Harry sentiva odore di salsedine e udiva il rumore delle onde; una leggera brezza gelata gli scompigliava i capelli: guardò il mare illuminato dalla luna e il cielo trapunto di stelle. Si trovava su un grosso scoglio di roccia scura, con l’acqua che schiumava e ribolliva sotto di lui. Dietro si levava un’altissima scogliera: un precipizio nero e informe da cui sembravano essersi staccati, in qualche era passata, enormi massi, come quello sul quale si trovavano Harry e Silente. Era uno spettacolo brullo e aspro; mare e roccia privi del conforto di alberi o declivi erbosi o sabbia.
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«Che cosa ne pensi?» domandò Silente, come valutando se quello fosse un buon posto per un picnic.
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«È qui che hanno portato i bambini dell’orfanotrofio?» chiese Harry, che non riusciva a immaginare un luogo meno piacevole per una gita.
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«Non proprio» rispose Silente. «C’è un villaggio a metà della scogliera, dietro di noi. Credo che gli orfani siano stati accompagnati là per godersi un po’ d’aria di mare e una vista sulle onde. No, devono essere stati solo Tom Riddle e le sue giovani vittime ad aver visitato questo luogo. Nessun Babbano avrebbe potuto raggiungere questa roccia a meno di non essere uno scalatore straordinariamente abile, e le barche non riescono ad avvicinarsi alla scogliera; le acque sono troppo pericolose. Immagino che Riddle si sia calato giù; la magia sarà stata più utile delle funi. E ha portato con sé due bambini, probabilmente per il piacere di terrorizzarli. Penso che sia bastato il viaggio, non ti pare?»
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Harry guardò di nuovo verso la scogliera e gli verme la pelle d’oca.
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«Ma la sua destinazione finale — e la nostra — è un po’ più in là. Vieni».
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Indicò a Harry il margine esterno del masso, dove una serie di rientranze frastagliate permetteva di raggiungere certe rocce semisommerse dall’acqua e più vicine alla scogliera. Era una discesa insidiosa e Silente, un po’ impedito dalla mano rattrappita, procedette con lentezza. Gli scogli erano scivolosi. Fredde goccioline salate schizzarono sul viso di Harry.
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«Lumos»disse Silente, raggiungendo il masso più vicino alla parete della scogliera. Mille macchioline di luce dorata scintillarono sulla superficie scura dell’acqua poche decine di centimetri più in basso, dove il mago si era accovacciato; anche la nera parete di roccia accanto a lui era illuminata.
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«Vedi?» mormorò Silente, levando un po’ più su la bacchetta. Harry scorse una spaccatura nella parete, dentro la quale vorticava acqua scura.
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«Non ti dispiace bagnarti un po’?»
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«No» rispose Harry.
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«Allora togliti il Mantello dell’Invisibilità — adesso non serve — e tuffiamoci».
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E con l’improvvisa agilità di un uomo molto più giovane, si lanciò in mare e nuotò con un impeccabile stile a rana verso la fessura buia nella superficie rocciosa, la bacchetta accesa tra i denti. Harry si sfilò il Mantello, se lo ficcò in tasca e lo seguì.
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L’acqua era gelata; gli abiti zuppi di Harry gli fluttuavano attorno e lo tiravano verso il basso. Respirando profondamente l’odore di sale e alghe, seguì a nuoto la tremula luce che si inoltrava sempre più nella scogliera.
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Poco dopo, la fenditura si aprì su una buia galleria di roccia; Harry pensò che si sarebbe riempita d’acqua con l’alta marea. Le pareti scivolose distavano meno di un metro l’una dall’altra e brillavano come catrame fresco al passaggio della bacchetta illuminata. Poco più avanti, la galleria piegò a sinistra, incuneandosi profondamente nella scogliera; Harry continuò a nuotare nella scia di Silente, sfiorando la roccia ruvida e bagnata con le dita intorpidite.
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Poi Silente emerse dall’acqua davanti a lui, i capelli argentati e gli abiti scuri scintillanti. Harry lo raggiunse: scoprì dei gradini che conducevano in una vasta caverna. Li salì a tentoni, con l’acqua che colava dai vestiti zuppi, e affiorò, scosso da brividi violenti, nell’aria immobile e gelata.
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Silente era al centro della caverna, la bacchetta levata, e girava piano su se stesso, osservando le pareti e il soffitto.
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«Sì, il posto è questo» affermò.
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«Come fa a dirlo?»sussurrò Harry.
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«Ha conosciuto la magia»rispose Silente con semplicità.
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Harry non riusciva a capire se stava tremando per il gelo che lo penetrava fin nel midollo o per il sentore degli incantesimi. Silente continuava a guardarsi intorno, concentrato su cose che lui non riusciva a vedere.
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«Questa è solo l’anticamera, l’ingresso» annunciò poco dopo. «Dobbiamo entrare nella sala interna… Ora dovremo superare gli ostacoli di Lord Voldemort, invece di quelli creati dalla natura…»
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Si avvicinò alla parete e la accarezzò con le dita annerite, mormorando parole in una strana lingua che Harry non capì. Due volte fece il giro della caverna, toccando la nuda roccia, fermandosi ogni tanto, facendo scorrere le dita avanti e indietro su un punto in particolare, finché si bloccò, la mano aperta contro la parete.
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«Qui» stabilì. «Passeremo di qui. L’ingresso è nascosto».
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Harry non chiese come facesse a saperlo. Non aveva mai visto un mago captare gli incantesimi solo guardando e toccando; ma aveva appreso da tempo che esplosioni e fumo erano più spesso segnali di inettitudine che di abilità.
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Silente arretrò e puntò la bacchetta contro la roccia. Per un attimo apparvero i contorni di un arco, di un bianco vivido, come se dietro la fessura ci fosse una luce accecante.
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«C’è ri-riuscito!» esclamò Harry battendo i denti, ma prima che le parole avessero abbandonato le sue labbra i contorni erano svaniti, lasciando la roccia nuda e solida come prima. Silente si voltò.
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«Perdonami, Harry, mi sono dimenticato» si scusò; gli puntò addosso la bacchetta e in un attimo gli abiti di Harry furono caldi e asciutti come se fossero stati appesi davanti a un fuoco.
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«Grazie» rispose Harry, ma Silente era tornato a esaminare la compatta parete della caverna. Non tentò un’altra magia, ma rimase a fissare la roccia con intensità, come se vi fosse scritto qualcosa di estremo interesse. Harry rimase immobile; non voleva disturbarlo.
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Poi, dopo due minuti buoni, Silente mormorò: «Oh no, questo no. Che cattivo gusto».
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«Che cosa c’è, professore?»
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«Temo» spiegò Silente, infilando la mano sana nella veste ed estraendo un corto pugnale d’argento come quello che Harry usava per tritare gli ingredienti delle pozioni, «che ci venga richiesto un pedaggio».
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«Un pedaggio?» chiese Harry. «Dobbiamo pagare la porta?»
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«Sì» rispose Silente. «Con il sangue, se non mi sbaglio».
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«Sangue?»
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«L’ho detto, che era di cattivo gusto» ribatté Silente, che sembrava indignato, perfino deluso, come se Voldemort non fosse stato all’altezza delle sue aspettative. «L’idea, come sono certo avrai compreso, è che il nemico debba indebolirsi per entrare. Ancora una volta, Lord Voldemort non riesce ad afferrare che vi sono cose ben più terribili delle ferite fisiche».
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«Sì, ma comunque, se si può evitarlo…» tentò Harry, che aveva provato abbastanza dolore da non desiderarne altro.
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«A volte tuttavia è inevitabile» osservò Silente. Alzò la manica della veste e scoprì l’avambraccio della mano ferita.
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«Professore!» protestò Harry, correndo verso Silente che già levava il pugnale. «Lo faccio io, io sono…»
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Non sapeva che cosa voleva dire: più giovane, più sano? Ma Silente sorrise. Ci fu un lampo d’argento e uno schizzo scarlatto; la superficie della roccia era macchiata da scure gocce scintillanti.
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«Sei molto gentile, Harry» rispose Silente, passandosi sul braccio la punta della bacchetta. Il profondo taglio si rimarginò all’istante, come le ferite di Malfoy guarite da Piton. «Ma il tuo sangue vale più del mio. Ah, pare che abbia funzionato, eh?»
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Il vivido contorno bianco di un arco era ricomparso nella parete, e questa volta non sbiadì: la roccia spruzzata di sangue scomparve, lasciando un varco sull’oscurità più totale.
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«Dopo di me, direi» soggiunse Silente, e attraversò l’arco; Harry, alle sue spalle, si affrettò ad accendere la bacchetta.
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Ai loro occhi apparve un panorama sinistro: si trovavano sulle sponde di un lago nero così ampio che Harry non riusciva a distinguere la riva opposta, in una caverna così grande che anche il soffitto si perdeva nel buio. Una nebulosa luce verdastra brillava lontana in quello che poteva essere il centro del lago, riflettendosi nell’acqua immobile: insieme alla luce delle bacchette era la sola cosa che interrompeva l’altrimenti vellutata oscurità, senza comunque penetrarla quanto Harry si sarebbe aspettato. Il buio era in qualche modo più denso del normale.
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«Camminiamo» sussurrò Silente. «Fai molta attenzione a non mettere piede nell’acqua. Stammi vicino».
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Si avviò sul bordo del lago e Harry lo seguì. I loro passi risuonavano sullo stretto orlo di roccia. Camminarono e camminarono, ma lo scenario non mutò: da un lato, la ruvida parete della caverna; dall’altro, la sconfinata distesa di nero liscio e vitreo, al centro della quale riluceva quel misterioso bagliore verdastro. Harry trovava il luogo e il silenzio opprimenti, snervanti.
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«Professore»chiese infine. «Crede che l’Horcrux si trovi qui?»
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«Oh, sì»rispose Silente. «Sì, ne sono certo. La domanda è: come ci arriviamo?»
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«Non potremmo… non potremmo provare con un Incantesimo di Appello?» suggerì Harry, certo che fosse un’idea stupida, ma desideroso di andar via di lì molto più di quanto fosse disposto ad ammettere.
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«Sì, potremmo» rispose Silente, fermandosi così di botto che Harry quasi gli sbatté contro. «Perché non ci provi?»
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«Io? Oh… va bene…»
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Non se l’era aspettato, ma si schiarì la voce e declamò, la bacchetta levata: «Accio Horcrux!»
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Con un fragore simile a un’esplosione, qualcosa di molto grosso e pallido affiorò dall’acqua scura a pochi metri da loro; prima che Harry riuscisse a vedere che cos’era, era sparito di nuovo con un tonfo fragoroso che provocò cerchi ampi e profondi sulla superficie. Harry balzò indietro, spaventato, e urtò la parete; il suo cuore tuonava ancora quando si voltò verso Silente.
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«Che cos’era?»
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«Qualcosa, credo, pronto a reagire se dovessimo tentare di prendere l’Horcrux».
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Harry tornò a guardare l’acqua. Il lago era di nuovo un lucido vetro nero; le onde erano sparite con una velocità innaturale; il suo cuore però non aveva smesso di martellare.
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«Sapeva che sarebbe successo, signore?»
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«Pensavo che qualcosa sarebbe successo se avessimo fatto un tentativo ovvio di impadronirci dell’Horcrux. È stata una buonissima idea, Harry; di gran lunga il modo più semplice di scoprire cosa ci troviamo di fronte».
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«Ma non sappiamo che cos’era quello» ribatté Harry, guardando l’acqua sinistramente piatta.
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«Che cosa sono quelli,vuoi dire» lo corresse Silente. «Dubito che ve ne sia uno solo. Continuiamo?»
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«Professore?»
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«Sì, Harry?»
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«Crede che dovremo entrare nel lago?»
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«Dentro? Solo se saremo molto sfortunati».
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«Ma crede che l’Horcrux si trovi sul fondo?»
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«Oh, no… io credo che l’Horcrux sia al centro».
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E Silente indicò la nebulosa luce verde.
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«Quindi dovremo attraversare il lago per prenderlo?»
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«Sì, temo di sì».
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Harry non replicò. Pensava a mostri acquatici, serpenti giganti, demoni, kelpie e folletti…
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«Aha» fece Silente, e si fermò di nuovo; questa volta Harry gli finì davvero addosso; per un momento vacillò sull’orlo dell’acqua scura e la mano sana di Silente si strinse attorno al suo braccio, trattenendolo. «Scusa, Harry, avrei dovuto avvertirti. Appoggiati alla parete, per favore; forse ho trovato».
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Harry non capì; per quello che poteva vedere, quel tratto di riva buia era identico a tutti gli altri. Stavolta Silente non toccò la parete, ma alzò la mano in aria, come per afferrare qualcosa di invisibile.
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«Oho» esclamò allegro qualche istante più tardi. Chiuse la mano e si avvicinò all’acqua. Harry osservò con una certa ansia la punta delle scarpe del Preside sfiorare il limite estremo della riva. Tenendo la destra stretta in alto, Silente levò la bacchetta con la sinistra e si toccò il pugno.
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Una spessa catena verde, di rame, apparve dal nulla, un’estremità sprofondata negli abissi, un’altra stretta nella mano di Silente. Lui la colpì, e quella gli scorse tra le dita come un serpente; quindi si arrotolò a terra con un tintinnio che echeggiò fragoroso contro le pareti di roccia, tirandosi dietro qualcosa dal fondo dell’acqua nera. Harry trattenne il respiro mentre la prua spettrale di una minuscola barca infrangeva la superficie, con un baluginio verde come la catena, e scivolava verso di loro senza quasi increspare l’acqua.
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«Come faceva a sapere che c’era?» chiese Harry esterrefatto.
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«La magia lascia sempre tracce» rispose Silente, mentre la barca urtava morbida contro la riva. «A volte molto evidenti. Io sono stato l’insegnante di Tom Riddle. Conosco il suo stile».
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«Questa… questa barca e sicura?»
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«Oh, sì, credo di sì. Voldemort aveva bisogno di creare un mezzo per attraversare il lago senza suscitare l’ira delle creature che vi aveva collocato, nel caso avesse voluto vedere o portar via il suo Horcrux».
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«Quindi le cose là dentro non ci faranno nulla se attraversiamo il lago con la barca di Voldemort?»
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«Temo che prima o poi capiranno comunque che non siamo lui. Finora, tuttavia, siamo stati bravi. Ci hanno permesso di recuperare la barca».
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«Ma perché?» chiese Harry, che non riusciva a non pensare a tentacoli che sorgevano dalle acque nel momento stesso in cui la riva fosse sparita alle loro spalle.
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«Voldemort doveva essere abbastanza sicuro che solo un grandissimo mago sarebbe riuscito a trovare la barca» spiegò Silente. «Deve aver sfidato quella che secondo lui era un’infima probabilità che qualcun altro la trovasse, sapendo di aver disposto altri ostacoli più avanti che solo lui sarebbe stato in grado di superare. Vedremo se ha ragione».
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Harry guardò dentro la barca. Era davvero molto piccola.
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«Non sembra fatta per due persone. Ci reggerà tutti e due? Non saremo troppo pesanti insieme?»
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Silente ridacchiò.
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«Voldemort non avrà pensato al peso, ma alla quantità di potere magico che attraversava il suo lago. Immagino che questa barca sia stata incantata perché un mago alla volta possa usarla».
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«Ma allora…?»
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«Tu non dovresti contare, Harry: sei minorenne e non hai il diploma. Voldemort non si sarebbe mai aspettato che un sedicenne raggiungesse questo luogo. Ritengo improbabile che i tuoi poteri si notino, paragonati ai miei».
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Queste parole non aiutarono a sollevare il morale di Harry; forse Silente lo capì, perché aggiunse: «Errore di Voldemort, Harry, errore di Voldemort… l’adulto è sciocco e immemore quando sottovaluta la giovinezza… questa volta vai prima tu, e attento a non toccare l’acqua».
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Harry salì cauto sulla barca. Poi entrò anche Silente, arrotolando la catena sul fondo. Stavano davvero molto strettì; Harry non era seduto, ma rannicchiato, con le ginocchia che sporgevano dalla bassa fiancata. La barca si mosse subito senza il loro aiuto, come se una fune invisibile li tirasse verso la luce al centro. Non si udiva alcun rumore, a parte il fruscio setoso della prua che fendeva l’acqua. Ben presto non riuscirono più a vedere le pareti della caverna; avrebbero potuto trovarsi in mare, se non fosse stato per l’assenza di onde.
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Harry guardò in basso e vide il riflesso della sua bacchetta sulla distesa nera. La barca scavava increspature profonde nella superficie vitrea, solchi nello specchio oscuro…
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E poi Harry la vide, bianca come il marmo, galleggiare pochi centimetri sotto il pelo dell’acqua.
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«Professore!» esclamò, e la sua voce spaventata echeggiò sonora nel silenzio pesante.
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«Sì, Harry?»
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«Credo di aver visto una mano… una mano umana!»
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«Sì, esatto» rispose Silente, tranquillo.
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Harry guardò di nuovo nell’acqua, in cerca della mano, e una sensazione di nausea gli salì in gola.
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«Quindi quella cosa che è balzata fuori…?»
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Ma Harry sapeva la nsposta prima che Silente potesse dargliela; la luce della bacchetta aveva illuminato un nuovo tratto d’acqua, mostrandogli un uomo morto disteso a faccia in su appena sotto la superficie, gli occhi aperti velati come da ragnatele, capelli e abiti vorticanti come fumo attorno a lui.
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«Qui dentro ci sono dei cadaveri!» esclamò Harry, e la sua voce suonò molto più acuta del solito, quasi irriconoscibile.
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«Sì» rispose Silente, tranquillo, «ma non dobbiamo preoccuparcene, al momento».
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«Al momento?» npeté Harry, voltandosi a guardarlo.
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«Non finché scorrono tranquilli sotto di noi. Non c’è niente da temere da un cadavere, Harry, non più di quanto si debba aver paura del buio. Lord Voldemort, che segretamente li teme entrambi, non è d’accordo. Ma anche questo rivela la sua mancanza di saggezza. È l’ignoto che temiamo, quando guardiamo la morte e il buio, nient’altro».
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Harry non rispose, ma trovava terribile l’idea che ci fossero cadaveri galleggianti attorno e sotto a loro, e non era nemmeno convinto che non fossero pericolosi.
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«Ma uno ha fatto un salto» osservò, cercando di mantenere la voce bassa e tranquilla come quella di Silente. «Quando ho cercato di Appellare l’Horcrux, un corpo è balzato fuori dal lago».
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«Sì» annuì Silente. «Sono sicuro che quando avremo preso l’Horcrux saranno meno pacifici. Tuttavia, come molte creature che vivono al freddo e al buio, temono la luce e il calore, che di conseguenza chiameremo in nostro aiuto se dovesse essercene bisogno. Il fuoco, Harry» aggiunse con un sorriso in risposta all’espressione sconvolta di Harry.
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«Oh… ecco…» disse in fretta Harry. Si girò per guardare la luce verdastra verso cui la barca procedeva inesorabile. Ormai non poteva fingere di non aver paura. L’enorme lago nero, pullulante di morti… sembrava che fossero passate ore e ore da quando aveva incontrato la professoressa Cooman, aveva dato a Ron e a Hermione la Felix Felicis… All’improvviso rimpianse di non averli salutati meglio… e non aveva nemmeno visto Ginny…
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«Ci siamo quasi» annunciò Silente, allegro.
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E in effetti la luce verdastra parve ingrandirsi, e pochi minuti dopo la barca si fermò, cozzando dolcemente contro qualcosa che Harry non vide subito; ma quando alzò la bacchetta accesa, si accorse che avevano raggiunto un’isolotto di roccia liscia al centro del lago.
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«Attento a non toccare l’acqua» lo ammonì di nuovo Silente mentre scendevano.
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L’isola non era più grande del suo ufficio: una distesa di piatta roccia scura sulla quale si trovava soltanto la fonte della luce verdognola, che da vicino era molto più brillante. Harry la scrutò a occhi socchiusi; all’inizio pensò a una sorta di lampada, ma poi si accorse che la luce proveniva da un bacile di pietra simile al Pensatoio, posto in cima a un piedistallo.
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Silente si avvicinò al bacile e Harry lo seguì. Fianco a fianco, guardarono dentro. Il bacile era pieno di un liquido smeraldino da cui emanava il bagliore fosforescente.
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«Che cos’è?» chiese piano Harry.
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«Non ne sono sicuro» rispose Silente. «Qualcosa di più preoccupante di sangue e cadaveri, però».
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Rimboccò la manica della mano annerita e tese le dita bruciate verso la superficie della pozione.
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«Signore, no, non tocchi…!»
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«Non posso». Silente sorrise appena. «Visto? Non riesco ad avvicinarmi più di così. Prova tu».
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Con lo sguardo fisso, Harry immerse la mano nel bacile e cercò di toccare la pozione: una barriera invisibile, che sembrava fatta di aria solida, gli impedì di avvicinarsi anche solo di un centimetro.
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«Spostati, per favore, Harry» disse Silente.
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Levò la bacchetta e fece complicati movimenti sulla superficie della pozione, mormorando parole senza suono. Non accadde nulla, a parte forse il fatto che la superficie brillò un po’ di più. Harry rimase in silenzio mentre Silente era all’opera, ma dopo un po’ questi ritrasse la bacchetta e Harry capì che poteva parlare di nuovo.
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«Crede che l’Horcrux sia lì dentro, signore?»
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«Oh, sì». Silente scrutò il contenuto del bacile più da vicino. Harry ne vide il volto riflesso alla rovescia sulla liscia superficie verde. «Ma come raggiungerlo? Questa pozione non può essere penetrata da una mano, Svanita, separata, raccolta o risucchiata, e non può essere nemmeno Trasfigurata, Incantata o comunque indotta a mutare la sua natura».
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Quasi come sovrappensiero, alzò di nuovo la bacchetta, la fece roteare una volta a mezz’aria e poi afferrò il calice di cristallo che aveva creato dal nulla.
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«Posso solo concludere che questa pozione debba essere bevuta».
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«Che cosa?» esclamò Harry. «No!»
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«Sì, credo di sì: solo bevendola posso vuotare il bacile e vedere che cosa c’è sul fondo».
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«Ma se… se la ucciderà?»
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«Ne dubito» rispose Silente, tranquillo. «Lord Voldemort non può voler uccidere la persona che riesca a raggiungere quest’isola».
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Harry non riusciva a crederci. Era un’altra manifestazione dell’insano accanimento di Silente nel voler vedere il buono in chiunque?
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«Signore» replicò, cercando di mantenere un tono ragionevole, «signore, è di Voldemort che stiamo…»
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«Scusa, Harry, intendevo che non può volerla uccidere subito» si corresse Silente. «Vorrà mantenerla in vita abbastanza a lungo da scoprire come sia riuscita a superare le sue difese e, cosa più importante di tutte, perché sia tanto decisa a vuotare il bacile. Non dimenticare che Lord Voldemort è convinto di essere il solo a sapere dei propri Horcrux».
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Harry fece per parlare di nuovo, ma questa volta Silente alzò la mano per farlo tacere, osservando accigliato il liquido smeraldino.
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«Senza dubbio» disse infine, «questa pozione mi impedirà di prendere l’Horcrux. Potrebbe paralizzarmi, farmi dimenticare perché sono qui, farmi impazzire di dolore, o mettermi fuori gioco in un altro modo. Se così fosse, Harry, sarà tuo compito assicurarti che io continui a bere, anche se tu dovessi obbligarmi con la forza. Hai capito?»
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I loro sguardi s’incontrarono sopra il bacile, i due volti pallidi accesi da quella strana luce verde. Harry non parlò. Era venuto per questo, per far inghiottire a Silente una pozione che avrebbe potuto provocargli un dolore insopportabile?
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«Ricordi» riprese Silente, «a quale condizione ti ho portato con me?»
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Harry esitò, guardando gli occhi azzurri che erano diventati verdi alla luce del bacile.
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«Ma se…?»
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«Non hai giurato di eseguire qualunque mio ordine?»
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«Sì, ma…»
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«Non ti ho avvertito che avrebbe potuto essere pericoloso?»
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«Sì» rispose Harry, «ma…»
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«Bene, allora» concluse Silente, rimboccandosi le maniche e levando il calice vuoto, «conosci i miei ordini».
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«Perché non posso berla io, la pozione?» chiese Harry, disperato.
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«Perché io sono molto più vecchio, molto più capace e molto meno prezioso di te» rispose Silente. «Per l’ultima volta, Harry, mi dai la tua parola che farai rutto quel che potrai per costringermi a bere?»
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«Non posso…?»
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«Mi dai la tua parola?»
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«Ma…»
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«La tua parola, Harry».
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«Io… d’accordo, ma…»
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Prima che Harry potesse aggiungere altro, Silente immerse il calice di cristallo nella pozione. Per un breve istante Harry sperò che nemmeno il calice riuscisse a toccarla, ma il cristallo affondò nella superficie come nient’altro era riuscito a fare; quando il bicchiere fu colmo fino all’orlo, Silente lo portò alla bocca.
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«Alla tua salute, Harry».
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E lo vuotò. Harry rimase a guardare, terrorizzato, le mani aggrappate al bordo del bacile in una stretta così serrata che la punta delle dita divenne insensibile.
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«Professore» proruppe, angosciato, mentre Silente abbassava il bicchiere vuoto. «Come sta?»
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Silente scosse il capo, a occhi chiusi. Harry si chiese se provava dolore. Silente tuffò di nuovo il calice alla cieca nel liquido, lo riempì e bevve.
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In silenzio, bevve tre bicchieri colmi di pozione. Poi, a metà del quarto, barcollò e cadde in avanti, contro il bacile. Aveva ancora gli occhi chiusi, il respiro affannoso.
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«Professore» esclamò Harry, la voce tesa. «Mi sente?»
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Silente non rispose. Il suo volto si contorceva come se fosse addormentato ma in balia di un sogno orribile. La presa sul calice si stava allentando; la pozione stava per rovesciarsi. Harry si fece avanti e afferrò la coppa di cristallo, per raddrizzarla.
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«Professore, mi sente?» ripeté forte, e le sue parole echeggiarono nella caverna.
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Silente ansimò e poi parlò con una voce che Harry non riconobbe, perché non l’aveva mai sentito così spaventato.
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«Non voglio… non voglio…»
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Harry fissò il volto sbiancato che conosceva tanto bene, il naso adunco e gli occhiali a mezzaluna, e non seppe che fare.
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«… Basta… voglio smettere…» si lamentò Silente.
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«Lei… lei non può smettere, professore» ribatté Harry. «Deve continuare a bere, ricorda? Mi ha detto che doveva continuare a bere. Ecco…»
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Odiandosi per quanto stava facendo, Harry spinse ancora il calice verso le labbra di Silente e lo inclinò per vuotarglielo in gola.
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«No…» gemette il mago, mentre Harry immergeva il calice nel bacile e lo riempiva un’altra volta. «Non voglio… non voglio… Lasciami…»
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«Va tutto bene, professore» replicò Harry, con la mano che tremava. «Va tutto bene, sono qui…»
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«Fallo smettere, fallo smettere» implorò Silente.
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«Sì… sì, questo lo farà smettere» mentì Harry. Gli versò nella bocca aperta il contenuto del calice pieno.
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Silente urlò; il rumore echeggiò per la vasta sala, sulla nera acqua morta.
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«No, no, no… no… non posso… non posso, non costringermi, non voglio…»
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«Va tutto bene, professore, va tutto bene!» gridò Harry. Le mani gli tremavano così forte che riuscì a stento a riempire il sesto calice di pozione; il bacile era vuoto per metà. «Non le sta succedendo niente, è al sicuro, tutto questo non è reale, giuro che non è reale… Prenda, ora, prenda…»
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Silente bevve, come se Harry gli stesse offrendo un antidoto, ma nel vuotare il calice cadde in ginocchio, scosso da tremiti incontrollabili.
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«È tutta colpa mia, colpa mia» singhiozzò, «ti prego fallo smettere, so che ho sbagliato, oh, ti prego fallo smettere e io mai, mai più…»
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«Questo lo farà smettere, professore»rispose Harry con la voce spezzata, versandogli in bocca il settimo bicchiere di pozione.
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Silente si rannicchiò come se invisibili torturatori lo circondassero; agitando la mano fece quasi cadere il calice colmo dalle dita tremanti di Harry e intanto gemeva: «Non far del male a loro, ti prego, ti prego, è colpa mia, fai male a me, invece…»
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«Ecco, beva questo, beva questo e starà bene» lo incalzò Harry disperato, e ancora una volta Silente gli obbedì, aprendo la bocca ma tenendo chiusi gli occhi, in preda ai brividi da capo a piedi.
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E poi cadde in avanti e urlò, picchiò i pugni a terra, mentre Harry riempiva il nono calice.
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«Ti prego, ti prego, ti prego, no… quello no, quello no, farò tutto quello che…»
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«Beva, professore, beva…»
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Silente bevve come un bambino che muore di sete, ma quando ebbe finito urlò di nuovo come se avesse le viscere in fiamme.
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«Basta, per favore, basta…»
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Harry raccolse un decimo calice di pozione e sentì il cristallo grattare il fondo di pietra.
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«Ci siamo quasi, professore. Beva questo, lo beva…»
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Sostenne Silente, che bevve. Poi Harry si rialzò in piedi a riempire il calice, e Silente cominciò a gridare, più straziato che mai: «Voglio morire! Voglio morire! Fallo smettere, fallo smettere, voglio morire!»
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«Beva questo, professore, beva questo…»
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Silente bevve, e non aveva ancora finito che urlò: «UCCIDIMI!»
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«Questo… questo la ucciderà!» ansimò Harry. «Beva solo questo… e sarà finita… tutto finito!»
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Silente vuotò il calice fino all’ultima goccia e poi, con un enorme sospiro rantolante, cadde in avanti.
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«No!» urlò Harry, che si era alzato per riempire il calice; invece lo lasciò cadere nel bacile, si gettò a terra accanto a Silente e lo rivoltò sulla schiena. Silente aveva gli occhiali storti, la bocca spalancata, gli occhi chiusi. «No» supplicò Harry, scuotendolo, «no, lei non è morto, aveva detto che non era veleno, si svegli, si svegli… Reinnerva!»gridò, con la bacchetta puntata verso il petto di Silente; ci fu un lampo di luce rossa ma non accadde nulla. «Reinnerva… Signore… la prego…»
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Gli occhi di Silente guizzarono; il cuore di Harry fece un balzo.
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«Signore, sta…?»
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«Acqua» gracchiò Silente.
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«Acqua» ripeté Harry, «… sì…»
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Balzò in piedi e afferrò il calice che aveva lasciato cadere nel bacile; quasi non notò il medaglione d’oro sul fondo.
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«Aguamenti!» urlò, e colpì il calice con la bacchetta.
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Il calice si riempì di acqua limpida; Harry cadde in ginocchio accanto a Silente, gli sorresse la testa e gli avvicinò il bicchiere alle labbra… ma era vuoto. Silente gemette e prese ad ansimare.
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«Ma io avevo… Aspetti… Aguamenti!»ripeté Harry, puntando la bacchetta sul calice. Per un secondo l’acqua trasparente brillò nel bicchiere, ma quando lo avvicinò alla bocca di Silente svanì di nuovo.
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«Signore, ci sto provando, ci sto provando!» gridò disperato, ma Silente non poteva sentirlo; era disteso su un fianco e rantolava come in agonia. «Aguamenti… Aguamenti… AGUAMENTI!»
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Il calice si riempì e si vuotò un’altra volta. E il respiro di Silente si faceva più rado. In preda al panico, Harry capì d’istinto qual era il solo modo per ottenere l’acqua, quello che aveva stabilito Voldemort…
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Si gettò sul bordo della roccia e affondò il calice nel lago, ritirandolo pieno di acqua gelida che non svanì.
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«Signore… ecco!» urlò, e lanciandosi in avanti versò goffamente l’acqua sul volto di Silente.
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Non poté fare di meglio, perché il tocco gelido sul braccio non era quello dell’acqua. Una scivolosa mano bianca l’aveva afferrato per un polso; una creatura lo stava trascinando lentamente indietro. La superficie del lago non era più liscia come uno specchio; ribolliva, e ovunque Harry guardasse, teste e mani bianche affioravano dall’acqua scura, uomini e donne e bambini con occhi sprofondati e ciechi avanzavano verso la roccia: un esercito di morti che emergeva dal nero lago.
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«Petrificus Totalus!»urlò Harry, cercando di aggrapparsi alla liscia pietra bagnata e puntando la bacchetta contro l’Inferius che lo aveva afferrato: quello lo lasciò andare e ricadde nell’acqua con un tonfo. Harry si rialzò; ma molti altri Inferi già si arrampicavano sulla roccia, le mani ossute artigliate alla superficie scivolosa, gli occhi vacui e orlati di ghiaccio fissi su di lui, trascinando stracci grondanti d’acqua, le facce scavate aperte in orribili ghigni.
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«Petrificus Totalus!»urlò di nuovo Harry, arretrando e agitando la bacchetta; sei o sette si afflosciarono, ma molti altri continuavano ad avanzare. «Impedimenta! Incarceramus!»
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Alcuni inciamparono, uno o due legati da corde, ma quelli che salivano sulla roccia alle loro spalle scavalcavano i corpi morti o li calpestavano. Sciabolando senza sosta la bacchetta, Harry gridò: «Sectumsempra! SECTUMSEMPRA!»
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Ma anche se apparvero delle ferite nei loro stracci inzuppati e sulla pelle gelata, non avevano sangue da versare: continuavano a marciare, inesorabili, le mani raggrinzite tese verso di lui; Harry arretrò ancora e sentì braccia stringerlo da dietro, sottili braccia prive di muscoli e fredde come la morte; i suoi piedi si staccarono dal suolo, gli Inferi lo sollevarono e cominciarono a trasportarlo, lenti e decisi, verso l’acqua, e lui capì che non c’era scampo, che sarebbe annegato per diventare un altro morto a guardia di un frammento dell’anima di Voldemort…
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Ma poi nel buio esplose il fuoco: rosso e oro, un anello di fuoco che circondò la roccia, e gli Inferi che stringevano Harry inciamparono e barcollarono, senza osare attraversare le fiamme per raggiungere l’acqua. Lasciarono andare Harry, che urtò il suolo, scivolò sulla roccia e cadde, sbucciandosi le braccia, ma si tirò su vacillando, alzò la bacchetta e si guardò intorno.
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Silente era di nuovo in piedi, pallido come un Inferius, ma molto più alto, col fuoco che gli danzava negli occhi; la sua bacchetta era levata come una torcia e dalla punta scaturivano come un enorme lazo le fiamme che li abbracciavano col loro calore.
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Gli Inferi urtarono l’uno contro l’altro, cercando a tentoni di sfuggire al fuoco che li imprigionava…
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Silente raccolse il medaglione dal fondo del bacile di pietra e lo ripose dentro la veste, poi fece segno a Harry di mettersi al suo fianco. Impazziti dal terrore per le fiamme, gli Inferi parvero non accorgersi che la loro preda stava fuggendo. Silente guidò Harry alla barca: e l’anello di fuoco si muoveva con loro, attorno a loro, e gli Inferi confusi li accompagnarono fino al limitare dell’acqua, dove scivolarono grati nei loro oscuri abissi.
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Tremando da capo a piedi, Harry pensò per un attimo che Silente non fosse in grado di salire sulla barca. Il mago barcollò, tutti i suoi sforzi parevano concentrati nel mantenere attorno a loro l’anello di fiamme. Harry lo sorresse e lo aiutò a sedersi. Appena furono dentro, la barca si mosse a ritroso sull’acqua nera, lontano dalla roccia ancora circondata dal fuoco; gli Inferi non sembravano avere il coraggio di riaffiorare.
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«Signore» ansimò Harry, «signore… mi ero dimenticato… del fuoco… Mi stavano attaccando e sono stato preso dal panico…»
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«Piuttosto comprensibile» mormorò Silente. Harry si spaventò nell’udire la sua voce così fioca.
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Toccarono terra con un lieve urto e Harry balzò fuori, poi si voltò rapido per aiutare Silente. Non appena ebbe raggiunto la riva, Silente abbassò la bacchetta; l’anello di fuoco sparì, ma gli Inferi non riemersero. La barca affondò di nuovo negli abissi; sbatacchiando e tintinnando, anche la catena scivolò nel lago. Silente trasse un gran sospiro e si appoggiò alla parete.
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«Sono debole…» mormorò.
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«Non si preoccupi, signore»rispose subito Harry, in ansia per il suo estremo pallore e la sua aria sfinita. «Non si preoccupi, farò in modo di riportarci indietro… Si appoggi a me, signore…»
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E passatosi il braccio sano di Silente attorno alle spalle, Harry guidò il vecchio mago, sostenendone il peso, lungo la riva.
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«La protezione era… dopotutto… ben congegnata» bisbigliò Silente. «Una persona sola non ci sarebbe riuscita… Sei stato bravo, molto bravo, Harry…»
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«Adesso non parli» replicò Harry, angosciato da come Silente farfugliava, da come trascinava i suoi passi, «risparmi le forze, signore… Presto saremo lontani da qui…»
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«L’arco si sarà richiuso… Il mio pugnale…»
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«Non serve, mi sono tagliato sulla roccia» ribatté Harry deciso. «Mi dica solo dove…»
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«Qui…»
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Harry passò l’avambraccio graffiato sopra la pietra: ottenuto il suo tributo di sangue, l’arco si riaprì all’istante. Attraversarono la caverna più esterna e Harry aiutò Silente a tornare dentro la gelida acqua di mare che riempiva la fenditura nella scogliera.
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«Andrà tutto bene, signore» ripeté ancora e ancora, più preoccupato dal mutismo di Silente di quanto lo fosse stato dalla sua voce indebolita. «Ci siamo quasi… Posso farci Materializzare tutti e due… non si preoccupi…»
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«Non sono preoccupato, Harry» rispose Silente, la voce un po’ più forte nonostante l’acqua gelata. «Sono con te».
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