Mentre tornava furtivo al castello, Harry sentì l’effetto della Felix Felicis dissiparsi. La porta d’ingresso era rimasta aperta, ma al terzo piano incontrò Pix ed evitò la punizione per un pelo, tuffandosi in una delle sue scorciatoie. Quando arrivò al ritratto della Signora Grassa e si sfilò il Mantello dell’Invisibilità, non fu sorpreso di trovarla assai poco collaborativa.
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«Secondo te che ore sono?»
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«Mi spiace tanto… sono dovuto uscire, era una cosa importante…»
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«Be’, la parola d’ordine è cambiata a mezzanotte, quindi ti toccherà dormire in corridoio, sai?»
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«Sta scherzando!» esclamò Harry. «Perché è cambiata a mezzanotte?»
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«È così e basta» rispose la Signora Grassa. «Se non ti sta bene, vai a discuterne col Preside, è lui che ha rafforzato la sorveglianza».
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«Fantastico» mormorò Harry, guardando il duro pavimento. «Davvero straordinario. Sì, andrei a discuterne con Silente se fosse qui, perché è per lui che io…»
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«È qui» intervenne una voce alle sue spalle. «Il professor Silente è tornato a scuola un’ora fa».
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Nick-Quasi-Senza-Testa veleggiava verso Harry, la testa ciondolante come al solito sulla gorgiera.
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«L’ho saputo dal Barone Sanguinario, che l’ha visto arrivare» aggiunse Nick. «Secondo il Barone è di buonumore, ma un po’ stanco, naturalmente».
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«Dov’è?» chiese Harry con un tuffo al cuore.
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«Oh, è su che geme e scuote catene sulla Torre di Astronomia, è uno dei suoi passatempi preferiti…»
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«Non il Barone Sanguinario, Silente!»
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«Oh… nel suo ufficio» replicò Nick. «Da quanto ha detto il Barone, aveva delle cose da fare prima di andare a letto…»
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«Altroché» ribatté Harry, esaltato all’idea di dire a Silente che si era impadronito del ricordo. Si voltò di scatto e ripartì di gran carriera, ignorando la Signora Grassa che gli urlava dietro.
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«Torna qui! D’accordo, ho mentito! Ero scocciata perché mi hai svegliata! La parola d’ordine è ancora ‘verme solitario’!»
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Ma Harry sfrecciava già nel corridoio, e dopo qualche minuto diceva ‘bignè al caramello’ al gargoyle di Silente, che si aprì sulla scala a chiocciola.
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«Avanti» invitò Silente quando Harry bussò. Dalla voce sembrava sfinito.
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Harry aprì la porta. L’ufficio era sempre lo stesso, ma con cieli neri disseminati di stelle oltre le finestre.
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«Harry» lo accolse Silente, sorpreso. «A che cosa devo questo assai tardo piacere?»
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«Signore… ce l’ho. Ho il ricordo di Lumacorno».
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Harry prese la bottiglietta di vetro e la mostrò a Silente. Per qualche istante, il Preside la fissò, sbalordito. Poi il suo volto si distese in un gran sorriso.
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«Harry, è una notizia straordinaria! Bravissimo, davvero! Sapevo che ce l’avresti fatta!»
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Senza più pensare all’ora, si avvicinò a Harry, gli prese di mano la bottiglia e andò all’armadietto dove teneva il Pensatoio.
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«E adesso» proseguì, posando il bacile di pietra sulla scrivania e vuotandovi dentro il contenuto della bottiglia, «adesso, finalmente, vedremo. Harry, presto…»
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Harry si chinò obbediente sul Pensatoio e sentì i piedi staccarsi dal pavimento… cadde nel buio e per la seconda volta atterrò nell’ufficio di Lumacorno, molti anni prima.
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Era sempre lui, più giovane, con i capelli color paglia fitti e lucidi e i baffoni biondo zenzero; era comodamente seduto in poltrona, i piedi appoggiati a un puf di velluto. Con una mano reggeva un bicchiere di vino, con l’altra frugava in una scatola di ananas candito. E tra gli studenti seduti attorno a lui c’era Tom Riddle, l’anello nero e oro di Orvoloson che gli scintillava al dito.
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Silente atterrò accanto a Harry proprio quando Riddle stava chiedendo: «Signore, è vero che la professoressa Gaiamens va in pensione?»
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«Tom, Tom, anche se lo sapessi non potrei dirtelo» rispose Lumacorno, agitando il dito a mo’ di rimprovero, e facendogli intanto l’occhiolino. «Ammetto che mi piacerebbe sapere da dove prendi le tue informazioni, ragazzo; ne sai di più di metà del corpo insegnanti, davvero».
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Riddle sorrise; gli altri ragazzi risero e lo guardarono ammirati.
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«Con la tua inquietante capacità di scoprire le cose che non dovresti sapere, e la tua abile adulazione verso coloro che contano… grazie per l’ananas, fra parentesi, hai ragione, è il mio preferito…»
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Parecchi ragazzi ridacchiarono di nuovo.
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«… mi aspetto che tu diventi Ministro della Magia entro vent’anni. Quindici, se continui a mandarmi ananas, io ho ottimi contatti al Ministero».
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Tom Riddle si limitò a sorridere mentre gli altri ridevano. Harry notò che non era affatto il più anziano del gruppo, ma tutti lo guardavano come se fosse il loro leader.
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«Non so se sono adatto alla politica, signore» replicò, quando la risata si fu spenta. «Non vengo dall’ambiente giusto, innanzitutto».
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Due dei ragazzi si scambiarono un sorrisetto. Harry pensò che per loro doveva essere una specie di scherzo: sapevano o sospettavano del celebre antenato del loro capo.
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«Sciocchezze» tagliò corto Lumacorno, «con capacità come le tue, è lampante che discendi da una rispettabile stirpe magica. No, andrai lontano, Tom, non mi sono mai sbagliato su uno studente».
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L’orologino d’oro sulla sua scrivania batté le undici e lui si voltò a guardarlo.
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«Cielo, è già così tardi? È meglio che cominciate ad andare, ragazzi, o ci metteremo tutti nei guai. Lestrange, voglio la tua relazione per domani o finirai in punizione. Lo stesso vale per te, Avery».
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Uno dopo l’altro i ragazzi uscirono. Lumacorno si alzò dalla poltrona e mise il bicchiere vuoto sulla scrivania. Un movimento alle sue spalle lo fece voltare: Riddle era ancora lì.
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«Attento, Tom» lo ammonì. «Non vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore proibite, sei anche un prefetto…»
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«Signore, volevo chiederle una cosa».
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«Chiedi, ragazzo mio, chiedi…»
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«Signore, mi chiedevo che cosa sa degli… degli Horcrux».
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Lumacorno lo fissò, mentre le grosse dita accarezzavano distrattamente lo stelo del bicchiere.
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«È una ricerca per Difesa contro le Arti Oscure?»
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Ma Harry capì che Lumacorno sapeva benissimo che non si trattava di un compito.
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«Non proprio, signore» rispose Riddle. «Mi sono imbattuto in questa parola leggendo e non l’ho capita bene».
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«No… insomma… è molto difficile trovare a Hogwarts un libro che parli degli Horcrux, Tom. È roba molto Oscura, molto Oscura davvero» ribatté Lumacorno.
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«Ma ovviamente lei sa tutto di loro, signore. Voglio dire, un mago come lei… Mi scusi, insomma, se non me lo può dire, è chiaro… ma vede, se c’è qualcuno che può, questo è lei… così ho pensato di chiederle…»
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Era molto abile, pensò Harry: le esitazioni, il tono disinvolto, l’adulazione misurata, niente di eccessivo. Lui, Harry, aveva fin troppa esperienza nel cercare di ottenere risposte da persone riluttanti per non riconoscere un maestro all’opera. Sapeva che Riddle desiderava molto, moltissimo quell’informazione; forse aspettava quel momento da settimane.
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«Be’» continuò Lumacorno, giocherellando con il nastro della scatola di ananas, senza guardare Riddle, «be’, non può esserci niente di male a darti un’idea. Solo perché tu capisca il termine. Si definisce Horcrux un oggetto nel quale una persona ha nascosto parte della sua anima».
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«Però, signore, non riesco a comprendere come funzioni» insistette Riddle.
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La sua voce era attentamente controllata, ma Harry ne avvertì l’emozione.
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«Be’, si spacca l’anima, capisci» rispose Lumacorno, «e se ne nasconde una parte in un oggetto al di fuori del corpo. Quindi, anche se il corpo viene colpito o distrutto, non si può morire, perché parte dell’anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente l’esistenza in una simile forma…»
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Il volto di Lumacorno si accartocciò e Harry ricordò le parole che aveva udito quasi due anni prima: ‘Fui strappato via dal mio corpo, diventai meno che spirito, meno del più miserabile fantasma… eppure ero vivo’.
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«Pochi la vorrebbero, Tom, davvero pochi. La morte sarebbe preferibile».
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Ma la bramosia di Riddle ormai era evidente; aveva un’espressione avida, incapace di nascondere il suo desiderio.
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«Come si fa a spaccare l’anima?»
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«Ecco» fece Lumacorno, a disagio, «tieni a mente che l’anima deve restare integra e indivisa. Spaccarla è un atto di violenza, è contro natura».
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«Ma come si fa?»
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«Con un’azione malvagia… L’azione malvagia suprema. Commettendo un omicidio. Uccidere lacera l’anima. Il mago che intende creare un Horcrux usa il danno a suo vantaggio: rinchiude la parte strappata…»
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«Rinchiude? Ma come?»
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«Esiste una formula, non chiedermela, non la so!» sbottò Lumacorno, scuotendo la testa come un vecchio elefante irritato dalle zanzare. «Ti sembra che l’abbia provata… Ti sembro un assassino?»
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«No, signore, certo che no…» replicò subito Riddle. «Mi dispiace… non volevo offenderla…»
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«Ma no, ma no, non mi sono offeso» borbottò Lumacorno. «È naturale provare un po’ di curiosità per queste cose… I maghi di un certo calibro sono sempre stati attratti da questo aspetto della magia…»
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«Sì, signore» convenne Riddle. «Quello che non capisco, però… è solo una curiosità… voglio dire, un solo Horcrux sarebbe utile? Si può strappare l’anima solo una volta? Non sarebbe meglio, per rendersi più forti, dividere l’anima in più parti? Per esempio, sette non è il numero magico più potente, e sette non…?»
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«Per la barba di Merlino, Tom!» guaì Lumacorno. «Sette! Non è già abbastanza orribile pensare di uccidere una persona? E in ogni caso… dividere l’anima è orribile… ma strapparla in sette pezzi…»
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Lumacorno era profondamente turbato: fissava Riddle come se non l’avesse mai davvero visto e Harry capì che rimpiangeva di essersi avventurato in quella conversazione.
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«Comunque» borbottò, «sono tutte ipotesi, no? Tutta accademia…»
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«Sì, signore, certo»si affrettò a rispondere Riddle.
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«E in ogni caso, Tom… tieni per te quello che ti ho detto… cioè, quello che abbiamo discusso. Alla gente non piacerebbe sapere che parliamo di Horcrux. È un argomento bandito a Hogwarts… Silente è severissimo a questo proposito…»
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«Non dirò una parola, signore» assicurò Riddle, e uscì, ma non prima che Harry ne avesse colto l’espressione: la stessa gioia selvaggia di quando aveva scoperto di essere un mago, una gioia che non donava ai suoi bei lineamenti, ma in qualche modo li rendeva meno umani…
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«Grazie, Harry» mormorò Silente. «Andiamo…»
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Quando Harry atterrò sul pavimento dell’ufficio, Silente era già seduto dietro la scrivania. Anche il ragazzo si accomodò, e aspettò che l’altro parlasse.
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«Da molto tempo speravo di ottenere questa prova» disse infine Silente. «Conferma la teoria sulla quale sto lavorando, mi dice che ho ragione, e anche quanto ancora resta da fare…»
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Harry notò all’improvviso che ognuno dei Presidi nei ritratti sulle pareti era sveglio e ascoltava. Un mago corpulento dal naso rosso si era armato di cornetto acustico.
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«Bene, Harry» riprese Silente, «sono sicuro che hai colto l’importanza di quanto abbiamo appena udito. Alla stessa età che tu hai ora, mese più, mese meno, Tom Riddle stava cercando in ogni modo di scoprire come rendersi immortale».
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«Lei quindi crede che ci sia riuscito, signore?» chiese Harry. «Ha creato un Horcrux? Ed è per questo che non è morto quando mi ha attaccato? Aveva un Horcrux nascosto da qualche parte? Una parte della sua anima era al sicuro?»
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«Una parte… o forse più» annuì Silente. «Hai sentito Voldemort: quello che voleva davvero da Horace era un’opinione su cosa sarebbe successo al mago che avesse creato più di un Horcrux, al mago tanto deciso a sfuggire alla morte da uccidere molte volte, da strappare ripetutamente la sua anima, in modo da depositarla in molti Horcrux nascosti in luoghi separati. Non c’era libro che potesse dargli quell’informazione. Per quanto ne so — per quanto, di certo, ne sapeva Voldemort — nessun mago ha mai diviso la propria anima in più di due parti».
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Silente s’interruppe per un attimo, riordinando i pensieri, e aggiunse: «Quattro anni fa ottenni una prova certa che Voldemort aveva diviso la sua anima».
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«Dove?» chiese Harry. «Come?»
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«Me l’hai data tu, Harry» rispose Silente. «Il diario, il diario di Riddle, quello che spiegava come riaprire la Camera dei Segreti».
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«Non capisco, signore».
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«Be’, anche se io non ho visto il Riddle che uscì dal diario, quello che mi descrivesti era un fenomeno al quale io non avevo mai assistito. Un puro ricordo che agisce e pensa da solo? Un puro ricordo che succhia la vita della ragazza che l’ha trovato? No, qualcosa di assai più sinistro era vissuto dentro quel libro… un frammento d’anima, ne ero quasi certo. Il diario era un Horcrux. Quello che mi affascinava e mi preoccupava di più era che quel diario fosse stato concepito non solo come una difesa ma anche come un’arma».
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«Continuo a non capire» ammise Harry.
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«Insomma, funzionava come un Horcrux… il frammento di anima nascosto all’interno era protetto e di certo aveva avuto la sua parte nell’evitare la morte del proprietario. Ma senza dubbio Riddle voleva che quel diario venisse letto, che il frammento della sua anima abitasse o possedesse qualcun altro, in modo che il mostro di Serpeverde venisse nuovamente scatenato».
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«Be’, non voleva che il suo duro lavoro andasse sprecato» commentò Harry. «Voleva che si sapesse che era lui l’erede di Serpeverde, perché tanti anni prima non aveva potuto attribuirsene il merito».
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«Più o meno» convenne Silente. «Ma vedi, Harry: se voleva che il diario finisse in mano a uno studente di Hogwarts, o addirittura ne prendesse possesso, dimostrava anche una sorprendente indifferenza per quel prezioso frammento della sua anima. Lo scopo di un Horcrux, come ha spiegato il professor Lumacorno, è di mantenere parte di sé nascosta e protetta, non di scaraventarla sul cammino di qualcun altro e rischiare che venga distrutta, come in effetti è successo: quel particolare brandello d’anima non esiste più; hai provveduto tu alla sua fine.
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«La noncuranza con cui Voldemort dispose di quell’Horcrux mi parve assolutamente sinistra. Mi fece pensare che avesse creato — o progettato di creare — altri Horcrux, in modo che la perdita del primo non fosse tanto grave. Non volevo crederci, ma nient’altro aveva senso.
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«Poi, due anni dopo, tu mi dicesti che la notte in cui Voldemort era tornato nel suo corpo aveva fatto una dichiarazione illuminante e terribile ai suoi Mangiamorte: ‘Io, che mi sono spinto più in là di ogni altro sul sentiero che conduce all’immortalità’. Questo mi riferisti. ‘Più in là di ogni altro’. E io pensai di aver capito che cosa intendeva, anche se i Mangiamorte no: si riferiva ai suoi Horcrux, al plurale, Harry, che non credo alcun altro mago abbia mai posseduto. Eppure tutto tornava: Lord Voldemort sembrava essere diventato meno umano col passare degli anni, e la trasformazione che aveva subito mi sembrava comprensibile solo se la sua anima fosse stata mutilata oltre i confini di quello che potremmo definire il male corrente…»
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«Quindi ha reso se stesso impossibile da uccidere assassinando altre persone?» domandò Harry. «Perché non poteva farsi una Pietra Filosofale, o rubarne una, se era così interessato all’immortalità?»
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«Be’, sappiamo che ci provò, cinque anni fa» rispose Silente. «Ma ritengo che una Pietra Filosofale fosse meno interessante degli Horcrux agli occhi di Voldemort, per svariate ragioni.
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«L’Elisir di Lunga Vita in effetti protrae l’esistenza, ma deve essere bevuto regolarmente, per tutta l’eternità, se si vuole rimanere immortali. Voldemort sarebbe stato quindi del tutto dipendente dall’Elisir, e se quello fosse finito, o fosse stato contaminato, o se la Pietra fosse stata rubata, sarebbe morto come chiunque altro. A Voldemort piace agire da solo, ricordi? Deve aver trovato intollerabile l’idea di dipendere da qualcosa, perfino dall’Elisir. Certo, era pronto a berlo, per liberarsi dall’orribile semivita alla quale era condannato dopo averti aggredito, ma solo per riacquistare un corpo. Dopodiché sono convinto che intendesse contare sugli Horcrux: non gli sarebbe servito altro, se solo fosse riuscito a riprendere una forma umana. Era già immortale, capisci… o vicino all’immortalità quanto un umano può esserlo.
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«Ma ora, Harry, armati di questa informazione, di questa fondamentale memoria che sei riuscito a ottenere: siamo più vicini che mai al segreto di come eliminare Lord Voldemort. L’hai sentito, Harry: ‘Non sarebbe meglio, per rendersi più forti, avere l’anima divisa in più parti?… Sette non è il numero magico più potente?’ Sette non è il numero magico più potente? Sì, credo che l’idea di un’anima divisa in sette parti fosse molto attraente per Lord Voldemort».
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«Ha creato sette Horcrux?» esclamò Harry, orripilato, mentre parecchi ritratti sulle pareti manifestavano pari spavento e indignazione. «Ma potrebbero essere in qualunque punto del mondo… nascosti… sepolti o invisibili…»
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«Sono lieto che tu comprenda l’enormità del problema» ribatté Silente, tranquillo. «Ma innanzitutto no, Harry, non sette Horcrux: sei. La settima parte della sua anima, per quanto mutilata, risiede nel suo corpo rigenerato. Quella è la parte che ha vissuto un’esistenza da spettro per tanti anni durante il suo esilio; senza di essa, lui non esiste. Quel settimo pezzo di anima è l’ultimo che chiunque desideri uccidere Voldemort dovrà aggredire: il pezzo che vive dentro il suo corpo».
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«Ma allora i sei Horcrux» chiese Harry, disperato, «come faremo a trovarli?»
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«Tu dimentichi… ne hai già distrutto uno. E io ne ho distrutto un altro».
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«Davvero?» domandò Harry con ardore.
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«Proprio così». Silente levò la mano annerita e bruciata. «L’anello, Harry. L’anello di Orvoloson. Una terribile maledizione lo proteggeva. Se non fosse stato — perdonami la mancanza di modestia — per la mia straordinaria abilità, e per l’intervento tempestivo del professor Piton quando sono tornato a Hogwarts terribilmente ferito, forse non sarei qui a raccontarlo. Tuttavia, una mano raggrinzita non è un prezzo irragionevole per un settimo dell’anima di Voldemort. L’anello non è più un Horcrux».
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«Ma come ha fatto a trovarlo?»
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«Be’, come ora sai, da molti anni il mio obiettivo primario è scoprire tutto il possibile sul passato di Voldemort. Ho viaggiato molto, visitando i luoghi che conobbe un tempo. Mi sono imbattuto nell’anello, nascosto tra le rovine di casa Gaunt. Pare che da quando Voldemort riuscì a sigillare al suo interno un frammento della propria anima non abbia più voluto portarlo. Lo nascose, protetto da molti potenti incantesimi, nella baracca dove erano vissuti un tempo i suoi antenati (dopo che Orfin era stato portato ad Azkaban, naturalmente), senza sospettare che un giorno mi sarei preso la briga di visitarla, o che avrei cercato le tracce di nascondigli magici.
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«Tuttavia non dobbiamo entusiasmarci troppo. Tu hai distrutto il diario e io l’anello, ma se la nostra teoria di un’anima divisa in sette parti è esatta, restano quattro Horcrux».
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«E potrebbero essere qualunque cosa?» chiese Harry. «Potrebbero essere vecchi barattoli o, non so, bottiglie vuote di pozioni…?»
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«Tu pensi alle Passaporte, Harry, che devono necessariamente essere oggetti normali, in modo da passare inosservate. Ma Lord Voldemort, usare barattoli o vecchie bottiglie per proteggere la sua preziosa anima? Dimentichi quello che ti ho mostrato. A Lord Voldemort piaceva collezionare trofei antichi e potenti. Il suo orgoglio, la convinzione della propria superiorità, la decisione di ricavarsi un posto stupefacente nella storia magica, tutto ciò mi suggerisce che abbia scelto i suoi Horcrux con una certa cura, privilegiando beni degni dell’onore».
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«Il diario non era poi così speciale».
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«Il diario, come hai detto tu, era la prova che lui è l’erede di Serpeverde. Sono sicuro che Voldemort lo considerasse di immensa importanza».
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«E allora, gli altri Horcrux?» incalzò Harry. «Crede di sapere che cosa sono, signore?»
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«Posso solo azzardare ipotesi» rispose Silente. «Per le ragioni che ti ho già esposto, credo che Lord Voldemort preferisca manufatti di una certa nobiltà. Quindi ho indagato nel suo passato per cercare le prove della scomparsa di oggetti significativi».
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«Il medaglione!» esclamò Harry. «La coppa di Tassorosso!»
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Silente sorrise. «Sarei pronto a scommettere — forse non la mano che mi resta ma almeno un paio di dita — che quelli sono diventati gli Horcrux numero tre e quattro. Gli altri due, sempre supponendo che ne abbia creati sei in tutto, sono più problematici, ma azzarderò l’ipotesi che, essendosi assicurato trofei di Tassorosso e Serpeverde, abbia deciso di rintracciarne altri posseduti da Grifondoro o Corvonero. Quattro oggetti dei quattro fondatori avrebbero esercitato sull’immaginazione di Voldemort un’attrattiva irresistibile. Non so dire se sia riuscito a trovare qualcosa di Corvonero; ho però la certezza che il solo cimelio noto di Grifondoro è al sicuro».
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Silente puntò le dita annerite verso la parete alle proprie spalle, dove una spada tempestata di rubini riposava in una teca di vetro.
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«Crede che fosse quella la ragione per cui voleva tanto tornare a Hogwarts, signore?» domandò Harry. «Per trovare oggetti degli altri fondatori?»
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«È precisamente la mia opinione» confermò Silente. «Ma purtroppo questo non ci permette di fare molti progressi, perché venne allontanato, almeno credo, senza avere la possibilità di perquisire la scuola. Sono costretto a concludere che non realizzò la sua ambizione di collezionare quattro oggetti dei fondatori. Ne aveva di sicuro due, può averne trovato un terzo: questo è il meglio che possiamo fare per il momento».
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«Se anche ha trovato qualcosa di Corvonero o di Grifondoro, resta un sesto Horcrux»rifletté Harry, contando sulle dita. «A meno che non li abbia trovati tutti e due».
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«Non credo» replicò Silente. «Penso di sapere che cos’è il sesto Horcrux. Cosa dici se ti confesso che è da un po’ che mi incuriosisce il comportamento del serpente, Nagini?»
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«Il serpente?» ripeté Harry, stupito. «Si possono usare gli animali come Horcrux?»
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«Be’, non è consigliabile, perché affidare una parte della propria anima a qualcosa che può pensare e muoversi autonomamente è molto rischioso. Tuttavia, se i miei calcoli sono corretti, a Voldemort mancava ancora un Horcrux quando entrò nella casa dei tuoi genitori con l’intenzione di ucciderti.
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«Pare che abbia associato la creazione degli Horcrux a morti particolarmente significative. La tua certo lo sarebbe stata. Era convinto che uccidendo te avrebbe distrutto il pericolo annunciato dalla profezia. Credeva di rendersi invincibile. Sono sicuro che intendeva creare il suo ultimo Horcrux con la tua morte.
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«Come sappiamo, fallì. Dopo un intervallo di alcuni anni, però, usò Nagini per uccidere un vecchio Babbano, e può darsi che gli sia venuto in mente allora di trasformarla nel suo ultimo Horcrux. Lei sottolinea il legame coi Serpeverde, ciò che alimenta la mistica di Lord Voldemort. Credo che le sia più affezionato che a qualsiasi altra cosa; di sicuro ama averla vicina e sembra esercitare su di lei un controllo insolito, persino per un Rettilofono».
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«E così» riepilogò Harry, «il diario è distrutto, l’anello è distrutto. La coppa, il medaglione e il serpente sono ancora intatti e secondo lei ci potrebbe essere un Horcrux che un tempo appartenne a Corvonero o a Grifondoro?»
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«Una sintesi ammirevole» approvò Silente.
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«Quindi… lei li sta ancora cercando, signore? È questo che fa quando lascia la scuola?»
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«Esatto. Cerco da molto tempo. Penso che… forse… potrei essere vicino a trovarne un altro. Ci sono segni promettenti».
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«E se ci riesce» aggiunse subito Harry, «posso venire a eliminarlo con lei?»
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Silente guardò Harry con molta intensità, poi rispose: «Sì, credo di sì».
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«Davvero?»
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«Oh, sì» confermò Silente con un sorrisetto. «Mi sembra che te ne sia guadagnato il diritto».
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Harry si sentì il cuore più leggero. Era così bello non ascoltare ammonimenti e rimproveri per una volta. I Presidi sulle pareti furono meno entusiasti; Harry notò che alcuni scuotevano la testa e Phineas Nigellus addirittura sbuffò.
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«Voldemort sa quando un Horcrux viene distrutto, signore? Riesce a percepirlo?» chiese Harry, ignorandoli.
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«Una domanda molto interessante, Harry. Direi di no. Credo che Voldemort sia ormai troppo imbevuto di male, e che sia stato troppo a lungo lontano da queste parti di se stesso, per provare quello che proviamo noi. Forse in punto di morte potrebbe rendersi conto della sua perdita… ma non ha saputo, per esempio, che il diario era stato distrutto finché non ha estorto la verità a Lucius Malfoy. Quando ha scoperto che quel prezioso oggetto era stato mutilato e privato di tutti i suoi poteri, mi dicono che la sua rabbia sia stata uno spettacolo terribile».
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«Ma io credevo che avesse detto lui a Lucius Malfoy di introdurre il diario a Hogwarts…»
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«Sì, anni fa, quando era certo di poter creare altri Horcrux; a ogni modo Lucius avrebbe dovuto aspettare l’ordine, che non ricevette mai, perché Voldemort scomparve poco dopo avergli consegnato il diario. Senza dubbio pensava che Lucius non avrebbe osato fare altro se non custodire l’Horcrux con cura, ma si fidò troppo del timore di Lucius per un padrone sparito da anni e creduto morto. Certo, Malfoy non sapeva che cos’era il diario: ritengo che Voldemort gli avesse detto solo che era stato abilmente incantato perché facesse riaprire la Camera dei Segreti. Se Lucius avesse saputo di tenere tra le mani una parte dell’anima del suo padrone, l’avrebbe trattata con maggiore riguardo… Invece si dedicò al compimento di un vecchio progetto personale: facendo ritrovare il diario alla figlia di Arthur Weasley, sperava di screditare lui, farmi buttare fuori da Hogwarts e liberarsi di un oggetto altamente incriminante in un colpo solo. Ah, povero Lucius… fra la rabbia di Voldemort per l’Horcrux e il fiasco al Ministero l’anno scorso, non mi sorprenderei se fosse segretamente felice di trovarsi al sicuro ad Azkaban».
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Harry tacque, immerso nei suoi pensieri, poi chiese: «Quindi se tutti i suoi Horcrux venissero distrutti, Voldemort potrebbe essere ucciso?»
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«Sì, credo di sì» rispose Silente. «Senza i suoi Horcrux, Voldemort sarà un uomo mortale con un’anima mutilata e ridotta. Non dimenticare mai, però, che anche se la sua anima è irrimediabilmente danneggiata, il suo cervello e il suo potenziale magico restano intatti. Ci vorranno abilità e poteri fuori dal comune per uccidere un mago come Voldemort, anche senza i suoi Horcrux».
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«Ma io non possiedo abilità e poteri fuori dal comune» si lasciò sfuggire Harry.
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«Sì, invece» ribatté Silente con decisione. «Tu hai un potere che Voldemort non ha mai posseduto. Tu sei capace…»
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«Lo so!» sbottò Harry. «Io sono capace di amare!» Fu solo con difficoltà che si trattenne dall’aggiungere ‘Bell’affare!’
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«Sì, Harry, tu sei capace di amare» ripeté Silente, che aveva l’aria di sapere benissimo cosa Harry avesse appena taciuto. «E questa, dopo tutto quello che ti è successo, è una dote enorme e importante. Sei ancora troppo giovane per capire quanto sei straordinario».
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«Quindi quando la profezia dice che io avrò ‘un potere a lui sconosciuto’, intende solo… l’amore?» chiese Harry, un po’ deluso.
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«Sì… solo l’amore» confermò Silente. «Ma Harry, non dimenticare mai che la profezia ha valore solo perché Voldemort ha fatto in modo che l’avesse. Te l’ho detto alla fine dello scorso anno. Voldemort ha scelto te come la persona più pericolosa per lui… e così facendo ti ha reso la persona più pericolosa per lui!»
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«Alla fine è lo stesso…»
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«No, non lo è!» esclamò Silente con impazienza. Gli puntò contro la mano nera e raggrinzita: «Stai dando troppa importanza alla profezia!»
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«Ma» balbettò Harry, «ma lei ha detto che la profezia significa…»
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«Se Voldemort non avesse mai sentito parlare della profezia, si sarebbe realizzata? Avrebbe avuto un senso? Certo che no! Credi che tutte le profezie della Sala delle Profezie si siano compiute?»
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«Ma» fece Harry, sconvolto, «ma l’anno scorso lei ha detto che uno di noi dovrà uccidere l’altro…»
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«Harry, Harry, solo perché Voldemort ha commesso un grave errore, e ha agito secondo le parole della professoressa Cooman! Se non avesse mai ucciso tuo padre, ti avrebbe provocato un furioso desiderio di vendetta? Certo che no! Se non avesse costretto tua madre a morire per te, ti avrebbe conferito una protezione magica che non sarebbe riuscito a penetrare? Certo che no, Harry! Non capisci? Voldemort stesso ha creato il suo peggior nemico, come fanno ovunque i tiranni! Hai idea di quanto i tiranni temano coloro che opprimono? Sanno benissimo che un giorno tra quelle molte vittime ce ne sarà certamente una che si leverà contro di loro e reagirà! Voldemort non è diverso! Ha sempre cercato chi l’avrebbe sfidato. Ha ascoltato la profezia ed è entrato in azione, col risultato che non solo ha scelto colui che molto probabilmente lo finirà, ma gli ha anche consegnato armi straordinariamente letali!»
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«Ma…»
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«È essenziale che tu lo capisca!» gridò Silente. Si alzò e prese a camminare per la stanza, la veste scintillante che frusciava e ondeggiava a ogni passo: Harry non l’aveva mai visto così agitato. «Cercando di ucciderti, Voldemort stesso ha designato la persona eccezionale seduta davanti a me e le ha dato gli strumenti per agire! È colpa di Voldemort se sei riuscito a leggere nei suoi pensieri, nelle sue ambizioni, se comprendi perfino il linguaggio serpentesco con cui dà gli ordini; eppure, Harry, nonostante il tuo privilegiato accesso al mondo di Voldemort (tra l’altro, un dono per il quale qualunque Mangiamorte sarebbe capace di uccidere), non sei mai stato sedotto dalle Arti Oscure. Mai, nemmeno per un istante, hai mostrato il minimo desiderio di diventare uno dei suoi!»
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«Certo che no!» reagì Harry, indignato. «Ha ucciso i miei genitori!»
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«Tu sei protetto, per farla breve, dalla tua capacità di amare!»proseguì Silente a voce alta. «La sola protezione che possa funzionare contro le lusinghe di un potere come quello di Voldemort! Nonostante tutte le tentazioni, tutte le sofferenze che hai conosciuto, rimani puro di cuore, puro come lo eri a undici anni, quando guardasti dentro uno specchio che rifletteva il tuo più profondo desiderio, e vedesti solo il modo per piegare Lord Voldemort, e non l’immortalità o la ricchezza. Harry, hai idea di quanto pochi siano i maghi che avrebbero potuto vedere quello che hai visto tu in quello specchio? Voldemort avrebbe dovuto capire con chi aveva a che fare, e invece no!
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«Ora però lo sa. Hai vagato nella sua mente senza subire danni, mentre lui non può possederti senza provare un dolore mortale, come ha scoperto al Ministero. Non credo che ne capisca il motivo, Harry, ma aveva tanta fretta di mutilare la propria anima che non si è mai soffermato a comprendere l’incomparabile potere di un’anima integra e incorrotta».
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«Ma signore»ribatté Harry, facendo un enorme sforzo per non sembrare polemico, «la conclusione è sempre la stessa, no? Devo cercare di ucciderlo, o…»
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«Devi?» chiese Silente. «Certo che devi! Ma non a causa della profezia! Perché tu, tu stesso, non sarai mai in pace finché non avrai tentato! Lo sappiamo entrambi! Immagina solo per un istante di non aver mai ascoltato quella profezia! Che cosa proveresti per Voldemort ora? Rifletti!»
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Harry guardò Silente camminare su e giù davanti a lui e rifletté. Pensò a sua madre, a suo padre e a Sirius. Pensò a Cedric Diggory. Pensò a tutte le orribili azioni compiute da Lord Voldemort. Una fiamma gli balzò nel petto, bruciandogli la gola.
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«Vorrei che morisse» mormorò. «E vorrei ucciderlo io».
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«Certo!» gridò Silente. «Vedi, la profezia non significa che tu devi fare qualcosa! Ma ha indotto Lord Voldemort a designarti come suo eguale… in altre parole, tu sei libero di scegliere che cosa fare, libero di voltare le spalle alla profezia! Ma Voldemort continua ad attribuirle importanza. Continuerà a darti la caccia… il che rende certo, di fatto, che…»
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«Che uno di noi finirà per uccidere l’altro» completò Harry. «Sì».
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Ma finalmente capiva quello che Silente aveva cercato di dirgli. Era, si disse, la differenza fra l’essere trascinato nell’arena ad affrontare una battaglia mortale e scendere nell’arena a testa alta. Forse qualcuno avrebbe detto che non era una gran scelta, ma Silente sapeva — e lo so anch’io,pensò Harry con uno slancio di feroce orgoglio, e lo sapevano i miei genitori — che c’era tutta la differenza del mondo.
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