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Harry Potter e i Doni della Morte (6958 citazioni)
   1) L’ascesa del Signore Oscuro (113 citazioni)
   2) In memoriam (70 citazioni)
   3) La partenza dei Dursley (126 citazioni)
   4) I sette Potter (179 citazioni)
   5) Il Guerriero caduto (255 citazioni)
   6) Il demone in pigiama (231 citazioni)
   7) Il testamento i Albus Silente (272 citazioni)
   8) Il matrimonio (213 citazioni)
   9) Un nascondiglio (151 citazioni)
   10) Il racconto di Kreacher (197 citazioni)
   11) La mazzetta (211 citazioni)
   12) La Magia è Potere (220 citazioni)
   13) La Commissione per il Censimento dei nati babbani (184 citazioni)
   14) Il ladro (141 citazioni)
   15) La vendetta del folletto (285 citazioni)
   16) Godric’s Hollow (138 citazioni)
   17) Il Segreto di Bathilda (212 citazioni)
   18) Vita e Menzogne di Albus Silente (82 citazioni)
   19) La cerva d’argento (227 citazioni)
   20) Xenophilius Lovegood (152 citazioni)
   21) La storia dei tre fratelli (182 citazioni)
   22) I Doni della Morte (186 citazioni)
   23) Villa Malfoy (351 citazioni)
   24) Il fabbricante di bacchette (257 citazioni)
   25) Villa Conchiglia (160 citazioni)
   26) La Gringott (188 citazioni)
   27) Il nascondiglio finale (73 citazioni)
   28) Lo specchio mancante (146 citazioni)
   29) Il diadema perduto (169 citazioni)
   30) Il congedo di Severus Piton (197 citazioni)
   31) La battaglia di Hogwarts (288 citazioni)
   32) La bacchetta di Sambuco (182 citazioni)
   33) La storia del Principe (345 citazioni)
   34) Ancora la foresta (119 citazioni)
   35) King’s Cross (170 citazioni)
   36) La falla nel piano (286 citazioni)
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La Gringott


   Il piano era pronto, i preparativi terminati; nella stanza da letto più piccola c'era un lungo, spesso capello nero (preso dal golfino che Hermione indossava a Villa Malfoy) arrotolato in una piccola fiala di vetro appoggiata sul camino.
   «Oltretutto userai la sua bacchetta» disse Harry, accennando alla bacchetta di noce, «quindi sarai piuttosto convincente».
   Hermione la raccolse spaventata, come se potesse pungerla o morderla.
   «La odio» mormorò. «La detesto. La sento sbagliata, non va bene per me... è come un pezzo di lei».
   Harry non poté fare a meno di ricordare che, quando la bacchetta di prugnolo non funzionava bene, lei aveva liquidato la sua avversione sostenendo che erano solo fantasie ed esortandolo a esercitarsi. Decise di non ripagarla con il suo stesso consiglio, però: la vigilia del giorno in cui avrebbero cercato di violare la Gringott non era il momento buono per litigare.
   «Ti aiuterà a entrare nel personaggio» osservò Ron. «Pensa a cos'ha fatto quella bacchetta!»
   «Appunto!» protestò Hermione. «Questa è la bacchetta che ha torturato i genitori di Neville e chissà quanta altra gente. Questa è la bacchetta che ha ucciso Sirius!»
   Harry non ci aveva pensato; fu preso dal violento desiderio di spezzarla, di tagliarla a metà con la spada di Grifondoro, che era appoggiata alla parete accanto a lui.
   «Mi manca la mia bacchetta» sospirò Hermione, depressa. «Vorrei che il signor Olivander ne avesse fatta una nuova anche a me».
   Olivander aveva mandato una bacchetta nuova a Luna proprio quella mattina, e lei era in giardino a provarla nel sole del tardo pomeriggio. Dean, che aveva perso la sua, sottratta dai Ghermidori, osservava la scena corrucciato.
   Harry fissò la bacchetta di biancospino che era appartenuta a Draco Malfoy. Aveva scoperto con sorpresa e piacere che per lui funzionava bene
    almeno quanto quella di Hermione. Ricordando che cosa aveva detto Olivander sulle leggi segrete delle bacchette, credeva di sapere qual era il problema di Hermione: lei non aveva ottenuto l'obbedienza della bacchetta di noce perché non l'aveva sottratta a Bellatrix personalmente.
   La porta si aprì ed entrò Unci-unci. Istintivamente Harry afferrò la spada e la avvicinò a sé, ma se ne pentì subito: il folletto aveva notato il gesto. Cercando di superare il momento d'imbarazzo disse: «Stavamo controllando gli ultimi particolari, Unci-unci. Abbiamo avvertito Bill e Fleur che ce ne andremo domattina e ci siamo raccomandati che non si alzino per salutarci».
   Erano stati irremovibili su questo punto, perché Hermione doveva trasformarsi in Bellatrix prima della partenza, e meno Bill e Fleur sapevano o sospettavano del loro progetto meglio era. Avevano anche spiegato che non sarebbero tornati. Siccome avevano perso la tenda di Perkins quando erano stati catturati dai Ghermidori, Bill gliene aveva prestata un'altra. Era piegata dentro la borsetta di perline, che Hermione, Harry scoprì con stupore, aveva salvato dai Ghermidori grazie al semplice espediente di infilarla in una calza.
   Anche se avrebbe sentito la mancanza di Bill, Fleur, Luna e Dean, per non parlare delle comodità domestiche che si era goduto nelle ultime settimane, Harry era contento di sfuggire alla prigionia di Villa Conchiglia. Era stanco di dover sempre controllare che nessuno origliasse, stanco di restare rinchiuso nella minuscola stanza da letto buia. Soprattutto, non vedeva l'ora di liberarsi di Unci-unci, ma come e quando si sarebbero separati da lui senza consegnargli la spada di Grifondoro era una domanda che restava ancora senza risposta. Non ne avevano potuto discutere, perché il folletto di rado si allontanava da loro per più di cinque minuti di fila. «In confronto mia madre è una novellina» ringhiava Ron, quando vedeva le lunghe dita sbucare sulle cornici delle porte. Memore degli ammonimenti di Bill, Harry non poteva fare a meno di sospettare che Unci-unci stesse all'erta contro possibili imbrogli. Hermione disapprovava così radicalmente il loro doppio gioco che Harry aveva rinunciato a consultarla per trovare il modo migliore di metterlo in atto; Ron, nelle rare occasioni in cui erano riusciti a rimanere soli, non aveva saputo dire altro che «Mi sa che dovremo improvvisare, caro mio».
   Harry dormì male quella notte. Sveglio già alle prime ore del mattino, ripensò a quello che aveva provato la notte prima di infiltrarsi nel Ministero della Magia e ricordò un senso di determinazione, quasi di eccitazione.
    Ora provava fitte di ansia, dubbi tormentosi: non riusciva a scrollarsi di dosso il timore che andasse tutto storto. Continuava a ripetersi che il loro era un buon piano, che Unci-unci sapeva che cosa dovevano affrontare, che erano preparati a tutte le difficoltà che avrebbero potuto incontrare; ma ancora non si sentiva sicuro. Un paio di volte udì Ron agitarsi e capì che anche lui era sveglio ma non disse nulla, perché Dean dormiva in salotto con loro.
   Fu un sollievo quando arrivarono le sei e poterono uscire dai sacchi a pelo, vestirsi nella semioscurità e sgattaiolare in giardino per incontrare Hermione e Unci-unci. L'alba era gelida, ma c'era poco vento, adesso che era maggio. Harry guardò le stelle che ancora brillavano pallide nel cielo scuro e ascoltò il mare sciaguattare contro la scogliera: gli sarebbe mancato quel rumore.
   Piccoli germogli verdi spuntavano ormai nella terra rossa della tomba di Dobby; entro un anno il tumulo sarebbe stato coperto di fiori. La pietra bianca col nome dell'elfo era già segnata dalle intemperie. Harry si rese conto che non avrebbero potuto trovare un luogo più bello per far riposare Dobby, ma il pensiero di lasciarlo lì gli faceva male al cuore. Guardando la sua tomba, si chiese di nuovo come aveva fatto a sapere dove andare a salvarli. Portò inconsapevolmente le dita alla saccoccia che teneva ancora al collo e tastò il frammento di specchio dove era certo di aver visto l'occhio di Silente. Poi il rumore di una porta lo fece voltare.
   Bellatrix Lestrange, accompagnata da Unci-unci, avanzava sul prato e stava infilando la borsetta di perline nella tasca interna di un vecchio abito preso in Grimmauld Place. Harry sapeva benissimo che era Hermione, ma non poté reprimere un brivido di orrore. Era più alta di lui, i lunghi capelli neri ricadevano sulla schiena, gli occhi dalle palpebre pesanti si posarono alteri su di lui; ma poi parlò, e Harry sentì Hermione nella voce grave di Bellatrix.
   «Era disgustosa, peggio della Radigorda! Dai, Ron, vieni qui che ti sistemo...»
   «Va bene, ma non farmi la barba troppo lunga...»
   «Oh, per l'amor del cielo, non devi essere carino...»
   «Non è quello, è che mi dà fastidio! Però mi piaceva il naso un po' più corto, prova a rifarlo come l'ultima volta».
   Hermione sospirò e si mise al lavoro, mormorando per trasformare diversi connotati dell'aspetto di Ron. Lui avrebbe avuto un'identità del tutto fittizia: confidavano che l'aura malevola di Bellatrix l'avrebbe protetto.
    Harry e Unci-unci si sarebbero nascosti sotto il Mantello dell'Invisibilità. «Ecco» concluse Hermione. «Che te ne pare, Harry?»
   Harry riusciva ancora a scorgere Ron sotto il travestimento, ma solo, si disse, perché lo conosceva molto bene. Aveva i capelli lunghi e mossi, una folta barba e baffi castani, niente lentiggini, il naso corto e largo e le sopracciglia pesanti.
   «Be', non è il mio tipo, ma può andare» commentò. «Allora, si parte?»
   Tutti e tre salutarono con lo sguardo Villa Conchiglia, buia e silenziosa sotto le stelle pallide, poi si voltarono per raggiungere la zona appena oltre il muretto di cinta dove l'Incanto Fidelius cessava e avrebbero potuto Smaterializzarsi. Varcato il cancello, Unci-unci parlò.
   «Dovrei salire adesso, Harry Potter, credo».
   Harry si chinò e il folletto gli si arrampicò sulla schiena, intrecciando le mani davanti alla sua gola. Non era pesante, ma a Harry non piaceva sentirselo addosso né la forza sorprendente della sua presa. Hermione sfilò il Mantello dell'Invisibilità dalla borsetta e li coprì.
   «Perfetto» sussurrò, e si chinò per controllare i piedi di Harry. «Non si vede niente. Andiamo».
   Harry girò sul posto con Unci-unci in spalla, concentrandosi sul Paiolo Magico, la locanda all'ingresso di Diagon Alley. Nell'oscurità opprimente, il folletto si tenne ancora più stretto e qualche attimo dopo Harry sentì il marciapiede sotto le scarpe e aprì gli occhi: erano in Charing Cross Road. I Babbani camminavano veloci, con l'espressione depressa del mattino presto, ignari dell'esistenza del piccolo pub.
   Il bar del Paiolo Magico era quasi deserto. Tom, il barista curvo e sdentato, lustrava bicchieri dietro al banco; nell'angolo più lontano, due maghi che stavano chiacchierando sottovoce gettarono un'occhiata a Hermione e si ritrassero nell'ombra.
   «Signora Lestrange» mormorò Tom al passaggio di Hermione, e chinò il capo ossequioso.
   «Buongiorno» gli rispose Hermione. Harry, che le stava dietro, con Unci-unci in spalla sotto il Mantello, notò la sorpresa di Tom.
   «Troppo gentile» le sussurrò all'orecchio quando uscirono nel minuscolo cortile sul retro. «Devi trattarli come fossero feccia!»
   «Va bene, va bene!»
   Hermione prese la bacchetta di Bellatrix e picchiettò contro un mattone dell'anonimo muro davanti a loro. All'istante i mattoni ruotarono: al centro apparve un'apertura che si fece sempre più ampia e infine formò un'arcata
    sulla stradina lastricata chiamata Diagon Alley. Era tranquilla, molti negozi erano ancora chiusi, e non c'erano clienti in giro. La stradina storta e acciottolata adesso era molto diversa dal luogo brulicante che Harry aveva conosciuto prima di andare a Hogwarts, tanti anni addietro. Moltissimi negozi erano sprangati, ma dalla sua ultima visita ne erano stati aperti di nuovi dedicati alle Arti Oscure. Il suo stesso volto lo scrutava dai manifesti incollati su molte vetrine, sempre corredati dalla didascalia: 'Indesiderabile Numero Uno'.
   Nei vani delle porte erano rannicchiate persone coperte di stracci. Le sentì piagnucolare all'indirizzo dei pochi passanti, elemosinando denaro, insistendo che erano veri maghi. Un uomo aveva una benda insanguinata sopra un occhio.
   Appena si mossero lungo la strada, i mendicanti avvistarono Hermione e parvero liquefarsi davanti a lei; alcuni si coprirono il volto col cappuccio, altri fuggirono più veloci che poterono. Lei li osservò incuriosita, finché l'uomo con la benda insanguinata non le tagliò la strada, barcollando.
   «I miei figli!» urlò, con voce rotta, acuta, puntandole il dito addosso. Era sconvolto. «Dove sono i miei figli? Cosa gli ha fatto? Tu lo sai, tu lo sai!»
   «Io... io veramente...» balbettò Hermione.
   L'uomo le si scagliò addosso, cercando di afferrarla alla gola; poi, con un'esplosione e uno schizzo di luce rossa, cadde a terra, privo di sensi. Ron aveva ancora la bacchetta tesa e l'aria spaventata dietro la barba. Da un lato e dall'altro della strada spuntarono volti alle finestre, mentre un gruppetto di passanti dall'aria florida raccoglieva le vesti e trotterellava via in fretta e furia.
   Il loro ingresso in Diagon Alley non avrebbe potuto dare più nell'occhio; per un attimo Harry si chiese se non fosse meglio andarsene subito e cambiare piano. Ma prima che potessero muoversi o consultarsi, sentirono un grido alle loro spalle.
   «Che sorpresa, signora Lestrange!»
   Harry si voltò di scatto e Unci-unci serrò la presa sul suo collo: un mago alto e magro con una criniera di capelli grigi cespugliosi e un lungo naso affilato avanzava verso di loro.
   «È Travers» sibilò il folletto all'orecchio di Harry, che però al momento non riusciva a ricordare chi fosse Travers. Hermione si erse in tutta la sua altezza e domandò, con il massimo disprezzo che riuscì a mettere insieme: «Che cosa vuole?»
   Travers si bloccò, chiaramente offeso.
    «È un altro Mangiamorte!» sussurrò Unci-unci, e Harry si accostò a Hermione per ripeterglielo all'orecchio.
   «Soltanto salutarla» rispose Travers in tono freddo, «ma se la mia presenza non è gradita...»
   Harry riconobbe la voce; era uno dei Mangiamorte che erano stati chiamati a casa di Xenophilius.
   «No, no, niente affatto, Travers» ribatté in fretta Hermione, cercando di riparare l'errore. «Come sta?»
   «Be', confesso che sono sorpreso di vederla in giro, Bellatrix». «Davvero? Perché?» chiese Hermione.
   «Be'». Travers tossicchiò. «Avevo sentito dire che gli abitanti di Villa
   Malfoy erano stati confinati in casa, dopo la... ehm... fuga».
   Harry si augurò che Hermione non perdesse la testa. Se era vero e Bellatrix non doveva mostrarsi in pubblico...
   «Il Signore Oscuro perdona coloro che l'hanno servito con la massima fedeltà» replicò lei in una splendida imitazione dei modi più sprezzanti di Bellatrix. «Forse il suo credito presso di lui non è pari al mio, Travers».
   Il Mangiamorte era evidentemente offeso, ma meno sospettoso. Guardò dall'alto l'uomo che Ron aveva appena Schiantato.
   «In che modo l'ha oltraggiata?»
   «Non ha importanza, non lo rifarà» tagliò corto Hermione.
   «Alcuni di questi Senzabacchetta possono essere fastidiosi» osservò
   Travers. «Finché chiedono l'elemosina pazienza, ma una di loro, la settimana scorsa, è arrivata a supplicarmi di perorare la sua causa al Ministero. 'Sono una strega, signore, sono una strega, mi consenta di dimostrarglielo!'» squittì, in una querula imitazione. «Come se volessi prestarle la mia bacchetta... a proposito, quale usa al momento, Bellatrix?» chiese, incuriosito. «Ho sentito che la sua è stata...»
   «La mia. Eccola» rispose gelida Hermione, mostrando la bacchetta di Bellatrix. «Non so a quali voci lei abbia prestato orecchio, Travers, ma mi sembra assai male informato».
   Travers parve disorientato e si rivolse a Ron.
   «Chi è il suo amico? Non credo di conoscerlo».
   «Dragomir Despard» rispose Hermione; avevano deciso che uno straniero inesistente sarebbe stato la copertura più sicura per Ron. «Parla pochissimo l'inglese, ma è in sintonia con gli scopi del Signore Oscuro. è venuto dalla Transilvania per vedere il nostro nuovo regime».
   «Davvero? Molto lieto».
    «'to lieto» replicò Ron, tendendogli la mano.
   Travers protese due dita e strinse la mano a Ron come se avesse paura di sporcarsi.
   «Allora, che cosa porta lei e il suo ehm solidale amico in Diagon Alley così di buonora?» chiese Travers.
   «Devo andare alla Gringott» rispose Hermione.
   «Anch'io, ahimÈ» sospirò Travers. «Oro, sudicio oro! Non possiamo farne a meno, eppure deploro la necessità di frequentare i nostri amici dalle lunghe dita».
   Harry sentì le mani di Unci-unci contrarsi per un attimo attorno al suo collo.
   «Andiamo?» suggerì Travers, facendo cenno a Hermione di precederlo.
   Lei non poté far altro che avviarsi con lui lungo il tortuoso selciato verso il punto in cui la Gringott, bianca come la neve, torreggiava sui piccoli negozi. Ron si affiancò a loro e Harry e Unci-unci li seguirono.
   Un Mangiamorte all'erta era l'ultima cosa di cui avevano bisogno, e il peggio era che, con Travers accanto a quella che credeva Bellatrix, Harry non poteva comunicare con Hermione o Ron. Si ritrovarono fin troppo presto ai piedi della scalinata di marmo che saliva alle grandi porte di bronzo. Come aveva detto Unci-unci, i folletti in livrea che di solito stavano ai lati dell'ingresso erano stati sostituiti da due maghi, entrambi forniti di lunghi e sottili bastoni dorati.
   «Ah, le Sonde Sensitive» sospirò Travers in modo teatrale, «molto rozze... ma efficaci!»
   E salì i gradini, con un cenno di saluto ai due maghi, che alzarono i bastoni d'oro e glieli fecero scorrere su e giù lungo il corpo. Le Sonde, come Harry sapeva, individuavano gli incantesimi dissimulanti e gli oggetti magici nascosti. Conscio di avere solo pochi istanti di tempo, puntò la bacchetta di Draco contro una guardia dopo l'altra e mormorò due volte «Confundo». I due maghi sussultarono lievemente quando l'incantesimo li colpì, ma Travers, che stava guardando l'atrio oltre il portone, non se ne accorse. Hermione salì i gradini con i lunghi capelli neri ondeggianti al vento.
   «Un momento, signora» le intimò la guardia, alzando la Sonda.
   «Ma l'ha già fatto!» s'indignò Hermione con la voce imperiosa e arrogante di Bellatrix. Travers si voltò, le sopracciglia inarcate. La guardia era perplessa. Guardò la sottile Sonda dorata e poi il compagno, che disse, con voce un po' impastata: «Sì, li hai appena controllati, Marius».
   Hermione proseguì, con Ron al fianco. Harry e Unci-unci trotterellarono
    invisibili dietro di loro. Mentre varcavano la soglia, Harry si voltò indietro: le guardie si stavano grattando la testa.
   C'erano due folletti in piedi davanti alle porte interne, che erano d'argento e recavano incisa la poesia che minacciava terribili ritorsioni contro gli eventuali ladri. Harry la contemplò, e all'improvviso fu attraversato da un ricordo limpido: se stesso, in quel medesimo punto, il giorno del suo undicesimo compleanno, il compleanno più meraviglioso della sua vita, e Hagrid accanto a lui che tuonava: «Come ho detto, bisognerebbe davvero essere matti a cercare di rapinare questa banca». La Gringott quel giorno gli era parsa un luogo di prodigi, il deposito incantato di un tesoro che non aveva mai saputo di possedere, e nemmeno per un istante avrebbe potuto sognare che ci sarebbe tornato per rubare... Ma nel giro di pochi secondi erano nella vasta sala di marmo.
   Il lungo bancone era presidiato da folletti seduti su alte scranne, che servivano i primi clienti della giornata. Hermione, Ron e Travers si avvicinarono a un vecchio folletto che stava osservando una spessa moneta d'oro attraverso un monocolo. Hermione lasciò che Travers la precedesse con la scusa di illustrare a Ron le caratteristiche dell'atrio.
   Il folletto gettò via la moneta, borbottò «Lepricani» e poi salutò Travers, che gli passò una minuscola chiave dorata; il folletto la esaminò e la restituì.
   Hermione fece un passo avanti.
   «Signora Lestrange!» trasalì il folletto. «Santo cielo! Cosa... cosa posso fare per lei oggi?»
   «Vorrei avere accesso alla mia camera blindata» rispose Hermione.
   Il vecchio folletto si tirò indietro. Harry si guardò intorno. Non solo Travers era a poca distanza e li osservava, ma altri folletti avevano interrotto le loro occupazioni per fissare Hermione.
   «Ha modo di... di provare la sua identità?» chiese il folletto.
   «Provare la mia identità? Non... non mi è mai stato chiesto niente di simile!» protestò Hermione.
   «Lo sanno!» sussurrò Unci-unci all'orecchio di Harry. «Qualcuno li ha avvertiti che potrebbe esserci un impostore!»
   «La sua bacchetta sarà sufficiente, signora» replicò il folletto. Tese una mano tremante e in un terribile lampo di comprensione Harry capì che i folletti della Gringott sapevano che la bacchetta di Bellatrix era stata rubata.
   «Presto, presto» mormorò ancora Unci-unci, «la Maledizione Impe rius!»
   Harry sollevò la bacchetta di biancospino sotto il Mantello, la puntò contro il vecchio folletto e sussurrò, per la prima volta in vita sua: «Imperio!» Una curiosa sensazione percorse il suo braccio, un caldo formicolio che sembrava scorrere dalla sua mente lungo i nervi e le vene, legandolo alla bacchetta e alla maledizione che aveva appena scagliato. Il folletto prese la bacchetta di Bellatrix, la esaminò attentamente e poi disse: «Ah, una bacchetta nuova, signora Lestrange!»
   «Cosa?» fece Hermione. «No, no, è la mia...»
   «Una bacchetta nuova?» Travers si riavvicinò al bancone; i folletti intorno erano ancora all'erta. «Ma com'È possibile, a che fabbricante si è rivolta?»
   Harry agì senza riflettere: puntò la bacchetta contro Travers e borbottò di nuovo: «Imperio».
   «Oh, sì, certo» commentò Travers guardando la bacchetta di Bellatrix, «sì, molto bella. Funziona bene? Io sono convinto che le bacchette abbiano bisogno di un minimo di rodaggio, lei non trova?»
   Hermione pareva decisamente sconcertata, ma con enorme sollievo di Harry accettò il bizzarro corso degli eventi senza dire una parola.
   Il vecchio folletto dietro il banco batté le mani e uno più giovane si avvicinò.
   «Mi servono i Sonacci» gli disse il vecchio, e quello sfrecciò via per tornare un secondo dopo con una borsa di cuoio che sembrava piena di metallo sferragliante. La consegnò al suo superiore. «Bene, bene! Allora, se vuole seguirmi, signora Lestrange» proseguì il vecchio folletto. Saltò giù dalla scranna e scomparve alla vista. «L'accompagno alla sua camera».
   Riapparve in fondo al bancone e sgambettò lieto verso di loro, facendo tintinnare più che mai la borsa. Travers adesso era immobile, la bocca spalancata, e Ron stava attirando l'attenzione sul suo strano comportamento fissandolo con aria interrogativa.
   «Un momento. Bongi!»
   Un altro folletto era sbucato da dietro il bancone.
   «Abbiamo delle istruzioni» esordì, con un inchino a Hermione. «Mi perdoni, signora, ma ci sono ordini speciali che riguardano la camera Lestrange».
   Sussurrò frettoloso all'orecchio di Bongi, ma il folletto soggiogato dalla Maledizione Imperius lo liquidò.
   «Conosco gli ordini. La signora Lestrange desidera visitare la sua came ra... una famiglia molto antica... vecchi clienti... da questa parte, prego...» Sempre accompagnato dal tintinnio della borsa, corse verso una delle molte porte che conducevano fuori dalla sala. Harry si girò verso Travers, ancora inchiodato al suo posto con uno sguardo innaturalmente vacuo, e decise: con un lieve movimento della bacchetta lo costrinse a seguirli, mansueto, mentre varcavano la porta ed entravano in un corridoio di pietra grezza illuminato da torce.
   «Siamo nei guai, hanno dei sospetti» disse Harry quando la porta si chiuse alle loro spalle, e si sfilò il Mantello dell'Invisibilità. Unci-unci balzò a terra; né Travers né Bongi mostrarono la minima sorpresa all'improvvisa comparsa di Harry Potter. «La Maledizione Imperius» spiegò lui in risposta alle confuse domande di Hermione e Ron, perché Travers e Bongi stavano fermi, imbambolati. «Credo di non averla fatta abbastanza forte, non so...»
   E un altro ricordo gli attraversò la mente, la vera Bellatrix Lestrange che gli strillava addosso la prima volta che aveva tentato di usare una Maledizione Senza Perdono: «Devi volerlo, Potter!»
   «Che cosa facciamo?» chiese Ron. «Usciamo finché possiamo?»
   «Se possiamo» precisò Hermione, guardando la porta chiusa sull'atrio, al di là della quale chissà cosa stava succedendo.
   «Siamo arrivati fin qui, io dico di andare avanti» propose Harry.
   «Bene!» approvò Unci-unci. «Allora, abbiamo bisogno di Bongi per guidare il vagone; io non ho più l'autorità. Ma non c'È posto per il mago».
   Harry puntò la bacchetta contro Travers.
   «Imperio!»
   Il mago si voltò e si avviò a passo spedito lungo i binari bui.
   «Dove l'hai mandato?»
   «A nascondersi» rispose Harry puntando la bacchetta contro Bongi: il folletto fischiò e un carrello sbucò dondolando dal buio. Harry fu certo di aver sentito degli urli venire dall'atrio mentre si arrampicavano nel vagoncino, Bongi davanti e gli altri quattro stipati dietro.
   Partirono con uno strattone e presero subito velocità: sfrecciarono davanti a Travers, appiattito in una fessura della parete, poi il carrello cominciò a curvare per i labirintici passaggi, sempre in discesa. Lo sferragliare delle ruote era assordante: sbandavano tra le stalattiti, sprofondando sempre più sottoterra. Harry, con i capelli che gli volavano all'indietro, continuava a guardarsi alle spalle. Era come se avessero lasciato enormi impronte; più ci pensava, più gli sembrava sciocco aver travestito Hermione
    da Bellatrix, aver portato la sua bacchetta quando i Mangiamorte sapevano benissimo chi l'aveva rubata...
   Harry non era mai disceso così in profondità nella Gringott: presero un tornante a tutta velocità e videro davanti a loro, a pochi secondi di distanza, una cascata d'acqua che si rovesciava sui binari. Harry udì Unci-unci gridare «No!» ma nessuno frenò: la attraversarono di slancio. L'acqua gli riempì occhi e bocca, non vedeva e non respirava; poi, con un terribile sussulto, il carrello si rovesciò e tutti ne furono sbalzati fuori. Harry udì lo schianto del vagone contro il muro del corridoio e Hermione che strillava qualcosa, poi si sentì scivolare a terra come privo di peso e atterrare senza dolore sul suolo di roccia.
   «I-Incantesimo Imbottito» farfugliò Hermione, mentre Ron la aiutava ad alzarsi: ma Harry vide con orrore che non era più Bellatrix; era avvolta in abiti troppo grandi, bagnata fradicia e inequivocabilmente se stessa; Ron era di nuovo rosso di capelli e senza barba. Se ne resero conto guardandosi e tastandosi i volti.
   «La Cascata del Ladro!» esclamò Unci-unci, rimettendosi in piedi e voltandosi a guardare la cascata che, ormai Harry l'aveva capito, non era solo acqua. «Lava via tutti gli incantesimi e i travestimenti magici! Sanno che ci sono degli impostori nella Gringott, hanno attivato delle difese contro di noi!»
   Harry vide Hermione che controllava di avere ancora la borsetta, e s'infilò rapido la mano sotto il giaccone per assicurarsi di non aver perduto il Mantello dell'Invisibilità. Poi si voltò e vide Bongi scuotere il capo, incredulo: la Cascata del Ladro doveva aver cancellato la Maledizione Imperius.
   «Ci serve» disse Unci-unci, «non possiamo entrare nella camera blindata senza un folletto della Gringott. E abbiamo bisogno dei Sonacci!»
   «Imperio!» urlò di nuovo Harry e quando la sua voce echeggiò lungo il cunicolo di pietra provò ancora quel senso inebriante di controllo scorrere dal cervello alla bacchetta. Bongi si piegò di nuovo alla sua volontà: la sua espressione instupidita si mutò in educata indifferenza, mentre Ron correva a raccogliere la borsa di cuoio piena di strumenti metallici.
   «Harry, sento venire gente!» urlò Hermione; puntò la bacchetta di Bellatrix verso la cascata e gridò: «Protego!» Il Sortilegio Scudo bloccò il flusso dell'acqua magica che risalì lungo il cunicolo.
   «Bella idea» commentò Harry. «Facci strada, Unci-unci!»
   «Come faremo a uscire?» chiese Ron, mentre seguivano di corsa il fol letto nel buio. Bongi ansimava dietro di loro come un vecchio cane.
   «Ce ne preoccuperemo quando sarà il momento» rispose Harry. Tese l'orecchio; gli pareva di sentire qualcosa sferragliare e muoversi nelle vicinanze. «Unci-unci, quanto dobbiamo scendere ancora?»
   «Non molto, Harry Potter, non molto...»
   Voltarono un angolo e videro quello a cui Harry era stato preparato, ma che li costrinse tutti a fermarsi.
   Un drago gigantesco era incatenato al pavimento, in modo da sbarrare l'accesso a quattro o cinque delle camere blindate più profonde. Le squame della bestia erano sbiadite e screpolate per la lunga prigionia nel sottosuolo; i suoi occhi erano di un rosa lattiginoso; entrambe le zampe posteriori erano strette in pesanti ceppi le cui catene erano assicurate alla roccia da enormi picchetti. Teneva le immense ali spinate lungo il corpo, ma se le avesse aperte avrebbero riempito tutta la caverna; girò verso di loro il brutto testone, ruggì con un fragore che fece tremare la roccia e sputò un getto di fuoco che li costrinse ad arretrare di corsa nel cunicolo.
   «È semicieco» ansimò Unci-unci, «ma questo lo rende ancora più feroce. Però abbiamo il sistema per controllarlo. Ha un riflesso condizionato al rumore dei Sonacci. Dammeli».
   Ron gli passò la borsa: Unci-unci ne estrasse una serie di piccoli strumenti di metallo che quando venivano agitati producevano un rumore forte e squillante, come minuscoli martelli su incudini. Unci-unci li distribuì: Bongi prese docilmente il proprio.
   «Sapete cosa fare» proseguì Unci-unci. «Quando sentirà i Sonacci si aspetterà dolore: arretrerà, e Bongi dovrà posare il palmo della mano sulla porta».
   Si affacciarono di nuovo oltre l'angolo scuotendo i Sonacci: il fragore, amplificato dalle pareti di roccia, era così forte che Harry si sentì il cranio vibrare. Il drago lanciò un altro ruggito rauco e indietreggiò, e Harry vide che tremava; quando si avvicinarono notò le cicatrici di tagli feroci sul muso e capì che aveva imparato ad associare spade roventi al rumore dei Sonacci.
   «Fagli mettere la mano sulla porta!» gridò Unci-unci a Harry, che puntò la bacchetta su Bongi. Il vecchio folletto obbedì, premette il palmo sul legno e la porta della camera blindata si dissolse rivelando un antro stipato da cima a fondo di monete d'oro, calici, armature d'argento, pelli di strane creature, alcune con lunghi aculei, altre con ali flosce, pozioni in fiaschette incrostate di pietre preziose e un teschio che ancora indossava una corona.
    «Cercate, presto!» ordinò Harry entrando di corsa.
   Aveva descritto la coppa di Tassorosso a Ron e Hermione, ma nella camera blindata poteva esserci l'altro, sconosciuto Horcrux, di cui ignoravano l'aspetto. Ebbe appena il tempo di guardarsi attorno, tuttavia, prima di sentire un tonfo soffocato alle sue spalle: la porta era ricomparsa, chiudendoli dentro, e si ritrovarono immersi nel buio più totale. Ron urlò per la sorpresa.
   «Non importa, Bongi saprà liberarci!» li rassicurò Unci-unci. «Accendete le bacchette, no? E fate presto, abbiamo pochissimo tempo!»
   «Lumos!»
   Harry illuminò tutto attorno a sé con la bacchetta: il raggio cadde su cumuli di gioielli scintillanti. Vide la falsa spada di Grifondoro appoggiata su un'alta mensola tra un mucchio di catene. Anche Ron e Hermione avevano acceso le bacchette e stavano esaminando le pile di oggetti che li circondavano.
   «Harry, potrebbe essere quest...? Aargh!»
   Hermione strillò di dolore e Harry puntò la bacchetta in tempo per vedere un calice incastonato di pietre scivolarle di mano: nella caduta si spaccò e divenne una pioggia di calici, e in un attimo, con un gran baccano, il pavimento fu ricoperto da coppe identiche che rotolavano da tutte le parti. Era impossibile riconoscere l'originale.
   «Mi ha bruciato!» gemette Hermione, succhiandosi le dita coperte di bolle.
   «Hanno aggiunto le Maledizioni Gemino e Flagrante!» esclamò Unciunci. «Ogni cosa che toccate scotterà e si moltiplicherà, ma le copie sono prive di valore... e se continuate a toccare il tesoro, moriremo sepolti dal peso dell'oro!»
   «D'accordo, non toccate nulla!» ordinò Harry disperato, ma Ron senza volerlo urtò col piede uno dei calici caduti e se ne materializzarono altri venti attorno a lui, che prese a saltellare su un piede solo: parte della scarpa gli si era carbonizzata a contatto col metallo incandescente.
   «Stai fermo, non muoverti!» urlò Hermione, aggrappandosi a lui.
   «Guardatevi intorno e basta!» disse Harry. «Ricordate: la coppa è piccola, d'oro, con due manici, ha inciso sopra un tasso... oppure vedete se trovate da qualche parte il corvo di Corvonero...»
   Puntarono le bacchette in tutti gli angoli e le fessure, girando cauti su se stessi. Era impossibile non urtare qualcosa; Harry provocò una cascata di falsi galeoni che si unirono ai calici per terra, e non ci fu più posto dove
    mettere i piedi, e l'oro splendente avvampava di calore, così che la camera sembrava un forno. La luce della bacchetta di Harry passò su scudi ed elmi di fattura folletta disposti su scaffali alti fino al soffitto. Levò il raggio sempre più su, finché all'improvviso incrociò un oggetto che gli fece sussultare il cuore e tremare la mano.
   «È là, è lassù!»
   Anche Ron e Hermione puntarono le bacchette, e la piccola coppa d'oro brillò illuminata come da tre riflettori: il calice di Tosca Tassorosso, passato poi nelle mani di Hepzibah Smith, alla quale Tom Riddle l'aveva rubato.
   «E come diavolo facciamo ad arrampicarci fin lassù senza toccare nulla?» chiese Ron.
   «Accio coppa!» gridò Hermione, che nell'affanno si era evidentemente scordata delle istruzioni impartite da Unci-unci nelle sessioni preparatorie.
   «Non funziona, non funziona!» ringhiò il folletto.
   «E allora cosa facciamo?» domandò Harry, guardandolo accigliato. «Se vuoi la spada, Unci-unci, dovrai aiutarci più di... un momento! Posso toccare le cose con la spada? Hermione, dammela!»
   Hermione si frugò nelle vesti, prese la borsetta di perline, vi rovistò per qualche secondo e ne sfilò la spada scintillante. Harry la afferrò per l'elsa di rubini e toccò con la punta della lama un boccale d'argento, che non si moltiplicò.
   «Se solo riuscissi a infilare la spada in un manico... ma come faccio ad arrivare lassù?»
   Lo scaffale sul quale era posata la coppa era fuori dalla portata di tutti loro, compreso Ron, che era il più alto. Il calore del tesoro incantato li investiva a ondate e il sudore scorreva sul viso e lungo la schiena di Harry, che cercava con tutte le forze un modo per raggiungere la coppa; poi sentì il drago ruggire al di là della porta e un rumore metallico sempre più forte.
   Erano davvero in trappola: non c'era via d'uscita se non dalla porta, e un'orda di folletti stava probabilmente avanzando dall'altra parte. Harry guardò Ron e Hermione e vide il terrore sui loro volti.
   «Hermione» disse sopra il fragore crescente, «devo arrivare lassù, dobbiamo prenderla...»
   Lei alzò la bacchetta, la puntò contro Harry e sussurrò: «Levicorpus».
   Appeso a mezz'aria per la caviglia, Harry urtò un'armatura da cui sbucarono doppioni come corpi incandescenti, a riempire la stanza già stipata. Tra urla di dolore, Ron, Hermione e i due folletti furono spinti contro altri oggetti, che presero a loro volta a moltiplicarsi. Semisepolti in una marea
    crescente di tesori bollenti, lottarono e urlarono mentre Harry infilava la spada nel manico della coppa di Tassorosso e la agganciava alla lama.
   «Impervius!» strillò Hermione, nel tentativo di proteggere se stessa, Ron e i due folletti dal metallo rovente.
   Poi un urlo più orribile degli altri costrinse Harry a guardare in giù: Ron e Hermione erano sepolti fino alla vita nel tesoro e lottavano per tenere Bongi a galla in quel mare di metallo, ma Unci-unci era finito sotto e ormai se ne vedeva solo la punta delle lunghe dita.
   Harry le afferrò e tirò. Il folletto coperto di vesciche emerse poco alla volta, ululando.
   «Liberacorpus!» gridò Harry: con un gran fracasso lui e Unci-unci atterrarono sulla marea montante del tesoro, e la spada gli sfuggi di mano.
   «Prendila!» urlò, cercando di resistere al dolore del metallo infuocato sulla pelle, mentre Unci-unci gli si arrampicava di nuovo sulle spalle, ben deciso a evitare la massa rigonfia di oggetti incandescenti. «Dov'È la spada? C'era agganciata la coppa!»
   Il clangore al di là della porta si fece assordante... era troppo tardi... «Là!»
   Fu Unci-unci a vederla e a tuffarsi, e in quel momento Harry capì che il folletto non aveva mai pensato che avrebbero mantenuto la parola. Con una mano stretta attorno a una ciocca di capelli di Harry, per non rischiare di affondare nel mare ondeggiante di oro arroventato, Unci-unci afferrò l'elsa della spada e la sollevò in alto, fuori dalla sua portata.
   La minuscola coppa d'oro fu scagliata in aria. Con il folletto ancora sulla schiena, Harry si tuffò e la prese al volo. Sentì che gli ustionava la pelle ma non la lasciò, nemmeno quando innumerevoli coppe di Tassorosso gli esplosero dal pugno e caddero a pioggia su di lui. In quel momento, l'ingresso della camera blindata si riaprì e lui scivolò senza controllo su una valanga di oro e d'argento che trasportò lui, Ron e Hermione fuori dalla camera.
   Ignorando il dolore delle scottature su tutto il corpo, e ancora portato dall'onda del tesoro, Harry s'infilò la coppa in tasca e si protese per riprendere la spada, ma Unci-unci era sparito. Era sceso dalle sue spalle appena aveva potuto ed era corso a nascondersi tra i folletti che li circondavano, brandendo la spada e strillando: «Ladri! Ladri! Aiuto! Ladri!» Sparì nella moltitudine di folletti, che avanzavano armati di pugnali e lo accolsero senza fare domande.
   Scivolando sul metallo rovente, Harry si rimise in piedi e capì che l'uni ca via d'uscita era oltre la folla.
   «Stupeficium!» urlò, e Ron e Hermione si unirono a lui: getti di luce rossa schizzarono nell'orda di folletti. Alcuni arretrarono, ma altri continuavano a venire avanti, e Harry vide dei maghi guardia sbucare da dietro l'angolo.
   Il drago imprigionato ruggì e un getto di fiamme volò al di sopra dei folletti: i maghi tornarono indietro di corsa, a testa bassa, e Harry fu colto da un'ispirazione, o forse dalla follia. Puntò la bacchetta contro i ceppi che incatenavano la bestia al suolo e urlò: «Relascio!»
   I ceppi si spezzarono con un colpo secco.
   «Da questa parte!» urlò Harry, e senza smettere di scagliare Schiantesimi contro i folletti corse verso il drago cieco. «Harry... Harry... cosa fai?» urlò Hermione. «Sali, dai, fa' presto...»
   Il drago non aveva capito di essere libero. Harry trovò col piede l'articolazione della zampa posteriore e gli montò sul dorso. Le squame erano dure come acciaio: la bestia non sembrava nemmeno essersi accorta di lui. Harry tese un braccio; Hermione si issò a cavalcioni; Ron si arrampicò dietro di loro e un attimo dopo il drago si rese conto di non essere più incatenato.
   S'impennò con un ruggito; Harry si puntellò con le ginocchia, reggendosi più forte che poteva alle squame frastagliate. Il drago aprì le ali, abbattendo come birilli i folletti urlanti, si alzò in aria e si lanciò nel cunicolo. Harry, Ron e Hermione, appiattiti sul suo dorso, grattavano contro il soffitto mentre i folletti tiravano pugnali che rimbalzavano sui fianchi del drago.
   «Non usciremo mai, è troppo grosso!» urlò Hermione, ma il drago spalancò la bocca ed eruttò altre fiamme, facendo esplodere il tunnel: soffitto e pavimento si sbriciolarono. A forza di artigli, la bestia cercò di aprirsi un varco. Harry chiuse gli occhi per ripararsi dal calore e dalla polvere: assordato dal crollo della roccia e dai ruggiti del drago, non poteva far altro che restare aggrappato alla sua schiena, aspettandosi di venire disarcionato da un momento all'altro; poi udì Hermione gridare: «Defodio!»
   Stava aiutando il drago ad allargare il passaggio, scavando nella parete superiore intanto che la creatura si arrampicava verso l'aria più fresca, lontano dal rumore e dalle urla dei folletti: Harry e Ron le diedero man forte, facendo esplodere il soffitto con altri incantesimi. Superarono il lago sotterraneo, e l'enorme bestia che arrancava ringhiando sembrava avvertire la libertà e lo spazio davanti a sé. Alle loro spalle, il tunnel era invaso dalla coda aculeata del drago, da cumuli di rocce, da gigantesche stalattiti spez zate, e il fragore dei folletti era più soffocato, man mano che il drago si apriva la strada col fuoco...
   Infine, unendo i loro incantesimi alla forza bruta del drago, sbucarono nell'ingresso di marmo. Folletti e maghi corsero a cercare riparo strillando e finalmente il drago ebbe spazio per spiegare le ali: allungò la testa cornuta verso l'aria fresca e libera che sentiva oltre l'ingresso e partì. Con Harry, Ron e Hermione ancora aggrappati sul dorso, divelse le porte di metallo, lasciandole accartocciate a penzolare dai cardini, uscì barcollando in Diagon Alley e si librò nel cielo.
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