Domenica dopo colazione Harry, Ron e Hermione salirono alla Guferia per spedire una lettera a Percy e chiedergli, come aveva suggerito Sirius, se avesse visto il signor Crouch ultimamente. Usarono Edvige, perché era tantissimo tempo che non le affidavano un incarico. Quando l’ebbero vista sparire dalla finestra della Guferia, scesero nelle cucine per portare a Dobby i suoi calzini nuovi.
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Gli elfi domestici diedero loro un caloroso benvenuto, facendo inchini e riverenze e affannandosi a preparare di nuovo il tè. Dobby fu estasiato da! regalo.
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«Harry Potter è troppo buono con Dobby!» squittì, asciugandosi i lacrimoni dagli occhi enormi.
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«Mi hai salvato la vita con l’Algabranchia, Dobby, veramente» disse Harry.
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«Non è che ci sono ancora quei bigné, eh’?» disse Ron, guardando gli elfi domestici impegnati a sorridere radiosi e inchinarsi.
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«Hai appena fatto colazione!» esclamò Hermione irritata, ma un gran vassoio d’argento carico di bigné stava già sfrecciando verso di loro, portato da quattro elfi.
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«Dovremmo prendere qualcosa da mandare a Tartufo» sussurrò Harry.
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«Buona idea» disse Ron. «Diamo qualcosa da fare a Leo. Non potreste darci un po’ di cibo in più, eh?» disse agli elfi che lo circondavano. Quelli s’inchinarono rapiti e corsero a prendere altra roba.
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«Dobby, dov’è Winky?» chiese Hermione, guardandosi attorno.
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«Winky è laggiù vicino al fuoco, signorina» disse Dobby piano, le orecchie un po’ afflosciate.
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«Oh poverina» disse Hermione quando la vide.
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Anche Harry guardò verso il focolare. Winky era seduta sullo stesso sgabello dell’ultima volta, ma si era tanto trascurata che sulle prime non si riusciva a distinguerla dai mattoni anneriti dal fumo che le facevano da sfondo. I suoi abiti erano strappati e sudici. Brandiva una bottiglia di Burrobirra e oscillava sullo sgabello, fissando il fuoco. Mentre la guardavano, singhiozzò sonoramente.
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«Adesso Winky ne butta giù sei bottiglie al giorno» sussurrò Dobby a Harry.
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«Be’, non è forte, quella roba» disse Harry.
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Ma Dobby scosse la testa. «Per un elfo domestico è forte, signore» disse.
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Winky singhiozzò di nuovo. Gli elfi che avevano portato i bignè le scoccarono sguardi di disapprovazione mentre tornavano al lavoro.
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«Winky si strugge, Harry Potter» mormorò Dobby in tono triste. «Winky vuole andare a casa. Winky crede ancora che il signor Crouch è il suo padrone, signore, e niente di quello che dice Dobby la convincerà che il professor Silente è il suo padrone adesso».
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«Ehi, Winky» disse Harry, colto da un’improvvisa ispirazione, avvicinandosi e chinandosi per parlarle, «non sai che cos’ha in mente il signor Crouch, per caso? Perché ha smesso di venire a fare il giudice al Torneo Tremaghi».
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Gli occhi di Winky s’illuminarono. Le sue enormi pupille si fermarono su Harry. Si dondolò ancora un pochino e poi disse: «P-padrone ha smesso — hic — di venire?»
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«Sì» disse Harry, «non lo vediamo dalla prima prova. La Gazzetta del Profeta dice che è malato».
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Winky si dondolò ancora un po’, fissando confusamente Harry. «Padrone — hic — malato?»
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Il labbro inferiore prese a tremare.
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«Ma non siamo certi che sia vero» intervenne rapida Hermione.
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«Padrone ha bisogno della sua — hic — Winky!» piagnucolò l’elfa. «Padrone non può — hic — farcela — hic — tutto solo…»
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«Altre persone riescono a fare i lavori di casa da soli, sai, Winky» disse severamente Hermione.
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«Winky — hic — non fa solo — hic — i lavori di casa per il signor Crouch!» strillò l’elfa indignata, dondolandosi più forte che mai e versando la Burrobirra sulla camicia già coperta di macchie. «Padrone affida — hic — a Winky — hic — il più importante — hic — il più segreto…»
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«Cosa?» chiese Harry.
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Ma Winky scosse violentemente la testa, rovesciandosi addosso dell’altra Burrobirra.
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«Winky tiene — hic — i segreti del suo padrone» disse in tono riottoso, oscillando forte e guardando Harry in cagnesco con gli occhi strabici. «Tu sta — hic — ficcando il naso, tu sta».
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«Winky non deve parlare così a Harry Potter!» disse Dobby adirato. «Harry Potter è coraggioso e nobile e Harry Potter non è un impiccione!»
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«Lui ficca il naso — hic — nelle cose segrete e private — hic — del mio padrone — hic — Winky è una brava elfa domestica — Winky tiene la bocca chiusa — hic — la gente cerca di — hic — impicciarsi — hic…» Le palpebre di Winky si abbassarono e all’improvviso, senza preavviso, l’elfa scivolò giù dallo sgabello nel focolare, russando forte. La bottiglia vuota di Burrobirra rotolò via sul pavimento di pietra.
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Una mezza dozzina di elfi si avvicinarono di corsa, disgustati. Uno di loro raccolse la bottiglia, gli altri coprirono Winky con un’ampia tovaglia a quadretti e ne rimboccarono bene i capi, nascondendola alla vista.
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«Noi è costernati che voi ha dovuto vedere questo, signori e signorina!» squitti un elfo lì accanto, scuotendo la testa vergognoso. «Noi spera che voi non ci giudica tutti da come si comporta Winky, signori e signorina!»
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«È infelice!» esclamò Hermione, esasperata. «Perché non cercate di tirarla un po’ su invece di coprirla?»
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«Lei ci scusa tanto, signorina» disse l’elfo domestico con un altro profondo inchino, «ma gli elfi domestici non ha il diritto di essere infelici quando c’è del lavoro da fare e dei padroni da servire».
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«Oh, per l’amor del cielo!» abbaiò Hermione. «Statemi bene a sentire, tutti quanti! Avete diritto quanto i maghi di essere infelici! Avete il diritto di ottenere salari e vacanze e abiti come si deve, non dovete fare tutto quello che vi si ordina: guardate Dobby!»
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«Signorina, per favore, tiene Dobby fuori da questa faccenda» borbottò Dobby, con aria spaventata. I sorrisi allegri erano scomparsi dai volti degli elfi domestici. All’improvviso occhieggiarono Hermione come se fosse una pazza pericolosa.
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«Noi ha il cibo in più per voi!» squittì un elfo al gomito di Harry, e gli ficcò tra le braccia un grosso prosciutto, una dozzina di torte e della frutta. «Arrivederci!»
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Gli elfi si affollarono attorno a Harry, Ron e Hermione e cominciarono a spingerli fuori dalla cucina, premendo con tante manine sui loro sederi.
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«Grazie per i calzini, Harry Potter!» gridò Dobby depresso. Stava in piedi presso il fuoco, vicino alla tovaglia bitorzoluta che era Winky.
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«Non potevi tenere la bocca chiusa, eh, Hermione?» disse Ron arrabbiato mentre la porta della cucina sbatteva alle loro spalle. «Ora non vorranno più che andiamo a trovarli! Potevamo cercare di scoprire da Winky qualcosa di più sul signor Crouch!»
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«Oh, come se te ne importasse!» sbottò Hermione sprezzante. «A te piace venire quaggiù solo per il cibo!»
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Dopodiché la giornata fu piuttosto tesa. Harry era così stanco di vedere Ron e Hermione battibeccare al di sopra dei compiti in sala comune che quella sera portò da solo il cibo per Sirius su alla Guferia.
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Leo era troppo piccolo per trasportare un prosciutto intero su per la montagna da solo, così Harry chiese anche l’aiuto di due allocchi di palude della scuola. Quando furono decollati nella luce del tramonto, tre bizzarre sagome che trasportavano insieme il grosso pacco, Harry si appoggiò al davanzale, guardando il parco, le cupe cime fruscianti degli alberi della Foresta Proibita, e le vele agitate della nave di Durmstrang. Un gufo reale attraversò in volo il filo di fumo che saliva dal camino di Hagrid; planò verso il castello, circumnavigò la Guferia e sparì. Guardando in giù, Harry vide Hagrid scavare con foga davanti alla capanna. Si chiese che cosa stesse facendo; era come se stesse preparando un nuovo orticello. In quel momento Madame Maxime sbucò dal carro di Beauxbatons e raggiunse Hagrid. Cercò di coinvolgerlo in una conversazione. Hagrid si appoggiò alla pala, ma non sembrava desideroso di prolungare la chiacchierata, perché Madame Maxime poco dopo tornò alla sua carrozza.
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Harry non aveva voglia di tornare nella Torre di Grifondoro ad ascoltare Ron e Hermione che si insultavano. Così guardò Hagrid scavare finché l’oscurità non lo inghiottì, e i gufi attorno a lui presero a risvegliarsi e si tuffarono nella notte a gran colpi d’ala.
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Il giorno dopo a colazione il malumore di Ron e di Hermione si era dissipato, e con gran sollievo di Harry, le cupe profezie di Ron sul fatto che a causa degli insulti di Hermione gli elfi domestici avrebbero mandato cibo più scadente al tavolo di Grifondoro si rivelarono false; il bacon, le uova e le aringhe affumicate erano buoni come sempre.
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Quando arrivarono i gufi postini, Hermione guardò in su, con l’aria di aspettare qualcosa.
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«Percy non avrà avuto ancora tempo di rispondere» disse Ron. «Abbiamo spedito Edvige solo ieri».
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«No, non è quello» disse Hermione. «Mi sono appena abbonata alla Gazzetta del Profeta. Sono stufa di venire a sapere tutto dai Serpeverde».
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«Buona idea!» esclamo Harry, alzando a sua volta gli occhi verso i gufi. «Ehi, Hermione. credo che tu sia fortunata…»
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Un gufo grigio planava verso di lei.
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«Ma non ha un giornale» disse, delusa. «È…»
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Con sua sorpresa, il gufo grigio atterrò davanti al suo piatto, seguito da vicino da quattro barbagianni, un gufo bruno e un allocco.
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«Quanti abbonamenti hai fatto?» chiese Harry, afferrando il calice di Hermione prima che venisse rovesciato dal grappolo di gufi, che si urtavano tutti cercando di recapitare per primi la loro lettera.
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«Cosa accidenti…» cominciò Hermione. Sfilò la lettera dal gufo grigio, la aprì e cominciò a leggerla «Oh, roba da matti!» balbettò, arrossendo.
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«Cosa c’è?» disse Ron.
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«È… oh, che cosa ridicola…» Gettò la lettera a Harry, che vide che non era scritta a mano ma composta con lettere incollate che sembravano ritagliate dalla Gazzetta del Profeta.
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SEI UNA RAGAZZA CATTIVA, HARRY POTTER SI MERITAVA DI MEGLIO. TORNA DAI BABBANI DA DOVE SEI VENUTA.
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«Sono tutte così!» disse Hermione sconvolta, aprendo una lettera dopo l’altra. «“Harry Potter può fare molto meglio dei tuoi pari…” “Meriti di finire bollita in gelatina di rana…” Ahia!»
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Aveva aperto l’ultima busta, e un liquido di un verde giallastro con un intenso odore di benzina le schizzò sulle mani, che cominciarono a coprirsi di grosse bolle gialle.
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«Pus di Bubotubero puro!» gridò Ron, raccogliendo con circospezione la busta per annusarla.
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«Ahi!» gridò Hermione, e gli occhi le si riempirono di lacrime mentre cercava di pulirsi le mani con un tovagliolo, ma ormai le sue dita erano talmente coperte di piaghe doloranti che sembrava avesse indosso un paio di guanti bitorzoluti.
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«Vai in infermeria, presto» disse Harry, mentre i gufi attorno a Hermione spiccavano il volo, «lo diremo noi alla professoressa Sprite…»
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«L’avevo avvertita!» disse Ron mentre Hermione correva fuori dalla Sala Grande reggendosi le mani. «L’avevo avvertita di non dare fastidio a Rita Skeeter! Guarda questa…» Lesse ad alta voce una delle lettere che Hermione non aveva ancora visto. «“Ho letto sul Settimanale delle Streghe che stai prendendo in giro Harry Potter e quel ragazzo ne ha già passate tante e ti spedirò una maledizione con la prossima posta non appena riesco a trovare una busta abbastanza grande”. Accidenti, è meglio che si guardi le spalle».
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Hermione non si fece vedere a Erbologia. Mentre Harry e Ron uscivano dalla serra per andare a lezione di Cura delle Creature Magiche, videro Malfoy, Tiger e Goyle scendere i gradini di pietra davanti al castello. Dietro di loro, Pansy Parkinson e il suo gruppetto parlavano a bassa voce ridacchiando. Come vide Harry, Pansy gridò: «Potter, ti sei mollato con la tua ragazza? Come mai a colazione era così sconvolta?»
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Harry la ignorò; non voleva darle la soddisfazione di scoprire quanti guai aveva provocato l’articolo del Settimanale delle Streghe.
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Hagrid, che nella lezione precedente aveva annunciato di aver finito con gli unicorni, li aspettava davanti alla sua capanna con una nuova dotazione di casse aperte ai suoi piedi. Il cuore di Harry ebbe un tuffo — e se era un’altra covata di Schiopodi? — ma quando fu abbastanza vicino da guardarci dentro, si trovò davanti a tante soffici creature nere dai lunghi musi. Le zampe davanti erano curiosamente piatte, come badili, e gli esserini sbattevano le palpebre davanti alla classe, rispondendo con educata perplessità a tutta quell’attenzione.
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«Questi sono Snasi» spiegò Hagrid quando la classe lo ebbe attorniato. «Li si trova soprattutto giù nelle miniere. Gli piacciono le cose che brillano… ecco, guardate».
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Uno degli Snasi all’improvviso balzò in alto nel tentativo di strappare con un morso l’orologio da polso di Pansy Parkinson, che strillò e fece un salto indietro.
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«Sono dei piccoli, utili trovatesori» disse Hagrid allegramente. «Ho pensato che oggi ci potevamo divertire un po’ con loro. Vedete laggiù?» E indicò il bel pezzo di terra appena vangata che Harry lo aveva visto lavorare dalla finestra della Guferia. «Ho sepolto delle monete d’oro. Ho un premio per chi sceglie lo Snaso che ne trova di più. Toglietevi gli oggetti preziosi, scegliete uno Snaso e preparatevi a liberarli».
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Harry si tolse l’orologio (lo portava solo per abitudine, dal momento che non funzionava più), e se lo infilò in tasca. Poi scelse uno Snaso, che gli ficcò nell’orecchio il lungo muso e annusò entusiasta. Era decisamente una bestiola coccolosa.
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«Un momento» disse Hagrid, guardando nella cassa, «qui avanza uno Snaso… chi è che manca? Dov’è Hermione?»
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«È dovuta andare in infermeria» disse Ron.
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«Ti spieghiamo dopo» borbottò Harry; Pansy Parkinson era in ascolto.
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Cura delle Creature Magiche non era mai stata così divertente. Gli Snasi si tuffavano dentro e fuori dal pezzetto di terra come se fosse stata acqua, e ciascuno tornava zampettando dallo studente che l’aveva liberato e gli sputava in mano una moneta. Quello di Ron era particolarmente svelto; ben presto gli riempì le mani.
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«Si possono comprare per tenerli in casa, Hagrid?» chiese eccitato mentre il suo Snaso si rituffava nella terra, schizzandogli i vestiti.
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«Tua mamma non sarebbe contenta, Ron» spiegò Hagrid con un gran sorriso. «Devastano le case, gli Snasi. Mi sa che hanno quasi finito adesso» aggiunse, camminando su e giù attorno al fazzoletto di terra smossa, mentre gli Snasi continuavano a immergersi. «Ho sepolto solo un centinaio di monete. Oh, eccoti qui, Hermione!»
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Hermione veniva verso di loro attraverso il prato. Aveva le mani coperte di bende e l’aria tristissima. Pansy Parkinson la osservava con occhi attenti.
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«Bene, vediamo come siete andati!» disse Hagrid. «Contate le monete! E non è il caso di rubarle, Goyle» aggiunse, stringendo gli occhi nerissimi. «È oro dei Lepricani. Sparisce dopo qualche ora».
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Goyle si svuotò le tasche, decisamente imbronciato. Si scoprì che lo Snaso di Ron era stato il più bravo di tutti, e Hagrid lo premiò con un blocco enorme di cioccolato di Mielandia. La campana del pranzo echeggiò nel parco; il resto della classe s’incamminò verso il castello, ma Harry, Ron e Hermione rimasero indietro per aiutare Hagrid a rimettere gli Snasi nelle loro cassette. Harry notò Madame Maxime che li guardava dalla finestra della carrozza.
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«Che cosa ti sei fatta alle mani, Hermione?» chiese Hagrid preoccupato.
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Hermione gli raccontò dei messaggi anonimi che aveva ricevuto la mattina, e della busta piena di pus di Bubotubero.
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«Aaah, non pensarci» disse Hagrid gentilmente, guardandola. «Anch’io ne ho ricevute un po’ dopo che Rita Skeeter aveva scritto della mia mamma. “Sei un mostro e dovresti essere eliminato”. “Tua madre ha ucciso tante persone innocenti e se avessi un po’ di dignità ti butteresti nel lago”».
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«No!» esclamò Hermione, colpita.
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«Sì» disse Hagrid, impilando le casse degli Snasi accanto alla parete della capanna. «Sono solo matti, Hermione. Se te ne arrivano delle altre non aprirle. Buttale dritte nel fuoco».
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«Ti sei persa proprio una bella lezione» disse Harry a Hermione mentre tornavano al castello. «Sono forti, gli Snasi, vero, Ron?»
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Ron però scrutava il cioccolato da sotto le sopracciglia aggrottate. Sembrava arrabbiato per qualcosa.
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«Che cosa c’è?» gli chiese Harry. «Questo gusto non ti va?»
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«No» rispose brusco Ron. «Perché non mi avevi detto dell’oro?»
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«Quale oro?» disse Harry.
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«L’oro che ti avevo dato alla Coppa del Mondo di Quidditch» rispose Ron. «L’oro dei Lepricani che ti avevo dato per pagarmi l’Omniocolo. In Tribuna d’Onore. Perché non mi hai detto che era sparito?»
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Harry ci mise un po’ a capire di che cosa stava parlando Ron.
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«Oh…» disse, quando finalmente si ricordò. «Io non… non mi sono mai accorto che era sparito. Ero più preoccupato per la mia bacchetta, no?»
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Risalirono i gradini fino alla Sala d’Ingresso ed entrarono in Sala Grande per pranzare.
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«Dev’essere bello» disse Ron all’improvviso, mentre si servivano di roast-beef e contorni vari. «Avere così tanti soldi da non accorgerti se ti sparisce una manciata di galeoni».
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«Senti, avevo altre cose per la testa quella sera!» esclamò Harry spazientito. «E non solo io, ti ricordi?»
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«Non lo sapevo che l’oro dei Lepricani scompare» borbottò Ron. «Ero convinto di averti restituito i tuoi soldi. Non avresti dovuto regalarmi il berretto dei Cannoni di Chudley per Natale».
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«Lascia perdere, va bene?» disse Harry.
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Ron infilzò sulla forchetta una patata arrosto, scrutandola con rabbia. Poi disse: «Odio essere povero».
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Harry e Hermione si scambiarono uno sguardo. Nessuno dei due sapeva cosa dire.
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«È uno schifo» proseguì Ron, senza smettere di fissare la sua patata. «Non biasimo Fred e George perché cercano di far soldi. Vorrei poterlo fare anch’io. Vorrei avere uno Snaso».
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«Be’, adesso sappiamo cosa regalarti il prossimo Natale» disse Hermione allegramente. Poi, visto che Ron continuava a restare imbronciato, aggiunse: «Andiamo, Ron, potrebbe andar peggio. Almeno tu non hai le dita piene di pus». Hermione faceva una gran fatica a maneggiare forchetta e coltello, con le dita così gonfie e rigide. «Odio quella Skeeter!» esplose furibonda. «Gliela farò pagare, fosse l’ultima cosa che faccio!»
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La settimana dopo Hermione continuò a ricevere lettere anonime, e anche se lei seguì il consiglio di Hagrid e smise di aprirle, parecchi dei suoi nemici spedirono Strillettere, che esplosero al tavolo di Grifondoro coprendola di insulti davanti a tutta la Sala Grande. Anche quelli che non leggevano il Settimanale delle Streghe ormai sapevano tutto del presunto triangolo Harry-Krum-Hermione. Harry cominciava a essere stanco di ripetere a tutti che Hermione non era la sua fidanzata.
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«Si calmerà tutto, comunque» disse a Hermione, «se facciamo finta di niente… la gente si è stufata della roba che aveva scritto su di me l’ultima volta…»
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«Voglio capire come fa Rita Skeeter ad ascoltare le nostre conversazioni private quando le era stato vietato di avvicinarsi al parco!» esclamò Hermione furibonda.
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Alla fine della lezione seguente di Difesa contro le Arti Oscure, si fermò a chiedere qualcosa al professor Moody. Il resto della classe aveva una gran fretta di andarsene; Moody aveva dato loro un compito in classe così difficile di deviazione di malefici che molti di loro accusavano piccole ferite. Harry aveva una forma così ostinata di Orecchie Agitate che dovette tenerle ferme con le mani mentre si allontanava dalla classe.
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«Be’, è chiaro che Rita non usa un Mantello dell’Invisibilità» sbuffò Hermione cinque minuti dopo, raggiungendo di corsa Harry e Ron in Sala d’Ingresso e togliendo la mano da una delle Orecchie Agitate di Harry perché la sentisse. «Moody dice che non l’ha vista attorno al tavolo dei giudici alla seconda prova, e nemmeno vicino al lago!»
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«Hermione, serve a qualcosa dirti di lasciar perdere?» disse Ron.
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«No!» esclamò Hermione ostinata. «Voglio sapere come ha fatto a sentirmi parlare con Viktor! E anche come ha fatto a scoprire della madre di Hagrid!»
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«Forse ti ha messo una cimice» azzardò Harry.
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«Una cimice?» chiese Ron con sguardo vacuo. «Cosa… le avrebbe buttato addosso un insetto?»
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Harry spiegò che si trattava di microfoni nascosti, microspie e attrezzature di registrazione. Ron ne fu affascinato, ma Hermione li interruppe. «Voi due non leggerete mai Storia di Hogwarts?»
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«A che cosa serve?» disse Ron. «Tu la sai a memoria, basta che chiediamo a te».
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«Tutti i surrogati della magia che usano i Babbani — l’elettricità, e i computer e i radar e quelle cose là — impazziscono attorno a Hogwarts, c’è troppa magia nell’aria. No, Rita usa la magia per origliare, dev’essere così… se solo riuscissi a scoprire che cos’è… ooh, se è illegale, l’avrò in pugno…»
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«Non abbiamo abbastanza cose di cui preoccuparci?» le chiese Ron. «Dobbiamo anche imbastire una vendetta contro Rita Skeeter?»
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«Non ti sto chiedendo di aiutarmi!» sbottò Hermione. «Farò tutto da sola!»
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E risalì la scalinata di marmo senza guardarsi indietro. Harry era certo che fosse diretta in biblioteca.
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«Quanto scommetti che torna con una scatola di spille ODIO RITA SKEETER?» disse Ron.
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Hermione, comunque, non chiese a Harry e Ron di aiutarla a vendicarsi di Rita Skeeter, cosa per la quale entrambi le furono grati, perché il loro carico di compiti diventava sempre più pesante man mano che si avvicinavano le vacanze di Pasqua. Harry era francamente stupito che Hermione riuscisse a fare ricerche sui metodi magici per ascoltare le conversazioni altrui con tutto quello che avevano da fare. Lui lavorava come un pazzo solo per riuscire a star dietro a tutti i compiti e le lezioni, anche se ci teneva a spedire regolarmente pacchi di viveri alla caverna sulla montagna per Sirius; dopo la scorsa estate, non aveva dimenticato cosa si provava ad avere continuamente fame. Allegava biglietti per Sirius, in cui scriveva che non era successo niente di straordinario, e che erano ancora in attesa di una risposta da Percy.
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Edvige non fece ritorno fino alla fine delle vacanze di Pasqua. La lettera di Percy era infilata in un pacco di uova di Pasqua spedite dalla signora Weasley. Quella di Harry e quella di Ron erano grandi come uova di drago, e ripiene di mou fatto in casa. Invece quello di Hermione era più piccolo di un uovo di gallina. Quando lo vide, rimase a bocca aperta.
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«Non è che per caso la tua mamma legge il Settimanale delle Streghe, eh, Ron?» chiese sottovoce.
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«Sì» rispose Ron, con la bocca piena di mou. «Lo compra sempre per le ricette».
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Hermione guardò malinconica l’ovetto striminzito.
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«Non vuoi vedere la lettera di Percy?» si affrettò a chiederle Harry.
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La lettera di Percy era breve e irritata.
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Come continuo a ripetere alla Gazzetta del Profeta, il signor Crouch si è preso una meritata vacanza. Spedisce gufi regolari con le istruzioni. No, non l’ho visto di persona, ma credo di poter dire con tutta sicurezza di conoscere la scrittura del mio superiore. Ho già parecchio da fare al momento senza dover mettere a lacere queste ridicole voci. Per favore non seccarmi più a meno che non si tratti di una cosa importante. Buona Pasqua.
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Di solito l’inizio del trimestre estivo significava per Harry allenamenti serrati in vista della partita finale di Quidditch della stagione. Quest’anno, invece, doveva prepararsi alla terza e ultima prova del Torneo Tremaghi, ma non sapeva ancora che cosa avrebbe dovuto fare. Finalmente, l’ultima settimana di maggio, dopo Trasfigurazione la professoressa McGranitt lo trattenne.
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«Dobbiamo scendere al campo di Quidditch stasera alle nove, Potter» gli disse. «Ci sarà il signor Bagman, e spiegherà la terza prova ai campioni».
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Così quella sera alle otto e mezzo Harry lasciò Ron e Hermione nella Torre di Grifondoro e scese le scale. Mentre attraversava la Sala d’Ingresso, Cedric sali dalla sala comune di Tassorosso.
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«Di che cosa credi che si tratterà?» chiese a Harry mentre scendevano insieme la scala di pietra e si addentravano nella notte nuvolosa. «Fleur continua a parlare di tunnel sotterranei, pensa che dobbiamo trovare dei tesori».
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«Non sarebbe male» disse Harry, pensando che in tal caso avrebbe potuto chiedere a Hagrid uno dei suoi Snasi e quello avrebbe fatto tutto da solo.
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Discesero il prato buio fino allo stadio di Quidditch, passarono attraverso una fessura tra le tribune ed entrarono in campo.
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«Che cosa gli hanno fatto?» esclamò Cedric indignato, fermandosi di colpo.
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Il campo di Quidditch non era più liscio e piatto. Sembrava che qualcuno gli avesse costruito sopra un intrico di lunghe mura basse, che piegavano e s’incrociavano in tutte le direzioni.
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«Sono siepi!» disse Harry, curvandosi per osservare la più vicina.
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«Salute, laggiù!» gridò una voce allegra.
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Ludo Bagman era in piedi al centro del campo con Krum e Fleur. Harry e Cedric li raggiunsero, scavalcando le siepi. Fleur fece un gran sorriso a Harry: aveva cambiato completamente atteggiamento nei suoi confronti, da quando Harry aveva tirato fuori la sua sorellina dal lago.
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«Be’, cosa ne dite?» disse Bagman tutto felice, mentre Harry e Cedric superavano l’ultima siepe. «Crescono bene, vero? Date loro un mese e Hagrid riuscirà a farle diventare alte sei metri. Non preoccupatevi» aggiunse gioviale, notando l’espressione men che lieta dipinta sulla faccia di Harry e Cedric, «riavrete il vostro campo di Quidditch una volta finita la prova! Ora, suppongo che siale riusciti a immaginare che cosa abbiamo in mente…»
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Per un attimo nessuno parlò. Poi…
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«Labirinto» grugnì Krum.
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«Esatto!» esclamò Bagman. «Un labirinto. La terza prova è veramente chiara. La Coppa Tremaghi verrà messa al centro del labirinto. Il primo campione che la tocca otterrà punteggio pieno».
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«Dobbiamo solo attraversare il labirinto?» chiese Fleur.
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«Ci saranno degli ostacoli» spiegò Bagman allegramente, saltellando in punta di piedi. «Hagrid sta preparando una serie di creature… poi ci saranno incantesimi da spezzare… tutta roba del genere, insomma. Ora, i campioni che conducono la classifica partiranno in vantaggio». Bagman sorrise a Harry e Cedric. «Poi entrerà il signor Krum… poi la signorina Delacour. Ma avrete tutti la possibilità di battervi, tutto dipenderà da come supererete gli ostacoli. Dovrebbe essere divertente, eh?»
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Harry, che conosceva fin troppo bene il genere di creature che Hagrid avrebbe sfoderato per un’occasione del genere, pensò che era alquanto improbabile che la cosa si rivelasse divertente. Comunque, annuì educatamente come gli altri campioni.
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«Molto bene… se non avete domande, torneremo al castello, vero, fa un po’ freddino…»
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Bagman si affrettò a raggiungere Harry mentre si facevano strada tra le siepi per uscire dal labirinto in crescita. Harry aveva la sensazione che Bagman stesse per offrirgli di nuovo il suo aiuto, ma in quel momento Krum gli batté sulla spalla.
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«Posso con te parlare?»
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«Sì, certo» disse Harry, sorpreso.
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«Fiene tu con me?»
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«Ok» rispose Harry incuriosito.
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Bagman parve vagamente turbato. «Ti aspetto, Harry, va bene?»
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«No, è tutto a posto, signor Bagman» disse Harry, reprimendo un sorrisetto, «credo che riuscirò a ritrovare il castello da solo, grazie».
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Harry e Krum uscirono insieme dallo stadio, ma Krum non prese la strada che portava alla nave di Durmstrang. S’incamminò invece verso la Foresta.
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«Perché andiamo da questa parte?» chiese Harry mentre superavano la capanna di Hagrid e la carrozza illuminata di Beauxbatons.
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«Io non vuole che qvalcuno ci sente» rispose secco Krum.
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Quando finalmente ebbero raggiunto un prato tranquillo, non lontano dal recinto dei cavalli di Beauxbatons, Krum si fermò all’ombra degli alberi e si voltò ad affrontare Harry.
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«Io vuole sapere» profferì, guardandolo in cagnesco, «cosa esserci fra te e Herr-Mioni».
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Harry, che dal fare reticente di Krum si era aspettato qualcosa di molto più serio, fissò Krum di sotto in su, sbalordito.
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«Niente» rispose. Ma Krum lo guardò torvo, e Harry, colpito di nuovo dall’altezza di Krum, si spiegò meglio. «Siamo amici. Non è la mia fidanzata e non lo è mai stata. È solo quella Skeeter che s’inventa le cose».
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«Herr-Mioni dice sempre su te» rispose Krum, sospettoso.
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«Sì» disse Harry, «perché siamo amici».
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Non riusciva a credere di trovarsi nel bel mezzo di una conversazione del genere con Viktor Krum, il famoso giocatore internazionale di Quidditch. Era come se il diciottenne Krum fosse convinto che lui, Harry, era un suo pari — un autentico rivale…
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«Foi non afete mai… foi non afete…»
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«No» rispose Harry con decisione.
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Krum parve un po’ più allegro. Fissò Harry per qualche istante, poi disse: «Tu molto bravo a folare. Io te guardato alla prima profa».
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«Grazie» disse Harry con un gran sorriso, e all’improvviso si sentì anche lui molto più alto. «Ti ho visto alla Coppa del Mondo di Quidditch. Quella Finta Wronsky, sei stato davvero…»
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Ma qualcosa si mosse tra gli alberi dietro Krum, e Harry, che aveva una certa esperienza del genere di cose che si acquattavano nella Foresta, afferrò d’istinto Krum per il braccio e lo trasse a sé.
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«Cosa era qvesto?»
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Harry scosse la testa, guardando il punto in cui aveva visto un movimento. Fece scivolare la mano nella veste, in cerca della bacchetta.
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Un attimo dopo un uomo uscì barcollando da dietro un’alta quercia. Per un istante, Harry non lo riconobbe… poi vide che era il signor Crouch.
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Sembrava che fosse in viaggio da giorni. Aveva la veste strappata e insanguinata all’altezza delle ginocchia, il volto coperto di graffi, la barba lunga e il viso grigio di stanchezza. I capelli e i baffi di solito così in ordine avevano bisogno di una lavata e una regolata. Il suo strano aspetto, comunque, era nulla in confronto al suo comportamento. Il signor Crouch borbottava e gesticolava come se stesse parlando con qualcuno che vedeva solo lui. A Harry fece venire in mente con chiarezza un vecchio barbone che aveva visto una volta quando era a fare compere con i Dursley. Anche quell’uomo discuteva animatamente con il vuoto: zia Petunia aveva afferrato la mano di Dudley e l’aveva trascinato dall’altra parte della strada per evitarlo; zio Vernon poi aveva inflitto alla famiglia una lunga tirata su quello che avrebbe voluto fare di mendicanti e vagabondi.
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«Non è giudice?» chiese Krum, fissando il signor Crouch. «Non è del fostro Ministero?»
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Harry annuì, esitò per un attimo, poi si avvicinò lentamente al signor Crouch, che non lo guardò ma continuò a parlare con un albero li vicino: «…e quando hai finito, Weatherby, manda un gufo a Silente per confermare il numero di studenti di Durmstrang che prenderanno parte al Torneo, Karkaroff ha appena fatto sapere che saranno in dodici…»
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«Signor Crouch» disse Harry con delicatezza.
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«…e poi manda un altro gufo a Madame Maxime, perché può darsi che voglia aumentare il numero di studenti della sua delegazione, ora che Karkaroff è arrivato a una dozzina tonda… lo farai, Weatherby, vero? Vero? Ve…» Il signor Crouch aveva gli occhi fuori dalle orbite. Rimase lì a fissare l’albero, mormorando in silenzio. Poi barcollò da un lato e cadde in ginocchio.
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«Signor Crouch?» chiese Harry a voce alta. «Si sente bene?»
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Crouch roteò gli occhi. Harry cercò lo sguardo di Krum, che lo aveva seguito tra gli alberi e guardava Crouch allarmato.
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«Cosa succede lui?»
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«Non ne ho idea» sussurrò Harry. «Senti, è meglio che tu vada a chiamare qualcuno…»
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«Silente!» esclamò il signor Crouch senza fiato. Tese una mano e afferrò il vestito di Harry, trascinandolo più vicino, anche se i suoi occhi guardavano oltre la testa di Harry. «Devo… vedere… Silente…»
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«Ok» disse Harry, «se si alza, signor Crouch, possiamo andare al…»
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«Ho fatto… una cosa… stupida…» esalò il signor Crouch. Sembrava decisamente impazzito. I suoi occhi roteavano sporgenti, e un rivolo di saliva gli scivolava giù per il mento. Ogni parola che pronunciava pareva costargli un sforzo tremendo. «Devo… dire… a Silente…»
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«Si alzi, signor Crouch» disse Harry con voce forte e chiara. «Si alzi. La porterò da Silente!»
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Gli occhi di Crouch si fissarono in quelli di Harry, roteando.
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«Chi… sei?» mormorò.
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«Sono un allievo della scuola» rispose Harry, cercando con gli occhi l’aiuto di Krum, che si teneva a distanza e sembrava decisamente teso.
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«Non sei… suo?» borbottò Crouch, con la bocca che tremava.
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«No» rispose Harry, senza avere la benché minima idea di cosa intendesse dire.
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«Di Silente?»
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«Proprio così» disse Harry.
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Crouch lo tirava a sé; Harry cercò di allentare la stretta sulla veste, ma era troppo forte.
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«Avverti… Silente…»
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«Andrò a chiamare Silente se lei mi lascia andare» disse Harry. «Mi lasci, signor Crouch, e andrò a chiamarlo…»
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«Grazie, Weatherby, e quando hai finito, vorrei una tazza di tè. Mia moglie e mio figlio arriveranno tra poco, stasera andiamo a un concerto con il signore e la signora Caramell». Ora Crouch aveva ripreso a parlare tranquillamente con un albero, e sembrava del tutto ignaro della presenza di Harry; quest’ultimo ne fu così sorpreso che non si accorse nemmeno che Crouch lo aveva lasciato andare. «Sì, mio figlio ha appena preso dodici G.U.F.O., una bella soddisfazione, sì, grazie, sì, sono davvero molto fiero di lui. Ora, se puoi portarmi quel promemoria del Ministero della Magia di Andorra, credo che avrò tempo di buttar giù una risposta…»
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«Tu resta qui con lui!» disse Harry a Krum. «lo vado a chiamare Silente, farò in fretta, so dov’è il suo ufficio…»
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«È pazzo» disse Krum dubbioso, fissando Crouch, che continuava a blaterare rivolto all’albero, convinto che si trattasse di Percy.
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«Rimani con lui» disse Harry, e fece per alzarsi, ma il suo gesto parve innescare un altro brusco mutamento nel signor Crouch, che lo afferò alle ginocchia e lo trascinò di nuovo a terra.
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«Non… abbandonarmi!» sussurrò, gli occhi di nuovo sporgenti. «Io… sono… fuggito… devo avvertire… devo dire… vedere Silente… colpa mia… tutta colpa mia… Bertha… morta… tutta colpa mia… mio figlio… colpa mia… dire a Silente… Harry Potter… Il Signore Oscuro… più forte… Harry Potter…»
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«Andrò a chiamare Silente se mi lascia andare, signor Crouch!» esclamò Harry. Poi si rivolse a Krum, infuriato. «Vuoi aiutarmi?»
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Krum, decisamente preoccupato, si fece avanti e si accoccolò vicino al signor Crouch.
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«Trattienilo qui» disse Harry, liberandosi dalla presa di Crouch. «Tornerò con Silente».
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«Fai in fretta, sì?» gli gridò dietro Krum mentre Harry filava via dalla Foresta e correva su per il parco immerso nell’oscurità. Erano completamente soli; Bagman, Cedric e Fleur erano scomparsi. Harry corse all’impazzata su per i gradini di pietra, varcò il portone di quercia e schizzò su per la scalinata di marmo, diretto al secondo piano. Cinque minuti dopo correva verso un gargoyle di pietra eretto a metà di un corridoio vuoto.
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«Sor… sorbetto al limone!» esclamò ansante.
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Era la parola d’ordine per la scala nascosta che portava all’ufficio di Silente: o almeno lo era due anni prima. Nel frattempo evidentemente era cambiata, perché il gargoyle di pietra non prese vita e non balzò di lato, ma rimase lì immobile, scrutando Harry con sguardo malvagio.
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«Muoviti!» lo investì Harry. «Andiamo!»
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Ma nulla a Hogwarts si era mai mosso solo perché gli strillavi contro. Harry guardò su e giù per il corridoio buio. Forse Silente era in sala professori? Prese a correre più veloce che poteva verso la scala…
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«POTTER!»
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Harry si fermò di colpo e si voltò.
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Piton era appena spuntato dalla scala nascosta dietro il gargoyle di pietra. Il muro si stava ancora chiudendo alle sue spalle mentre faceva segno a Harry di tornare indietro. «Che cosa ci fai qui, Potter?»
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«Devo vedere il professor Silente!» disse Harry, ripercorrendo di corsa il corridoio e fermandosi davantri a Piton. «Il signor Crouch… è appena tornato… è nella Foresta… chiede…»
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«Che sciocchezze vai dicendo?» disse Piton, gli occhi neri scintillanti. «Di che cosa stai parlando?»
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«Il signor Crouch!» urlò Harry. «Del Ministero! Sta male, non so… È nella Foresta, vuole vedere Silente! Mi dia solo la parola d’ordine…
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«Il Preside è occupato, Potter» rispose Piton, le labbra incurvate in un sorriso sgradevole.
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«Devo parlare con Silente!» gridò Harry.
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«Non hai sentito, Potter?»
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Harry avrebbe giurato che Piton si stava divertendo, negandogli quello che chiedeva e lasciandolo nel panico.
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«Senta» sbottò, infuriato, «Crouch sta male… è… è fuori di sé… dice che vuole avvertire…»
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Il muro di pietra alle spalle di Piton si aprì. Silente era lì, vestito di un lungo abito verde, con un’espressione di vaga curiosità.
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«C’è qualche problema?» disse, guardando tra Harry e Piton.
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«Professore!» esclamò Harry, prima che Piton potesse aprir bocca. «Il signor Crouch è qui… è giù nella Foresta, vuole parlarle!»
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Harry si aspettava che Silente facesse qualche domanda, ma, con suo gran sollievo, non lece nulla del genere. «Guidami» disse immediatamente, e s’incamminò dietro a Harry lungo il corridoio, lasciando Pìton in piedi accanto al gargoyle: era brutto il doppio.
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«Che cos’ha detto il signor Crouch, Harry?» chiese Silente mentre scendevano in fretta la scalinata di marmo.
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«Ha detto che vuole avvertirla… dice che ha fatto qualcosa di orribile… ha parlato di suo figlio… e di Bertha Jorkins… e… e di Voldemort… ha detto che Voldemort è diventato più forte…»
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«Ma senti» disse Silente, e affrettò il passo mentre uscivano nella notte nera come la pece.
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«Non si comporta in modo normale» continuò Harry, camminando più in fretta al fianco di Silente. «Sembra che non sappia dove si trova. Continua a parlare come se credesse di trovarsi davanti a Percy Weasley, e poi cambia, e dice che deve vedere lei… l’ho lasciato con Viktor Krum».
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«Cosa?» sbottò brusco Silente, e prese a camminare ancora più in fretta, così che Harry dovette correre per stargli dietro. «Sai se qualcun altro ha visto il signor Crouch?»
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«No» rispose Harry. «Io e Krum stavamo parlando, il signor Bagman aveva appena finito di spiegarci la terza prova, siamo rimasti indietro, e poi abbiamo visto il signor Crouch uscire dalla Foresta…»
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«Dove sono?» chiese Silente mentre la carrozza di Beauxbatons affiorava dall’oscurità.
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«Laggiù» disse Harry, superando Silente e facendogli strada attraverso gli alberi. Non sentiva più la voce di Crouch, ma sapeva dove era diretto; non era molto più in là della carrozza di Beauxbatons… da qualche parte lì intorno…
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«Viktor!» urlò Harry.
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Nessuno rispose.
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«Erano qui» disse Harry a Silente. «Erano di sicuro qui da qualche parte…»
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«Lumos» disse Silente, accendendo la bacchetta e tenendola alta.
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Il suo raggio sottile rimbalzò da un tronco scuro all’altro, illuminando il terreno. E poi cadde su un paio di piedi.
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Harry e Silente corsero avanti. Krum era steso a terra. Sembrava privo di sensi. Di Crouch nessuna traccia. Silente si chinò su Krum e gli sollevò delicatamente una palpebra.
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«Schiantato» disse piano. Gli occhiali a mezzaluna brillarono alla luce della bacchetta mentre scrutava gli alberi tutto attorno.
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«Devo andare a chiamare qualcuno?» disse Harry. «Madama Chips?»
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«No» rispose in fretta Silente. «Stai qui».
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Levò la bacchetta e la puntò verso la capanna di Hagrid. Harry vide qualcosa di argenteo sfrecciare fuori dalla punta e dirigersi attraverso gli alberi come un uccello spettrale. Poi Silente si curvò di nuovo su Krum, gli puntò contro la bacchetta e sussurrò: «Innerva».
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Krum apri gli occhi. Sembrava intontito. Quando vide Silente, cercò di alzarsi a sedere, ma il Preside gli mise una mano sulla spalla e lo costrinse a rimanere disteso.
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«Lui ha me aggredito!» borbottò Krum, portando una mano alla testa. «Quel vecchio folle ha me aggredito! Mentre io guardava dove andato Potter, lui attaccava mie spalle!»
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«Resta giù ancora un po’» disse Silente.
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Li raggiunse un rumore di passi tonanti, e Hagrid spuntò ansante con Thor alle calcagna. Era armato di balestra.
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«Professor Silente!» disse, gli occhi sgranati. «Harry… che cosa…»
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«Hagrid, devi andare a chiamare il professor Karkaroff» disse Silente. «Il suo allievo è stato aggredito. Quando hai fatto, ti prego di avvertire il professor Moody…»
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«Non serve, Silente, sono qui». Moody avanzò zoppicando, appoggiandosi al bastone, la bacchetta accesa. «Dannata gamba» ringhiò. «Sarei arrivato prima… che cosa è successo? Piton ha detto qualcosa a proposito di Crouch…»
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«Crouch?» esclamò Hagrid, ignaro.
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«Karkaroff, per favore. Hagrid!» disse Silente in tono brusco.
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«Oh, si… Ha ragione, professore…» disse Hagrid; poi si voltò e sparì tra gli alberi oscuri, seguito da Thor.
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«Non so dove sia Barty Crouch» disse Silente a Moody, «ma è fondamentale che riusciamo a trovarlo».
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«Ci penso io» ringhiò Moody, e alzata la bacchetta si allontanò zoppicando nella Foresta.
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Né Silente né Harry aprirono bocca finché non udirono il rumore inconfondibile di Hagrid e Thor che tornavano. Karkaroff li seguiva di corsa. Indossava la sua liscia pelliccia argentea e sembrava pallido e agitato.
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«Che cosa succede?» gridò, quando vide Krum a terra, e Silente e Harry accanto a lui. «Cos’è successo?»
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«Io è stato aggredito!» disse Krum, levandosi a sedere e massaggiandosi la testa. «Qvel Krautsch, o come lui chiama…»
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«Crouch ti ha aggredito? Crouch ti ha aggredito? Il giudice del Tremaghi?»
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«Igor» esordì Silente, ma Karkaroff si erse in tutta la sua altezza, stringendosi addosso la pelliccia, furente.
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«Tradimento!» ululò, puntando il dito contro Silente. «È una congiura! Tu e il Ministero della Magia mi avete attirato qui con l’inganno, Silente! Questa non è una gara corretta! Prima tramate per ammettere Potter al Torneo, anche se è troppo giovane! Ora uno dei tuoi amici del Ministero cerca di mettere fuori gioco il mio campione! Io subodoro doppiezza e corruzione in tutta quanta la faccenda, e tu, Silente, tu, con tutti i tuoi discorsi sui rapporti magici internazionali più stretti, sull’importanza di ricreare vecchi legami, di dimenticare vecchie divergenze… ecco che cosa penso di te!»
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Karkaroff sputò ai piedi di Silente. Con un rapido gesto, Hagrid afferrò Karkaroff per la pelliccia, lo sollevò e lo sbatté contro un albero vicino.
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«Chiedi scusa!» ringhiò Hagrid, mentre Karkaroff annaspava, col grosso pugno del guardiacaccia alla gola, i piedi penzoloni a mezz’aria.
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«Hagrid, no!» gridò Silente, gli occhi lampeggianti.
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Hagrid ritirò la mano che inchiodava Karkaroff all’albero, e quest’ultimo scivolò lungo il tronco e si afflosciò a terra; una piccola pioggia di rametti e foglie lo colpì sulla testa.
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«Ti prego di scortare Harry fino al castello, Hagrid» disse Silente in tono asciutto.
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Respirando affannosamente, Hagrid scoccò a Karkaroff uno sguardo minaccioso. «Forse è meglio che sto qui, Preside…»
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«Tu riporti Harry a scuola, Hagrid» ripeté Silente con decisione. «Portalo difilato su alla Torre di Grifondoro. E Harry, voglio che tu vi rimanga. Qualunque cosa ti venga in mente di fare — qualunque gufo tu voglia spedire — possono aspettare fino a domattina, mi hai capito?»
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«Ehm… si» rispose Harry, guardandolo negli occhi. Come faceva Silente a sapere che proprio in quell’istante aveva pensato di spedire Leo difilato da Sirius, per fargli sapere cosa era successo?
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«Lascio Thor qui con te, Preside» disse Hagrid, senza smettere di fissare torvo Karkaroff, che era ancora ai piedi dell’albero, in un groviglio di pellicce e radici. «Rimani qui, Thor. Andiamo, Harry».
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Insieme oltrepassarono la carrozza di Beauxbatons e ripresero la salita verso il castello.
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«Come osa» ringhiò Hagrid mentre passavano accanto al lago. «Come osa accusare Silente. Silente non fa ’ste cose. Silente non ti voleva al Torneo. Preoccupato! Non so quando ho mai visto Silente più preoccupato di adesso. E tu!» esclamò Hagrid all’improvviso rivolto a Harry, che guardò in su, sorpreso. «Che cos’è che facevi, cosa andavi in giro a fare con quel tipaccio di Krum? È di Durmstrang, Harry! Poteva farti il malocchio! Moody non ti ha insegnato niente? Ma pensa a te, lui che ti attira là fuori da solo…»
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«Krum è a posto!» disse Harry mentre risalivano i gradini verso la Sala d’Ingresso. «Non stava cercando di farmi il malocchio, voleva solo parlare di Hermione…»
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«Ci dirò due paroline anche a lei» disse Hagrid cupo, salendo pesantemente i gradini. «Meno tutti quanti voi avete a che fare con quegli stranieri, meglio sarà. Non potete fidarvi di nessuno di quelli là».
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«Tu però andavi d’accordo con Madame Maxime» disse Harry, irritato.
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«Non parlarmi di lei!» disse Hagrid, e per un attimo parve davvero spaventoso. «Adesso sì che l’ho capita! Sta cercando di fare la pace solo perché vuole che le dico che cosa succede nella terza prova. Ha! Non ci si può fidare di nessuno di quelli là!»
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Hagrid era così di malumore che Harry fu contento di separarsi da lui davanti alla Signora Grassa. Attraversò il buco de! ritratto, si arrampicò su nella sala comune e raggiunse in fretta l’angolo in cui sedevano Ron e Hermione per raccontare loro l’accaduto.
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