Esplora le Citazioni

<< Tutti i libri


Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
Ricerca tra le citazioni:

Download

Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo

La Terza Prova


   «Anche Silente crede che Voi-Sapete-Chi stia diventando di nuovo più forte?» sussurrò Ron.
    Tutto ciò che Harry aveva visto nel Pensatoio, quasi tutto quello che Silente gli aveva raccontato e mostrato dopo, l’aveva confidato a Ron e Hermione: e naturalmente a Sirius, al quale aveva spedito un gufo nell’istante in cui era uscito dall’ufficio di Silente. Quella sera Harry, Ron e Hermione rimasero di nuovo alzati fino a tardi in sala comune a ridiscutere il tutto finché a Harry non cominciò a girare la testa, e capì che cosa intendeva Silente parlando di una mente cosi affollata di pensieri che sarebbe stato un sollievo riversarli altrove.
    Ron fissò il fuoco della sala comune. A Harry parve che tremasse, anche se la serata era tiepida.
    «E si fida di Piton?» chiese Ron. «Si fida veramente di Piton, anche se sa che era un Mangiamorte?»
    «Sì» disse Harry.
    Hermione non parlava da dieci minuti. Era seduta con la fronte tra le mani, a guardarsi le ginocchia. Anche lei sembrava avere urgente bisogno di un Pensatoio.
    «Rita Skeeter» borbottò alla fine.
    «Come fai a preoccuparti di lei in questo momento?» esclamò Ron incredulo.
    «Non mi preoccupo di lei» disse Hermione alle sue ginocchia. «Sto solo pensando… ricordate quello che mi ha detto ai Tre Manici di Scopa? “So cose a proposito di Ludo Bagman che vi farebbero arricciare i capelli”. È a questo che alludeva, no? Ha fatto la cronaca del suo processo, sapeva che aveva passato delle informazioni ai Mangiamorte. E anche Winky, ricordate… “Il signor Bagman è un mago cattivo”. Il signor Crouch dev’essere stato furente che se la sia cavata, deve averne parlato a casa».
    «Sì, ma Bagman non ha passato informazioni di proposito, no?»
    Hermione alzò le spalle.
    «E Caramell crede che Madame Maxime abbia aggredito Crouch?» chiese Ron.
    «Sì» rispose Harry, «ma lo dice solo perché Crouch è scomparso vicino alla carrozza di Beauxbatons».
    «A lei non abbiamo mai pensato, vero?» disse Ron lentamente. «Badate, è chiaro che ha sangue di gigante, e non vuole ammetterlo…»
    «Certo che no» sbottò Hermione, alzando gli occhi. «Guarda cos’è successo a Hagrid quando Rita ha scoperto di sua madre. Guarda Caramell, che salta alle conclusioni su di lei solo perché è in parte gigante. Chi vuole quel genere di pregiudizio? Anch’io probabilmente direi che ho le ossa grandi se sapessi quel che ci guadagno a dire la verità».
    Guardò l’orologio.
    «Non abbiamo fatto esercizio!» esclamò, agitata. «Dovevamo fare l’Incantesimo di Ostacolo! Dovremo metterci d’impegno domani! Andiamo, Harry, devi dormire un po’».
    Harry e Ron salirono lentamente le scale che portavano al loro dormitorio. Mentre Harry s’infilava il pigiama, guardò verso il letto di Neville. Aveva mantenuto la parola e non aveva raccontato a Ron e Hermione dei genitori di Neville. Mentre si toglieva gli occhiali e si arrampicava sul letto a baldacchino, cercò di immaginare che cosa si prova ad avere i genitori ancora in vita, ma incapaci di riconoscerti. Gli estranei avevano spesso compassione di lui perché era orfano, ma mentre ascoltava Neville russare, pensò che l’amico ne meritava molta di più. Disteso al buio, Harry provò un moto di rabbia e odio verso quelli che avevano torturato i Paciock… gli tornarono alla mente le grida di scherno della folla mentre il figlio di Crouch e i suoi compari venivano trascinati fuori dal tribunale dai Dissennatori… capiva cos’avevano provato… poi ripensò al viso bianco latteo del ragazzo urlante, e si rese conto con un sussulto che era morto un anno dopo…
    Era Voldemort, rifletté Harry fissando il baldacchino nell’oscurità, tutto faceva capo a Voldemort… era lui che aveva diviso quelle famiglie, che aveva rovinato tutte quelle vite…
   
    * * *
    Ron e Hermione avrebbero dovuto ripassare per gli esami, che si sarebbero conclusi il giorno della terza prova, ma in realtà pensavano soprattutto ad aiutare Harry.
    «Non preoccuparti» disse Hermione bruscamente quando Harry glielo fece osservare dicendo che poteva anche esercitarsi da solo per un po’. «Almeno prenderemo il massimo dei voti in Difesa contro le Arti Oscure, a lezione non avremmo mai scoperto tutti questi incantesimi».
    «Un buon allenamento per quando saremo tutti Auror» disse Ron eccitato, scagliando l’Incantesimo di Ostacolo su una vespa che ronzava nella stanza e immobilizzandola a mezz’aria.
    All’inizio di giugno l’atmosfera nel castello si fece di nuovo tesa e agitata. Tutti aspettavano con ansia la terza prova, che avrebbe avuto luogo una settimana prima della fine del trimestre. Harry si esercitava negli incantesimi in ogni momento libero. Si sentiva più tranquillo per questa prova che per le altre; certo, sarebbe stata difficile e pericolosa, ma Moody aveva ragione: Harry era riuscito a cavarsela davanti a creature mostruose e barriere incantate prima d’allora, questa volta lo sapeva in anticipo e poteva prepararsi per ciò che lo aspettava.
    Stanca di imbattersi nel terzetto in tutti gli angoli della scuola, la professoressa McGranitt aveva dato a Harry il permesso di usare la classe di Trasfigurazione che era vuota all’ora di pranzo. Ben presto Harry padroneggiò l’Incantesimo di Ostacolo, che rallentava e ostacolava gli aggressori, l’Incantesimo Reductor, che gli consentiva di far saltare in aria oggetti solidi che fossero d’intralcio, e l’Incanto Quattro Punti, un’utile scoperta di Hermione che avrebbe indirizzato la sua bacchetta esattamente a nord, permettendogli di orientarsi all’interno del labirinto. Aveva ancora qualche difficoltà con il Sortilegio Scudo, però. Questo avrebbe dovuto creargli attorno un muro temporaneo invisibile che deviava gli incantesimi minori; ma Hermione riuscì a mandarlo in pezzi con una Fattura Gambemolli ben piazzata. Harry si aggirò barcollando per dieci minuti prima che lei riuscisse a scoprire la controfattura.
    «Però vai molto bene, davvero» disse Hermione in tono incoraggiante, scorrendo la lista e cancellando gli incantesimi che avevano già imparato. «Alcuni di questi si riveleranno utili».
    «Venite un po’ a vedere» disse Ron, che era alla finestra e guardava giù nel parco. «Che sta facendo Malfoy?»
    Harry e Hermione si avvicinarono. Malfoy, Tiger e Goyle erano all’ombra di un albero. Tiger e Goyle erano intenti a far la guardia; entrambi avevano un sorriso perfido. Malfoy si teneva la mano vicino alla bocca e vi parlava dentro.
    «Sembra che stia usando un walkie-talkie» disse Harry incuriosito.
    «Non è possibile» disse Hermione. «Ve l’ho detto, quelle cose lì non funzionano a Hogwarts. Andiamo, Harry» aggiunse in tono pratico, allontanandosi dalla finestra e tornando al centro della stanza, «riproviamo il Sortilegio Scudo».
   
    *
    Sirius spediva gufi tutti i giorni, ormai. Come Hermione, sembrava deciso a concentrarsi su come far superare a Harry l’ultima prova, prima di pensare ad altro. In ogni lettera gli ricordava che qualunque cosa stesse accadendo al di fuori delle mura di Hogwarts non era sua responsabilità, né era in suo potere modificarla.
   
    Se Voldemort sta davvero ritornando in forze, scrisse, il mio primo pensiero è accertarmi che tu sia al sicuro. Non può sperare di mettere le mani su di te finché ti trovi sotto la protezione di Silente, ma comunque non correre rischi: concentrati su come uscire sano e salvo da quel labirinto, e poi potremo rivolgere l’attenzione ad altre faccende.
   
    Il nervosismo di Harry crebbe man mano che il 24 di giugno si avvicinava, ma non era paragonabile allo stato d’animo con cui aveva atteso la prima e la seconda prova. Primo, questa volta era sicuro di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per prepararsi. Secondo, era l’ostacolo finale, e che ne uscisse bene o male, finalmente il Torneo si sarebbe concluso, con suo enorme sollievo.
   
    * * *
    La mattina della terza prova la colazione al tavolo di Grifondoro fu molto rumorosa. Comparvero i gufi postini e consegnarono a Harry una cartolina di auguri da parte di Sirius. Era solo un foglio di pergamena piegato in due con stampata davanti un’impronta fangosa, ma Harry la gradì comunque. A Hermione arrivò un barbagianni con l’edizione del mattino della Gazzetta del Profeta, come al solito. Lei aprì il giornale, diede un’occhiata alla prima pagina e sputacchiò una sorsata di succo di zucca.
    «Cosa c’è?» dissero Harry e Ron in coro, fissandola sbalorditi.
    «Niente» rispose frettolosamente Hermione, cercando di far sparire il giornale, ma Ron lo afferrò.
    Fissò il titolo e disse: «Non è possibile. Non oggi. Quella vecchia vacca».
    «Cosa?» disse Harry. «Di nuovo Rita Skeeter?»
    «No» rispose Ron, e come Hermione cercò di allontanare il giornale.
    «Parla di me, vero?» disse Harry.
    «No» rispose Ron, in tono nient’affatto convincente.
    Ma prima che Harry potesse impuntarsi per vedere il giornale, Draco Malfoy gridò dal tavolo di Serpeverde:
    «Ehi, Potter! Potter! Come va la testa? Ti senti bene? Sei sicuro che non ci farai a pezzi?»
    Anche lui brandiva una copia della Gazzetta del Profeta. I Serpeverde seduti a tavola ridacchiavano, agitandosi sulle sedie per riuscire a vedere la reazione di Harry.
    «Fammi vedere» disse Harry a Ron. «Dammelo».
    Con molta riluttanza, Ron gli tese il quotidiano. Harry lo voltò e si ritrovò a fissare la propria foto sotto un titolo a caratteri cubitali:
   
    HARRY POTTER È «DISTURBATO E PERICOLOSO»
    Il ragazzo che ha sconfitto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è instabile e potenzialmente pericoloso, scrive Rita Skeeter, inviato speciale. Sono venute alla luce testimonianze allarmanti sullo strano comportamento di Harry Potter, che insinuano seri dubbi sull’opportunità che partecipi a una gara impegnativa come il Torneo Tremaghi, e perfino che frequenti la scuola di Hogwarts.
    Potter, come la Gazzetta del Profeta è in grado di rivelare in esclusiva, sviene regolarmente durante le lezioni, e spesso lo si sente lamentare un dolore alla cicatrice che porta sulla fronte (ricordo della maledizione con la quale Voi-Sapete-Chi cercò di ucciderlo). Lunedì scorso, nel corso di un lezione di Divinazione, il vostro inviato della Gazzetta del Profeta può testimoniare che Potter è uscito di gran fretta dalla classe, sostenendo che la cicatrice gli faceva troppo male per continuare a studiare.
    È possibile, spiegano i massimi esperti dell’Ospedale di San Mungo per le Malattie e Ferite Magiche, che il cervello di Potter sia stato danneggiato dall’aggressione di Voi-Sapete-Chi, e che la sua insistenza nel sostenere che la cicatrice gli fa ancora male sia una manifestazione del profondo stato confusionale in cui versa.
    «Potrebbe anche fingere» ha dichiarato uno specialista, «la sua potrebbe essere una richiesta di attenzioni».
    La Gazzetta del Profeta, intanto, ha scoperto fatti preoccupanti a proposito di Harry Potter che Albus Silente, Preside di Hogwarts, ha accuratamente tenuto nascosti al pubblico mago.
    «Potter parla il Serpentese» rivela Draco Malfoy, uno studente del quarto anno di Hogwarts. «Un paio di anni fa si sono verificate parecchie aggressioni ai danni di studenti, e tutti pensavano che dietro ci fosse Potter: aveva perso la testa al Club dei Duellanti e aveva aizzato un serpente contro un altro ragazzo. Ma è stato tutto messo a tacere. Lui però ha anche fatto amicizia con lupi mannari e giganti. Siamo convinti che farebbe qualunque cosa per un briciolo di potere».
    Il Serpentese, la capacità di parlare ai serpenti, da molto tempo è considerato un’Arte Oscura. In verità, il più celebre conoscitore del Serpentese dei nostri giorni è nientemeno che Voi-Sapete-Chi in persona. Un membro della Lega di Difesa contro le Arti Oscure, che preferisce conservare l’anonimato, ha dichiarato che riterrebbe ogni mago in grado di parlare Serpentese «passibile di indagini. Personalmente, nutrirei gravi sospetti su chiunque sapesse conversare con i serpenti, poiché questi rettili sono spesso usati nella Magia Oscura della peggior specie, e sono storicamente legati ai malfattori». Parimenti, «chiunque cerchi la compagnia di creature malvagie come lupi mannari e giganti parrebbe nutrire inclinazioni violente».
    Albus Silente dovrebbe senza dubbio chiedersi se a un ragazzo del genere debba essere permesso gareggiare nel Torneo Tremaghi. C’è chi teme che Potter possa ricorrere alle Arti Oscure nel suo folle desiderio di vincere il Torneo, la terza prova del quale avrà luogo questa sera.
   
    «Mi ha un po’ strapazzato, vero?» commentò Harry in tono leggero, ripiegando il giornale.
    Al tavolo di Serpeverde, Malfoy, Tiger e Goyle ridevano di lui, si picchiavano la testa con le dita, facevano grottesche smorfie da matti e dardeggiavano la lingua come serpenti.
    «Come ha fatto a sapere che ti faceva male la cicatrice a Divinazione?» disse Ron. «Non è possibile che fosse là, non c’è modo che possa aver sentito…»
    «La finestra era aperta» disse Harry. «L’ho aperta per respirare».
    «Eri in cima alla Torre Nord!» esclamò Hermione. «La tua voce non può essere arrivata fin giù nel parco!»
    «Be’, sei tu quella che doveva indagare sui metodi magici di spionaggio!» disse Harry. «Devi dirmelo tu come ha fatto!»
    «Ci sto provando!» replicò Hermione. «Ma io… ma…»
    Una strana espressione rapita pervase all’improvviso il volto di Hermione. Alzò lentamente una mano e si fece scorrere le dita tra i capelli.
    «Ti senti bene?» chiese Ron, guardandola accigliato.
    «Sì» rispose Hermione in un sussurro. Fece scorrere di nuovo le dita tra i capelli, e poi avvicinò la mano alla bocca, come se parlasse in un walkie-talkie invisibile. Harry e Ron si guardarono stupiti.
    «Mi è venuta un’idea» disse Hermione, fissando il vuoto. «Credo di sapere… perché così nessuno avrebbe visto… nemmeno Moody… e lei avrebbe potuto salire sul davanzale… ma non è autorizzata… non è assolutamente autorizzata… credo di averla incastrata! Datemi solo due secondi in biblioteca… solo per esserne certa!»
    E con queste parole, Hermione afferrò la borsa e sfrecciò fuori dalla Sala Grande.
    «Ehi!» le gridò Ron. «Abbiamo l’esame di Storia della Magia tra dieci minuti! Accidenti» disse a Harry, «deve proprio odiarla, quella Skeeter, per rischiare di perdersi l’inizio di un esame. Che cosa farai tu alla lezione di Rüf? Continuerai a leggere?»
    Dispensato dalle prove di fine trimestre in quanto campione del Tremaghi, durante gli esami Harry sedeva in fondo alla classe, a cercare nuovi incantesimi.
    «Immagino di sì» disse a Ron; ma in quel momento gli si avvicinò la professoressa McGranitt.
    «Potter, i campioni si riuniscono nella saletta qui accanto dopo colazione» disse.
    «Ma la prova comincia stasera!» disse Harry, e si rovesciò addosso le uova strapazzate, temendo di aver sbagliato orario.
    «Lo so, Potter» disse lei. «I familiari dei campioni sono invitati ad assistere alla prova finale, lo sai. Questa è solo un’occasione per salutarli».
    Si allontanò. Harry la guardò a bocca aperta.
    «Non si aspetterà che arrivino i Dursley, vero?» chiese a Ron, incredulo.
    «Non so» disse Ron. «Harry, è meglio che mi muova, o sarò in ritardo da Rüf. A più tardi».
    Harry finì di fare colazione nella Sala Grande che si andava svuotando. Vide Fleur Delacour alzarsi dal tavolo di Corvonero e unirsi a Cedric che entrava nella saletta. Krum avanzò ciondolando e li raggiunse poco dopo. Harry rimase dov’era. Non voleva andarci, proprio no. Non aveva genitori: nessuno della sua famiglia sarebbe venuto a vederlo rischiare la vita, comunque. Ma proprio mentre si alzava, pensando che avrebbe potuto approfittarne per salire in biblioteca a fare un altro rapido ripasso di incantesimi, la porta della saletta si aprì, e sbucò la testa di Cedric.
    «Harry, dai, ti stanno aspettando!»
    Decisamente perplesso, Harry si alzò. I Dursley non potevano certo essere là dentro, vero? Attraversò la Sala e aprì la porta.
    Cedric e i suoi genitori erano vicino all’ingresso. Viktor Krum era in un angolo e conversava fitto in bulgaro con il padre e la madre, entrambi scuri di capelli. Aveva ereditato dal padre il naso adunco. Dall’altro lato della stanza, Fleur chiacchierava in francese con la madre che teneva per mano la piccola Gabrielle. Salutò Harry agitando l’altra mano, e lui le rispose. Poi vide la signora Weasley e Bill in piedi davanti al camino, con un sorriso radioso tutto per lui.
    «Sorpresa!» esclamò gioiosa la signora Weasley, mentre Harry li raggiungeva con un enorme sorriso. «Abbiamo pensato di venire a vederti, Harry!» Si chinò e lo baciò su una guancia.
    «Tutto bene?» disse Bill, offrendo a Harry un ghigno e una stretta di mano. «Voleva venire anche Charlie, ma non è riuscito a prendersi un giorno di vacanza. Ha detto che sei stato incredibile contro lo Spinato».
    Fleur Delacour, notò Harry, studiava Bill con profondo interesse da sopra la spalla della madre. Harry capì che non aveva proprio nulla da obiettare sui capelli lunghi o gli orecchini zannuti.
    «È davvero gentile da parte vostra» mormorò Harry alla signora Weasley. «Per un attimo ho pensato… i Dursley…»
    «Hmm» disse la signora Weasley, stringendo le labbra. Si era sempre trattenuta dal criticare i Dursley davanti a Harry, ma i suoi occhi lampeggiavano tutte le volte che venivano nominati.
    «È magnifico essere di nuovo qui» disse Bill guardandosi attorno (Violet, l’amica della Signora Grassa, gli fece l’occhiolino dalla cornice). «Sono cinque anni che non vedo questo posto. È ancora in giro quel quadro col cavaliere suonato? Sir Cadogan?»
    «Oh, sì» disse Harry, che aveva conosciuto Sir Cadogan l’anno prima.
    «E la Signora Grassa?» chiese Bill.
    «Era già qui ai miei tempi» disse la signora Weasley. «Mi ha fatto la predica una notte che ero tornata in dormitorio alle quattro del mattino…»
    «Che cosa ci facevi fuori dal dormitorio alle quattro del mattino?» chiese Bill, guardando la madre stupito.
    Lei fece un gran sorriso, gli occhi scintillanti.
    «Io e tuo padre eravamo andati a fare una passeggiatina notturna» disse. «Lui fu sorpreso da Apollon Pringle — a quel tempo era lui il custode: ha ancora i segni».
    «Ti va di farci fare un giretto, Harry?» disse Bill.
    «Sì, certo» disse Harry, e si diressero verso la porta che dava nella Sala Grande.
    Mentre passavano davanti ad Amos Diggory, lui si voltò. «Eccoti qui, allora» sbottò, squadrando Harry da capo a piedi. «Scommetto che non ti senti così tronfio adesso che Cedric ti ha raggiunto, eh?»
    «Cosa?» fece Harry.
    «Ignoralo» gli disse Cedric a bassa voce, guardando accigliato suo padre. «È arrabbiato da quando è uscito quell’articolo di Rita Skeeter sul Torneo Tremaghi… sai, quando lasciò capire che eri il solo campione di Hogwarts».
    «E non si è preso la briga di correggerla, però, eh?» disse Amos Diggory, abbastanza forte da farsi sentire da Harry che stava per uscire con la signora Weasey e Bill. «Comunque… gliela farai vedere, Ced. L’hai già battuto una volta, no?»
    «Rita Skeeter è solo contenta se può fare danni, Amos!» ribatté con forza la signora Weasley. «Credevo che lo sapessi, visto che lavori al Ministero!»
    Il signor Diggory aveva l’aria di chi sta per dire qualcosa di feroce, ma sua moglie gli posò una mano sul braccio e lui si limitò ad alzare le spalle e a voltarsi dall’altra parte.
    Harry trascorse una mattinata molto piacevole passeggiando per il parco inondato di sole con Bill e la signora Weasley; mostrò loro la carrozza di Beauxbatons e la nave di Durmstrang. La signora Weasley fu incuriosita dal Platano Picchiatore, che era stato piantato dopo che lei aveva finito gli studi, e si lasciò andare a diffusi ricordi del guardiacaccia predecessore di Hagrid, un uomo chiamato Ogg.
    «Come sta Percy?» chiese Harry mentre costeggiavano le serre.
    «Non bene» rispose Bill.
    «È molto turbato» disse la signora Weasley, abbassando la voce e guardandosi intorno. «Il Ministero vuole tenere riservata la notizia della scomparsa del signor Crouch, ma Percy è stato convocato per un interrogatorio sulle istruzioni che Crouch gli spedisce. Sembrano convinti che non siano state scritte di suo pugno. Percy è sotto pressione. Non gli permettono di sostituire Crouch come quinto giudice stasera. Cornelius Caramell prenderà il suo posto».
    Tornarono al castello per il pranzo.
    «Mamma… Bill!» esclamò Ron esterrefatto arrivando al tavolo di Grifondoro. «Che cosa ci fate qui?»
    «Siamo venuti a vedere Harry nell’ultima prova!» rispose allegramente la signora Weasley. «Devo dire che è una bella novità, non dover cucinare. Com’è andato il tuo esame?»
    «Oh… bene» disse Ron. «Non mi ricordavo i nomi di tutti i goblin ribelli, così ne ho inventati un po’. Non ti preoccupare» aggiunse, servendosi di pasticcio della Cornovaglia, mentre la signora Weasley assumeva un cipiglio severo, «hanno tutti nomi tipo Bodrod il Barbuto e Urg l’Unticcio, non è stato difficile».
    Anche Fred, George e Ginny si sedettero vicino a loro, e Harry si sentì così bene che gli parve quasi di essere tornato alla Tana; dimenticò la prova che lo aspettava, e solo quando ricomparve Hermione a metà pranzo gli venne in mente del suo lampo di genio a proposito di Rita Skeeter.
    «Vuoi spiegarci…?»
    Hermione lo ammonì con un cenno della testa e lanciò un’occhiata alla signora Weasley.
    «Buongiorno, Hermione» disse lei, molto più rigida del solito.
    «Buongiorno» rispose Hermione, ma il suo sorriso svanì di fronte davanti all’espressione fredda della signora Weasley.
    Harry guardò l’una e l’altra, poi disse: «Signora Weasley, non avrà creduto alla robaccia che Rita Skeeter ha scritto sul Settimanale delle Streghe, vero? Perché Hermione non è la mia fidanzata».
    «Oh!» esclamò la signora Weasley. «No… certo che no!»
    Dopodiché però fu molto più affettuosa con Hermione.
    Nel pomeriggio, Harry, Bill e la signora Weasley fecero una lunga passeggiata attorno al castello, e poi tornarono in Sala Grande per il banchetto serale. Ludo Bagman e Cornelius Caramell nel frattempo avevano preso posto al tavolo dei professori. Bagman sembrava piuttosto allegro, ma Cornelius Caramell, che era seduto accanto a Madame Maxime, era torvo e non parlava. Madame Maxime era concentrata sul suo piatto, e a Harry parve che avesse gli occhi rossi. Hagrid continuava a guardarla in tralice.
    C’erano più portate del solito, ma Harry, che cominciava a sentirsi molto più teso, non mangiò molto. Mentre il soffitto incantato sopra le loro teste cominciava a sbiadire dall’azzurro a un violetto fosco, Silente si alzò al tavolo dei professori e subito cadde il silenzio.
    «Signore e signori, tra cinque minuti vi chiederò di scendere al campo di Quidditch per la terza e ultima prova del Torneo Tremaghi. I campioni vogliano per favore seguire il signor Bagman giù allo stadio, adesso».
    Harry si alzò. Tutti i Grifondoro lo applaudirono; i Weasley e Hermione gli augurarono tutti quanti buona fortuna, e lui uscì dalla Sala Grande con Cedric, Fleur e Krum.
    «Tutto a posto, Harry?» gli chiese Bagman mentre scendevano gli scalini di pietra e si addentravano nel parco. «Tranquillo?»
    «Sto bene» rispose Harry. Era quasi vero; era nervoso, ma lungo il tragitto continuava a ripetersi le fatture e gli incantesimi che aveva imparato, e scoprire che se li ricordava tutti lo fece sentire meglio.
    Entrarono nel campo di Quidditch, che ormai era del tutto irriconoscibile. Una siepe alta sei metri correva per tutto il suo perimetro. C’era un’apertura proprio davanti a loro: l’ingresso dell’enorme labirinto. Il corridoio al di là era buio e sinistro.
    Cinque minuti dopo, l’aria si riempì di voci eccitate e dello scalpiccio di innumerevoli piedi mentre centinaia di studenti riempivano le tribune. Il cielo era di un intenso, limpido azzurro, e cominciavano a spuntare le prime stelle. Hagrid, il professor Moody, la professoressa McGranitt e il professor Vitious si avvicinarono a Bagman e ai campioni. Portavano grosse stelle rosse lucenti sul cappello, tutti tranne Hagrid, che aveva fissato la sua sulla schiena del cappotto di talpa.
    «Noi pattuglieremo l’esterno del labirinto» disse la professoressa McGranitt. «Se vi trovate in difficoltà e desiderate essere salvati, sparate in aria una raffica di scintille rosse, e uno di noi verrà a prendervi, avete capito?»
    I campioni annuirono.
    «Allora andate!» disse allegramente Bagman ai quattro di pattuglia.
    «Buona fortuna, Harry» sussurrò Hagrid, e i quattro si allontanarono in direzioni diverse, per disporsi attorno al labirinto. Bagman si puntò la bacchetta alla gola, borbottò “Sonorus” e la sua voce amplificata per magia echeggiò sugli spalti.
    «Signore e signori, sta per cominciare la terza prova del Torneo Tremaghi, la prova finale! Permettete che vi ricordi la situazione del punteggio! Al primo posto, alla pari, con ottantacinque punti ciascuno… il signor Cedric Diggory e il signor Harry Potter, entrambi della Scuola di Hogwarts!» Le grida e gli applausi fecero alzare in volo nel cielo sempre più scuro gli uccelli appollaiati sugli alberi della Foresta Proibita. «Al secondo posto, con ottanta punti… il signor Viktor Krum, dell’Istituto Durmstrang!» Altri applausi. «E al terzo posto… Mademoiselle Fleur Delacour, dell’Accademia di Beauxbatons!»
    Harry riuscì a scorgere la signora Weasley, Bill, Ron e Hermione che applaudivano educatamente Fleur, a metà altezza delle tribune. Li salutò con la mano, ed essi gli risposero con grandi sorrisi d’incoraggiamento.
    «Allora… al mio segnale, Harry e Cedric!» disse Bagman. «Tre… due… uno…»
    Fischiò brevemente e Harry e Cedric scattarono in avanti ed entrarono nel labirinto.
    Le siepi torreggianti proiettavano ombre nere sul sentiero, e, fosse perché erano così alte e fitte o perché erano state stregate, il fragore della folla circostante svanì nell’istante in cui misero piede nel labirinto. Harry si sentì quasi di nuovo sott’acqua. Estrasse la bacchetta, sussurrò «Lumos», e udì Cedric fare lo stesso alle sue spalle.
    Dopo centocinquanta metri, si trovarono a un bivio. Si guardarono.
    «Ci vediamo» disse Harry, e prese a sinistra, mentre Cedric prendeva a destra.
    Harry udì per la seconda volta il fischio di Bagman. Krum era entrato nel labirinto. Harry accelerò. Il sentiero che aveva imboccato sembrava completamente deserto. Voltò a destra e avanzò rapido, la bacchetta tesa sopra la testa, cercando di vedere il più avanti possibile. Ma non c’era ancora nulla in vista.
    Il segnale di Bagman suonò per la terza volta in lontananza. Ora tutti i campioni si trovavano nel labirinto.
    Harry continuava a guardarsi alle spalle con la sensazione di essere osservato. Il labirinto era sempre più immerso nell’oscurità, man mano che il cielo diventava blu marino. Si trovò a un secondo bivio.
    «Guidami» sussurrò alla bacchetta, tenendola piatta sul palmo della mano.
    La bacchetta roteò una volta e puntò alla sua destra, verso il folto della siepe. Da quella parte c’era il nord, e sapeva di doversi dirigere a nord-ovest per raggiungere il centro del labirinto. La cosa migliore che poteva fare era prendere il sentiero a sinistra, e girare di nuovo a destra alla prima occasione.
    La strada era deserta, e tale rimase anche quando Harry imboccò un sentiero sulla destra. Non sapeva perché, ma l’assenza di ostacoli lo rendeva nervoso. Avrebbe già dovuto incontrarne uno, no? Era come se il labirinto volesse indurlo a una falsa sensazione di sicurezza. Poi sentì un movimento alle sue spalle. Tese la bacchetta, pronto all’attacco, ma il raggio di luce colpì soltanto Cedric, che era appena sbucato di corsa da un sentiero a destra. Sembrava profondamente scosso. La manica della sua veste fumava.
    «Gli Schiopodi Sparacoda di Hagrid!» sibilò. «Sono enormi… sono riuscito a fuggire per un pelo!»
    Scosse la testa e sparì, imboccando un altro sentiero. Ben deciso a mettere una bella distanza tra sé e gli Schiopodi, Harry riprese a correre. Poi, voltò un angolo e vide…
    Un Dissennatore avanzava scivolando verso di lui. Alto tre metri e mezzo, il volto nascosto dal cappuccio, le mani putrescenti e coperte di croste tese davanti a sé, si faceva strada alla cieca verso di lui. Harry ne udì il respiro simile a un rantolo; si sentì invadere da un gelo appiccicoso, ma sapeva che cosa doveva fare…
    Evocò il pensiero più felice che poté, si concentrò con tutte le sue forze sul pensiero di uscire dal labirinto e festeggiare con Ron e Hermione, levò la bacchetta e urlò: «Expecto Patronum!»
    Un cervo d’argento sbucò dalla punta della bacchetta di Harry e avanzò al galoppo verso il Dissennatore, che cadde indietro e s’impigliò nell’orlo della veste… Harry non aveva mai visto un Dissennatore inciampare.
    «Aspetta!» gridò, avanzando nella scia del suo Patronus d’argento, «tu sei un Molliccio! Riddikulus!»
    Si udì un colpo secco e forte, e la figura esplose in un fil di fumo. Il cervo d’argento svanì. Harry avrebbe voluto che restasse con lui, gli avrebbe fatto bene un po’ di compagnia… avanzò più rapidamente e silenziosamente possibile, le orecchie tese, la bacchetta di nuovo alta.
    Sinistra… destra… ancora sinistra… due volte si trovò in un vicolo cieco. Rifece l’Incanto Quattro Punti, e scoprì che stava andando troppo a est. Fece dietrofront, svoltò a destra, e vide una strana nebbiolina dorata aleggiare davanti a lui.
    Harry si avvicinò cautamente, la bacchetta puntata. Sembrava una qualche sorta di incantesimo. Si chiese se sarebbe stato capace di sbarazzarsene facendolo saltare per aria.
    «Reducto!» esclamò.
    La formula magica schizzò nella nebbiolina, lasciandola intatta. Si disse che avrebbe dovuto saperlo; l’Incantesimo Reductor funzionava con gli oggetti solidi. Che cosa sarebbe successo se avesse attraversato la nebbia? Valeva la pena di tentare, o doveva tornare sui suoi passi?
    Era ancora incerto quando un grido lacerò il silenzio.
    «Fleur!» gridò Harry.
    Silenzio. Si guardò attorno. Che cosa le era accaduto? Il grido sembrava provenire da un punto più avanti. Trasse un profondo respiro e si tuffò nella nebbiolina incantata.
    Il mondo si rovesciò. Harry penzolava dal suolo, coi capelli dritti, gli occhiali che minacciavano di cadere nel cielo senza fondo. Harry se li ricacciò sul naso e rimase lì a ciondolare, terrorizzato. Era come avere i piedi incollati all’erba. Sotto di lui il cielo scuro trapunto di stelle si stendeva all’infinito. Aveva la sensazione che se solo avesse cercato di muovere un piede, si sarebbe staccato per sempre dal terreno.
    Pensa, si disse, mentre gli andava il sangue alla testa, pensa…
    Ma nessuno degli incantesimi che aveva provato era progettato per opporsi a un improvviso scambio tra cielo e terra. Avrebbe osato spostare il piede? Sentiva il sangue pulsare nelle orecchie. Aveva due possibilità: o cercare di muoversi, o sparare in alto scintille rosse, farsi tirar fuori dal Labirinto ed essere squalificato.
    Chiuse gli occhi per non vedere il cielo senza fondo e staccò con decisione il piede dal soffitto d’erba.
    All’improvviso il mondo si raddrizzò. Harry cadde sulle ginocchia, sul terreno meravigliosamente solido. Per un attimo si senti molle dallo spavento. Respirò profondamente per calmarsi, poi si rialzò e corse avanti, guardandosi indietro mentre usciva dalla nebbiolina dorata, che scintillava innocente al chiaro di luna.
    Si fermò a un incrocio e si guardò intorno, cercando qualche traccia di Fleur. Era sicuro che fosse stata lei a urlare. In cosa si era imbattuta? Stava bene? Non c’era segno di scintille rosse: significava che se l’era cavata, o che era nei guai al punto da non riuscire a recuperare la bacchetta? Harry imboccò il sentiero a destra con una sensazione di crescente disagio… ma nello stesso tempo non riuscì a non pensare un campione di meno…
    La Coppa era da qualche parte nelle vicinanze, e a quel che pareva Fleur non era più in gara. Era arrivato fino a lì, no? E se fosse davvero riuscito a vincere? Fugacemente, e per la prima volta da quando si era ritrovato tra i campioni, si vide di nuovo alzare la Coppa Tremaghi davanti al resto della scuola…
    Non incontrò nulla per dieci minuti, tranne vicoli ciechi. Due volte prese la stessa direzione sbagliata. Alla fine trovò un nuovo percorso e lo imboccò di corsa. La luce della bacchetta sobbalzava, agitando e deformando la sua ombra sulle pareti di siepe. Poi girò un altro angolo e si trovò davanti a uno Schiopodo Sparacoda.
    Cedric aveva ragione: era proprio enorme. Lungo tre metri, sembrava più che altro uno scoipione gigante. Il suo lungo pungiglione era inarcato sopra la schiena. La spessa corazza brillò alla luce della bacchetta di Harry, che gliela puntò contro.
    «Stupeficium!»
    L’incantesimo colpì la corazza dello Schiopodo, e rimbalzò indietro; Harry si chinò appena in tempo, ma sentì odore di capelli bruciati: gli aveva strinato la testa. Lo Schiopodo emise un lampo di fuoco dalla coda, e gli si scagliò addosso.
    «Impedimenta!» strillò Harry. L’incantesimo colpì di nuovo la corazza dello Schiopodo e rimbalzò indietro; Harry arretrò barcollando di qualche passo e inciampò. «IMPEDIMENTA!»
    A pochi centimetri da lui, lo Schiopodo si fermò di colpo: Harry l’aveva colpito al ventre molle e indifeso. Ansante, si allontanò da lui e corse nella direzione opposta: l’Incantesimo di Ostacolo non era permanente, lo Schiopodo avrebbe riguadagnato l’uso delle zampe da un momento all’altro.
    Prese un sentiero a sinistra, e finì in un vicolo cieco, uno a destra, e finì in un altro vicolo cieco: si costrinse a fermarsi, col cuore che martellava in petto, formulò l’Incanto Quattro Punti, tornò sui suoi passi e scelse un sentiero che lo avrebbe portato a nord-ovest.
    Correva da qualche minuto quando udì qualcosa nel sentiero parallelo oltre la siepe, qualcosa che lo fece fermare di botto.
    «Che cosa fai?» urlò la voce di Cedric. «Che cosa diavolo credi di fare?»
    E poi Harry sentì la voce di Krum.
    «Crucio!»
    L’aria si riempì all’improvviso delle urla di Cedric. Atterrito, Harry scattò in avanti, cercando di trovare un passaggio per raggiungere Cedric. Quando capì che non ce n’erano, ritentò con l’Incantesimo Reductor. Non fu molto efficace, ma bruciò un buchetto nella siepe, in cui Harry fece passare a forza la gamba, prendendo a calci i fitti rovi e i rami finché non si spezzarono; s’infilò a fatica nel varco, strappandosi la veste, e guardando a destra vide Krum incombere su Cedric, che sussultava e si contorceva al suolo.
    Harry si rialzò e puntò la bacchetta contro Krum proprio mentre questi alzava lo sguardo. Krum si voltò e cominciò a correre.
    «Stupeficium!»
    L’incantesimo colpì Krum alla schiena; si bloccò all’improvviso, cadde in avanti e giacque immobile a faccia in giù nell’erba. Harry raggiunse di corsa Cedric, che aveva smesso di contorcersi, ed era disteso, col respiro affannato e le mani sul viso.
    «Stai bene?» disse Harry in tono brusco, afferrandolo per un braccio.
    «Sì» rispose Cedric ansimando. «Sì… non posso crederci… mi è strisciato alle spalle… l’ho sentito, mi sono voltato e aveva la bacchetta puntata contro di me…»
    Cedric si alzò. Era ancora scosso da un tremito. Lui e Harry guardarono Krum a terra.
    «Non posso crederci… credevo che fosse a posto» disse Harry, fissando allibito Krum.
    «Anch’io» disse Cedric.
    «Prima hai sentito Fleur urlare?» chiese Harry.
    «Sì» rispose Cedric. «Pensi che Krum abbia preso anche lei?»
    «Non lo so» disse Harry lentamente.
    «Dobbiamo lasciarlo qui?» borbottò Cedric.
    «No» disse Harry. «Credo che dovremmo sparare delle scintille rosse. Qualcuno verrà a prenderlo… altrimenti è probabile che finisca in pasto a uno Schiopodo».
    «Se lo meriterebbe» mormorò Cedric, ma levò la bacchetta e sparò uno spruzzo di scintille rosse, che rimasero sospese in alto sopra Krum, indicando il luogo in cui si trovava.
    Harry e Cedric rimasero vicini nell’oscurità per un momento, guardandosi attorno. Poi Cedric disse: «Be’… credo che sia meglio andare avanti…»
    «Cosa?» disse Harry. «Oh… sì… certo…»
    Fu una sensazione strana. Per un attimo lui e Cedric si erano alleati contro Krum: ora entrambi si ricordarono di essere avversari. Avanzarono lungo il sentiero oscuro senza parlare, poi Harry prese a sinistra e Cedric a destra. Il rumore dei suoi passi ben presto svanì.
    Harry avanzò, e ricorse più volte all’Incanto Quattro Punti per essere sicuro di andare nella direzione giusta. Ora si giocava tutto tra lui e Cedric. Il suo desiderio di arrivare alla Coppa per primo era più bruciante che mai, ma non riusciva a credere a ciò che aveva appena visto fare a Krum. L’uso di una Maledizione Senza Perdono su un proprio simile, un essere umano, significava la condanna a vita ad Azkaban, cosi aveva detto Moody. Krum non poteva certo desiderare la Coppa Tremaghi cosi ardentemente… Harry accelerò.
    Ogni tanto imboccava altre strade senza uscita, ma l’oscurità sempre più fitta gli dava la certezza di essere vicino al centro del labirinto. Poi, mentre percorreva un lungo sentiero dritto, colse di nuovo un movimento, e il raggio della sua bacchetta cadde su una creatura straordinaria, che aveva visto solo disegnata nel Libro Mostro dei Mostri.
    Era una sfinge. Aveva il corpo di un leone molto grosso, enormi zampe dotate di artigli, e una lunga coda giallastra che terminava con un ciuffo marrone. La testa, invece, era di donna. Puntò gli occhi a mandorla su Harry mentre quest’ultimo si avvicinava. Lui levò la bacchetta, esitante. Non era rannicchiata come per balzare, ma misurava il sentiero a grandi passi, sbarrandogli la strada.
    Poi parlò, con voce rauca e profonda. «Sei molto vicino al tuo obiettivo. La via più breve è dopo di me».
    «Quindi… quindi puoi spostarti, per favore?» disse Harry, che conosceva già la risposta.
    «No» rispose, continuando ad andare avanti e indietro. «A meno che tu non risolva il mio enigma. Se rispondi al primo tentativo, ti lascerò passare. Se sbagli, ti attaccherò. Se rimani in silenzio, ti lascerò andar via illeso».
    Lo stomaco di Harry si contrasse. Hermione era brava in quel genere di cose, non lui. Soppesò le possibilità: se l’enigma era troppo difficile, poteva starsene zitto, andarsene via illeso e cercare di trovare un percorso alternativo per il centro.
    «Va bene» disse. «Posso ascoltare l’enigma?»
    La sfinge sedette sulle zampe posteriori, proprio al centro del sentiero, e recitò:
    La mia prima è la terza di passione, e tre ne vuole la sottomissione, la seconda è colei che, amica o amante, del cuore è la compagnia costante, la terza è un albero dalla chioma folta, nobile ramo di foresta incolta. Ora unisci le tre e dimmi, o tu, viandante: nero, sei zampe, sporco e ripugnante, veramente baciarlo è cosa grama. Sai ora dirmi come esso si chiama?
    Harry la guardò a bocca aperta.
    «Potresti ripeterlo… più lentamente?» chiese esitante.
    Lei batté le palpebre, sorrise e ripeté la poesia.
    «Tutti gli indizi si sommano dando una creatura che non mi piacerebbe baciare?» chiese Harry.
    La creatura si limitò a sorridere il suo sorriso misterioso. Harry lo considerò un sì. Si mise a riflettere. C’erano moltissimi animali che non avrebbe baciato volentieri; il primo che gli venne in mente fu uno Schiopodo Sparacoda, ma qualcosa gli disse che non era quella la risposta. Doveva cercare di risolvere l’enigma un pezzo alla volta…
    «La prima è la terza di passione… sottomissione ne ha tre… aspetta… “S”! E poi… amica o amante… no… non lo so proprio… puoi ripetermi il terzo indovinello?»
    La sfinge gli recitò la terza parte dell’enigma.
    «Un albero… nobile ramo… quercia? No, impossibile… tasso? S-tasso? Non vuol dire niente… E com’era la fine?»
    La sfinge, paziente, ripeté gli ultimi quattro versi.
    «Nero… ripugnante… Un ragno? No, quello di zampe ne ha otto… Un insetto… baciarlo è cosa grama… Ma sì! Se l’albero è il faggio… Scarafaggio!»
    La sfinge gli rivolse un sorriso più ampio. Si alzò, stiracchiò le zampe anteriori e poi si spostò per lasciarlo passare.
    «Grazie!» esclamò Harry, e scattò in avanti, stupito della propria abilità.
    Ormai doveva essere vicino, doveva… la bacchetta gli diceva che era proprio sulla strada giusta; se non incontrava nulla di troppo orrendo, forse aveva anche una possibilità…
    In fondo c’era un bivio. «Guidami!» sussurrò di nuovo alla bacchetta, che ruotò sulla sua mano e gli indicò il sentiero a destra. Lo imboccò rapido e vide una luce davanti a sé.
    La Coppa Tremaghi scintillava eretta su un piedistallo a un centinaio di metri. Harry si era appena messo a correre quando una sagoma scura sbucò davanti a lui sul sentiero.
    Cedric sarebbe arrivato prima. Correva come il vento, verso la Coppa, e Harry capi che non lo avrebbe mai raggiunto. Cedric era molto più alto, aveva le gambe molto più lunghe…
    Poi Harry vide qualcosa di immenso torreggiare su una siepe alla sua sinistra, qualcosa che si muoveva rapido lungo un sentiero che incrociava il suo; avanzava così in fretta che Cedric stava per urtarlo, e poiché aveva gli occhi fissi sulla Coppa, non l’aveva visto…
    «Cedric!» urlò Harry. «A sinistra!»
    Cedric si voltò a guardare appena in tempo per evitare l’urto e gettarsi oltre la cosa, ma inciampò nello slancio. La bacchetta gli sfuggì di mano, mentre un ragno gigantesco calava sul sentiero e avanzava verso di lui.
    «Stupeficium!» gridò Harry. L’incantesimo colpì il mostruoso corpo nero e peloso, ma per l’effetto che ebbe avrebbe anche potuto tirargli un sasso; il ragno sobbalzò, si voltò zampettando e puntò diritto su di lui.
    «Stupeficium! Impedimenta! Stupeficium!»
    Ma non servì a nulla: il ragno era così grosso o così magico che gli incantesimi riuscivano solo a rallentarlo. Harry ebbe un’orrenda visione di otto occhi neri scintillanti e tenaglie come rasoi prima che gli fosse addosso.
    Il ragno lo afferrò tra le zampe anteriori e lo sollevò in aria. Harry lottò furiosamente cercando di prenderlo a calci; la sua gamba urtò contro le tenaglie e un attimo dopo provò un dolore terribile. Udì Cedric urlare a sua volta «Stupeficium!», ma il suo incantesimo non ebbe effetto… Poi, mentre il ragno spalancava di nuovo le tenaglie, Harry levò la bacchetta ed esclamò: «Expelliarmus!»
    Funzionò. L’Incantesimo di Disarmo costrinse il ragno a lasciarlo andare, ma con questo Harry cadde da un’altezza di quasi quattro metri sulla gamba già ferita, che si piegò sotto il suo peso. Senza fermarsi a riflettere, mirò dritto all’addome del ragno, come aveva fatto con lo Schiopodo, e urlò «Stupeficium!» contemporaneamente a Cedric.
    I due incantesimi insieme riuscirono dove uno solo aveva fallito: il ragno si rovesciò su un fianco, schiacciando una siepe e invadendo il sentiero con un groviglio di zampe pelose.
    «Harry!» gridò Cedric. «Tutto bene? Ti è caduto addosso?»
    «No» rispose Harry, ansimando. Si guardò la gamba: sanguinava parecchio. Vide una sorta di spessa sostanza collosa emessa dalle tenaglie del ragno sulla veste strappata. Cercò di alzarsi, ma la gamba gli tremava violentemente e non riusciva a sostenere il suo peso. Si appoggiò alla siepe, cercando di prendere fiato, e si guardò intorno.
    Cedric era a pochi metri dalla Coppa Tremaghi, che brillava alle sue spalle.
    «Prendila, dai» ansimò Harry. «Avanti, prendila. Ormai ci sei».
    Ma Cedric non si mosse. Rimase lì a guardare Harry. Poi si voltò verso la Coppa: nel riverbero dorato, Harry lo vide contemplare il trofeo con un’espressione di intenso desiderio. Cedric tornò a guardare Harry, che si era aggrappato alla siepe per rimanere in piedi e sospirò profondamente.
    «Prendila tu. Tu devi vincere. È la seconda volta che mi salvi la vita qui dentro».
    «Non è così che funziona» rispose Harry. Era arrabbiato; la gamba gli faceva un male tremendo, aveva tutto il corpo dolorante a causa della lotta con il ragno, e dopo tutti i suoi sforzi, Cedric l’aveva battuto, proprio come l’aveva battuto nell’invitare Cho al ballo. «Il primo che raggiunge la Coppa prende i punti. E quello sei tu. Ti assicuro che con questa gamba non vincerò nessuna corsa».
    Cedric fece qualche passo verso il ragno, allontanandosi dalla Coppa, e scosse la testa.
    «No» disse.
    «Smettila di essere nobile» disse Harry irritato. «Prendila e basta, così possiamo uscire di qui».
    Cedric osservò Harry raddrizzarsi, tenendosi stretto alla siepe.
    «Tu mi hai detto dei draghi» disse Cedric. «Sarei crollato alla prima prova se non mi avessi detto che cosa mi aspettava».
    «Anch’io sono stato aiutato, allora» sbottò Harry, cercando di asciugarsi con la veste la gamba insanguinata. «Tu mi hai aiutato con l’uovo… siamo pari».
    «Sì, ma qualcuno mi aveva già detto dell’uovo» disse Cedric.
    «Siamo sempre pari» insisté Harry, provando con cautela ad appoggiare la gamba ma la sentì tremare violentemente: quando il ragno lo aveva lasciato cadere si era storto la caviglia.
    «Tu avresti dovuto prendere più punti per la seconda prova» disse Cedric ostinato. «Sei rimasto indietro per salvare tutti gli ostaggi. Avrei dovuto farlo io».
    «Io sono stato l’unico a essere così stupido da prendere sul serio quella canzone!» esclamò Harry amaramente. «Avanti, prendi la Coppa!»
    «No» disse Cedric.
    Scavalcò le zampe aggrovigliate del ragno per avvicinarsi a Harry, che lo guardò stupito. Cedric diceva sul serio. Stava voltando le spalle a quella gloria che la casa di Tassorosso non conosceva da secoli.
    «Vai tu» disse. Sembrava che ciò gli stesse costando fino all’ultima goccia di determinazione, ma aveva il volto risoluto, le braccia incrociate, e sembrava deciso.
    Harry spostò lo sguardo da Cedric alla Coppa. Per un luminoso istante, si vide uscire dal labirinto reggendola tra le braccia. Si vide levare in alto la Coppa Tremaghi, udì il ruggito della folla, vide il viso di Cho radioso di ammirazione, più nitido di quanto non l’avesse mai visto… e poi l’immagine sbiadì, e si ritrovò a fissare l’ostinato volto in ombra di Cedric.
    «Tutti e due» disse Harry.
    «Come?»
    «La prenderemo nello stesso istante. È sempre una vittoria di Hogwarts. Finiremo alla pari».
    Cedric lo guardò stupefatto. Allargò le braccia. «Sei… sei sicuro?»
    «Sì» rispose Harry. «Sì… ci siamo dati una mano a uscirne, no? Siamo arrivati fin qui tutti e due. Prendiamola insieme, e basta».
    Per un attimo, Cedric parve non credere alle sue orecchie; poi sorrise, raggiante.
    «Va bene» disse. «Dai, vieni».
    Sostenne Harry e lo aiutò ad avvicinarsi zoppicando al piedistallo che reggeva la Coppa. Quando l’ebbero raggiunto, tesero una mano ognuno verso i manici scintillanti.
    «Al tre, d’accordo?» disse Harry. «Uno… due… tre…»
    Afferrarono i manici della Coppa.
    Immediatamente Harry avvertì uno strappo in un punto imprecisato dietro l’ombelico. I suoi piedi si erano staccati da terra. Non riuscì ad aprire la mano che stringeva la Coppa Tremaghi; il trofeo lo trascinava in alto, in un ululato di vento e in un vortice di colori, con Cedric al suo fianco.
Capitolo PrecedenteCapitolo Successivo