Macchie di luminoso cielo azzurro cominciavano ad apparire sopra le torri del castello, ma quei precoci segnali dell’estate non migliorarono l’umore di Harry. Sia i tentativi di scoprire cosa faceva Malfoy sia quelli di spingere Lumacorno a rivelare il ricordo represso per decenni erano stati frustrati.
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«Per l’ultima volta, scordati Malfoy» lo esortò Hermione.
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Erano seduti in un angolo assolato del cortile, dopo pranzo. Sia Hermione che Ron avevano in mano un volantino del Ministero della Magia (Errori Comuni di Materializzazione e Come Evitarli) per l’esame di quel pomeriggio, ma i volantini non erano serviti a calmare i nervi: Ron sussultò e cercò di nascondersi dietro Hermione quando una ragazza apparve da dietro l’angolo.
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«Non è Lavanda» fece Hermione, stufa.
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«Oh, bene» disse Ron, rilassandosi.
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«Harry Potter?» chiese la ragazza. «Devo darti questo».
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«Grazie…»
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Harry prese la piccola pergamena con un tuffo al cuore. Quando la ragazza fu abbastanza lontana, osservò: «Silente ha detto che non ci sarebbero state altre lezioni finché non avessi ottenuto il ricordo!»
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«Forse vuole controllare che cosa stai facendo» suggerì Hermione. Harry srotolò il foglio, ma invece della lunga, stretta calligrafia obliqua di Silente trovò una scrittura larga e scomposta, molto difficile da leggere per la presenza di grosse macchie d’inchiostro colato.
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Cari Harry, Ron e Hermione,
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Aragog è morto stanotte. Harry e Ron, voi l’avete conosciuto, e sapete com’era speciale. Hermione, sono sicuro che ti poteva piacere pure a te. Ci tengo tanto se riuscite a fare un salto giù per il funerale stasera. Lo faccio verso il crepuscolo, era il suo momento preferito. So che non dovete stare fuori col buio, ma potete usare il Mantello. Non ve lo volevo chiedere ma da solo non ce la faccio.
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Hagrid
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«Guarda qui». Harry passò il biglietto a Hermione.
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«Oh, per l’amor del cielo» esclamò lei, scorrendolo in fretta e porgendolo a Ron, che lo lesse con crescente incredulità.
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«È pazzo!» sbottò, furente. «Quella cosa ha detto ai suoi compagni di mangiare me e Harry! Gli ha detto che si potevano servire! E adesso Hagrid si aspetta che andiamo laggiù a piangere su quell’orrendo cadavere peloso!»
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«Non è solo quello» rincarò Hermione. «Ci chiede di uscire dal castello di notte, e sa che la vigilanza è un milione di volte più stretta, e che finiremmo in guai seri se ci prendessero».
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«Siamo già andati a trovarlo di notte» le ricordò Harry.
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«Sì, ma non per una cosa così» rispose lei. «Abbiamo rischiato molto per dare una mano a Hagrid, ma dopotutto… Aragog è morto. Se fosse questione di salvarlo…»
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«… avrei ancora meno voglia di andarci»concluse Ron, deciso. «Tu non l’hai conosciuto, Hermione. Credimi, da morto può solo migliorare, e tanto».
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Harry riprese il biglietto e fissò le macchie d’inchiostro. Chiaramente erano cadute fitte lacrime sulla pergamena…
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«Harry, non puoi pensare di andare» gemette Hermione. «È una cosa troppo inutile per farsi punire».
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Harry sospirò.
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«Sì, lo so» ammise. «Immagino che Hagrid dovrà seppellire Aragog senza di noi».
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«Proprio così» concluse lei, sollevata. «Senti, a Pozioni non ci sarà praticamente nessuno oggi pomeriggio: quasi tutti saranno all’esame… Cerca di ammorbidire un po’ Lumacorno!»
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«Con la fortuna che ho avuto finora…» osservò Harry amareggiato.
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«Fortuna» saltò su Ron all’improvviso. «Harry, è così… devi essere fortunato!»
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«Cioè?»
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«Usa la pozione della fortuna!»
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«Ron… ma sì, sì!» fece Hermione, a bocca aperta. «Ma certo? Perché non ci ho pensato io?»
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Harry li fissò entrambi. «La Felix Felicis?» chiese. «Non so… la tenevo da parte…»
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«Per cosa?» domandò Ron incredulo.
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«Cosa diavolo c’è di più importante di quel ricordo, Harry?» insistette Hermione.
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Harry non rispose. Il pensiero di quella boccetta dorata era sospeso da un po’ sull’orlo della sua immaginazione; vaghi e inarticolati piani su Ginny che lasciava Dean, e Ron in qualche modo contento di vederla accanto a un nuovo fidanzato, erano fermentati nelle profondità della sua mente, inconfessati se non nei sogni o nella zona d’ombra tra il sonno e la veglia…
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«Harry? Ci sei?» gli chiese Hermione.
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«Co…? Sì, certo» rispose lui, riprendendosi. «Be’… d’accordo. Se non riesco a far parlare Lumacorno oggi pomeriggio, prenderò un po’ di Felix e ritenterò stasera».
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«È deciso, allora» concluse Hermione brusca. Si alzò e fece un’aggraziata piroetta. «Destinazione… Determinazione… Decisione…» mormorò.
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«Oh, smettila! Mi sento già abbastanza male così… Presto, nascondimi!» esclamò Ron tuffandosi dietro di lei alla vista di un paio di ragazze che sbucavano nel cortile.
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«Non è Lavanda!» sbuffò Hermione, spazientita.
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«Bene» rispose Ron, spiando da sopra la sua spalla per essere sicuro. «Accidenti, non sembrano molto felici, vero?»
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«Sono le sorelle Montgomery, certo che non sono felici, non hai sentito che cosa è successo al loro fratellino?»chiese Hermione.
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«Sto perdendo il conto di quello che succede ai parenti di tutti, onestamente» ribatté Ron.
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«Be’, è stato aggredito da un lupo mannaro. Corre voce che la madre si sia rifiutata di aiutare i Mangiamorte. Il bambino aveva solo cinque anni ed è morto al San Mungo, non sono riusciti a salvarlo».
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«Morto?» ripeté Harry, agghiacciato. «Ma i lupi mannari non uccidono, ti trasformano solo in uno di loro, no?»
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«A volte uccidono»spiegò Ron, insolitamente serio. «Ho sentito dire che succede quando il lupo si lascia trascinare».
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«Come si chiamava quel lupo mannaro?» chiese Harry in fretta.
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«Be’, pare che fosse Fenrir Greyback» rispose Hermione.
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«Lo sapevo… quel pazzo a cui piace aggredire i bambini, quello di cui mi parlava Lupin!» esclamò Harry, furente.
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Hermione lo guardò mesta.
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«Harry, devi ottenere quel ricordo» insistette. «Si tratta di fermare Voldemort, no? Queste cose terribili dipendono tutte da lui…»
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La campanella suonò nel castello e sia Hermione che Ron balzarono in piedi, terrorizzati.
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«Andrete benissimo» augurò Harry a tutti e due, mentre si dirigevano alla Sala d’Ingresso per incontrarsi con i compagni che dovevano affrontare l’esame di Materializzazione. «Buona fortuna».
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«Anche a te!»replicò Hermione con uno sguardo eloquente. Harry si avviò verso i sotterranei.
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Quel pomeriggio a Pozioni erano solo in tre: Harry, Ernie e Draco Malfoy.
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«Tutti troppo giovani per Materializzarsi?» chiese Lumacorno gioviale. «Non avete ancora compiuto diciassette anni?»
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I tre scossero il capo.
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«Ah, be’» ridacchiò il professore, «visto che siamo così pochi, faremo qualcosa di divertente. Voglio che tutti e tre mi prepariate qualcosa di buffo!»
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«Benissimo, signore» rispose Ernie con tono adulatorio, strofinandosi le mani. Malfoy invece non fece nemmeno l’ombra di un sorriso.
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«Che cosa intende per qualcosa di ‘buffo’?» chiese, seccato.
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«Oh, sorprendetemi» cinguettò Lumacorno.
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Malfoy aprì la sua copia di Pozioni Avanzate con la faccia scura. Che per lui quella lezione fosse una perdita di tempo si vedeva lontano un miglio. Senza dubbio, pensò Harry osservandolo da sopra il proprio libro, stava rimpiangendo il tempo che avrebbe invece potuto trascorrere nella Stanza delle Necessità.
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Era la sua immaginazione, o Malfoy, come Tonks, era più magro? Certamente era più pallido; la sua pelle aveva ancora quella sfumatura grigiastra, forse perché ultimamente vedeva di rado la luce del sole. Ma non c’era compiacimento né eccitazione né superbia sul suo volto; nessuna traccia dell’arroganza che aveva ostentato sull’Espresso per Hogwarts, quando si era vantato della missione affidatagli da Voldemort… Poteva esserci solo una spiegazione, secondo Harry: l’incarico, qualunque fosse, stava andando male.
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Rallegrato, Harry sfogliò Pozioni Avanzate e trovò una versione di un Elisir per Indurre Euforia pesantemente corretta dal Principe Mezzosangue: non solo sembrava rispondere alla richiesta, ma addirittura, se l’avesse convinto ad assaggiarne un po’ (il cuore di Harry piroettò al pensiero), avrebbe potuto mettere Lumacorno così di buonumore da fargli rivelare quel ricordo…
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«Be’, ma guarda, ha un aspetto delizioso» mugolò Lumacorno un’ora e mezzo più tardi, battendo le mani e fissando il contenuto giallo sole del calderone di Harry. «Euforia, suppongo? E che cos’è che sento? Mmm… hai aggiunto un ciuffetto di menta piperita, vero? Poco ortodosso, ma è stato un lampo d’ispirazione, Harry. Certo, serve a controbilanciare gli sporadici effetti collaterali del canto esagerato e del pizzicore al naso… Non so proprio dove trovi queste idee folgoranti, ragazzo mio… a meno che…»
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Harry spinse col piede il libro del Principe Mezzosangue più a fondo nella borsa.
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«… non siano i geni di tua madre che si risvegliano in te!»
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«Oh… sì, forse» balbettò Harry, sollevato.
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Ernie era immusonito; deciso a superare Harry per una volta, aveva frettolosamente inventato una sua pozione, che si era rappresa e aveva formato una sorta di gnocco violaceo in fondo al calderone. Malfoy stava già riponendo le sue cose, inacidito; Lumacorno aveva definito la sua Soluzione Singhiozzante solo ‘passabile’.
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Sia Ernie che Malfoy uscirono non appena suonò la campana.
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«Signore»esordì Harry, ma Lumacorno si guardò subito indietro; quando vide che nella stanza erano rimasti soltanto lui e Harry, corse via più veloce che poteva.
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«Professore… professore, non vuole assaggiare la mia po…?» gridò Harry, disperato.
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Ma Lumacorno era sparito. Deluso, Harry vuotò il calderone, raccolse le sue cose, uscì dalla segreta e salì lentamente le scale fino alla sala comune.
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Ron e Hermione tornarono nel tardo pomeriggio.
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«Harry!» esclamò lei non appena ebbe varcato il buco del ritratto. «Harry, sono stata promossa!»
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«Bene!» fece lui. «E Ron?»
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«Lui… lui è stato bocciato per un soffio»sussurrò Hermione, mentre Ron entrava nella stanza, imbronciato. «È stata una vera sfortuna, una cosetta, l’esaminatore si è accorto che aveva lasciato indietro mezzo sopracciglio… Com’è andata con Lumacorno?»
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«Malissimo» rispose Harry, mentre Ron li raggiungeva. «Iella, amico, ma passerai la prossima volta… possiamo farlo insieme».
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«Sì, forse» ribatté Ron, di malumore. «Ma mezzo sopracciglio! Come se fosse importante!»
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«Lo so» lo consolò Hermione, «anche a me pare eccessivo…»
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Passarono gran parte della cena a insultare l’esaminatore di Materializzazione, e Ron era appena un po’ più allegro quando tornarono nella sala comune, discutendo il problema ancora aperto di Lumacorno e del ricordo.
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«Allora, Harry… hai intenzione di usare la Felix Felicis?» chiese Ron.
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«Sì, mi sa che dovrò» rispose Harry. «Non credo che mi servirà tutta, copre dodici ore, e non mi ci può volere la notte intera… Ne berrò solo un sorso. Due o tre ore dovrebbero bastare».
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«È una sensazione magnifica» evocò Ron con aria nostalgica. «Come se non potessi fare niente di sbagliato».
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«Ma che cosa dici?» rise Hermione. «Tu non l’hai mai presa!»
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«Già, ma credevo di sì!» ribatté Ron, come se spiegasse una cosa ovvia. «Non fa differenza…»
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Siccome avevano appena visto Lumacorno entrare in Sala Grande, indugiarono per un po’ nella sala comune. Il piano prevedeva che Harry gli lasciasse il tempo di mangiare con calma, prima di andarlo a trovare nel suo ufficio. Quando il sole discese fino a sfiorare le cime degli alberi nella Foresta Proibita, e dopo aver controllato cautamente che Neville, Dean e Seamus fossero nella sala comune, salirono tutti e tre di nascosto nel dormitorio dei ragazzi.
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Harry prese i calzini appallottolati dal fondo del baule e ne estrasse la bottiglietta scintillante.
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«Be’, eccola» disse; la sollevò e bevve un sorso attentamente misurato.
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«Che cosa si prova?»sussurrò Hermione.
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Per un attimo Harry non rispose. Poi, lenta ma costante, lo pervase un’euforica sensazione di infinite possibilità; si sentiva in grado di fare qualunque cosa al mondo… e ottenere il ricordo da Lumacorno all’improvviso non sembrò solo fattibile, ma decisamente facile…
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Si alzò sorridendo, traboccante di fiducia.
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«Ottimo» dichiarò. «Davvero ottimo. Bene… vado da Hagrid».
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«Cosa?» esclamarono in coro Ron e Hermione, atterriti.
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«No, Harry… devi andare a trovare Lumacorno, ricordi?» lo incalzò Hermione.
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«No» rispose Harry, sicuro di sé. «Vado da Hagrid, sento che è una buona idea andare da Hagrid».
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«Senti che è una buona idea seppellire un ragno gigante?» chiese Ron, esterrefatto.
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«Sì» ribadì Harry, sfilando dalla borsa il Mantello dell’Invisibilità. «Sento che è là che devo essere stasera, capite?»
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«No» risposero gli altri due all’unisono, ormai decisamente preoccupati.
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«Siamo sicuri che questa sia la Felix Felicis?» chiese Hermione ansiosa, tenendo la bottiglietta in controluce. «Non è un’altra boccetta piena di… non so…»
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«Essenza di Idiozia?» suggerì Ron, mentre Harry si gettava il Mantello sulle spalle.
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Harry rise e Ron e Hermione si accigliarono ancora di più.
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«Credetemi»li tranquillizzò. «So quello che faccio… o almeno…» e andò con calma verso la porta, «lo sa la Felix».
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Si tirò sulla testa il Mantello dell’Invisibilità e, con Ron e Hermione alle calcagna, scese le scale e varcò la porta aperta.
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«Che cosa ci facevi lassù con lei?» strillò Lavanda Brown, attraversando Harry con lo sguardo per fissare Ron e Hermione che uscivano insieme dal dormitorio dei maschi. Harry senti Ron farfugliare qualcosa e si allontanò di corsa.
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Uscire dal buco del ritratto fu semplice. Harry si infilò tra Ginny e Dean che stavano passando in quel momento. Nel farlo sfiorò Ginny inavvertitamente.
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«Non spingermi, per favore, Dean» protestò lei, seccata. «Lo fai sempre, so camminare benissimo da sola…»
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Il ritratto si richiuse dietro Harry, non prima che lui avesse udito Dean ribattere irritato… Con crescente euforia, Harry attraversò il castello. Non dovette fare attenzione, perché non incontrò nessuno, ma la cosa non lo sorprese affatto: quella sera era la persona più fortunata di tutta Hogwarts.
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Non aveva idea del perché andare da Hagrid fosse la cosa giusta. Era come se la pozione illuminasse pochi passi alla volta: non vedeva la destinazione finale, non vedeva quando sarebbe entrato in scena Lumacorno, ma sapeva che quello era il percorso giusto per ottenere il ricordo. Quando raggiunse la Sala d’Ingresso scoprì che Gazza si era dimenticato di chiudere a chiave il portone. Raggiante, lo spalancò e respirò per un momento l’odore di erba e aria pulita, prima di scendere la scalinata e tuffarsi nel tramonto.
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Quando mise piede sull’ultimo gradino gli venne in mente che sarebbe stato molto piacevole arrivare da Hagrid attraverso l’orto. Non si trovava proprio sulla strada, ma gli fu chiaro che era un capriccio da seguire, quindi lo fece. Nell’orto fu lieto, ma non del tutto sorpreso, di trovare il professor Lumacorno immerso in conversazione con la professoressa Sprite. Harry si appostò dietro un basso muretto di pietra, in pace con il mondo, e ascoltò le loro chiacchiere.
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«… ti ringrazio per avermi dedicato il tuo tempo, Pomona»stava dicendo Lumacorno, affabile. «Gran parte delle autorità convengono che sono efficaci al massimo se colte al crepuscolo».
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«Oh, è verissimo» ribatté la professoressa Sprite con calore. «Ti bastano?»
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«Bastano, bastano»rispose Lumacorno, che trasportava una bracciata di piante fronzute. «Dovrebbero esserci foglie sufficienti per ciascuno dei miei ragazzi del terzo anno, e un po’ di scorta se qualcuno le cuoce troppo… Be’, buonasera a te, e mille grazie ancora!»
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La professoressa Sprite svanì verso le sue serre nell’oscurità crescente e Lumacorno si diresse verso Harry, invisibile.
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Preso dall’immediato desiderio di rivelarsi, Harry si sfilò il Mantello con uno svolazzo.
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«Buonasera, professore».
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«Per la barba di Merlino, Harry, mi hai spaventato»esclamò Lumacorno, immobilizzandosi con aria guardinga. «Come hai fatto a uscire dal castello?»
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«Credo che Gazza si sia dimenticato di chiudere a chiave il portone» rispose allegramente Harry, e fu contento di vedere Lumacorno incupirsi.
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«Denuncerò quell’uomo: è più preoccupato dell’immondizia che di una sorveglianza accurata, se vuoi saperlo… Ma perché sei qui fuori, Harry?»
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«Be’, signore, è per Hagrid» spiegò Harry, sapendo che la cosa giusta in quel momento era dire la verità. «È sconvolto… ma lei non lo dirà a nessuno, professore? Non voglio che finisca nei guai…»
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La curiosità di Lumacorno ormai era stata destata.
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«Be’, non posso prometterlo» borbottò. «Ma so che Silente si fida ciecamente di lui, quindi sono sicuro che non può essere alle prese con niente di terribile…»
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«Be’, è per via di quel ragno gigante, l’ha tenuto per anni… viveva nella Foresta… sapeva parlare eccetera…»
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«Ho sentito dire che c’erano delle Acromantule nella Foresta» sussurrò Lumacorno, guardando la massa di alberi neri. «È vero, allora?»
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«Sì» rispose Harry. «Ma questo, Aragog, il primo che Hagrid abbia mai avuto, è morto ieri notte. Lui è distrutto. Vuole compagnia per seppellirlo e io ho promesso che sarei andato».
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«Commovente, commovente» mormorò Lumacorno distratto, gli occhi fissi sulle luci lontane della capanna di Hagrid. «Ma il veleno di Acromantula è molto prezioso… Se la bestia è appena morta forse non si è ancora essiccato… È ovvio, non farei nulla che possa turbare Hagrid… ma se ci fosse un modo per procurarsene un po’… Insomma, è praticamente impossibile prendere il veleno a un’Acromantula quando è viva…»
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Lumacorno sembrava rivolto più a se stesso che a Harry.
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«…è un orribile spreco non raccoglierlo… una pinta potrebbe fruttare cento galeoni… Per essere sincero, il mio stipendio non è alto…»
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E Harry seppe con chiarezza che cosa doveva fare.
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«Be’» cominciò, con un’esitazione del tutto convincente, «be’, se vuole venire, professore, a Hagrid farebbe tanto piacere… per dare un addio più degno ad Aragog, sa…»
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«Sì, certo» rispose Lumacorno, gli occhi lustri di entusiasmo. «Sai cosa ti dico, Harry? Ci vediamo giù con un paio di bottiglie… Berremo alla… be’, non alla salute… della povera bestia, ma le diremo addio con stile, comunque, una volta sepolta. E mi cambierò la cravatta, questa è un po’ troppo vivace per l’occasione…»
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Corse indietro al castello, e Harry filò da Hagrid, felice.
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«Sei venuto» gracchiò Hagrid quando aprì la porta e vide Harry emergere dal Mantello dell’Invisibilità davanti a lui.
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«Sì… Ron e Hermione però non ce l’hanno fatta» replicò Harry. «Sono molto dispiaciuti».
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«Non… non importa… Sarebbe commosso di vederti qui, Harry…»
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Hagrid scoppiò in un gran singhiozzo. Portava una fascia da lutto nera fatta con una specie di straccio intinto nel lucido per stivali e i suoi occhi erano gonfi, rossi e sporgenti. Harry gli diede una pacca consolatoria sul gomito, il punto più alto che riusciva a raggiungere.
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«Dove lo seppelliamo?» chiese. «Nella Foresta?»
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«Porca vacca, no»rispose Hagrid, asciugandosi gli occhi col lembo della camicia. «Gli altri ragni non mi lasceranno mica avvicinare alle loro ragnatele adesso che Aragog è morto. Ho scoperto che era solo per lui se non mi hanno mangiato! Ma ci credi, Harry?»
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La risposta sincera era ‘sì’; Harry ricordava fin troppo bene quando lui e Ron si erano trovati faccia a faccia con le Acromantule: avevano chiarito senz’ombra di dubbio che solo la presenza di Aragog aveva impedito loro di mangiarsi Hagrid.
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«Non c’è mai stato un posto della Foresta dove non potevo andare!» sospirò Hagrid, scuotendo la testa. «Mica è stato facile tirar fuori di là il corpo di Aragog, te lo dico io… Di solito i morti se li mangiano, sai… Ma io volevo darci una bella sepoltura… un addio come si deve…»
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Proruppe di nuovo in singhiozzi e Harry riprese a dargli pacche sul gomito, dicendo (perché la pozione sembrava suggerirlo): «Il professor Lumacorno mi ha visto venire quaggiù, Hagrid».
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«Non sei mica nei guai, eh?» chiese lui, alzando la testa, allarmato. «Lo so, è colpa mia, non devi stare fuori dal castello la sera…»
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«No, no, quando ha saputo che cosa facevo ha detto che piacerebbe anche a lui venire a rendere l’estremo omaggio ad Aragog» rispose Harry. «È andato a mettersi qualcosa di più adatto, credo… e ha detto che avrebbe portato delle bottiglie per bere alla memoria di Aragog…»
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«Davvero?»domandò Hagrid, stupefatto e commosso insieme. «È… è proprio carino da parte sua, no, e poi non ti denuncia nemmeno. Non ho mai avuto molto a che fare con Horace Lumacorno finora… Venire a vedere il vecchio Aragog che se ne va, eh? Be’… ci sarebbe piaciuto, ad Aragog, sì…»
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Harry era intimamente convinto che ciò che Aragog avrebbe più apprezzato di Lumacorno era la vasta quantità di carne, ma si limitò a spostarsi verso la finestra sul retro della capanna, da cui ebbe l’orrida visione dell’enorme ragno morto disteso sul dorso, le zampe rannicchiate e aggrovigliate.
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«Lo seppelliamo qui, Hagrid, nel tuo giardino?»
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«Appena dietro il campo delle zucche, direi» rispose Hagrid con voce soffocata. «Ho già scavato la… insomma… la fossa. Pensavo che potevamo dire qualcosa su di lui… ricordi felici, sai…»
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La sua voce tremò e si spezzò. Qualcuno bussò alla porta e lui andò ad aprire, soffiandosi il naso nell’enorme fazzoletto a pallini. Lumacorno varcò la soglia, con parecchie bottiglie fra le braccia; portava una lugubre cravatta nera.
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«Hagrid» esordì con voce profonda e contrita. «Mi spiace della tua perdita».
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«Molto gentile da parte tua» replicò Hagrid. «Grazie mille. E grazie che non hai punito Harry, anche…»
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«Non me lo sarei mai sognato» ribatté Lumacorno. «Triste notte, triste notte… dov’è la povera creatura?»
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«Qui fuori» sospirò Hagrid con voce tremante. «Dobbiamo… dobbiamo cominciare, allora?»
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Uscirono in giardino. I raggi della luna, che scintillava pallida tra gli alberi, si mescolavano con la luce che dalla finestra illuminava il corpo di Aragog sul bordo di una grande fossa, accanto a un cumulo di terra alto tre metri.
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«Magnifico» osservò Lumacorno, avvicinandosi alla testa del ragno, dove otto occhi lattiginosi fissavano vuoti il cielo e due enormi tenaglie ricurve brillavano immobili alla luce lunare. A Harry parve di udire un tintinnio di bottiglie mentre Lumacorno si chinava sulle tenaglie, osservando l’enorme testa pelosa.
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«Mica tutti capiscono la loro bellezza» commentò Hagrid alla schiena di Lumacorno, con le lacrime che traboccavano dagli occhi ridotti a fessure. «Non sapevo che ti interessavano le creature come Aragog, Horace».
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«Se mi interessano? Mio caro Hagrid, io le venero» rispose Lumacorno, allontanandosi dal corpo. Harry vide una bottiglia luccicare per un istante sotto il suo mantello, anche se Hagrid, che si stava asciugando di nuovo gli occhi, non notò nulla. «Ora… procediamo alla sepoltura?»
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Hagrid annuì e fece un passo avanti. Sollevò il gigantesco ragno tra le braccia e con un poderoso grugnito lo fece rotolare nella buca. La bestia urtò il fondo con un orribile tonfo scricchiolante. Hagrid ricominciò a piangere.
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«Naturalmente è difficile per te che lo conoscevi più di tutti» osservò Lumacorno. Come Harry, non arrivava oltre il gomito di Hagrid ma gli diede comunque qualche colpetto. «Magari dirò io due parole».
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Deve aver spremuto da Aragog un sacco di ottimo veleno,pensò Harry, perché Lumacorno si avvicinò all’orlo della fossa con un cipiglio soddisfatto e declamò con voce lenta e solenne: «Addio, Aragog, re degli aracnidi, la cui lunga e fedele amicizia non sarà dimenticata da coloro che ti conobbero! Anche se il tuo corpo si decomporrà, il tuo spirito aleggia nei luoghi tranquilli e fitti di ragnatele della tua Foresta natia. Possano i tuoi discendenti dai molti occhi prosperare e i tuoi amici umani trovare consolazione per la perdita che hanno subito».
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«È stato… è stato… bello!» ululò Hagrid, e crollò sul mucchio di terriccio, piangendo più forte che mai.
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«Su, su» lo rincuorò Lumacorno, e agitò la bacchetta: la grossa pila di terra si alzò e poi ricadde con un tonfo soffocato sul ragno defunto, in un cumulo regolare. «Andiamo dentro a bere qualcosa. Reggilo dall’altra parte, Harry… così… Vieni, Hagrid… bravo…»
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Depositarono Hagrid su una sedia vicino al tavolo. Thor, che durante il funerale era rimasto nascosto nel cesto, ora si avvicinò a passi soffici e posò la testa pesante in grembo al padrone, come faceva sempre. Lumacorno stappò una delle bottìglie di vino che aveva portato.
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«Non ci sono veleni, le ho fatte provare tutte» assicurò a Harry, versando quasi tutta la bottiglia in uno dei boccali grossi come secchi di Hagrid. «Ho fatto assaggiare ogni bottiglia a un elfo domestico dopo quello che è successo al tuo povero amico Rupert».
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Harry si immaginò la faccia di Hermione se avesse sentito di questo abuso sugli elfi domestici, e decise di non farne mai parola con lei.
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«Uno per Harry…» continuò Lumacorno, dividendo una seconda bottiglia in due boccali, «… e uno per me. Bene» e levò alto il proprio, «ad Aragog».
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«Ad Aragog» ripeterono insieme Harry e Hagrid.
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Sia Lumacorno che Hagrid bevvero molto. Invece Harry, illuminato dalla Felix Felicis, finse solo di mandar giù un sorso e poi posò il boccale sul tavolo.
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«Ce l’avevo da quando era un uovo» rammentò Hagrid malinconico. «Era una cosina, quando è uscito. Grande come un Pechinese».
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«Che dolce» commentò Lumacorno.
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«Lo tenevo in un armadio su a scuola finché… be’…»
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Hagrid si rabbuiò. Harry sapeva il perché: Tom Riddle era riuscito a farlo espellere da scuola con l’accusa di aver aperto la Camera dei Segreti. Ma Lumacorno non sembrava ascoltare; stava fissando il soffitto, da cui pendevano parecchie pentole di ottone, e anche una lunga matassa setosa di lucenti peli bianchi.
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«Non sarà pelo di unicorno, Hagrid?»
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«Sì, certo»rispose lui, noncurante. «Gli viene via dalla coda, s’impigliano nei rami nella Foresta, sai…»
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«Ma mio caro amico, hai un’idea di quanto vale?»
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«Lo uso per legare le bende se una creatura si fa male» replicò Hagrid con un’alzata di spalle. «È utilissimo… molto robusto, sai».
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Lumacorno bevve un altro gran sorso dal suo boccale. Il suo sguardo attento si spostava per la capanna, in cerca di nuovi tesori da convertire in un’abbondante scorta di idromele barricato, ananas candito e giacche da camera di velluto. Riempì di nuovo il proprio boccale e quello di Hagrid, e interrogò il gigante sulle creature della Foresta e su come riuscisse a prendersene cura. Hagrid, diventato espansivo sotto l’influenza dell’alcol e dell’interesse di Lumacorno, smise di asciugarsi gli occhi e si tuffò in un’allegra dissertazione sull’allevamento degli Asticelli.
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A questo punto la Felix Felicis diede a Harry come un colpo di gomito, facendogli notare che la scorta di alcol si stava rapidamente esaurendo. Lui non era ancora arrivato a eseguire l’Incantesimo Rabbocco senza pronunciarlo ad alta voce, ma quella sera l’idea di non riuscirci era ridicola: infatti Harry sorrise mentre, all’insaputa di Hagrid e Lumacorno (che si stavano scambiando racconti sul traffico illegale di uova di drago), puntava di nascosto la bacchetta verso le bottìglie semivuote, che subito si riempirono.
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Dopo un’ora, Hagrid e Lumacorno cominciarono a fare brindisi bizzarri: a Hogwarts, a Silente, al vino elfico e a…
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«Harry Potter!» urlò Hagrid, versandosi un po’ del quattordicesimo secchio di vino sul mento.
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«Oh, sì» gridò Lumacorno con voce un po’ incerta. «A Parry Otter, il Ragazzo Prescelto Che… be’… qualcosa del genere» borbottò, e bevve d’un fiato a sua volta.
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Dopo non molto, Hagrid si fece di nuovo piagnucoloso e consegnò tutta quanta la coda di unicorno al collega, che la intascò urlando: «All’amicizia! Alla generosità! Ai dieci galeoni al pelo!»
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Poco dopo Hagrid e Lumacorno stavano seduti abbracciati e cantavano una lenta canzone triste su un mago morente di nome Odo.
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«Aaargh, i migliori muoiono giovani» borbottò Hagrid, scivolando sul tavolo, un po’ strabico, mentre Lumacorno continuava a gorgheggiare il ritornello. «Il mio papà non era così vecchio da andare… e nemmeno la tua mamma e il tuo papà, Harry…»
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Grosse grasse lacrime gli colarono di nuovo dagli angoli degli occhi; afferrò il braccio di Harry e lo scosse.
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«… strego e maga migliori di loro non ne ho mai conosciuti… terribile… terribile…»
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Lumacorno cantò lamentoso:
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E Odo l’eroe riportarono a casa, nel luogo dorato di sua fanciullezza, sepolto egli fu col cappello a rovescio e mezza bacchetta, ahimè, che tristezza.
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«… terribile» grugnì Hagrid; il testone irsuto gli rotolò di lato sulle braccia, e si addormentò di colpo, russando forte.
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«Mi spiace» biascicò Lumacorno con un singhiozzo. «Sono stonato da far paura».
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«Hagrid non parlava del suo modo di cantare» mormorò Harry. «Parlava della morte dei miei genitori».
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«Oh» fece Lumacorno, soffocando un rutto. «Oh, caro. Sì, è stato… è stato davvero terribile. Terribile… terribile…»
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Non sapeva cosa dire, e così tornò a riempire i boccali.
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«Non… non te lo ricordi, Harry, vero?» chiese un po’ impacciato.
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«No… be’, avevo solo un anno quando sono morti» replicò Harry, lo sguardo puntato sulla fiamma della candela che ondeggiava con il russare di Hagrid. «Ma nel frattempo ho scoperto quello che accadde. Mio padre morì per primo. Lo sapeva?»
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«Io… no» rispose Lumacorno con voce soffocata.
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«Sì… Voldemort lo uccise e poi scavalcò il suo corpo per andare da mia madre» raccontò Harry.
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Lumacorno rabbrividì, ma sembrava incapace di distogliere lo sguardo orripilato dal volto di Harry.
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«Le disse di togliersi di mezzo» continuò Harry, implacabile. «A me ha detto che lei non doveva morire. Voleva solo me. Lei poteva fuggire».
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«Oh, cielo» esalò Lumacorno. «Poteva… non c’era bisogno… è orribile…»
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«Vero?» disse Harry, la voce poco più di un sussurro. «Ma lei non si mosse. Mio padre era già morto, ma lei non voleva che morissi anch’io. Cercò di supplicare Voldemort… ma lui rise…»
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«Basta!» esclamò Lumacorno all’improvviso, alzando una mano tremante. «Davvero, ragazzo mio, basta… io sono vecchio… non devo sentire… non voglio sentire…»
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«Me l’ero dimenticato» mentì Harry, guidato dalla Felix Felicis. «Lei la ammirava, vero?»
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«Se la ammiravo?» chiese Lumacorno, gli occhi colmi di lacrime. «Non riesco a immaginare chi non potesse, dopo averla conosciuta… così coraggiosa… così divertente… È stata una cosa assolutamente orribile…»
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«Ma lei non vuole aiutare suo figlio» disse Harry. «Mia madre mi ha dato la sua vita, ma lei non vuole darmi un ricordo».
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Il russare tonante di Hagrid riempiva la capanna. Harry fissò gli occhi pieni di lacrime di Lumacorno, che sembrava incapace di distogliere lo sguardo.
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«Non dire così» sussurrò. «Non è questione di… Se fosse per aiutare te, naturalmente… ma non serve a nulla…»
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«Serve»insistette Harry con voce chiara. «Silente ha bisogno di informazioni. Io ho bisogno di informazioni».
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Sapeva di essere al sicuro: la Felix gli stava dicendo che Lumacorno non avrebbe ricordato nulla la mattina dopo. Guardandolo dritto negli occhi, si chinò appena verso di lui.
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«Io sono il Prescelto. Io devo ucciderlo. Io ho bisogno di quel ricordo».
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Lumacorno divenne più pallido che mai; la sua fronte scintillava di sudore.
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«Tu sei davvero il Prescelto?»
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«Certo che lo sono» rispose Harry, tranquillo.
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«Ma allora… mio caro ragazzo… mi chiedi molto… mi chiedi, in effetti, di aiutarti nel tentativo di distruggere…»
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«Non vuole liberarsi del mago che uccise Lily Evans?»
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«Harry, Harry, certo che sì, ma…»
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«Ha paura che lui scopra che mi ha aiutato?»
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Lumacorno non disse nulla; era terrorizzato.
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«Sia coraggioso come mia madre, professore…»
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Lumacorno levò una mano tozza e si premette le dita tremanti sulla bocca; per un attimo parve un neonato enormemente cresciuto.
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«Non vado fiero…» sussurrò tra le dita. «Mi vergogno di quello… di quello che il ricordo mostra… Credo di aver provocato un grosso danno quel giorno…»
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«Rimedierebbe a qualsiasi danno, consegnandomi il ricordo» dichiarò Harry. «Sarebbe un’azione molto coraggiosa e nobile».
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Hagrid si agitò nel sonno e continuò a russare. Lumacorno e Harry si fissarono sopra la candela esitante. Calò un lungo, lungo silenzio, ma la Felix Felicis disse a Harry di non romperlo, di aspettare.
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Poi, molto lentamente, Lumacorno si mise la mano in tasca ed estrasse la bacchetta. Infilò l’altra mano nel mantello e prese una bottiglia vuota. Senza levare gli occhi da Harry, si sfiorò la tempia con la bacchetta e ne staccò un lungo argenteo filo di memoria appeso alla punta. Il ricordo si tese sempre di più finché non si spezzò e dondolò, luminoso e opalescente. Lumacorno lo depose nella bottiglia dove si acciambellò, poi si dilatò, vorticando come gas. Tappò la bottiglia con mano tremante e la passò sopra il tavolo a Harry.
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«Grazie mille, professore».
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«Sei un bravo ragazzo» piagnucolò Lumacorno, con le lacrime che gli colavano dalle guance grasse ai baffoni da tricheco. «E hai i suoi occhi… Però non pensare troppo male di me quando lo vedrai…»
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E anche lui posò la testa sulle braccia, sospirò profondamente e si addormentò.
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