Voldemort distolse lo sguardo da Harry, e prese a esaminare il proprio corpo. Le mani erano come grossi, pallidi ragni; le lunghe dita bianche sfiorarono il petto, le braccia, il viso; gli occhi rossi dalle pupille verticali come quelle di un gatto scintillarono ancor più vivi nell’oscurità. Alzò le mani e fletté le dita, l’espressione rapita e trionfante. Non badò affatto a Codaliscia, che giaceva a terra contorcendosi e sanguinando, né al grosso serpente, che era tornato strisciando e girava di nuovo attorno a Harry, sibilando. Voldemort fece scivolare una di quelle sue mani dalle dita innaturalmente lunghe in una tasca profonda, ed estrasse una bacchetta. Sfiorò anch’essa con dolcezza; e poi la levò, e la puntò contro Codaliscia, che fu sollevato da terra e scagliato contro la pietra tombale a cui era legato Harry, cadde vicino alla base e rimase lì accasciato a piangere. Voldemort rivolse gli occhi scarlatti verso Harry e rise, una risata acuta, fredda, senza gioia.
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La veste di Codaliscia in cui aveva fasciato il moncherino ora luccicava di sangue. «Mio signore…» disse con voce soffocata, «mio signore… avevate promesso… avevate promesso…»
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«Fuori il braccio» disse Voldemort pigramente.
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«Oh, padrone… grazie, padrone…»
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Tese il moncherino sanguinante, ma Voldemort rise di nuovo. «L’altro braccio, Codaliscia».
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«Padrone, per favore… per favore…»
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Voldemort si chinò, e afferrò il braccio sinistro di Codaliscia; gli spinse la manica della veste oltre il gomito e Harry vide qualcosa sulla pelle, qualcosa di simile a un tatuaggio di un rosso vivo — un teschio, con un serpente che sbucava dalla bocca — la stessa immagine che era comparsa nel cielo alla Coppa del Mondo di Quidditch: il Marchio Nero. Voldemort lo studiò attentamente, ignorando il pianto incontrollabile di Codaliscia.
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«È tornato» disse piano, «se ne saranno accorti tutti… e ora vedremo… ora sapremo…»
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Premette il lungo indice bianco sul segno sopra il braccio di Codaliscia.
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Harry provò di nuovo una fitta d’intenso dolore alla cicatrice, e Codaliscia emise un altro gemito: Voldemort tolse il dito dal Marchio, e Harry vide che era diventato nero come il giaietto.
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Con un’espressione di feroce soddisfazione, Voldemort si rialzò, gettò indietro la testa e osservò il cimitero nell’ombra.
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«Quanti avranno il coraggio di tornare quando lo sentiranno?» sussurrò, i lucenti occhi rossi fissi alle stelle. «E quanti saranno così sciocchi da rimanere lontani?»
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Prese a camminare avanti e indietro davanti a Harry e Codaliscia, mentre i suoi occhi percorrevano il camposanto. Dopo un minuto circa, guardò di nuovo Harry, con un sorriso crudele che gli deformava il volto di serpente.
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«Tu ti trovi, Harry Potter, sui resti di mio padre» sibilò dolcemente. «Un Babbano e uno sciocco… molto simile alla tua cara madre. Ma entrambi hanno avuto la loro utilità, vero? Tua madre è morta per difenderti quando eri un bambino… e io ho ucciso mio padre, e vedi come si è dimostrato utile, da morto…»
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Voldemort rise ancora. Andò avanti e indietro, guardandosi intorno, mentre il serpente continuava a strisciare in tondo nell’erba.
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«La vedi quella casa sulla collina, Potter? Mio padre viveva lassù. Mia madre, una strega che abitava in questo villaggio, s’innamorò di lui. Ma lui la abbandonò quando lei gli rivelò chi era… non piaceva la magia, a mio padre…
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«La lasciò e tornò dai suoi genitori Babbani prima che io nascessi, Potter, e lei morì dandomi alla luce, e così fui allevato in un orfanotrofio Babbano… ma promisi di ritrovarlo… mi vendicai di lui, di quello sciocco che mi aveva dato il suo nome… Tom Riddle…»
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Continuò a camminare, gli occhi rossi che saettavano da una tomba all’altra.
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«Ma senti un po’, eccomi qui a rievocare la storia della mia famiglia…» disse piano. «Davvero, sto diventando sentimentale… Ma guarda, Harry! La mia vera famiglia è di ritorno…»
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L’aria si riempì all’improvviso del fruscio di mantelli. Tra le tombe, dietro il tasso, in ogni angolo in ombra, si Materializzavano maghi. Erano tutti incappucciati e mascherati. E uno a uno si fecero avanti… lenti, cauti, come se non credessero ai loro occhi. Voldemort rimase in silenzio, in attesa. Poi uno dei Mangiamorte cadde in ginocchio, arrancò verso Voldemort, e baciò l’orlo della sua nera veste.
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«Padrone… padrone…» mormorò.
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I Mangiamorte alle sue spalle fecero lo stesso: ciascuno si avvicinò a Voldemort avanzando sulle ginocchia e gli baciò la veste, prima di alzarsi e ritrarsi in un cerchio silenzioso con al centro la tomba di Tom Riddle, Harry, Voldemort, e il fagotto singhiozzante e fremente che era Codaliscia. Però lasciarono dei vuoti nel cerchio, come in attesa di altre persone. Voldemort, invece, aveva l’aria di non aspettarsi l’arrivo di altri. Guardò i volti incappucciati, e anche se non c’era vento, un fruscio parve diffondersi nel cerchio, scosso da un tremito improvviso.
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«Benvenuti, Mangiamorte» disse Voldemort piano. «Tredici anni… tredici anni dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Eppure rispondete alla mia chiamata come se fosse ieri… siamo ancora uniti sotto il Marchio Nero, allora! Vero?»
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Riprese il suo cipiglio orribile e annusò, allargando le narici a fessura.
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«Sento l’odore della colpa» disse. «C’è un puzzo di colpa nell’aria».
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Un secondo brivido percorse il cerchio, come se ognuno desiderasse arretrare ma non osasse farlo.
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«Vi vedo tutti, sani e immutati, con i vostri poteri intatti — che apparizione tempestiva, la vostra! — e mi chiedo… perché questa banda di maghi non è mai venuta in aiuto del suo padrone, al quale aveva giurato eterna lealtà?»
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Nessuno parlò. Nessuno si mosse tranne Codaliscia, che era a terra e continuava a singhiozzare sul braccio sanguinante.
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«E mi rispondo» sussurrò Voldemort «che devono avermi creduto sconfitto, hanno pensato che fossi perduto. Sono tornati nelle file dei miei nemici, e si sono dichiarati innocenti, e ignoranti, e stregati…
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«E poi mi chiedo: ma come hanno potuto credere che non sarei risorto? Loro, che conoscevano le misure che ho preso, tempo fa, per proteggermi dalla morte dei mortali? Loro, che avevano visto le prove dell’immensità del mio potere, ai tempi in cui ero più grande di ogni altro mago vivente?
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«E mi rispondo: forse hanno creduto che potesse esistere un potere ancora più grande, tale da poter vincere perfino il Signore Voldemort… forse ora sono fedeli a un altro… forse a quel paladino dei comuni mortali, dei Mezzibabbani e dei Babbani, Albus Silente?»
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Nell’udire il nome di Silente, i membri del cerchio si agitarono, e alcuni borbottarono e scossero il capo.
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Voldemort li ignorò. «È una delusione per me… mi confesso deluso…»
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Uno degli uomini all’improvviso si gettò in avanti, spezzando il cerchio. Tremando da capo a piedi, si accasciò ai piedi di Voldemort.
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«Padrone!» strillò. «Padrone, perdonami! Perdona tutti noi!»
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Voldemort scoppiò a ridere. Alzò la bacchetta. «Crucio!»
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Il Mangiamorte a terra si contorse e urlò; Harry era certo che la sua voce avrebbe raggiunto le case nelle vicinanze… fa’ che arrivi la polizia, pensò disperato… chiunque… qualunque cosa…
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Voldemort levò la bacchetta. Il Mangiamorte torturato rimase a terra, boccheggiante.
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«Alzati, Avery» disse dolcemente Voldemort. «Alzati. Tu chiedi perdono? Io non perdono. Io non dimentico. Tredici lunghi anni… voglio essere ripagato di tredici anni prima di perdonarvi. Codaliscia, qui, ha già pagato parte del suo debito, vero, Codaliscia?»
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Guardò in giù, verso Codaliscia che singhiozzava.
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«Tu sei tornato da me non per lealtà, ma per paura dei tuoi vecchi amici. Ti meriti questo dolore, Codaliscia. Lo sai, vero?»
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«Sì, padrone» mugolò Codaliscia, «per favore, padrone… per favore…»
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«Però mi hai aiutato a tornare nel mio corpo» proseguì freddamente Voldemort. «Buono a nulla e fedifrago come sei, mi hai aiutato… e il Signore Voldemort ricompensa chi lo aiuta…»
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Voldemort levò di nuovo la bacchetta e la fece ruotare in aria. Una striscia di ciò che pareva argento fuso aleggiò lucente nella scia della bacchetta. Per un istante rimase informe, si contorse e poi si addensò nella copia di una mano umana, splendente come la luce della luna, che discese e si innestò sul polso sanguinante di Codaliscia. I singhiozzi cessarono all’improvviso: con il respiro aspro e irregolare, Codaliscia alzò la testa e fissò incredulo la mano d’argento, ora invisibilmente saldata al braccio, come fosse un guanto. Piegò le dita lucenti, poi, tremando, raccolse un rametto dal suolo e lo ridusse in polvere.
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«Mio signore» sussurrò. «Signore… è bella… grazie… grazie…»
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Avanzò goffamente sulle ginocchia e baciò l’orlo della veste di Voldemort.
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«Che la tua fedeltà non abbia mai più a vacillare, Codaliscia» disse Voldemort.
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«No, mio signore… mai più, mio signore…»
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Codaliscia si alzò e prese posto nel cerchio, fissando la sua potente mano nuova, il volto ancora lucente di lacrime. Voldemort si avvicinò all’uomo alla destra di Codaliscia.
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«Lucius, mio viscido amico» mormorò, fermandosi di fronte a lui. «Mi dicono che non hai ripudiato le vecchie abitudini, anche se davanti al mondo presenti un volto rispettabile. Sei ancora pronto a prendere il comando in una battuta di caccia al Babbano, suppongo. Eppure non hai mai cercato di trovarmi, Lucius… le tue imprese alla Coppa del Mondo di Quidditch sono state divertenti, oserei dire… ma le tue energie non sarebbero state meglio indirizzate nel trovare e nel sostenere il tuo padrone?»
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«Mio signore, sono stato costantemente all’erta» disse pronta la voce di Lucius Malfoy da sotto il cappuccio. «Se vi fosse stato un segnale da parte vostra, una qualche voce su dove vi trovavate, sarei stato immediatamente al vostro fianco, nulla mi avrebbe potuto impedire…»
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«Eppure sei fuggito davanti al mio Marchio, quando un Mangiamorte fedele l’ha inviato in cielo la scorsa estate» rispose Voldemort con voce melliflua, e Malfoy tacque all’improvviso. «Si, so tutto, Lucius… mi hai deluso… mi aspetto un servizio più leale in futuro».
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«Ma certo, mio signore, ma certo… siete generoso, grazie…»
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Voldemort avanzò, e si fermò a scrutare il vuoto — abbastanza grande da contenere due persone — che separava Malfoy dall’uomo successivo.
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«I Lestrange dovrebbero trovarsi qui» disse piano Voldemort. «Ma sono sepolti vivi ad Azkaban. Sono stati fedeli. Sono finiti ad Azkaban piuttosto che rinnegarmi… quando le porte di Azkaban verranno spalancate, i Lestrange riceveranno onori oltre l’immaginabile. I Dissennatori si uniranno a noi… sono i nostri naturali alleati… richiameremo i giganti messi al bando… vedrò tornare a me i miei devoti servitori, e un esercito di creature temute da tutti…»
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Avanzò ancora. Oltrepassò in silenzio alcuni dei Mangiamorte, ma davanti ad altri si fermò, e si rivolse loro.
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«Macnair… ora fai a pezzi bestie pericolose per il Ministero della Magia, mi dice Codaliscia… Presto avrai vittime migliori, Macnair. Il Signore Voldemort te le offrirà…»
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«Grazie, padrone… grazie» mormorò Macnair.
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«E qui» Voldemort si avvicinò alle sagome incappucciate più robuste, «abbiamo Tiger… ti comporterai meglio questa volta, vero, Tiger? E tu, Goyle?»
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I due fecero un goffo inchino e borbottarono ottusamente.
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«Sì, padrone…»
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«Certo, padrone…»
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«Lo stesso vale per te, Nott» continuò piano Voldemort oltrepassando una figura curva all’ombra di Goyle.
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«Mio signore, io mi prostro davanti a voi, sono il vostro più fedele…»
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«Basta così» disse Voldemort.
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Aveva raggiunto lo spazio più grande, e si fermò a osservarlo con i rossi occhi vuoti, come se potesse vedere delle persone lì ritte.
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«E qui abbiamo sei Mangiamorte assenti… tre morti per servirmi. Uno troppo vile per fare ritorno… la pagherà. Uno che credo mi abbia lasciato per sempre… verrà ucciso, naturalmente… e uno, il mio servo più fedele, che è già rientrato al mio servizio».
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I Mangiamorte si agitarono; Harry vide i loro occhi dardeggiare di lato per guardarsi a vicenda attraverso le maschere.
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«Si trova a Hogwarts, quel servo fedele, ed è stato grazie ai suoi sforzi che il nostro giovane amico è arrivato stasera…
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«Sì» proseguì Voldemort, con un ghigno che gli arricciava la bocca priva di labbra, mentre gli occhi di tutti saettavano verso Harry. «Harry Potter si è graziosamente unito a noi per la festa della mia rinascita. Ci si potrebbe perfino azzardare a definirlo il mio ospite d’onore».
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Silenzio. Poi il Mangiamorte alla destra di Codaliscia fece un passo avanti, e la voce di Lucius Malfoy risuonò da sotto la maschera.
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«Padrone, siamo avidi di sapere… vi supplichiamo di dirci… come siete riuscito a compiere questo… questo miracolo… come avete potuto tornare tra noi…»
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«Ah, che gran bella storia è questa, Lucius» disse Voldemort. «E comincia… e finisce… con il mio giovane amico qui».
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Si avvicinò a passi indolenti a Harry, così che gli occhi di tutti i componenti del cerchio furono puntati su di loro. Il serpente continuò a strisciare intorno.
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«Sapete, naturalmente, che hanno definito questo ragazzo la mia caduta?» disse dolcemente Voldemort, gli occhi rossi fissi su Harry. La cicatrice prese a fargli così male che quasi urlò dal dolore. «Sapete tutti che la notte in cui persi i miei poteri e il mio corpo avevo cercato di ucciderlo. Sua madre morì nel tentativo di salvarlo… e senza volerlo gli fornì una protezione che, lo ammetto, non avevo previsto… non riuscii a toccare il bambino».
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Voldemort alzò una delle lunghe dita bianche e la avvicinò alla guancia di Harry. «Sua madre lasciò su di lui le tracce del suo sacrificio… è magia antica, avrei dovuto ricordarmela, fui uno sciocco a non pensarci… ma non importa. Ora posso toccarlo».
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Harry avvertì la punta fredda del lungo dito bianco che lo toccava, e credette che la testa gli esplodesse dal dolore.
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Voldemort scoppiò in una risatina dolce al suo orecchio, poi tolse il dito e continuò a parlare, rivolto ai Mangiamorte. «Avevo fatto male i miei conti, amici miei, lo ammetto. Il mio maleficio fu deviato dall’insensato sacrificio di quella donna, e mi rimbalzò contro. Fui strappato via dal mio corpo, diventai meno che spirito, meno del più miserabile fantasma… eppure ero vivo. Che cosa fossi, nemmeno io lo so… Io, che mi sono spinto più in là di ogni altro sul sentiero che conduce all’immortalità. Conoscete il mio obiettivo: dominare la morte. E allora fui messo alla prova, e a quanto pare uno o più dei miei esperimenti funzionarono… perché non ero morto, anche se il maleficio avrebbe dovuto uccidermi. Comunque, ero inerme come la più debole creatura, e non potevo fare nulla… perché non avevo corpo, e qualunque incantesimo in grado di aiutarmi richiedeva l’uso di una bacchetta…
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«Ricordo solo di aver costretto infinitamente me stesso, istante dopo istante, senza mai dormire, a esistere… Presi dimora in un luogo remoto, in una foresta, e aspettai… certo uno dei miei fedeli Mangiamorte avrebbe cercato di ritrovarmi… uno di loro sarebbe venuto a compiere la magia a me impossibile, a restituirmi un corpo… ma attesi invano…»
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Il brivido percorse di nuovo il circolo di Mangiamorte in ascolto. Voldemort lasciò che il silenzio incombesse spaventoso su di loro prima di riprendere. «Mi era rimasto solo un potere. Potevo impossessarmi dei corpi altrui. Ma non osavo andare dove altri umani erano numerosi, perché sapevo che gli Auror erano ancora all’estero, impegnati a cercarmi. A volte abitavo gli animali — i serpenti, naturalmente, erano i miei preferiti — ma non stavo molto meglio dentro di loro che in forma di puro spirito, perché i loro corpi erano poco adatti a compiere magie… e quando li possedevo ciò abbreviava loro la vita; nessuno è durato a lungo…
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«Poi… quattro anni fa… i mezzi per il mio ritorno parvero assicurati. Un mago — giovane, sciocco e ingenuo — attraversò la mia strada vagando nella foresta che avevo eletto a mia abitazione. Oh, parve proprio l’opportunità che sognavo… perché lui insegnava alla scuola di Silente… fu facile piegarlo al mio volere… mi riportò in questo paese, e dopo un po’ presi possesso del suo corpo, per sorvegliarlo da vicino mentre eseguiva i miei ordini. Ma il mio piano fallì. Non riuscii a rubare la Pietra Filosofale. Non sarei riuscito ad assicurarmi l’immortalità. Fui ostacolato… ostacolato ancora una volta da Harry Potter…»
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Di nuovo silenzio; nulla si muoveva, nemmeno le foglie del tasso. I Mangiamorte erano immobili, gli occhi lucenti nelle maschere puntati su Voldemort, e su Harry.
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«Il servo morì quando lasciai il suo corpo, e mi ritrovai debole come non mai» riprese Voldemort. «Tornai al mio nascondiglio remoto, e non fingerò con voi di non aver temuto, allora, di non riuscire mai a riguadagnare i miei poteri… sì, quella fu forse la mia ora più cupa… non potevo sperare che mi venisse mandato un altro mago da possedere… e avevo smesso di sperare, ormai, che uno dei miei Mangiamorte si preoccupasse di ciò che era stato di me…»
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Un paio dei maghi mascherati in cerchio si mossero, a disagio, ma Voldemort non vi fece caso.
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«E poi, nemmeno un anno fa, quando avevo ormai abbandonato ogni speranza, finalmente è successo… un servo è tornato a me: Codaliscia, qui, che aveva finto di essere morto per sfuggire alla giustizia, fu tratto dal suo nascondiglio da coloro che un tempo aveva considerato amici, e decise di tornare dal suo padrone. Mi cercò nel paese in cui da tempo si diceva che mi celassi… aiutato, naturalmente, dai topi che incontrò sul suo cammino. Codaliscia ha una strana affinità con i topi, vero, Codaliscia? I suoi sudici piccoli amici gli dissero che c’era un posto, nel cuore di una foresta albanese, che evitavano con cura, dove piccoli animali come loro avevano trovato la morte a opera di un’ombra oscura che s’impossessava di loro…
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«Ma il suo viaggio per tornare da me non fu facile, vero, Codaliscia? Perché una notte, affamato, proprio sul limitare della foresta in cui aveva sperato di trovarmi, stupidamente si fermò in una locanda per mangiare… e chi incontrò, se non una certa Bertha Jorkins, una strega del Ministero della Magia?
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«Ora vedete bene come la sorte favorisce il Signore Voldemort. Quella avrebbe potuto essere la fine di Codaliscia, e della mia ultima speranza di rinascere. Ma Codaliscia — dando prova di una presenza di spirito che da lui non mi sarei mai aspettata — convinse Bertha Jorkins ad accompagnarlo in una passeggiata notturna. La assalì… la portò da me. E Bertha Jorkins, che avrebbe potuto rovinare tutto, si rivelò invece un dono superiore ai miei più folli sogni… perché — certo, fu necessario esercitare un po’ di persuasione — divenne un’autentica miniera di informazioni.
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«Mi disse che il Torneo Tremaghi si sarebbe tenuto a Hogwarts quest’anno. Mi disse che sapeva di un Mangiamorte fedele che avrebbe avuto una gran voglia di aiutarmi, se solo fossi riuscito a mettermi in contatto con lui. Disse molte cose… ma gli strumenti che usai per esercitare l’Incantesimo della Memoria su di lei erano potenti, e quando le ebbi strappato tutte le informazioni utili, la sua mente e il suo corpo erano entrambi irreparabilmente rovinati. Ormai era servita al suo scopo. Non potevo possederla. Me ne liberai».
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Voldemort sorrise il suo orribile sorriso, gli occhi rossi vacui e implacabili.
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«Il corpo di Codaliscia, naturalmente, era poco adatto a essere posseduto, poiché tutti lo credevano morto, e avrebbe attirato troppa attenzione se fosse stato visto. Comunque, era il servo robusto di cui avevo bisogno, e, benché come mago sia scarso, riuscì a eseguire le istruzioni che gli diedi, che mi restituirono un corpo rozzo e debole, un corpo che potessi abitare in attesa degli ingredienti essenziali a una vera rinascita… uno o due incantesimi di mia creazione… un piccolo aiuto dalla mia cara Nagini» — gli occhi rossi di Voldemort si soffermarono sul serpente che continuava a strisciare in cerchio — «una pozione ottenuta bollendo sangue di unicorno, e il veleno di serpente fornito da Nagini… ben presto fui restituito a una forma quasi umana, e fui abbastanza in forze da poter viaggiare.
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«Non c’era più alcuna speranza di rubare la Pietra Filosofale, perché sapevo che Silente avrebbe provveduto a farla distruggere. Ma anelavo ad abbracciare di nuovo la vita mortale, prima di cercare quella immortale. Moderai le mie ambizioni… avrei cercato di ottenere il mio vecchio corpo, e la mia vecchia forza,
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«Sapevo che per ottenere ciò — è un vecchio ritrovato della Magia Oscura, la pozione che mi ha fatto tornare in vita stanotte — avrei avuto bisogno di tre potenti ingredienti. Be’, uno era già a portata di mano, vero, Codaliscia? Carne donata da un servo…
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«L’osso di mio padre, naturalmente, voleva dire che avremmo dovuto venire qui, dove fu sepolto. Ma il sangue di una vittima… Codaliscia voleva che usassi un mago qualunque, vero, Codaliscia? Un mago qualunque che mi odiasse… e sono ancora in tanti a odiarmi. Ma io sapevo chi dovevo usare, se volevo risorgere più potente di quando ero caduto. Volevo il sangue di colui che mi aveva spogliato del potere tredici anni prima, perché allora anche ciò che restava della protezione fornitagli da sua madre sarebbe scorso nelle mie vene…
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«Ma come arrivare a Harry Potter? Perché è stato protetto meglio di quanto credo sappia lui stesso, protetto in modi architettati tempo fa da Silente, quando toccò a lui provvedere al futuro del ragazzo. Silente invocò un’antica magia per assicurare la protezione del ragazzo finché è affidato ai suoi parenti. Nemmeno io posso toccarlo quando è là… poi, naturalmente, ci fu la Coppa del Mondo di Quidditch… pensai che laggiù la sua protezione avrebbe potuto essere più labile, lontano dai parenti e da Silente, ma non ero ancora abbastanza forte da poter cercare di rapirlo nel bel mezzo di un’orda di maghi del Ministero. E poi il ragazzo sarebbe tornato a Hogwarts, dove è sotto il naso di quello sciocco filoBabbano da mane a sera. Allora, come fare per catturarlo?
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«Be’… ma usando le informazioni di Bertha Jorkins, naturalmente. Usando il mio fedele Mangiamorte, di stanza a Hogwarts, per assicurarmi che il nome del ragazzo venisse inserito nel Calice di Fuoco. Usando il mio Mangiamorte per assicurarmi che il ragazzo vincesse il Torneo — che toccasse la Coppa Tremaghi per primo — la Coppa che il mio Mangiamorte aveva trasformato in una Passaporta, che lo avrebbe portato qui, lontano dall’aiuto e dalla protezione di Silente, tra le mie braccia aperte. Ed eccolo qui… il ragazzo che tutti voi avete creduto fosse stato la mia fine…»
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Voldemort avanzò lentamente e si voltò a guardare Harry. Levò la bacchetta. «Crucio!»
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Era un dolore al di là di quanto Harry avesse mai provato. Perfino le ossa erano in fiamme; la testa stava per spaccarsi lungo la cicatrice, lo sentiva; gli occhi gli roteavano folli nella testa; voleva che finisse… che si spegnesse… voleva morire…
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E poi tutto passò. Si ritrovò abbandonato contro le funi che lo legavano alla pietra tombale del padre di Voldemort, a guardare quegli occhi rosso vivo attraverso una specie di nebbiolina. La notte echeggiava delle risate dei Mangiamorte.
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«Vedete, credo, che sciocchezza è stata credere che questo ragazzo sarebbe mai potuto essere più forte di me» disse Voldemort. «Ma io voglio che non ci siano dubbi nella mente di nessuno. Harry Potter mi è sfuggito per una circostanza fortunata. E io ora dimostrerò il mio potere uccidendolo, qui e ora, davanti a tutti voi, ora che non c’è nessun Silente ad aiutarlo e nessuna madre a morire per lui. Gli darò un’opportunità. Potrà battersi, e voi non avrete più dubbi su chi di noi è il più forte. Ancora un po’, Nagini» sussurrò, e il serpente si allontanò strisciando nell’erba, verso il punto in cui i Mangiamorte stavano in piedi, in attesa.
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«Ora slegalo, Codaliscia, e ridagli la bacchetta».
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