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Harry Potter e l'Ordine della Fenice (9042 citazioni)
   1) Dudley Dissennato (184 citazioni)
   2) Un pacco di gufi (261 citazioni)
   3) L’avanguardia (185 citazioni)
   4) Grimmauld Place, numero dodici (230 citazioni)
   5) L’Ordine della Fenice (216 citazioni)
   6) La Nobile e Antichissima Casata dei Black (230 citazioni)
   7) Il Ministero della Magia (159 citazioni)
   8) L’udienza (156 citazioni)
   9) Le pene della Signora Weasley (322 citazioni)
   10) Luna Lovegood (226 citazioni)
   11) La nuova canzone del Cappello Parlante (173 citazioni)
   12) La Professoressa Umbridge (340 citazioni)
   13) Punizione con Dolores (298 citazioni)
   14) Percy e Felpato (295 citazioni)
   15) L'Inquisitore Supremo di Hogwarts (274 citazioni)
   16) Alla Testa di Porco (211 citazioni)
   17) Decreto Didattico Numero Ventiquattro (261 citazioni)
   18) L'esercito di Silente (268 citazioni)
   19) Il serpente e il leone (207 citazioni)
   20) Il racconto di Hagrid (255 citazioni)
   21) L'occhio del serpente (258 citazioni)
   22) L'ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche (252 citazioni)
   23) Natale nel reparto riservato (229 citazioni)
   24) Occlumanzia (287 citazioni)
   25) Lo scarabeo in trappola (257 citazioni)
   26) Visto e imprevisto (274 citazioni)
   27) Il centauro e la spia (265 citazioni)
   28) Il peggior ricordo di Piton (287 citazioni)
   29) Orientamento professionale (270 citazioni)
   30) Grop (262 citazioni)
   31) I G.U.F.O. (216 citazioni)
   32) Fuori dal camino (236 citazioni)
   33) Lotta e fuga (140 citazioni)
   34) L'Ufficio Misteri (182 citazioni)
   35) Oltre il velo (280 citazioni)
   36) L’unico che abbia mai temuto (116 citazioni)
   37) La profezia perduta (210 citazioni)
   38) La seconda guerra comincia (270 citazioni)
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Un pacco di gufi


   «Che cosa?» domandò Harry in tono vacuo.
    «Se n’è andato!» disse la signora Figg, torcendosi le mani. «È andato via perché doveva vedere uno per una partita di calderoni caduti dalla coda di una scopa! Gli ho detto che l’avrei spellato vivo se fosse andato via, e adesso guarda! Dissennatori! È pura fortuna che io abbia messo di guardia Mr Tibbles! Ma non abbiamo tempo di stare a cincischiare! Presto, adesso dobbiamo portarti indietro! Oh, i guai che ne verranno! Lo ucciderò!»
    «Ma…» La rivelazione che la vecchia vicina matta con la fissa dei gatti sapeva che cos’erano i Dissennatori fu per Harry uno shock pari quasi all’averne incontrati due nel vicolo. «Lei è… lei è una strega?»
    «Io sono una Maganò, Mundungus lo sa benissimo, e quindi come potevo aiutarti a respingere dei Dissennatori? Ti ha lasciato del tutto privo di protezione quando io lo avevo avvertito…»
    «Questo Mundungus mi seguiva? Un momento… è stato lui! Si è Smaterializzato davanti a casa mia!»
    «Sì, sì, sì, ma per fortuna avevo fatto appostare Mr Tibbles sotto una macchina perché non si sa mai, e Mr Tibbles è venuto ad avvertirmi, ma quando sono arrivata a casa tua te n’eri andato… e adesso… oh, che cosa dirà Silente? Tu!» strillò rivolta a Dudley, ancora disteso per terra nel vicolo. «Tira su quel sederone, svelto!»
    «Lei conosce Silente?» disse Harry, fissandola.
    «Ma certo che conosco Silente, chi non conosce Silente? Ma andiamo… non sarò di nessun aiuto se quelli tornano, non sono mai riuscita nemmeno a Trasfigurare una bustina del tè».
    Si chinò, afferrò con le mani rattrappite un braccio massiccio di Dudley e strattonò.
    «Tirati su, fagotto inutile, tirati su!»
    Ma Dudley o non poteva o non voleva muoversi. Rimase a terra, tremante, il volto grigio, la bocca serrata.
    «Ci penso io». Harry prese il braccio di Dudley e tirò. Con uno sforzo enorme riuscì a sollevarlo. Dudley sembrava lì lì per svenire. I suoi occhietti roteavano nelle orbite e il sudore gli imperlava il viso; non appena Harry lo lasciò andare, oscillò pericolosamente.
    «Presto!» esclamò la signora Figg, agitata.
    Harry si tirò uno dei braccioni di Dudley attorno alle spalle e lo trascinò verso la strada, curvo sotto il peso. La signora Figg camminava barcollando davanti a loro, scrutando ansiosa dietro l’angolo.
    «Tieni fuori la bacchetta» disse a Harry mentre entravano in Wisteria Walk. «Non badare allo Statuto di Segretezza adesso, scoppierà un pandemonio comunque, tanto vale farsi impiccare per un drago che per un uovo. Altroché Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni… questo era precisamente ciò che temeva Silente… Che cosa c’è là in fondo alla via? Oh, è solo il signor Prentice… non mettere via la bacchetta, ragazzo, devo continuare a ripeterti che io sono inutile?»
    Non era facile tenere ferma la bacchetta e trasportare Dudley allo stesso tempo. Harry inflisse al cugino un’impaziente gomitata nelle costole, ma Dudley sembrava aver perso ogni desiderio di muoversi in modo autonomo. Era afflosciato sulla spalla di Harry, e i suoi piedoni si trascinavano.
    «Perché non mi ha detto che è una Maganò, signora Figg?» chiese Harry, ansante per lo sforzo. «Tutte le volte che sono venuto a casa sua… perché non ha detto niente?»
    «Ordini di Silente. Io dovevo tenerti d’occhio senza dire niente, eri troppo giovane. Mi dispiace di averti offerto uno svago così deprimente, Harry, ma i Dursley non ti avrebbero mai permesso di venire se avessero creduto che ti divertivi. Non è stato facile, sai… ma oh, parola mia» disse in tono tragico, torcendosi le mani un’altra volta, «quando lo saprà Silente… come ha potuto andarsene, quel Mundungus, era di guardia fino a mezzanotte… dov’è? Come farò a dire a Silente che cosa è successo? Io non sono capace di Materializzarmi».
    «Ho una civetta, può prenderla in prestito» gemette Harry, chiedendosi se la sua spina dorsale si sarebbe spezzata sotto il peso di Dudley.
    «Harry, non capisci! Silente avrà bisogno di agire il più presto possibile; il Ministero ha i suoi modi per individuare la magia minorile, lo sapranno già, credimi».
    «Ma mi stavo liberando dei Dissennatori. Ho dovuto usare la magia… saranno più preoccupati di quello che facevano dei Dissennatori vaganti per Wisteria Walk, no?»
    «Oh, caro mio, vorrei tanto che fosse così, ma temo che… MUNDUNGUS FLETCHER, IO TI UCCIDERÒ!»
    Ci fu un sonoro crac e un forte odore di alcol misto a tabacco stantio riempì l’aria. Un uomo tarchiato con la barba lunga, avvolto in un cappotto lacero, apparve proprio davanti a loro. Aveva gambe corte e storte, lunghi capelli rossi in disordine e occhi gonfi e iniettati di sangue che gli conferivano uno sguardo dolente da basset-hound. Reggeva un fagotto argenteo che Harry riconobbe subito. Un Mantello dell’Invisibilità.
    «Cosa succede, Figgy?» disse, guardando prima la signora Figg, poi Harry e Dudley. «Non dovevi mica stare in incognito?»
    «Te lo do io l’incognito!» urlò la signora Figg. «Dissennatori, brutto essere inutile, razza di vile perditempo!»
    «Dissennatori?» ripeté Mundungus, sconcertato. «Dissennatori qui?»
    «Sì, qui, stupido mucchio di cacche di pipistrello, qui!» strillò la signora Figg. «Dissennatori che hanno attaccato il ragazzo quando eri di guardia tu!»
    «Accidenti» disse Mundungus debolmente, spostando lo sguardo dalla signora Figg a Harry e viceversa. «Accidenti, io…»
    «E tu vai in giro a comprare calderoni rubati! Non te l’avevo detto di non andare? Eh?»
    «Io… be’, io…» Mundungus era profondamente a disagio. «Era… era un’ottima occasione, sai…»
    La signora Figg alzò il braccio da cui penzolava la borsa e colpì Mundungus sul volto e sul collo; a giudicare dal rumore metallico, era piena di scatole di cibo per gatti.
    «Ahia… piantala, piantala, vecchia pipistrella pazza! Qualcuno deve dircelo, a Silente!»
    «Sì… certo… che sì!» urlò la signora Figg, percuotendo con la borsa di cibo per gatti qualunque parte di Mundungus riusciva a raggiungere. «E… sarà… meglio… che… lo… faccia… tu… e… puoi… anche… dirgli… perché… non… eri… qui… a… dare… una… mano!»
    «Datti una calmata!» urlò Mundungus, le braccia sopra la testa, cercando di chinarsi. «Vado, vado!»
    É con un altro forte crac, scomparve.
    «Spero che Silente lo ammazzi!» disse la signora Figg furiosa. «Adesso andiamo, Harry, che cosa aspetti?»
    Harry decise di non sprecare il fiato residuo per spiegare che sotto la mole di Dudley riusciva a stento a camminare. Diede uno strattone al cugino semisvenuto e barcollò in avanti.
    «Ti accompagno fino alla porta» disse la signora Figg mentre svoltavano in Privet Drive, «nel caso che ce ne fossero in giro degli altri… oh, parola mia, che catastrofe… e hai dovuto combatterli tu… e Silente aveva detto che dovevamo impedirti a tutti i costi di fare magie… be’, non serve piangere sulla pozione versata, immagino… e adesso… si Smaterializzi chi può!»
    «E così» boccheggiò Harry, «Silente… mi… ha fatto… seguire?»
    «Ma naturale» rispose la signora Figg impaziente. «Ti aspettavi che ti lasciasse andare in giro da solo dopo quello che è successo in giugno? Buon Dio, ragazzo, mi avevano detto che eri intelligente… bene… vai dentro e restaci» disse quando raggiunsero il numero quattro. «Immagino che qualcuno si metterà in contatto con te al più presto».
    «E lei che cosa farà?» chiese Harry in fretta.
    «Vado dritto a casa» rispose la signora Figg, scrutando la via buia con un brivido. «Devo aspettare altre istruzioni. Tu rimani dentro e basta. Buonanotte».
    «Aspetti, non se ne vada ancora! Voglio sapere…»
    Ma la signora Figg era già partita al trotto, con le pantofole di feltro che scivolavano e la borsa che tintinnava.
    «Aspetti!» le urlò dietro Harry. Aveva un milione di domande da fare a chiunque fosse in contatto con Silente, ma di lì a pochi istanti la signora Figg fu inghiottita dall’oscurità. Accigliato, Harry si risistemò Dudley in spalla e risalì piano, a fatica, il vialetto del numero quattro.
    La luce dell’ingresso era accesa. Harry infilò di nuovo la bacchetta nella cintura dei jeans, suonò il campanello e guardò la sagoma di zia Petunia diventare sempre più grande, stranamente deformata dal vetro ondulato della porta d’ingresso.
    «Diddy! Era ora, cominciavo a essere… a essere… Diddy, che cosa c’è?»
    Harry diede un’occhiata sghemba a Dudley e scivolò da sotto il suo braccio appena in tempo. Dudley si dondolò sul posto per un momento, la faccia verde pallido… poi aprì la bocca e vomitò sullo zerbino.
    «DIDDY! Diddy, che cos’hai? Vernon? VERNON!»
    Lo zio arrivò a passi pesanti dal salotto, coi baffoni da tricheco che svolazzavano di qua e di là, come sempre quando era agitato. Aiutò subito zia Petunia a trascinare Dudley oltre la soglia evitando di calpestare la pozza di vomito.
    «Sta male, Vernon!»
    «Che cos’hai, figliolo? Che cos’è successo? La signora Polkiss ti ha dato qualcosa di strano per merenda?»
    «Perché sei tutto coperto di polvere, tesoro? Ti sei steso per terra?»
    «Un momento… non sei stato aggredito, vero, figliolo?»
    Zia Petunia urlò.
    «Chiama la polizia, Vernon! Chiama la polizia! Diddy, tesoro, di’ qualcosa alla tua mamma! Che cosa ti hanno fatto?»
    In tutta quella confusione nessuno parve notare Harry, cosa che gli andava benissimo. Riuscì a scivolare dentro appena prima che zio Vernon sbattesse la porta per chiuderla e, intanto che i Dursley avanzavano rumorosamente lungo il corridoio diretti in cucina, si spostò cauto e silenzioso verso le scale.
    «Chi è stato, figliolo? Fuori i nomi. Li prenderemo, non preoccuparti».
    «Ssst! Sta cercando di dire qualcosa, Vernon! Che cos’è, Diddy? Dillo alla tua mamma!»
    Il piede di Harry era sul primo gradino quando Dudley ritrovò la voce.
    «Lui».
    Harry rimase paralizzato, il piede sulla scala, il volto contratto, pronto all’esplosione.
    «RAGAZZO! VIENI QUI!»
    Con un misto di paura e rabbia, Harry spostò lentamente il piede dalla scala e si voltò per seguire i Dursley.
    La cucina scrupolosamente pulita emanava un singolare, irreale luccichio dopo l’oscurità dell’esterno. Zia Petunia sistemò Dudley su una sedia; era ancora molto verde e sudaticcio. Zio Vernon era in piedi davanti allo scolapiatti e scrutava Harry con gli occhietti ridotti a fessure.
    «Che cos’hai fatto a mio figlio?» chiese con un ringhio minaccioso.
    «Niente» rispose Harry, sapendo perfettamente che zio Vernon non gli avrebbe creduto.
    «Che cosa ti ha fatto, Diddy?» domandò zia Petunia con voce tremolante, pulendo il vomito con una spugna dal giubbotto di pelle di Dudley. «È stata… è stata tu-sai-che-cosa, tesoro? Ha usato… la sua cosa?»
    Lentamente, tremando, Dudley annuì.
    «Non è vero!» esclamò Harry secco, mentre zia Petunia esalava un gemito e zio Vernon alzava i pugni. «Non gli ho fatto niente, non sono stato io, sono stati…»
    Ma in quel preciso istante un allocco calò in picchiata attraverso la finestra. Mancò di poco la testa di zio Vernon, planò in cucina, lasciò cadere ai piedi di Harry la grossa busta di pergamena che reggeva nel becco, si voltò con grazia, sfiorò appena la cima del frigorifero con la punta delle ali, poi sfrecciò fuori di nuovo e si librò sopra il giardino.
    «GUFI!» muggì zio Vernon con la vena della tempia che pulsava rabbiosa. Chiuse violentemente la finestra della cucina. «ANCORA GUFI! NON VOGLIO PIÙ VEDERE GUFI IN CASA MIA!»
    Ma Harry stava già strappando la busta e sfilando la lettera, col cuore che batteva in un punto imprecisato dalle parti del pomo d’Adamo.
   
    Caro signor Potter,
    Siamo stati informati che lei ha praticato l’Incanto Patronus alle nove e ventitré di questa sera in una zona abitata da Babbani e in presenza di un Babbano.
    La gravità di questa infrazione al Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni si è tradotta nella sua espulsione dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Rappresentanti del Ministero saranno tra breve al suo domicilio per distruggere la sua bacchetta.
    Poiché lei aveva già ricevuto un’ammonizione ufficiale per un precedente reato in base all’articolo 13 dello Statuto di Segretezza della Confederazione Internazionale dei Maghi, siamo spiacenti di informarla che la sua presenza è richiesta per un’udienza disciplinare al Ministero della Magia alle ore 9 del 12 agosto.
    Sperando che stia bene,
    cordiali saluti,
    Mafalda Hopkirk
    Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche
    Ministero della Magia
   
    Harry lesse tutta la lettera due volte. Aveva solo una vaga idea del fatto che zio Vernon e zia Petunia stessero parlando. Dentro la sua testa, tutto era gelato e stordito. Un solo fatto era penetrato nella sua coscienza come un dardo paralizzante: era stato espulso da Hogwarts. Era tutto finito. Non sarebbe mai tornato.
    Alzò lo sguardo sui Dursley. Zio Vernon era paonazzo, urlante, i pugni ancora levati; zia Petunia stringeva le braccia attorno a Dudley, che era in preda ad altri conati.
    Il cervello temporaneamente inebetito di Harry parve risvegliarsi. Rappresentanti del Ministero saranno tra breve al suo domicilio per distruggere la sua bacchetta. Cera una sola cosa da fare: doveva fuggire, e subito. Dove sarebbe andato, Harry non lo sapeva, ma era sicuro di una cosa: a Hogwarts o fuori, aveva bisogno della bacchetta. In uno stato simile al sogno, la estrasse e si voltò per uscire dalla cucina.
    «Dove credi di andare?» urlò zio Vernon. Quando Harry non rispose, attraversò a balzi la cucina per bloccare la porta che dava nel corridoio. «Non ho finito con te, ragazzo!»
    «Levati di mezzo» gli intimò Harry, tranquillo.
    «Tu adesso stai qui e mi spieghi come mai mio figlio…»
    «Se non ti levi di mezzo ti faccio un incantesimo» disse Harry, alzando la bacchetta.
    «Non puoi puntarla addosso a me!» sibilò zio Vernon. «Lo so che non hai il permesso di usarla fuori da quel manicomio che chiami scuola!»
    «Il manicomio mi ha buttato fuori» ribatté Harry. «Quindi posso fare quello che voglio. Hai tre secondi. Uno… due…»
    Un tonfo rimbombante riempì la cucina. Zia Petunia urlò, zio Vernon gridò e si chinò, ma per la terza volta quella notte Harry cercò la fonte di un rumore che non aveva provocato lui. La individuò subito: un gufo stordito e arruffato era posato sul davanzale della cucina e aveva appena cozzato contro la finestra chiusa.
    Ignorando l’urlo angosciato “GUFI!” di zio Vernon, Harry attraversò la stanza di corsa e spalancò la finestra. Il gufo tese la zampa, alla quale era legato un piccolo rotolo di pergamena, scosse le piume, e ripartì non appena Harry ebbe preso la lettera. Con mani tremanti, Harry srotolò il secondo messaggio, che era scritto molto in fretta, tutto macchiato, con l’inchiostro nero.
   
    Harry,
    Silente è appena arrivato al Ministero e sta cercando di sistemare tutto. NON USCIRE DALLA CASA DEI TUOI ZII. NON FARE ALTRE MAGIE. NON CONSEGNARE LA BACCHETTA.
    Arthur Weasley
    Silente stava cercando di sistemare tutto… che cosa voleva dire? Quanto potere aveva Silente per contrastare il Ministero della Magia? C’era la possibilità che lui venisse riammesso a Hogwarts, allora? Un piccolo barlume di speranza si accese nel petto di Harry, quasi subito soffocato dal panico: come faceva a rifiutarsi di consegnare la bacchetta senza ricorrere alla magia? Avrebbe dovuto duellare con i rappresentanti del Ministero e, in quel caso, sarebbe stato fortunato a sfuggire ad Azkaban, per non parlare dell’espulsione.
    La sua mente correva… poteva fuggire e rischiare di essere catturato dal Ministero, o restare dov’era e aspettare che lo trovassero lì. Era molto più tentato dalla prima ipotesi, ma sapeva che il signor Weasley aveva a cuore il suo interesse… e dopotutto Silente aveva sistemato cose ben peggiori in passato.
    «Bene» disse Harry. «Ho cambiato idea. Resto».
    Si sedette bruscamente al tavolo di cucina, di fronte a Dudley e a zia Petunia. I Dursley parvero spiazzati dal suo improvviso cambiamento. Zia Petunia gettò un’occhiata disperata a zio Vernon. La vena nella tempia violacea di quest’ultimo pulsava più forte che mai.
    «Da dove vengono tutti questi maledetti gufi?» ringhiò.
    «Il primo era del Ministero della Magia, che mi ha espulso» disse Harry, calmo. Aveva le orecchie tese per cogliere i rumori di fuori, nel caso che i rappresentanti del Ministero si stessero avvicinando, ed era più facile e meno rumoroso rispondere alle domande di zio Vernon che farlo arrabbiare e muggire. «Il secondo era del papà del mio amico Ron, che lavora al Ministero».
    «Il Ministero della Magia?» mugghiò zio Vernon. «Gente come te al governo? Oh, questo spiega tutto, tutto, non c’è da stupirsi che il paese vada in malora».
    Quando Harry non rispose, zio Vernon lo guardò truce, poi sbottò: «E perché sei stato espulso?»
    «Perché ho usato la magia».
    «AHA!» ruggì zio Vernon, picchiando il pugno in cima al frigo, che si spalancò. Parecchie merendine ipocaloriche di Dudley si rovesciarono e caddero a terra. «Allora lo ammetti! Che cos’hai fatto a Dudley?»
    «Niente» rispose Harry, un po’ meno tranquillo. «Non sono stato io…»
    «Invece sì» borbottò Dudley inaspettatamente, e zio Vernon e zia Petunia agitarono all’istante le mani verso Harry per zittirlo mentre si chinavano su Dudley.
    «Vai avanti, figliolo» disse zio Vernon, «che cos’ha fatto?»
    «Diccelo, tesoro» sussurrò zia Petunia.
    «Mi ha puntato addosso la bacchetta» biascicò Dudley.
    «Sì, è vero, però non l’ho usata…» esordì Harry rabbioso, ma…
    «ZITTO!» ruggirono in coro zio Vernon e zia Petunia.
    «Vai avanti, figliolo» ripeté zio Vernon, coi baffi che svolazzavano furiosi.
    «È diventato tutto buio» disse Dudley con voce roca, tremando. «Tutto buio. E poi ho s-sentito… delle cose. Dentro l-la testa».
    Zio Vernon e zia Petunia si scambiarono sguardi di puro terrore. Se la cosa che meno amavano al mondo era la magia — seguita a ruota dai vicini che violavano più di loro il divieto di usare l’acqua in giardino — la gente che sente delle voci era decisamente tra le ultime dieci. Era chiaro che credevano che Dudley stesse perdendo la testa.
    «Che genere di cose hai sentito, caro?» sussurrò zia Petunia, molto pallida, con le lacrime agli occhi.
    Ma Dudley sembrava incapace di spiegarlo. Rabbrividì di nuovo scuotendo il testone biondo e Harry, nonostante il senso di torpido terrore che era calato su di lui all’arrivo del primo gufo, provò una certa curiosità. I Dissennatori facevano rivivere a una persona i momenti peggiori della sua vita. Che cos’era stato costretto ad ascoltare il viziato, coccolato, prepotente Dudley?
    «Come mai sei caduto, figliolo?» disse zio Vernon con la voce di una calma innaturale, il genere di voce che avrebbe potuto adottare al capezzale di una persona molto malata.
    «S-sono inciampato» disse Dudley, tremante. «E poi…»
    Accennò al proprio petto massiccio. Harry capì. Dudley stava ricordando il gelo umido che riempie i polmoni quando speranza e felicità ti vengono risucchiate.
    «Terribile» gracchiò Dudley. «Freddo. Proprio freddo».
    «Va bene» disse zio Vernon con calma forzata. Zia Petunia posò una mano ansiosa sulla fronte di Dudley per sentire se aveva la febbre. «E poi che cos’è successo, Dud?»
    «Ho sentito… ho sentito… ho sentito… come se… come se…»
    «Come se non potessi mai più essere felice» gli venne in soccorso Harry con voce inespressiva.
    «Sì» sussurrò Dudley, ancora tremante.
    «Allora!» esclamò zio Vernon, ergendosi diritto, la voce tornata al suo pieno, notevole volume. «Tu hai scagliato qualche stupido incantesimo su mio figlio in modo che sentisse delle voci e credesse di essere… di essere condannato all’infelicità o roba del genere, eh?»
    «Quante volte devo dirtelo?» disse Harry, con malumore e voce crescenti. «Non sono stato io! Sono stati due Dissennatori!»
    «Due… che cosa sono queste sciocchezze?»
    «Dis-sen-na-to-ri» ripeté Harry, forte e chiaro. «Erano due».
    «E che cosa diavolo sono i Dissennatori?»
    «Fanno la guardia alla prigione dei maghi, Azkaban» disse zia Petunia.
    Due secondi di sonoro silenzio seguirono queste parole prima che zia Petunia si premesse la mano sulla bocca come se si fosse lasciata sfuggire una parolaccia disgustosa. Zio Vernon la guardò con gli occhi sgranati. Il cervello di Harry turbinò. La signora Figg era un conto… ma zia Petunia?
    «Come fai a saperlo?» le chiese, esterrefatto.
    Zia Petunia pareva piuttosto sconvolta per quello che aveva detto. Scoccò a zio Vernon un’occhiata di timorose scuse, poi abbassò appena la mano, rivelando la dentatura cavallina.
    «Ho sentito… quell’orribile ragazzo… spiegarlo a lei… tanti anni fa» disse a scatti.
    «Se intendi la mia mamma e il mio papà, perché non usi i loro nomi?» gridò Harry, ma zia Petunia lo ignorò. Sembrava terribilmente confusa.
    Harry era stupefatto. A parte uno sfogo di alcuni anni prima, nel corso del quale aveva urlato che la mamma di Harry era una svitata, non aveva mai sentito zia Petunia menzionare la sorella. Era sbalordito che avesse serbato quell’informazione sul mondo dei maghi per tanto tempo, quando in genere cercava con tutte le forze di fingere che non esistesse.
    Zio Vernon aprì la bocca, la chiuse, la aprì un’altra volta, la richiuse, poi, come sforzandosi di ricordare come si fa a parlare, la aprì per la terza volta e gracchiò: «Allora… allora… loro… ehm… loro… ehm… loro esistono davvero, questi… ehm… Dissechecosa?»
    Zia Petunia annuì.
    Zio Vernon spostò lo sguardo da lei a Dudley a Harry, come nella speranza che qualcuno stesse per urlare “Pesce d’aprile!” Poiché nessuno lo fece, aprì di nuovo la bocca, ma la fatica di trovare altre parole gli fu risparmiata dall’arrivo del terzo gufo della serata. Filò attraverso la finestra ancora aperta come una palla di cannone piumata e atterrò con un acciottolio sul tavolo di cucina, facendo sobbalzare dallo spavento tutti e tre i Dursley. Harry gli sfilò dal becco una seconda busta dall’aria ufficiale e la strappò mentre il gufo tornava a volteggiare nella notte.
    «Basta… con questi dannati… gufi» borbottò zio Vernon distrattamente, marciando sino alla finestra per richiuderla con un colpo secco.
   
    Caro signor Potter,
    In seguito alla nostra lettera di circa ventidue minuti fa, il Ministero della Magia ha rivisto la propria decisione di distruggere immediatamente la sua bacchetta. Può conservarla fino all’udienza disciplinare del 12 agosto prossimo, quando verrà presa una decisione ufficiale.
    In seguito a una discussione con il Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, il Ministero ha convenuto che la questione della sua espulsione verrà anch’essa discussa in quell’occasione. Dovrà dunque considerarsi sospeso dalla scuola fino a ulteriori indagini.
    I migliori saluti,
    Mafalda Hopkirk
    Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche
    Ministero della Magia
   
    Harry lesse la lettera tre volte di fila. Il nodo di pena nel suo petto si allentò un po’ per il sollievo di sapere che non era ancora stato espulso definitivamente, anche se le sue paure non erano affatto bandite. Tutto sembrava dipendere da quell’udienza del dodici agosto.
    «Allora?» chiese zio Vernon, riportando Harry alla realtà. «Che cosa è successo? Ti hanno condannato a qualcosa? I tuoi simili ce l’hanno, la pena di morte?» aggiunse in un ritorno di ottimismo.
    «Devo andare a un’udienza» rispose Harry.
    «E ti giudicheranno allora?»
    «Immagino di sì».
    «Allora non smetto di sperare» commentò zio Vernon, perfido.
    «Be’, se questo è tutto…» disse Harry, alzandosi. Non vedeva l’ora di trovarsi da solo, per riflettere e magari spedire una lettera a Ron, Hermione o Sirius.
    «NO, COL CAVOLO CHE QUESTO È TUTTO!» mugghiò zio Vernon. «RIMETTITI SEDUTO!»
    «E adesso che cosa c’è?»
    «DUDLEY!» ruggì zio Vernon. «Voglio sapere esattamente che cos’è successo a mio figlio!»
    «VA BENE!» gridò Harry, e per la rabbia scintille rosse e d’oro sprizzarono dalla punta della bacchetta che stringeva ancora in mano. Tutti e tre i Dursley si ritrassero, terrorizzati.
    «Io e Dudley eravamo nel vicolo tra Magnolia Crescent e Wisteria Walk» disse Harry, parlando in fretta, lottando per controllarsi. «Dudley credeva di fare il furbo con me, così ho tirato fuori la bacchetta, ma non l’ho usata. Poi sono comparsi due Dissennatori…»
    «Ma che cosa SONO i Disseccatori?» chiese zio Vernon, furioso. «Che cosa FANNO?»
    «Te l’ho detto, ti succhiano via la felicità» rispose Harry, «e se ci riescono, ti baciano…»
    «Ti baciano?» ripeté zio Vernon, gli occhi quasi fuori dalle orbite. «Ti baciano?»
    «È così che si dice quando ti risucchiano l’anima dalla bocca».
    Zia Petunia emise un debole urlo.
    «L’anima? Non gli avranno preso… ce l’ha ancora…»
    Afferrò Dudley per le spalle e lo scosse, come per cercare di sentire l’anima sbatacchiare dentro di lui.
    «Ma certo che non gli hanno preso l’anima, ve ne accorgereste» disse Harry, esasperato.
    «Li hai battuti, vero, figliolo?» chiese zio Vernon forte, con l’aria di chi cerca di riportare la conversazione su un piano che può comprendere. «Li hai sistemati col vecchio uno-due, vero?»
    «Non si possono sistemare i Dissennatori col vecchio uno-due» disse Harry a denti stretti.
    «Allora perché sta bene?» inveì zio Vernon. «Perché non è tutto vuoto, allora?»
    «Perché ho usato l’Incanto…»
    WHOOSH. Con un gran chiasso, un sibilo di ali e una morbida spruzzata di fuliggine, un quarto gufo schizzò fuori dal caminetto della cucina.
    «PER L’AMOR DI DIO!» ruggì zio Vernon, strappandosi manciate di peli dai baffoni, cosa che non gli capitava di fare da molto tempo. «NON VOGLIO QUESTI GUFI QUI, NON LO TOLLERO, TE LO RIPETO!»
    Ma Harry stava già sfilando un rotolo di pergamena dalla zampa del gufo. Era così convinto che la lettera fosse di Silente che spiegava tutto — i Dissennatori, la signora Figg, che cosa stava combinando il Ministero, come lui, Silente, intendeva sistemare le cose — che per la prima volta nella vita fu deluso nel vedere la grafia di Sirius. Ignorando la tirata di zio Vernon contro i gufi, ancora in corso, e strizzando gli occhi davanti a una seconda nuvola di fuliggine sollevata dall’ultimo gufo che ripartiva su per il camino, Harry lesse il messaggio di Sirius.
   
    Arthur ci ha appena detto che cosa è successo. Fai qualunque cosa, ma non uscire più di casa.
   
    Harry la trovò una risposta così inadeguata a tutto ciò che era accaduto quella notte che voltò la pergamena, cercando il resto della lettera. Ma non c’era altro.
    Ecco che si stava arrabbiando di nuovo. Nessuno aveva intenzione di dirgli “ben fatto” per aver respinto da solo due Dissennatori? Sia il signor Weasley che Sirius parlavano come se lui si fosse comportato male, come se stessero risparmiando le sgridate fino a quando non avessero potuto stabilire la gravità dei fatti.
    «…un pacco, voglio dire, un sacco di gufi che filano dentro e fuori casa. Non lo accetto, ragazzo, io non…»
    «Non posso impedire ai gufi di arrivare» sbottò Harry, appallottolando la lettera di Sirius.
    «Voglio la verità su quello che è successo stanotte!» abbaiò zio Vernon. «Se sono stati i Disserratori a far del male a Dudley, come mai sei stato espulso? Hai fatto una tu-sai-che-cosa, l’hai ammesso!»
    Harry trasse un profondo respiro per calmarsi. La testa cominciava a fargli male di nuovo. Voleva più di ogni altra cosa uscire dalla cucina, allontanarsi dai Dursley.
    «Ho fatto l’Incanto Patronus per liberarci dai Dissennatori» disse, costringendosi a restare calmo. «È la sola cosa che funziona contro di loro».
    «Ma che cosa ci facevano dei Disseccatori a Little Whinging?» chiese zio Vernon in tono offeso.
    «Non saprei» rispose Harry stancamente. «Non ne ho idea».
    La sua testa pulsava nel bagliore del neon. La sua rabbia si sgonfiò. Si sentiva svuotato, esausto. I Dursley lo fissavano, tutti e tre.
    «Sei tu» disse zio Vernon con violenza. «Deve aver a che fare con te, ragazzo, lo so. Perché altrimenti avrebbero dovuto saltar fuori qui? Perché mai dovevano essere in quel vicolo? Tu devi essere l’unico… l’unico…» Chiaramente non riusciva a pronunciare la parola “mago”. «L’unico tu-sai-cosa nel raggio di miglia».
    «Non so perché erano qui».
    Ma alle parole di zio Vernon, il cervello sfinito di Harry era tornato in azione. Perché i Dissennatori erano venuti a Little Whinging? Come poteva essere una coincidenza il fatto che fossero arrivati nel vicolo dove sì trovava Harry? Erano stati mandati? Il Ministero della Magia aveva perso il controllo sui Dissennatori? Avevano abbandonato Azkaban e si erano uniti a Voldemort, come aveva predetto Silente?
    «Questi Disserratori sorvegliano una prigione di pazzi?» chiese zio Vernon, spezzando di colpo il filo dei pensieri di Harry.
    «Sì» rispose Harry.
    Se solo la testa avesse smesso di fargli male, se solo avesse potuto uscire dalla cucina e raggiungere la sua stanza buia e pensare…
    «Oho! Sono venuti ad arrestarti!» esclamò zio Vernon, con l’aria trionfante di chi raggiunge una conclusione inconfutabile. «È così, vero, ragazzo? Sei in fuga dalla legge!»
    «Certo che no» disse Harry, scuotendo il capo come per cacciare una mosca, con la mente che correva.
    «E allora perché…?»
    «Deve averli mandati lui» mormorò Harry, più a se stesso che a zio Vernon.
    «Come sarebbe? Chi deve averli mandati?»
    «Lord Voldemort» rispose Harry.
    Registrò vagamente quanto fosse strano che i Dursley, che si ritraevano, strizzavano gli occhi, trasalivano e piagnucolavano all’udire parole come “mago”, “magia” o “bacchetta”, potessero ascoltare il nome del mago più malvagio di tutti i tempi senza il minimo tremore.
    «Lord… un momento» disse zio Vernon, il volto contratto, un’espressione di crescente comprensione negli occhi porcini. «Ho sentito quel nome… era quello che…»
    «Ha assassinato i miei genitori, sì» concluse Harry per lui.
    «Ma è sparito» disse zio Vernon impaziente, senza minimamente pensare che l’assassinio dei genitori di Harry potesse essere un argomento penoso. «L’ha detto quel tipo gigante. È sparito».
    «È tornato» rispose Harry gravemente.
    Era molto strano, trovarsi lì in piedi nella cucina chirurgicamente asettica di zia Petunia, accanto al frigorifero ultimo modello e al televisore wide-screen, a parlare tranquillamente di Lord Voldemort con zio Vernon. L’arrivo dei Dissennatori a Little Whinging sembrava aver aperto una breccia nell’enorme muro invisibile che separava il mondo inesorabilmente non magico di Privet Drive dal mondo al di là. Le due vite di Harry si erano in un certo modo fuse e tutto era stato rovesciato; i Dursley chiedevano dettagli del mondo magico, e la signora Figg conosceva Albus Silente; i Dissennatori veleggiavano per Little Whinging, e lui rischiava di non tornare mai più a Hogwarts. La testa di Harry pulsò in modo ancor più doloroso.
    «Tornato?» sussunò zia Petunia.
    Stava guardando Harry come non lo aveva mai guardato prima. E all’improvviso, per la primissima volta nella sua vita, Harry apprezzò a fondo il fatto che zia Petunia fosse la sorella di sua madre. Non avrebbe saputo dire perché questo lo colpisse con tanta forza in quel momento. Sapeva solo di non essere l’unica persona nella stanza ad avere una vaga idea di ciò che poteva significare il ritorno di Lord Voldemort. Zia Petunia non l’aveva mai guardato così in tutta la sua vita. I suoi grandi occhi sbiaditi (così diversi da quelli della sorella) non erano serrati per il disgusto o la rabbia: erano spalancati e colmi di paura. La furibonda finzione che zia Petunia aveva sostenuto per tutta la vita di Harry — che non esisteva la magia e non esisteva mondo al di fuori di quello che abitava con zio Vernon — sembrava essere crollata.
    «Sì» disse Harry, rivolto direttamente a zia Petunia, questa volta. «È tornato un mese fa. Io l’ho visto».
    Le mani di lei trovarono le enormi spalle fasciate di pelle di Dudley e le serrarono.
    «Un momento» riprese zio Vernon, spostando lo sguardo dalla moglie a Harry e viceversa, chiaramente stordito e confuso dalla comprensione senza precedenti che sembrava essere scattata fra loro. «Un momento. Dici che questo Lord Voldchecosa è tornato».
    «Sì».
    «Quello che ha assassinato i tuoi genitori».
    «Sì».
    «E adesso sta mandando i Dissalatori a darti la caccia?»
    «Pare di sì» rispose Harry.
    «Capisco» disse zio Vernon, spostando lo sguardo dalla pallida moglie a Harry e tirandosi su i pantaloni. Sembrava che si stesse ingrossando; il suo faccione violetto si dilatava davanti agli occhi di Harry. «Be’, questo decide tutto» disse, e il petto della camicia si tese mentre lui si gonfiava, «puoi andartene da questa casa, ragazzo!»
    «Che cosa?» chiese Harry.
    «Mi hai sentito: FUORI!» urlò zio Vernon, e perfino zia Petunia e Dudley sussultarono. «FUORI! FUORI! Avrei dovuto farlo anni fa! Gufi che trattano questo posto come un trespolo, pudding che esplodono, mezzo salotto distrutto, la coda di Dudley, Marge che rimbalza sul soffitto e quella Ford Anglia volante… FUORI! FUORI! È finita! Hai chiuso! Non resterai qui se un pazzo ti dà la caccia, non metterai in pericolo mia moglie e mio figlio, non ci procurerai altri guai. Se stai imboccando la strada dei tuoi inutili genitori, io ne ho abbastanza! FUORI!»
    Harry rimase inchiodato dov’era. Le lettere del Ministero, del signor Weasley e di Sirius erano tutte accartocciate nella sua mano sinistra. Fai qualunque cosa, ma non uscire più di casa. NON USCIRE DALLA CASA DEI TUOI ZII.
    «Mi hai sentito!» gridò zio Vernon, chinandosi in avanti, il faccione violetto così vicino che Harry sentì gli spruzzi di saliva colpirgli il viso. «Muoviti! Non vedevi l’ora di andartene mezz’ora fa! Ti accontento! Esci e non oscurare mai più la nostra soglia! Perché poi ti abbiamo tenuto, non lo so. Marge aveva ragione, dovevi andare all’orfanotrofio. Siamo stati troppo deboli, credevamo di fartela passare, credevamo di renderti normale, ma sei sempre stato marcio e io ne ho abbastanza… di gufi!»
    Il quinto gufo sfrecciò giù dal camino così veloce che si schiantò a terra prima di rialzarsi per aria con un alto stridio. Harry allungò la mano per afferrare la lettera, che era dentro una busta scarlatta, ma l’uccello si librò sopra la sua testa e volò diritto verso zia Petunia, che emise un urlo e si chinò, le mani sul viso. Il gufo lasciò cadere la busta rossa sulla sua testa, si voltò e volò via su per il camino.
    Harry scattò in avanti per prendere la lettera, ma zia Petunia lo precedette.
    «Puoi aprirla, se vuoi» disse Harry, «ma sentirò comunque che cosa dice, perché è una Strillettera».
    «Lasciala andare, Petunia» ruggì zio Vernon. «Non toccarla, potrebbe essere pericolosa!»
    «È indirizzata a me» disse zia Petunia con voce tremolante. «È indirizzata a me, Vernon, guarda! Signora Petunia Dursley, Cucina, Privet Drive, numero quattro…»
    Trattenne il fiato, terrorizzata. La busta rossa aveva cominciato a fumare.
    «Aprila!» la esortò Harry. «Falla finita! Succederà comunque».
    «No».
    La mano di zia Petunia tremava. Si guardò intorno disperatamente, come in cerca di una via di fuga, ma troppo tardi: la busta scoppiò in fiamme. Zia Petunia strillò e la lasciò cadere.
    Una voce terribile riempì la cucina rimbombando nello spazio limitato, levandosi dal foglio che ardeva sul tavolo.
    «Ricorda la mia ultima, Petunia».
    Zia Petunia sembrava sul punto di svenire. Si lasciò cadere sulla sedia vicino a Dudley, il volto tra le mani. I resti della busta si ridussero in cenere, nel silenzio.
    «Che cos’è?» chiese zio Vernon con voce roca. «Cosa… io non… Petunia?»
    Zia Petunia non rispose. Dudley fissava con aria stolida sua madre, a bocca spalancata. Il silenzio si levava in orride spirali. Harry osservava la zia, profondamente sconvolto, la testa che pulsava, pronta a esplodere.
    «Petunia, cara…» disse zio Vernon timidamente. «P-Petunia…»
    Lei alzò il capo. Tremava ancora. Deglutì.
    «Il ragazzo… il ragazzo deve restare, Vernon» mormorò debolmente.
    «C-cosa?»
    «Lui rimane» disse lei. Non stava guardando Harry. Si alzò di nuovo.
    «Lui… ma Petunia…»
    «Se lo buttiamo fuori, i vicini parleranno» disse. Stava riacquistando in fretta i soliti modi bruschi e stizzosi, anche se era ancora molto pallida. «Faranno domande strane, vorranno sapere dov’è andato. Dobbiamo tenerlo».
    Zio Vernon si sgonfiò come una vecchia gomma.
    «Ma Petunia, cara…»
    Zia Petunia lo ignorò. Si rivolse a Harry.
    «Devi restare nella tua camera» ordinò. «Non devi uscire di casa. Ora vai a dormire».
    Harry non si mosse.
    «Di chi era quella Strillettera?»
    «Non fare domande» sbottò zia Petunia.
    «Sei in contatto con dei maghi?»
    «Ti ho detto di andare a dormire!»
    «Che cosa voleva dire? Ricorda l’ultima che cosa?»
    «Vai a dormire!»
    «Come mai…?»
    «HAI SENTITO LA ZIA, ADESSO FILA A LETTO!»
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