, non sembrava apprezzarlo molto; osservava sospettosa Moody mentre raccoglieva i bicchieri dai tavoli attorno a loro. Forse pensava che fosse un insulto al suo idromele aromatizzato, ma Harry capiva perfettamente. Moody aveva detto a tutti loro durante l’ultima lezione di Difesa contro le Arti Oscure che preferiva prepararsi sempre da sé cibo e bevande, perché era molto facile per i Maghi Oscuri avvelenare una tazza incustodita.
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Hagrid e Moody si alzarono per uscire. Harry agitò la mano, poi gli venne in mente che Hagrid non poteva vederlo. Moody però si fermò, l’occhio magico puntato verso l’angolo nel quale si trovava Harry. Diede un colpetto a Hagrid nel fondoschiena (non riuscendo a raggiungere la sua spalla), gli borbottò qualcosa, e poi entrambi riattraversarono il pub diretti al tavolo di Harry e Hermione.
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«Tutto bene, Hermione?» esclamò Hagrid a voce alta.
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«Ciao» disse Hermione, ricambiando il suo sorriso.
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Moody zoppicò attorno al tavolo e si curvò; Harry credette che stesse leggendo il quaderno di CREPA, finché non lo sentì mormorare: «Bel mantello, Potter».
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Harry lo fissò stupefatto. Così da vicino, il grosso pezzo mancante del naso di Moody era particolarmente evidente. Moody fece un ghigno.
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«Il suo occhio… voglio dire, lei può…?»
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«Sì, può vedere attraverso i Mantelli dell’Invisibilità» disse tranquillamente Moody. «E a volte si è rivelato utile, te lo assicuro».
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Anche Hagrid sorrideva a Harry dall’alto. Harry sapeva che Hagrid non poteva vederlo, ma evidentemente Moody gli aveva detto dov’era.
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Hagrid si chinò con la scusa di leggere sul quaderno di CREPA e disse, in un sussurro cosi sommesso che solo Harry riuscì a sentirlo: «Harry, ci vediamo stanotte a mezzanotte alla mia capanna. Mettiti il mantello».
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Raddrizzandosi, esclamò ad alta voce: «È stato un piacere vederti, Hermione», strizzò l’occhio e se ne andò. Moody lo seguì.
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«Perché vuole vedermi a mezzanotte?» chiese Harry, molto sorpreso.
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«Già, perché?» disse Hermione, allarmata. «Chissà che cos’ha in mente. Non so se dovresti andare. Harry…» Si guardò intorno con aria nervosa, e sibilò: «Rischi di arrivare in ritardo da Sirius».
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Era vero che scendere fino alla capanna di Hagrid a mezzanotte voleva dire lasciare un margine molto stretto all’appuntamento con Sirius; Hermione suggerì di spedire Edvige da Hagrid per dirgli che non poteva — sempre che accettasse di portare il biglietto, naturalmente — ma Harry ridletté che era meglio andare e sbrigarsi, qualunque cosa volesse Hagrid. Era molto curioso di scoprirlo; Hagrid non gli aveva mai chiesto di andarlo a trovare così a notte fonda.
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Quella sera alle undici e mezzo Harry, che aveva finto di andare a dormire presto, indossò di nuovo il Mantello dell’Invisibilità e sgattaiolò giù per le scale e attraverso la sala comune. Erano rimasti in pochi. I fratelli Canon erano riusciti a impossessarsi di un bel mucchio di spille TIFA PER CEDRIC DIGGORY e stavano cercando di stregarle in modo da trasformare gli slogati in SOSTIENI HARRY POTTER. Fino a quel momento, comunque, tutto quello che erano riusciti a fare era bloccarle su POTTER FA SCHIFO. Harry li superò, raggiunse il buco del ritratto e attese per un minuto circa, con un occhio all’orologio. Poi Hermione aprì la Signora Grassa dall’esterno come avevano stabilito. Le scivolò accanto sussurrando «Grazie!» e attraversò il castello.
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Il parco era molto buio. Harry percorse il prato in discesa puntando alle luci che brillavano nella capanna di Hagrid. Anche l’interno dell’enorme carrozza di Beauxbatons era illuminato; Harry riconobbe la voce di Madame Maxime.
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«Sei tu, Harry?» sussurrò Hagrid, aprendo la porta e guardandosi attorno.
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«Sì» rispose Harry, scivolando all’interno e sfilandosi il cappuccio dalla testa. «Che cosa succede?»
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«C’è una cosa che devo farti vedere» disse Hagrid.
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Era terribilmente agitato. All’occhiello esibiva un fiore che assomigliava a un enorme carciofo. Sembrava che avesse smesso di usare la morchia, ma evidentemente aveva cercato di pettinarsi: Harry distinse i denti spezzati del pettine impigliati nella sua chioma.
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«Di che si tratta?» chiese Harry cauto, chiedendosi se gli Schiopodi avessero deposto le uova, o Hagrid fosse riuscito a comprare un altro cane gigante a tre teste da uno straniero in un pub.
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«Vieni con me, fai pianino e stai coperto» disse Hagrid. «Non portiamo Thor, a lui non ci piacerebbe…»
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«Senti, Hagrid, non posso fermarmi tanto… devo tornare al castello entro l’una…»
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Ma Hagrid non ascoltava; stava aprendo la porta della capanna e si addentrava nella notte. Harry si affrettò a seguirlo e con sua grande sorpresa scoprì che Hagrid lo guidava verso la carrozza di Beauxbatons.
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«Hagrid, che cosa…?»
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«Sssst!» disse Hagrid, e bussò tre volte alla porta effigiata con le bacchette d’oro incrociate.
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Fu Madame Maxime ad aprire. Attorno alle spalle massicce portava uno scialle di seta. Sorrise quando vide Hagrid. «Ah. Agrìd… è ora?»
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«Bonsuàr» disse Hagrid con un sorriso radioso, e le porse la mano per aiutarla a scendere i gradini d’oro.
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Madame Maxime si richiuse la porta alle spalle, Hagrid le offri il braccio e i due s’incamminarono costeggiando lo steccato che ospitava i cavalli alati giganti di Madame Maxime, mentre Harry, completamente sbalordito, correva per tener loro dietro. Hagrid aveva voluto mostrargli Madame Maxime? Poteva vederla tutte le sante volte che voleva… non era proprio difficile da individuare…
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Ma pareva che ci fosse una sorpresa anche per Madame Maxime, perché dopo un po’ disse in tono giocoso: «Dove mi stai portondo, Hagrid?»
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«Ti piacerà» rispose Hagrid burbero. «Ne vale la pena, credimi. Solo che non devi dire a nessuno che te li ho fatti vedere, d’accordo? Non dovresti saperlo».
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«Certo che no» disse Madame Maxime sbattendo le lunghe ciglia nere.
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E proseguirono, e Harry diventava sempre più irritato mentre trotterellava dietro di loro, controllando l’orologio di tanto in tanto. Hagrid aveva per la testa un qualche progetto scervellato, che rischiava di fargli perdere l’appuntamento con Sirius. Se non fossero arrivati in fretta, decise che si sarebbe voltato, sarebbe tornato dritto filato al castello e avrebbe lasciato Hagrid a godersi la sua passeggiata al chiar di luna con Madame Maxime…
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Ma poi — dopo essersi allontanati lungo i confini della Foresta al punto che il castello e il lago non erano più visibili — Harry sentì qualcosa. C’erano degli uomini che gridavano laggiù… poi si udì un ruggito assordante, da spaccare i timpani…
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Hagrid guidò Madame Maxime oltre una macchia di alberi e si arrestò. Harry si affrettò ad affiancarli — per un istante credette di vedere dei falò, e degli uomini che correvano tutto intorno — e poi rimase a bocca spalancata.
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Draghi.
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Quattro enormi draghi completamente sviluppati, dall’aria malvagia, si impennavano in uno spazio recintato da spesse assi di legno, ruggendo e sbuffando: torrenti di fuoco sprizzavano nel cielo buio dalle loro bocche spalancate e zannute, sorrette dai colli tesi a quindici metri di altezza. Ce n’era uno di un blu argenteo con lunghe corna appuntite, che ringhiava e tentava di mordere i maghi a terra; uno verde ricoperto di scaglie lisce, che si contorceva e pestava i piedi con tutte le sue forze; uno rosso con una strana frangia d’oro lucente attorno al muso, che sparava nuvole di fuoco a forma di fungo nell’aria; e uno nero gigantesco, più simile a un lucertolone degli altri, il più vicino a loro.
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Almeno trenta maghi, sette o otto per ciascun drago, cercavano di tenerli sotto controllo, tirando le catene agganciate a pesanti collari di cuoio fissati attorno al collo e alle zampe dei bestioni. Ipnotizzato, Harry guardò in su, molto in alto, e vide gli occhi del drago nero, dalle pupille verticali come quelle di un gatto, sporgere per la paura o la furia, non sapeva dire perché… emetteva un suono terribile, un urlo stridente, quasi un ululato…
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«Stai indietro, Hagrid!» gridò un mago vicino alla staccionata, tirando la catena che aveva in mano. «Sputano fuoco nel raggio di sei metri, sai! Questo Spinato è arrivato anche a dodici, l’ho visto io!»
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«Non è bello?» disse Hagrid dolcemente.
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«Non serve!» urlò un altro mago. «Schiantesimo, al mio tre!»
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Harry vide tutti i Guardadraghi estrarre le bacchette magiche.
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«Stupeficium!» urlarono in coro, e gli Schiantesimi sfrecciarono nell’oscurità come razzi infiammati, esplodendo in una pioggia di stelle sulla pelle squamosa dei draghi…
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Harry vide il drago più vicino barcollare pericolosamente sulle zampe dietro; la mascella si aprì in un gemito improvvisamente muto; le narici d’un tratto furono prive di fiamme, pur continuando a fumare; poi, molto lentamente, cadde: parecchie tonnellate di nerboruto drago nero squamato si schiantarono a terra con un tonfo che, Harry lo avrebbe giurato, fece tremare gli alberi dietro di lui.
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I Guardadraghi abbassarono le bacchette e avanzarono verso le bestie afflosciate, ciascuna delle quali aveva le dimensioni di una collinetta. Si affrettarono a stringere le catene e a fissarle saldamente a pioli di ferro che piantarono in profondità nel terreno con le loro bacchette.
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«Vuoi vederli più da vicino?» chiese Hagrid a Madame Maxime, eccitato. I due avanzarono fino alla staccionata, e Harry li seguì. Il mago che aveva avvertito Hagrid di non avvicinarsi oltre si voltò e Harry lo riconobbe: era Charlie Weasley.
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«Tutto bene, Hagrid?» disse ansante, avvicinandosi per parlare. «Ora dovrebbero essere a posto — li avevamo messi fuori gioco con una Pozione Sonnifera venendo qui, pensavamo che sarebbe stato meglio se si svegliavano al buio, in un posto tranquillo — ma, come hai visto, non erano contenti, nemmeno un po’…»
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«Di che razza sono, Charlie?» chiese Hagrid, contemplando il drago più vicino — quello nero — quasi con reverenza. Gli occhi del mostro erano ancora semiaperti. Harry vide una striscia di un giallo brillante sotto la rugosa palpebra nera.
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«Questo è un Ungaro Spinato» disse Charlie. «Lì abbiamo un Gallese Comune Verde, il più piccolo; un Grugnocorto Svedese, quello blugrigio; e un Petardo Cinese, quello rosso».
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Charlie si guardò attorno; Madame Maxime si stava avvicinando allo steccato, e fissava i draghi.
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«Non sapevo che l’avresti portata, Hagrid» disse Charlie, accigliato. «I campioni non dovrebbero sapere che cosa li aspetta… si sentirà in dovere di dirlo alla sua allieva, no?»
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«Ho pensato solo che le piaceva vederli» disse Hagrid scrollando le spalle, senza smettere di fissare rapito i draghi.
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«Un appuntamento veramente romantico, Hagrid» disse Charlie, scuotendo la testa.
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«Quattro…» disse Hagrid, «quindi ce n’è uno per ciascuno, vero? Che cosa devono fare, combatterci contro?»
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«Solo superarli, credo» rispose Charlie. «Noi saremo pronti a intervenire se le cose si mettono male, con gli Incantesimi Idranti a portata di bacchetta. Hanno voluto delle madri in cova, non so perché… ma ti dico una cosa, non invidio il ragazzo a cui toccherà lo Spinato. È davvero malvagio. È pericoloso dietro quanto davanti, guarda».
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Charlie indicò la coda dello Spinato, e Harry vide una serie di lunghe punte color del bronzo che spuntavano a intervalli di pochi centimetri.
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In quel momento cinque colleghi di Charlie avanzarono barcollando verso lo Spinato, trasportando un mucchio di grosse uova color granito su una coperta che tenevano per gli orli. Li deposero con cautela accanto allo Spinato. Hagrid lanciò un gemito di desiderio.
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«Le ho fatte contare, Hagrid» disse Charlie con fermezza. Poi aggiunse: «Come sta Harry?»
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«Bene» rispose Hagrid senza distogliere lo sguardo dalle uova.
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«Spero solo che starà bene anche dopo aver affrontato questi qua» disse Charlie cupo, guardando verso il recinto dei draghi. «Non ho avuto il coraggio di dire a mia madre in che consiste la prima prova, è già così agitata…» Charlie imitò la voce ansiosa di sua madre. «“Come hanno potuto permettere che partecipasse a quel torneo, è troppo, troppo giovane! Credevo che fossero tutti al sicuro, credevo che ci sarebbe stato un limite d’età!” Era una fontana dopo quell’articolo della Gazzetta del Profeta su di lui. “Piange ancora per i suoi genitori! Oh, poverino, e io non l’ho mai saputo!”»
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Harry ne aveva avuto abbastanza. Certo che Hagrid non avrebbe sentito la sua mancanza, con le attrattive di quattro draghi e di Madame Maxime a tenerlo occupato; si voltò in silenzio e s’incamminò di ritorno verso il castello.
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Non sapeva se essere contento di aver visto ciò che lo aspettava o no. Forse cosi era meglio. Ora il primo shock era passato. Forse se avesse visto i draghi per la prima volta martedì, sarebbe svenuto secco davanti a tutta la scuola… ma forse sarebbe svenuto comunque… avrebbe avuto come unica arma la bacchetta — che al momento non sembrava niente più che una strisciolina di legno — contro un drago sputafuoco alto quindici metri, squamoso e irto di punte. E doveva superarlo. Davanti a tutti. Come?
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Harry accelerò, costeggiando il limitare della Foresta; aveva meno di quindici minuti per tornare davanti al camino e parlare con Sirius, e non ricordava di aver mai desiderato tanto parlare con qualcuno — quando inaspettatamente urtò contro qualcosa di molto duro.
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Harry cadde all’indietro, gli occhiali di traverso, stringendosi addosso il mantello. Una voce molto vicina disse: «Ahia! Chi è là?»
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Harry verificò in fretta che il mantello lo ricoprisse e rimase disteso immobile a fissare la sagoma scura che aveva urtato. Riconobbe il pizzetto… era Karkaroff.
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«Chi è là?» ripeté Karkaroff, molto sospettoso, guardandosi intorno nell’oscurità. Harry rimase immobile, in silenzio. Dopo un minuto. Karkaroff sembrò convincersi che si fosse trattato di un qualche animale; si guardò attorno all’altezza della vita, come se si aspettasse di veder spuntare un cane. Poi scivolò di nuovo al riparo degli alberi, e prese ad avanzare verso il luogo in cui si trovavano i draghi.
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Lentamente, con molta cautela, Harry si rialzò e ripartì, più velocemente possibile senza far troppo rumore, e si affrettò nell’oscurità diretto a Hogwarts.
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Harry non aveva alcun dubbio su ciò che stava per fare Karkaroff. Era sgattaiolato giù dalla sua nave per cercare di scoprire quale sarebbe stata la prima prova. Forse aveva addirittura visto Hagrid e Madame Maxime allontanarsi insieme verso la Foresta — non erano certo difficili da individuare, anche in lontananza… e ora tutto quello che doveva fare era seguire il suono delle voci, e cosi avrebbe saputo che cosa era in serbo per i campioni. A quanto pareva, il solo che martedì avrebbe affrontato l’ignoto era Cedric.
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Harry raggiunse il castello, scivolò dentro per la porta principale e prese a salire la scalinata di marmo; era molto affannato, ma non osò rallentare… aveva meno di cinque minuti per raggiungere il fuoco…
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«Guazzabuglio!» boccheggiò alla Signora Grassa, che stava ronfando nella sua cornice davanti al passaggio.
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«Se lo dici tu» borbottò lei assonnata, senza aprire gli occhi, e il quadro scattò come una porta per lasciarlo passare. Harry si arrampicò all’interno. La sala comune era deserta, e, a giudicare dall’odore normale, Hermione non aveva dovuto ricorrere alle Caccabombe per garantire la privacy a lui e Sirius.
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Harry si sfilò il Mantello dell’Invisibilità e si lasciò cadere in una poltrona davanti al fuoco. La stanza era immersa nella semioscurità; le fiamme erano l’unica fonte di luce. Lì accanto, sul tavolo, le spille TIFA PER CEDRIC DIGGORY che i Canon avevano cercato di modificare scintillavano al bagliore del fuoco: ora dicevano POTTER FA DAVVERO SCHIFO. Harry tornò a guardare le fiamme e sobbalzò.
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La testa di Sirius troneggiava nel fuoco. Se Harry non avesse visto il signor Diggory fare esattamente la stessa cosa nella cucina dei Weasley, gli sarebbe venuto un colpo. Invece, con il volto illuminato dal primo sorriso dopo giorni e giorni, si rizzò in piedi, si accoccolò vicino al camino e disse: «Sirius… come stai?»
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Sirius era diverso da come lo ricordava Harry. Quando si erano salutati, il suo volto era magro e incavato, circondato da una gran massa di lunghi capelli neri aggrovigliati: ma ora i capelli erano corti e puliti, il viso era florido, e Sirius sembrava molto più giovane, molto più simile alla sola fotografia che Harry aveva di lui, scattata al matrimonio di James e Lily Potter.
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«Non pensare a me. come stai tu?» disse Sirius serio.
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«Io…» Per un istante, Harry cercò di dire «bene», ma non ce la fece. Prima di riuscire a fermarsi, si ritrovò a parlare più di quanto non avesse fatto da giorni: di come nessuno credesse che non era stato a lui a proporsi per il Torneo, delle bugie di Rita Skeeter sulla Gazzetta del Profeta, di come non poteva fare un passo senza essere preso in giro — e di Ron, Ron che non gli credeva, Ron che era geloso…
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«… e adesso Hagrid mi ha appena fatto vedere che cosa succederà nella prima prova, e si tratta di draghi, Sirius, e io sono perduto» concluse disperato.
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Sirius lo scrutò ansiosamente, con occhi che non avevano ancora perso lo sguardo fosco e spiritato che Azkaban gli aveva impresso. Aveva lasciato parlare Harry tino allo sfinimento senza interromperlo, ma ora disse: «Coi draghi possiamo vedercela. Harry, ma ci arriveremo tra un minuto: non posso restare molto… sono penetrato in una casa di maghi per usare il fuoco, ma potrebbero tornare da un momento all’altro. Devo metterti in guardia da alcune cose».
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«Cosa?» esclamò Harry. sentendo l’umore scendere ancora di qualche tacca… non poteva certo esserci in arrivo niente di peggio dei draghi.
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«Karkaroff» disse Sirius. «Harry, era un Mangiamorte. Lo sai che cosa sono i Mangiamorte, vero?»
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«Sì… lui… cosa?»
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«Fu catturato, era ad Azkaban con me, ma è stato rilasciato. Scommetterei qualunque cosa che Silente ha voluto un Auror a Hogwarts quest’anno per tenerlo d’occhio. Moody prese Karkaroff e lo schiaffò ad Azkaban».
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«Karkaroff è stato rilasciato?» disse Harry lentamente: il suo cervello sembrava lottare contro un altro shock. «Perché lo hanno rilasciato?»
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«Ha trovato un accordo con il Ministero della Magia» disse Sirius con amarezza. «Ha dichiarato di aver capito l’errore delle sue scelte, e poi ha fatto dei nomi… ha fatto finire un mucchio di altra gente al suo posto ad Azkaban… non è molto popolare laggiù, te lo assicuro. E da quando è uscito, per quel che ne so, insegna le Arti Oscure a tutti gli studenti che passano per quella sua scuola. Quindi guardati anche dal campione di Durmstrang».
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«Ok» disse Harry lentamente. «Ma… stai dicendo che è stato Karkaroff a mettere il mio nome nel Calice? Perché se è stato lui, è davvero un bravo attore. Sembrava furibondo. Voleva impedirmi di gareggiare».
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«Sappiamo che è un bravo attore» disse Sirius. «perché ha convinto il Ministero della Magia a liberarlo, no? Ora, sto tenendo d’occhio La Gazzetta del Profeta, Harry…»
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«Tu e il resto del mondo» lo interruppe Harry amareggiato.
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«… e leggendo tra le righe del pezzo di quella Skeeter il mese scorso, be’, Moody è stato aggredito la sera prima di cominciare a lavorare a Hogwarts. Si, lo so che lei sostiene che si è trattato di un altro falso allarme» aggiunse Sirius in fretta, vedendo che Harry stava per parlare, «ma io non credo che sia così. Credo che qualcuno abbia tentato di impedirgli di venire a Hogwarts. Credo che qualcuno sapesse che il suo compito sarebbe stato molto più difficile con lui nei paraggi. E nessuno ha intenzione di indagare a fondo, Malocchio denuncia intrusi un po’ troppo spesso. Ma questo non significa che non sia più in grado di riconoscere i pericoli. Moody era l’Auror migliore che il Ministero abbia mai avuto».
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«Allora… che cosa vorresti dire?» disse Harry esitante. «Karkaroff sta cercando di uccidermi? Ma… perché?»
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Sirius esitò.
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«Ho sentito dire cose molto strane» rispose lentamente. «I Mangiamorte ultimamente sembrano un po’ più attivi del solito. Si sono fatti vedere alla Coppa del Mondo di Quidditch, no? Qualcuno ha evocato il Marchio Nero… e poi… hai sentito parlare di quella strega del Ministero della Magia che è scomparsa?»
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«Bertha Jorkins?» disse Harry.
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«Precisamente… è sparita in Albania, e quello è proprio il posto in cui correva voce che si trovasse Voldemort… e lei lo sapeva che si stava preparando il Torneo Tremaghi, no?»
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«Sì, ma… non è molto probabile che sia andata dritta da Voldemort, no?»
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«Senti, conosco Bertha Jorkins» disse Sirius con una smorfia. «Era a Hogwarts quando c’ero anch’io, qualche classe avanti a me e a tuo padre. Ed era un’idiota. Molto indiscreta, e senza cervello, nemmeno un po’. Non è una bella combinazione. Sarebbe stato molto facile attirarla in una trappola».
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«Allora… allora Voldemort potrebbe aver scoperto del Torneo?» disse Harry. «È questo che vuoi dire? Credi che Karkaroff potrebbe essere qui per suo ordine?»
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«Non lo so» rispose Sirius soppesando le parole, «non lo so proprio… Karkaroff non mi sembra il tipo che tornerebbe da Voldemort a meno di non essere certo che Voldemort sia abbastanza potente da proteggerlo. Ma chiunque ha messo il tuo nome in quel Calice lo ha fatto per una ragione, e non posso fare a meno di pensare che il Torneo sarebbe un gran bel modo di eliminarti, e di farlo sembrare un incidente».
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«Mi sembra davvero un ottimo piano» disse Harry sconsolato. «Dovranno solo stare in un angolo e lasciar fare ai draghi».
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«Giusto, i draghi» disse Sirius, parlando molto in fretta. «C’è un modo, Harry. Non farti tentare da uno Schiantesimo: i draghi sono forti e hanno una magia troppo potente per essere abbattuti così. Servono una mezza dozzina di maghi insieme per sopraffare un drago…»
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«Sì, lo so, ho appena visto» commentò Harry.
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«Ma puoi farcela da solo» riprese Sirius. «C’è un modo, e ti serve solo un semplice incantesimo. Basta che…»
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Ma a un tratto Harry alzò una mano per zittirlo, con il cuore che batteva all’impazzata, come se stesse per esplodere. Dei passi scendevano la scala a chiocciola alle sue spalle.
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«Vai!» sibilò a Sirius. «Vai! Sta arrivando qualcuno!»
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Harry si raddrizzò, nascondendo il fuoco. Se qualcuno avesse visto la faccia di Sirius entro le mura di Hogwarts, sarebbe successo un pandemonio: il Ministero sarebbe stato coinvolto; lui, Harry, sarebbe stato interrogato su dove si trovava Sirius…
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Harry udì un piccolo pop nel fuoco alle sue spalle, e seppe che Sirius se n’era andato. Fissò la parte più bassa della scala a chiocciola: chi aveva deciso di fare una passeggiatina all’una del mattino e aveva impedito a Sirius di dirgli come fare a superare un drago?
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Era Ron. Si fermò di botto quando si trovò di fronte Harry dall’altra parte della stanza, e si guardò intorno.
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«Con chi stavi parlando?» chiese.
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«Che te ne frega?» ringhiò Harry. «Che cosa fai quaggiù a quest’ora della notte?»
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«Mi stavo chiedendo dov’eri…» Ron s’interruppe e alzò le spalle. «Niente. Torno a dormire».
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«Hai pensato che dovevi venire a ficcare il naso, eh?» gridò Harry. Sapeva che Ron non aveva idea di ciò che aveva interrotto, sapeva che non l’aveva fatto apposta, ma non gì’importava: in quel momento odiava tutto di Ron, perfino i parecchi centimetri di caviglie nude che spuntavano dai pantaloni del suo pigiama a disegni marrone.
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«Scusa tanto» disse Ron, rosso di rabbia. «Avrei dovuto capirlo che non volevi essere disturbato. Me ne vado subito, così potrai continuare a fare le prove per la prossima intervista in santa pace».
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Harry afferrò una delle spille POTTER FA DAVVERO SCHIFO dal tavolo e la scagliò con violenza attraverso la stanza. La spilla colpì Ron sulla fronte e rimbalzò a terra.
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«Tieni» sibilò Harry. «Portati questa, martedì. Magari adesso avrai anche tu una cicatrice, se sei fortunato… è questo che vuoi, no?»
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Scappò via dalla stanza e si precipitò per le scale; una parte di lui si aspettava che Ron lo fermasse, magari che gli tirasse un pugno, ma Ron restò lì nel suo pigiama troppo piccolo, e Harry giacque a lungo insonne e agitato, e non lo sentì salire a dormire.
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