Silente si alzò. Per un attimo guardò Barty Crouch, disgustato. Poi alzò di nuovo la bacchetta e ne volarono fuori delle corde che si avvolsero attorno a Barty Crouch, legandolo stretto.
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Quindi si rivolse alla professoressa McGranitt. «Minerva, posso chiederti di restare qui di guardia mentre porto Harry di sopra?»
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«Ma certo» rispose la professoressa McGranitt. Sembrava nauseata, come se avesse appena visto qualcuno vomitare, ma quando estrasse la bacchetta e la puntò contro Barty Crouch, la sua mano era ferma.
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«Severus» Silente si volse verso Piton, «per favore, di’ a Madama Chips di venire qui. Dobbiamo portare Alastor Moody in infermeria. Poi vai nel parco, trova Cornelius Caramell e accompagnalo qui. Vorrà certo interrogare Crouch di persona. Digli che se ha bisogno di me mi troverà in infermeria tra mezz’ora».
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Piton annui in silenzio e uscì dalla stanza.
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«Harry» disse Silente con dolcezza.
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Harry si alzò e di nuovo barcollò; il dolore alla gamba, che non aveva notato finché ascoltava Crouch, tornò vivissimo. Si accorse che stava tremando. Silente lo afferrò per un braccio e lo sostenne lungo il corridoio buio.
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«Voglio che tu venga nel mio ufficio, Harry» disse piano, mentre risalivano il corridoio. «Sirius ci sta aspettando».
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Harry annuì. Si sentiva oppresso da una sorta di stordimento e da un senso di totale irrealtà, ma non gl’importava; ne era perfino contento. Non voleva dover pensare a nulla di ciò che era successo da quando aveva toccato la Coppa Tremaghi per la prima volta. Non voleva dover passare in rassegna i ricordi, freschi e nitidi come fotografie, che continuavano a lampeggiare nella sua mente. Malocchio Moody dentro il baule. Codaliscia, accasciato a terra, che si reggeva il moncherino. Voldemort che sorgeva tra i vapori del calderone. Cedric… morto… Cedric, che gli chiedeva di riportarlo dai suoi genitori…
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«Professore» sussurrò Harry, «dove sono il signore e la signora Diggory?»
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«Sono con la professoressa Sprite» rispose Silente. La sua voce, che era rimasta così calma per tutto il tempo dell’interrogatorio di Barty Crouch, per la prima volta s’incrinò. «È la direttrice della Casa di Cedric, e lo conosceva meglio di tutti».
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Erano arrivati davanti al gargoyle di pietra. Silente pronunciò la parola d’ordine, la statua balzò di lato, e lui e Harry si lasciarono trasportare dalla scala a chiocciola fino alla porta di quercia. Silente l’aprì.
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Dentro c’era Sirius. Aveva il volto pallido ed emaciato come quando era fuggito da Azkaban. Con un rapido movimento attraversò la stanza. «Harry, stai bene? Lo sapevo… sapevo che qualcosa del genere… che cosa è successo?»
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Gli tremavano le mani mentre aiutava Harry a sistemarsi su una sedia davanti alla scrivania e prendeva posto accanto a lui.
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«Che cosa è successo?» incalzò.
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Silente cominciò a raccontargli tutto ciò che aveva detto Barty Crouch. Harry ascoltava solo a metà. Era tanto stanco che aveva male dappertutto, e voleva solo restare lì seduto, tranquillo, per ore e ore, fino ad addormentarsi e non dover pensare o sentire più niente.
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Si udì un morbido frullo d’ali. Fanny la fenice si librò dal trespolo, attraversò in volo l’ufficio e atterrò sul ginocchio di Harry.
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«Ciao, Fanny» disse piano Harry, accarezzando le belle piume dorate e scarlatte. Fanny strinse placidamente gli occhi. C’era qualcosa di confortante nel suo peso caldo.
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Silente aveva smesso di parlare. Sedette di fronte a Harry, dietro la scrivania. Lo guardò, e lui evitò il suo sguardo. Silente stava per interrogarlo. Stava per fargli rivivere tutto quanto.
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«Devo sapere che cos’è successo dopo che hai toccato la Passaporta nel labirinto, Harry» disse Silente.
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«Possiamo aspettare domattina, vero, Silente?» intervenne Sirius con voce roca. Posò una mano sulla spalla di Harry. «Lascialo dormire. Lascialo riposare».
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Harry provò un moto di gratitudine per Sirius, ma Silente non fece caso a quello che aveva detto. Si protese verso Harry. Con profonda riluttanza, Harry alzò la testa, e guardò quegli occhi azzurri.
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«Se pensassi di poterti aiutare» disse Silente con dolcezza, «facendo scendere su di te un sonno incantato, e permettendoti di posticipare il momento di ripensare a ciò che è accaduto stanotte, lo farei. Ma so quello che faccio. Attenuare il dolore per un po’ lo renderà più acuto quando alla fine lo sentirai. Ti sei dimostrato coraggioso ben al di là di quanto mi sarei aspettato da te. Ti chiedo di dimostrare il tuo coraggio ancora una volta. Ti chiedo di raccontarci cos’è successo».
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La fenice emise un verso dolce e tremulo. Vibrò nell’aria, e Harry avvertì come una goccia di liquido bollente scorrergli dalla gola allo stomaco, riscaldandolo e dandogli forza.
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Respirò profondamente e cominciò a raccontare. Mentre parlava, le immagini di tutto ciò che era accaduto quella notte parvero levarsi davanti ai suoi occhi: vide la superficie scintillante della pozione che aveva fatto risorgere Voldemort, vide i Mangiamorte Materializzarsi tra le tombe, vide il corpo di Cedric disteso a terra accanto alla Coppa.
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Una o due volte, sembrò che Sirius fosse sul punto di parlare, stringendo la spalla di Harry, ma Silente glielo impedì con un cenno. Harry ne fu felice, perché era più facile andare avanti ora che aveva cominciato. Fu perfino un sollievo, come se qualcosa di velenoso gli venisse sottratto. Continuare a parlare gli costò ogni briciola di determinazione che possedeva, ma capiva che una volta finito si sarebbe sentito meglio.
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Quando Harry disse che Codaliscia lo aveva ferito al braccio col pugnale, comunque, Sirius reagì con veemenza; e Silente si alzò così in fretta che Harry sobbalzò: fece il giro della scrivania e chiese a Harry di tendere il braccio. Harry mostrò a entrambi il punto in cui la veste era strappata e il taglio sotto la stoffa.
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«Ha detto che il mio sangue lo avrebbe rafforzato più di quello di chiunque altro» disse Harry. «Ha detto che la protezione che mia… mia madre aveva lasciato su di me… che si sarebbe preso anche quella. E aveva ragione: è riuscito a toccarmi senza farsi del male, mi ha toccato la faccia».
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Per un rapido istante, Harry credette di aver visto qualcosa di simile a un lampo di trionfo negli occhi di Silente. Ma un attimo dopo fu certo di averlo solo immaginato, perché quando Silente tornò al suo posto, era più vecchio e stanco che mai.
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«Molto bene» disse, sedendo di nuovo. «Voldemort ha superato quel particolare ostacolo. Harry, vai avanti, ti prego».
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Harry riprese; spiegò come Voldemort era sorto dal calderone e riferì tutto ciò che ricordava del discorso di Voldemort ai Mangiamorte. Poi raccontò come lo aveva slegato, gli aveva restituito la bacchetta e si era preparato al duello.
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Ma quando giunse al punto in cui il raggio di luce d’oro aveva unito la sua bacchetta a quella di Voldemort, si ritrovò con la gola bloccata. Cercò di continuare a parlare, ma il ricordo di ciò che era scaturito dalla bacchetta di Voldemort gli invase la mente. Vide Cedric, vide il vecchio, Bertha Jorkins… sua madre… suo padre…
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Fu contento quando Sirius ruppe il silenzio.
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«Le bacchette si sono unite?» chiese, guardando Harry e poi Silente. «Perché?»
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«Prior Incantatio» mormorò Silente, con aria assorta.
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I suoi occhi fissarono quelli di Harry e fu come se una scintilla scoccasse fra di loro.
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«L’Incantesimo Reversus?» disse Sirius bruscamente.
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«Proprio così» rispose Silente. «La bacchetta di Harry e quella di Voldemort hanno la stessa anima. Entrambe contengono una piuma della coda della stessa fenice. Di questa fenice, in effetti» aggiunse, indicando l’uccello oro e scarlatto appollaiato tranquillo sul ginocchio di Harry.
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«La piuma che c’è dentro la mia bacchetta è di Fanny?» domandò Harry, sbalordito.
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«Sì» rispose Silente. «Il signor Ollivander mi ha scritto per dirmi che avevi comprato la seconda bacchetta nell’istante in cui sei uscito dal suo negozio quattro anni fa».
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«E che cosa succede quando una bacchetta incontra sua sorella?» chiese Sirius.
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«Non funzionano correttamente l’una contro l’altra» rispose Silente. «E se i loro proprietari costringono le bacchette a scontrarsi… si verifica un effetto molto raro.
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«Una delle bacchette costringe l’altra a emettere gli incantesimi che ha operato — al contrario. Prima il più recente… e poi quelli che l’hanno preceduto…»
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Rivolse a Harry uno sguardo interrogativo, e Harry annuì.
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«Il che significa» disse Silente lentamente, gli occhi fissi sul volto di Harry, «che Cedric dev’essere riapparso sotto qualche forma».
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Harry annuì di nuovo.
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«Diggory è tornato in vita?» chiese Sirius seccamente.
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«Non esiste incantesimo che possa ridestare i morti» rispose Silente con gravità. «Tutto quello che può essersi verificato è una sorta di eco. Un’ombra del Cedric vivente che affiora dalla bacchetta… dico bene, Harry?»
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«Mi ha parlato» rispose Harry. Che all’improvviso tremava di nuovo. «Il… il fantasma di Cedric, o quello che era, ha parlato».
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«Un’eco» disse Silente, «che ha mantenuto l’aspetto e il carattere di Cedric. Immagino che siano apparse altre forme del genere… vittime meno recenti della bacchetta di Voldemort…»
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«Un vecchio» disse Harry, la gola ancora serrata. «Bertha Jorkins. E…»
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«I tuoi genitori?» chiese piano Silente.
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«Si».
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La stretta di Sirius sulla spalla di Harry si fece così forte da fargli male.
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«Gli ultimi omicidi compiuti dalla bacchetta» disse Silente annuendo. «In ordine inverso. Ne sarebbero comparsi altri, naturalmente, se tu avessi mantenuto il contatto. Allora, Harry, questi echi, queste ombre… che cos’hanno fatto?»
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Harry raccontò come le sagome spuntate dalla bacchetta si erano spinte al limitare della rete d’oro, come Voldemort sembrava averne paura, come l’ombra di suo padre gli aveva detto cosa fare, e quella di Cedric aveva espresso il suo ultimo desiderio.
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A quel punto, Harry scoprì di non poter continuare. Cercò lo sguardo di Sirius, e vide che aveva il viso nascosto tra le mani.
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Si accorse all’improvviso che Fanny non era più sul suo ginocchio. La fenice si era posata a terra. La bella testa indugiò contro la gamba di Harry, e grosse lacrime simili a perle stillarono dagli occhi sulla ferita inflitta dal ragno. Il dolore svanì. La pelle guarì. La gamba tornò sana.
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«Lo dirò ancora» disse Silente, mentre la fenice spiccava il volo e si posava di nuovo sul trespolo vicino alla porta. «Questa notte hai dato prova di un coraggio ben superiore a quanto mi sarei aspettato da te, Harry. Hai dimostrato un coraggio pari a quello di coloro che sono morti combattendo Voldemort al massimo del suo potere. Ti sei fatto carico della responsabilità di un mago adulto e ti sei scoperto pari a lui — e ora ci hai dato ciò che abbiamo il diritto di aspettarci. Vieni con me in infermeria. Non voglio che torni in dormitorio stanotte. Una Pozione Sonnifera, e un po’ di pace… Sirius, ti andrebbe di restare con lui?»
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Sirius annuì. Si trasformò di nuovo nel grosso cane nero e uscì dall’ufficio con Harry e Silente, scortandoli giù per una rampa di scale verso l’infermeria.
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Quando Silente aprì la porta, Harry vide la signora Weasley, Bill, Ron e Hermione riuniti attorno a una Madama Chips dall’aria infastidita. A quanto pareva, volevano sapere da lei dov’era Harry e che cosa gli era successo.
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Tutti quanti si voltarono di scatto all’ingresso di Harry, Silente e del cane nero, e la signora Weasley si lasciò sfuggire un grido soffocato. «Harry! Oh, Harry!»
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Fece per correre da lui, ma Silente si frappose tra i due.
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«Molly» disse, con una mano alzata, «ti prego, ascoltami un attimo. Harry questa notte ha vissuto esperienze terribili. Ha appena dovuto riviverle per me. Ora ha solo bisogno di sonno, pace e tranquillità. Se desidera che tutti voi restiate con lui» aggiunse, guardando Ron, Hermione e anche Bill, «potete farlo. Ma non voglio che gli facciate domande finché non sarà pronto a rispondere, e certo non stasera».
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La signora Weasley annuì. Era molto pallida.
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Si voltò verso Ron, Hermione e Bill come se stessero facendo baccano e sibilò: «Sentito? Ha bisogno di calma!»
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«Preside» disse Madama Chips, fissando il cane nero, «posso chiedere che cosa…?»
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«Questo cane rimarrà con Harry per un po’» si limitò a dire Silente. «Le garantisco che è molto beneducato. Harry… aspetterò che tu vada a letto».
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Harry provò per Silente un moto inesprimibile di gratitudine per aver chiesto agli altri di non fargli domande. Non perché non li volesse lì, ma il pensiero di rispiegare tutto, l’idea di riviverlo un’altra volta era più di quanto potesse sopportare.
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«Tornerò a trovarti non appena avrò visto Caramell, Harry» disse Silente. «Vorrei che tu rimanessi qui domani, finché non avrò parlato alla scuola». E uscì.
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Mentre Madama Chips lo accompagnava a un letto vicino, Harry vide il vero Moody disteso immobile all’estremità della stanza. La gamba di legno e l’occhio magico erano posati sul comodino.
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«Sta bene?» chiese Harry.
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«Si rimetterà» disse Madama Chips. Diede a Harry un pigiama e tirò le tende. Lui si svestì, s’infilò il pigiama e andò a letto. Ron, Hermione, Bill, la signora Weasley e il cane nero spostarono le tende e sedettero al suo fianco. Ron e Hermione lo fissavano quasi guardinghi, come se avessero paura di lui.
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«Sto bene» disse loro. «Sono solo stanco».
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Gli occhi della signora Weasley si riempirono di lacrime mentre lisciava senza motivo il copriletto.
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Madama Chips, che era sparita alla volta del suo ufficio, tornò con un calice e vi versò una pozione viola da una bottiglietta.
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«Devi berla tutta, Harry» disse. «È una pozione che assicura un sonno senza sogni».
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Harry prese il calice e bevve qualche sorsata. Gli venne subito sonno. Tutto attorno a lui divenne sfuocato: sembrava che le lampade dell’infermeria ammiccassero attraverso le tende, sembrava che il suo corpo affondasse sempre più giù nel calore del materasso di piuma. Prima ancora di finire la pozione, prima di poter dire un’altra parola, la stanchezza lo fece sprofondare nel sonno.
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* * *
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Harry si svegliò così caldo e sonnolento che non aprì gli occhi: voleva riaddormentarsi subito. La stanza era ancora illuminata fiocamente. Doveva essere ancora notte, e aveva l’impressione di non aver dormito molto.
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Poi udì dei sussurri attorno a lui.
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«Lo sveglieranno se non stanno zitti!»
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«Perché urlano? Non può essere successo qualcos’altro, vero?»
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Hany aprì gli occhi e vide tutto velato. Qualcuno gli aveva tolto gli occhiali. Distinse la sagoma confusa della signora Weasley e di Bill molto vicino a lui. La signora Weasley era in piedi.
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«È la voce di Caramell» mormorò. «E questa è Minerva McGranitt, vero? Ma perché litigano?»
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Ora anche Harry riusciva a sentirli: gente che gridava e correva verso l’infermeria.
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«Increscioso, ma comunque, Minerva…» stava dicendo Cornelius Caramell ad alta voce.
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«Non avresti mai dovuto portarlo nel castello!» urlò la McGranitt. «Quando lo scoprirà Silente…»
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Harry udì spalancarsi le porte dell’infermeria. Senza che nessuno di quelli che si trovavano attorno al suo letto se ne accorgesse, Harry si alzò a sedere e inforcò gli occhiali.
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Caramell entrò a grandi passi. La professoressa McGranitt e Piton lo seguivano da vicino.
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«Dov’è Silente?» chiese Caramell alla signora Weasley.
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«Non è qui» rispose lei seccamente. «Questa è un’infermeria, Ministro. Non crede che farebbe meglio a…»
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Ma la porta si aprì e Silente avanzò lungo la corsia.
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«Che cos’è successo?» chiese in tono brusco, spostando lo sguardo da Caramell alla professoressa McGranitt. «Perché disturbate queste persone? Minerva, mi meraviglio di te… ti avevo chiesto di fare la guardia a Barty Crouch…»
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«Non c’è più bisogno di fargli la guardia, Silente!» strillò lei. «Ha provveduto il Ministro!»
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Harry non aveva mai visto la professoressa McGranitt perdere il controllo a quel modo. Aveva le guance chiazzate di rosso e le mani strette a pugno; tremava dalla rabbia.
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«Quando abbiamo detto al signor Caramell che avevamo catturato il Mangiamorte responsabile dei fatti di questa sera» disse Piton a bassa voce, «è stato come se fosse a rischio la sua sicurezza personale. Ha insistito per convocare un Dissennatore che lo scortasse dentro il castello. L’ha condotto su nell’ufficio dove Barty Crouch…»
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«Io gliel’ho detto che lei non sarebbe stato d’accordo, Silente!» sbottò la professoressa McGranitt. «Gli ho detto che non avrebbe mai permesso a un Dissennatore di mettere piede nel castello, ma…»
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«Mia cara signora!» ruggì Caramell, anche lui arrabbiato come Harry non lo aveva mai visto. «In qualità di Ministro della Magia, spetta a me decidere se desidero portare con me una scorta quando interrogo un elemento potenzialmente pericoloso…»
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Ma la voce della professoressa McGranitt sovrastò quella di Caramell.
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«Nell’istante in cui quel… quella cosa è entrata nella stanza» urlò puntando il dito verso Caramell e tremando tutta, «si è gettata su Crouch e… e…»
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Harry provò una sensazione di gelo allo stomaco mentre la professoressa McGranitt si sforzava di trovare le parole per descrivere ciò che era successo. Non dovette finire la frase. Lui sapeva che cosa doveva aver fatto il Dissennatore. Aveva dato il suo bacio fatale a Barty Crouch. Gli aveva risucchiato l’anima dalla bocca. Era peggio che morto.
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«Comunque, non è una gran perdita!» inveì Caramell. «Pare che sia responsabile di parecchie morti!»
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«Ma ora non può testimoniare, Cornelius» disse Silente. Fissava Caramell con insistenza, come se lo vedesse chiaramente per la prima volta. «Non può spiegare il motivo per cui ha ucciso quelle persone».
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«Perché le ha uccise? Be’, non è certo un mistero, o forse sì?» sbottò Caramell. «Era un pazzo furioso! Da ciò che mi hanno raccontato Minerva e Severus, era convinto di aver agito per ordine di Voi-Sapete-Chi!»
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«Voldemort gli ha dato davvero degli ordini, Cornelius» disse Silente. «La morte di quelle persone è stata solo la conseguenza di un piano per restituire a Voldemort tutto il suo potere. Il piano è riuscito. Voldemort ha riavuto il suo corpo»,
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Fu come se qualcuno avesse colpito Caramell in pieno viso con qualcosa di pesante. Stordito, sbattendo le palpebre, guardò Silente come se non riuscisse a credere a ciò che aveva appena sentito.
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«Tu-Sai-Chi… di ritorno? Assurdo. Andiamo, Silente…» farfugliò.
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«Come certo Minerva e Piton ti avranno detto» disse Silente, «abbiamo ascoltato la confessione di Barty Crouch. Sotto l’effetto del Veritaserum, ci ha raccontato come fu fatto uscire in segreto da Azkaban, e come Voldemort — dopo aver appreso da Bertha Jorkins che era ancora vivo — venne a liberarlo da suo padre e lo usò per catturare Harry. Il piano ha funzionato, ti dico. Crouch ha aiutato Voldemort a tornare».
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«Senti, Silente» disse Caramell, e Harry rimase sbalordito vedendogli spuntare un sorrisetto, «tu… non puoi crederci veramente. Tu-Sai-Chi… di ritorno? Andiamo, andiamo… certo Crouch può aver creduto di agire per ordine di Tu-Sai-Chi… ma prendere sul serio la parola di un pazzo del genere, Silente…»
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«Quando Harry stasera ha toccato la Coppa Tremaghi, è stato trasportato diritto da Voldemort» disse Silente deciso. «Ha assistito alla rinascita di Voldemort. Ti spiegherò tutto nel mio ufficio».
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Poi cercò Harry con lo sguardo e vide che era sveglio, ma scosse il capo e disse: «Temo di non poterti permettere di interrogare Harry stanotte».
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Quel bizzarro sorriso indugiò sulle labbra di Caramell. Guardò Harry, poi tornò a fissare Silente e disse: «Tu sei… ehm… disposto a credere alla parola di Harry, vero, Silente?»
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Ci fu un istante di silenzio, interrotto dal ringhio di Sirius. I peli del collo erano ritti, e scopriva i denti contro Caramell.
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«Certo che credo a Harry» disse Silente. Ora i suoi occhi dardeggiavano. «Ho ascoltato la confessione di Crouch, e ho sentito il resoconto di Harry: le due storie collimano e spiegano tutto ciò che è successo dopo che Bertha Jorkins è scomparsa l’estate scorsa».
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Caramell aveva ancora quello strano sorriso. Di nuovo scoccò un’occhiata a Harry prima di replicare: «Sei disposto a credere che Voldemort sia tornato fidandoti della parola di un pazzo assassino e di un ragazzo che… be’…»
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Caramell guardò ancora Harry che all’improvviso capì.
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«Lei ha letto gli articoli di Rita Skeeter, signor Caramell» disse piano.
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Ron, Hermione, la signora Weasley e Bill sobbalzarono. Nessuno di loro si era accorto che Harry era sveglio.
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Caramell arrossi un po’, ma assunse un cipiglio caparbio e insolente.
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«E allora?» disse, guardando Silente. «E se avessi scoperto che hai taciuto certi fatti riguardanti il ragazzo? Parla Serpentese, eh? E ha degli strani attacchi ovunque si trovi…»
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«Suppongo che tu ti riferisca al dolore che Harry prova alla cicatrice» disse Silente imperturbabile.
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«Allora ammetti che quei dolori li ha avuti e li ha?» disse Caramell in fretta. «Mal di testa? Incubi? Magari… allucinazioni?»
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«Ascoltami, Cornelius» disse Silente, facendo un passo verso Caramell, e ancora una volta parve emanare quell’indefinibile aura di potere che Harry aveva avvertito dopo che aveva stordito il giovane Crouch. «Harry è sano quanto te e me. Quella cicatrice che porta sulla fronte non ha danneggiato il suo cervello. Credo che gli faccia male quando Voldemort è vicino, o si sente particolarmente in vena di uccidere».
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Caramell fece un passo indietro, ma non parve meno ostinato. «Mi perdonerai, Silente, ma ho già sentito parlare di una cicatrice da maledizione che si comporta come un campanello d’allarme…»
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«Senta, io ho visto Voldemort tornare!» gridò Harry. Cercò di scendere dal letto, ma la signora Weasley lo trattenne. «Ho visto i Mangiamorte! Posso dirvi i loro nomi! Lucius Malfoy…»
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Piton fece un movimento improvviso, ma mentre Harry lo guardava, i suoi occhi tornarono su Caramell.
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«Malfoy è stato scagionato!» esclamò Caramell, visibilmente offeso. «Una famiglia molto antica… donazioni per iniziative eccellenti…»
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«Macnair!» continuò Harry.
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«Scagionato anche lui! Ora lavora per il Ministero!»
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«Avery… Nott… Tiger… Goyle…»
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«Stai solo ripetendo i nomi di coloro che furono accusati di essere Mangiamorte tredici anni fa!» esclamò Caramell irato. «Puoi benissimo aver letto quei nomi nelle vecchie cronache dei processi! Per l’amor del cielo, Silente, il ragazzo ci ha rifilato una storia pazzesca anche alla fine dell’anno scorso, le sue frottole stanno diventando sempre più colossali, e tu le bevi ancora! Il ragazzo sa parlare con i serpenti, Silente, e tu credi ancora che sia degno di fiducia?»
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«Idiota!» urlò la professoressa McGranitt. «Cedric Diggory! Crouch! La loro morte non è stata l’opera casuale di un pazzo!»
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«Non vedo alcuna prova del contrario!» urlò Caramell con uguale rabbia, paonazzo in volto. «A me pare che siate tutti decisi a diffondere un’ondata di terrore che metterà in serio pericolo tutto ciò per cui abbiamo lavorato in questi tredici anni!»
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Harry non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva sempre pensato a Caramell come a un uomo gentile, un po’ chiassoso, un po’ pomposo, ma fondamentalmente buono. E ora davanti a lui c’era un piccolo mago iroso, che si rifiutava categoricamente di accettare l’idea che il suo comodo mondo tranquillo potesse venire turbato… che si rifiutava di credere che Voldemort potesse essere risorto.
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«Voldemort è tornato» ripeté Silente, «Se accetti immediatamente questo fatto, Caramell, e prendi i provvedimenti necessari, può darsi che siamo ancora in tempo a salvare la situazione. Il primo passo, il più importante, è sottrarre Azkaban al controllo dei Dissennatori…»
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«Assurdo!» urlò di nuovo Caramell. «Destituire i Dissennatori! Mi caccerebbero via solo per averlo suggerito! Metà di noi dormono sonni tranquilli solo perché sanno che i Dissennatori fanno la guardia ad Azkaban!»
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«Tutti gli altri dormono sonni meno tranquilli, Cornelius, sapendo che hai affidato i più pericolosi seguaci di Voldemort alla sorveglianza di creature che si uniranno a lui nell’istante in cui lui glielo chiederà!» disse Silente. «Non rimarranno fedeli a te, Caramell! Voldemort può offrire loro molte più opportunità di te, la possibilità di esercitare il loro potere e di divertirsi! Con i Dissennatori dalla sua, e l’appoggio dei suoi vecchi sostenitori, farai molta fatica a impedirgli di riconquistare il potere che aveva tredici anni fa!»
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Caramell apriva e chiudeva la bocca come se le parole non riuscissero a esprimere la sua indignazione.
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«La seconda misura che devi prendere, e subito» lo incalzò Silente, «è mandare messaggeri ai giganti».
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«Messaggeri ai giganti?» strillò Caramell, ritrovando la favella. «Che follia è questa?»
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«Tendi loro la mano dell’amicizia, ora, prima che sia troppo tardi» disse Silente, «o Voldemort li convincerà, come ha fatto in passato, che lui solo tra i maghi potrà restituire loro diritti e libertà!»
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«Tu… non puoi parlare seriamente!» esclamò Caramell con voce soffocata, scuotendo la testa e arretrando ancora da Silente «Se la comunità magica avesse sentore del fatto che ho avvicinato i giganti… la gente li odia, Silente… la fine della mia carriera…»
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«Sei accecato» disse Silente alzando la voce, l’aura di potere palpabile attorno a lui, gli occhi dardeggianti, «dall’amore per la poltrona che occupi, Cornelius! Dai troppa importanza, come hai sempre fatto, alla cosiddetta purezza di sangue! Non riesci a vedere che non è importante ciò che si è alla nascita, ma ciò che si diventa! Il tuo Dissennatore ha appena distrutto l’ultimo membro di una famiglia di sangue purissimo e quanto mai antica — e guarda che cos’ha scelto di fare quell’uomo della sua vita! Te lo dico ora: prendi i provvedimenti che ti ho suggerito, e verrai ricordato come uno dei più grandi e coraggiosi Ministri della Magia che abbiamo mai avuto. Scegli di non agire, e la storia ti ricorderà come l’uomo che si è fatto da parte, quello che ha concesso a Voldemort una seconda possibilità di distruggere il mondo che abbiamo cercato di ricostruire!»
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«Follia» borbottò Caramell, indietreggiando ancora. «È pazzo…»
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E poi calò il silenzio. Madama Chips era immobile ai piedi del letto, le mani sulla bocca. La signora Weasley era ancora accanto a Harry, la mano posata sulla sua spalla per impedirgli di alzarsi. Bill, Ron e Hermione fissavano Caramell, sbalorditi.
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«Se la tua ostinazione nel chiudere gli occhi ti conduce a questo, Cornelius» rispose Silente, «allora qui le nostre strade si dividono. Devi comportarti come ritieni giusto. E io… io mi comporterò come ritengo giusto».
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La voce di Silente non aveva alcun cenno di minaccia, suonava come una pura constatazione, ma Caramell s’irrigidì come se Silente avanzasse verso di lui con la bacchetta sfoderata.
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«Ora, senti un po’, Silente» disse, agitando un dito minaccioso. «Ti ho lasciato carta bianca, sempre. Ho nutrito molto rispetto per te. Posso anche non essermi trovato d’accordo con alcune tue decisioni, ma sono stato generoso. Non sono molti coloro che ti avrebbero permesso di assumere lupi mannari, o di tenere Hagrid, o di decidere cosa insegnare ai tuoi studenti senza risponderne al Ministero. Ma se hai intenzione di agire contro di me…»
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«Il solo contro cui intendo agire» lo interruppe Silente, «è Voldemort. Se sei contro di lui, Cornelius, allora restiamo dalla stessa parte».
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A questo, Caramell parve non trovare risposta. Oscillò avanti e indietro sui piccoli piedi per un attimo, rigirando la bombetta tra le mani.
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Alla fine, con un cenno di supplica nella voce, disse: «Non può essere tornato, Silente, non è possibile…»
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Piton si fece avanti e superò Silente, sollevando la manica della veste. Tese l’avambraccio e lo mostrò a Caramell, che si ritrasse.
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«Ecco» disse Piton con voce roca. «Ecco. Il Marchio Nero. Non è netto come un’ora fa, quando è diventato scuro, ma si vede ancora. Ogni Mangiamorte è stato marchiato a fuoco così dal Signore Oscuro. Era un modo per riconoscerci, e per convocarci a lui. Quando lui toccava il Marchio di qualunque Mangiamorte, dovevamo Smaterializzarci, e Materializzarci immediatamente al suo fianco. È dall’inizio dell’anno che questo Marchio ha cominciato a diventare più evidente. Anche quello di Karkaroff. Perché crede che Karkaroff sia fuggito stanotte? Abbiamo sentito entrambi il marchio bruciare. Abbiamo capito entrambi che era tornato. Karkaroff teme la vendetta del Signore Oscuro. Ha tradito troppi dei suoi vecchi compagni per essere certo di essere il benvenuto».
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Caramell si allontanò anche da Piton. Scosse la testa. Pareva che non avesse capito una parola di quello che Piton aveva detto. Fissò, apparentemente disgustato, l’orrendo marchio sul braccio di Piton, poi alzò gli occhi verso Silente e sussurrò: «Non so a che cosa state giocando tu e i tuoi colleghi, Silente, ma ne ho abbastanza. Non ho altro da aggiungere. Mi metterò in contatto con te domani, per discutere la gestione di questa scuola. Ora devo tornare al Ministero».
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Era quasi alla porta quando si fermò. Si voltò, ripercorse la corsia e si fermò davanti al letto di Harry.
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«La tua vincita» disse asciutto, estrasse un sacchetto gonfio dalla tasca e lo lasciò cadere sul comodino di Harry. «Mille galeoni. Doveva esserci una cerimonia di consegna, ma date le circostanze…»
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Si premette la bombetta in testa e uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Non appena se ne fu andato, Silente si rivolse al gruppo che attorniava il letto di Harry.
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«C’è del lavoro da fare» disse. «Molly… ho ragione di credere di poter contare su di te e su Arthur?»
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«Ma cerco» rispose la signora Weasley. Era pallidissima, ma decisa. «Lui sa com’è fatto Caramell. È solo per passione per i Babbani che Arthur è rimasto al Ministero per tutti questi anni. Caramell è convinto che ad Arthur manchi il doveroso orgoglio di mago».
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«Allora ho bisogno di mandargli un messaggio» disse Silente. «Tutti coloro che riusciamo a convincere della verità devono essere avvertiti immediatamente, e Arthur è in una buona posizione per avvicinare i membri del Ministero che non sono miopi come Cornelius».
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«Vado io da papà» disse Bill, alzandosi. «Ci vado subito».
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«Ottimo» disse Silente. «Raccontagli cos’è successo. Digli che fra breve mi metterò direttamente in contatto con lui. Dovrà comportarsi con discrezione, però. Se Caramell pensasse che interferisco…»
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«Lasci fare a me» disse Bill.
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Batté una mano sulla spalla di Harry, baciò sua madre sulla guancia, s’infilò il mantello e uscì rapido dalla stanza.
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«Minerva» disse Silente, rivolto alla professoressa McGranitt, «voglio vedere Hagrid nel mio ufficio il più presto possibile. E anche — se acconsente a venire — Madame Maxime».
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La professoressa McGranitt annuì, e uscì senza una parola.
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«Poppy» disse Silente a Madama Chips, «saresti così gentile da scendere nell’ufficio del professor Moody? Credo che troverai un’elfa domestica di nome Winky in uno stato di profonda prostrazione. Fai quello che puoi per lei, e riaccompagnala in cucina. Credo che Dobby si occuperà di lei».
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«Molto… molto bene» disse Madama Chips allarmata, e uscì.
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Silente si assicurò che la porta fosse chiusa, e che i passi di Madama Chips si fossero spenti, prima di parlare di nuovo.
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«E ora» disse «è venuto il momento che due di noi si riconoscano per ciò che sono. Sirius… ti prego di riprendere il tuo solito aspetto».
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Il grosso cane nero guardò Silente, poi, in un attimo, si trasformò in un uomo.
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La signora Weasley urlò e fece un balzo indietro.
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«Sirius Black!»
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«Mamma, zitta!» gridò Ron. «È un amico!»
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Piton non aveva urlato né si era ritratto, ma aveva un’espressione di rabbia mista a terrore.
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«Lui!» ringhiò, fissando Sirius, il cui volto esprimeva altrettanto disgusto. «Che cosa ci fa qui?»
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«È qui dietro mio invito» spiegò Silente, spostando lo sguardo dall’uno all’altro, «come te, Severus. Ho fiducia in tutti e due. È ora che mettiate da parte i vecchi dissapori e vi fidiate l’uno dell’altro».
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Per Harry, Silente chiedeva quasi un miracolo. Sirius e Piton si squadravano con il più profondo disprezzo.
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«Per il momento, mi basterà» disse Silente con un filo d’impazienza «che evitiate ogni aperta ostilità. Stringetevi la mano. Ora state dalla stessa parte. Abbiamo poco tempo, e se i pochi che sanno la verità non restano uniti, non c’è speranza per nessuno di noi».
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Molto lentamente — ma senza smettere di scrutarsi torvi, come se ognuno augurasse all’altro ogni male — Sirius e Piton avanzarono e si strinsero la mano. Si separarono molto in fretta.
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«Per andare avanti questo basterà» disse Silente, e si mise di nuovo tra i due. «Ora ho un compito per entrambi. L’atteggiamento di Caramell, anche se non giunge inaspettato, cambia tutto. Sirius, ho bisogno che tu parta subito. Devi avvertire Remus Lupin, Arabella Figg, Mundungus Fletcher — il vecchio gruppo. Nasconditi da Lupin per un po’, ti cercherò lì».
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«Ma…» intervenne Harry.
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Voleva che Sirius restasse. Non voleva dirgli di nuovo addio così presto.
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«Mi rivedrai molto presto, Harry» gli disse Sirius. «Te lo prometto. Ma devo fare quello che posso, capisci, vero?»
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«Sì» disse Harry. «Sì… certo che capisco».
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Sirius gli afferrò la mano, fece un cenno a Silente, si trasformò di nuovo nel cane nero e con un balzo fu alla porta. Abbassò la maniglia con una zampa. Poi sparì.
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«Severus» disse Silente rivolto a Piton, «sai che cosa devo chiederti di fare. Se sei pronto… se sei in grado…»
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«Lo sono» disse Piton.
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Era un po’ più pallido del solito e i suoi freddi occhi neri erano animati da uno strano scintillio.
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«Allora, buona fortuna» disse Silente, e con una traccia di preoccupazione sul viso guardò Piton scomparire silenziosamente.
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Passarono parecchi minuti prima che Silente parlasse di nuovo.
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«Devo andare giù» disse alla fine. «Devo vedere i Diggory. Harry… prendi il resto della pozione. Vi rivedrò tutti più tardi».
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Harry ricadde sui cuscini. Hermione, Ron e la signora Weasley lo guardavano. Nessuno di loro parlò per parecchio tempo.
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«Devi bere il resto della pozione, Harry» disse infine la signora Weasley. Nel prendere la bottiglietta e il calice sfiorò con la mano il sacco pieno d’oro sul comodino. «Dormi. Cerca di pensare a qualcos’altro per un po’… pensa a quello che comprerai con la tua vincita!»
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«Non voglio quell’oro» disse Harry con voce inespressiva. «Prendetelo voi. Chiunque può prenderlo. Non avrei dovuto vincerlo. Doveva essere di Cedric».
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Quello contro cui aveva lottato fin da quando era uscito dal labirinto minacciava ora di sopraffarlo. Avvertì un bruciore, come un solletico agli angoli interni degli occhi. Sbatté le palpebre e fissò il soffitto.
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«Non è stata colpa tua, Harry» sussurrò la signora Weasley.
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«Gli ho detto di prendere la Coppa insieme a me» disse Harry.
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Ora il bruciore gli aveva invaso anche la gola. Si augurò che Ron stesse guardando da un’altra parte.
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La signora Weasley posò la pozione sul comodino, si chinò e circondò Harry con le braccia. Lui non ricordava di essere mai stato abbracciato così, come da una mamma. Il pieno significato di tutto ciò che aveva visto quella notte sembrò precipitargli addosso mentre la signora Weasley lo stringeva a sé. Il viso di sua madre, la voce di suo padre, la vista di Cedric a terra, morto, tutto prese a vorticare nella sua testa, finché non contrasse il viso per cercare di opporsi al grido di dolore che lottava per uscire dalla sua gola.
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Si udì un rumore di porte sbattute. La signora Weasley e Harry si separarono. Hermione era in piedi vicino alla finestra. Teneva qualcosa stretto in mano.
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«Mi dispiace» mormorò.
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«La tua pozione» disse in fretta la signora Weasley, asciugandosi gli occhi col dorso della mano.
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Harry la bevve in un sorso. L’effetto fu istantaneo. Onde pesanti e irresistibili di un sonno senza sogni gli si rovesciarono addosso. Ricadde nei cuscini, e non pensò più.
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