La vita alla Tana era quanto di più diverso da Privet Drive si potesse immaginare. Ai Dursley piaceva che tutto fosse pulito e in ordine; la casa dei Weasley era tutta stranezze e imprevisti. Harry rimase scioccato la prima volta che, guardandosi allo specchio sul camino della cucina, quello gli gridò: «Infilati la camicia dentro i pantaloni, sciamannato!». Lo spiritello della soffitta ululava e batteva sui tubi ogni volta che gli pareva regnasse troppa calma, e le piccole esplosioni provenienti dalla camera di Fred e George erano considerate perfettamente normali. Ma quello che Harry trovava estremamente insolito, per quanto riguardava la sua vita a casa di Ron, non erano lo specchio parlante e lo spiritello rumoroso: era la sensazione di essere simpatico a tutti.
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Mamma Weasley era preoccupatissima dello stato dei suoi calzini e a tavola cercava di costringerlo a servirsi di ogni pietanza quattro volte. A cena il signor Weasley voleva che sedesse accanto a lui, in modo da poterlo bombardare di domande sulla vita dei Babbani, e chiedergli di spiegare in che modo funzionassero cose come le prese elettriche e il servizio postale.
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«Affascinante!» disse quando Harry gli spiegò l’uso del telefono. «Ingegnoso, veramente! Quanti modi hanno trovato i Babbani per cavarsela senza la magia!»
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Harry ricevette notizie da Hogwarts una mattina di sole, circa una settimana dopo essere arrivato alla Tana. Lui e Ron erano scesi per fare colazione e avevano trovato i signori Weasley e Ginny già seduti a tavola. Nel vedere Harry, Ginny rovesciò fragorosamente la sua ciotola di porridge: sembrava che la ragazzina tendesse a far cadere qualcosa ogni volta che Harry entrava in una stanza. Si infilò sotto il tavolo per recuperare la ciotola e ne emerse rossa come il sole al tramonto. Facendo finta di non essersi accorto di niente, Harry si sedette e prese il toast che mamma Weasley gli porgeva.
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«Posta da scuola» disse il signor Weasley allungando a Harry e a Ron due buste identiche di pergamena giallastra, con l’indirizzo scritto in inchiostro verde. «Silente sa già che tu sei qui, Harry… Non gliene scappa una, a quello. C’è posta anche per voi» aggiunse rivolto a Fred e George che entravano in quel momento, assonnati e in pigiama.
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Per qualche minuto regnò il silenzio, perché tutti leggevano la posta. La lettera di Harry gli comunicava di prendere, come al solito, l’Espresso per Hogwarts dalla stazione di King’s Cross, il primo di settembre. C’era anche l’elenco dei libri necessari per il nuovo anno.
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Gli studenti del secondo anno dovranno fornirsi dei seguenti testi:
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Manuale degli incantesimi, Volume secondo di Miranda Gadula
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A merenda con la morte di Gilderoy Allock
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A spasso con gli spiriti di Gilderoy Allock
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In vacanza con le streghe di Gilderoy Allock
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Trekking con i troll di Gilderoy Allock
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In viaggio con i vampiri di Gilderoy Allock
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A passeggio con i lupi mannari di Gilderoy Allock
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Un anno con lo yeti di Gilderoy Allock
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Fred, che aveva finito di leggere il suo elenco, sbirciò quello di Harry.
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«Anche a te hanno detto di prendere tutti i libri di Allock!» esclamò. «Il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure deve essere un suo fan… Scommetto che è una strega».
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A quel punto Fred colse l’occhiata di sua madre e si concentrò di botto sulla marmellata.
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«Questa volta non ce la caviamo con poco» disse George lanciando un’occhiata ai genitori. «I libri di Allock costano parecchio…»
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«Be’, ce la faremo» disse mamma Weasley, ma aveva l’aria preoccupata. «Molte delle cose che servono a Ginny penso che potremo prenderle di seconda mano».
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«Oh, è il primo anno a Hogwarts?» chiese Harry alla ragazzina.
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Lei annuì arrossendo fino alla punta dei capelli fiammanti e infilò un gomito nel piattino del burro. Fortunatamente nessuno tranne Harry se ne accorse, perché proprio allora arrivò il fratello maggiore di Ron, Percy. Era già vestito di tutto punto, con il distintivo di Prefetto di Hogwarts appuntato sulla maglietta.
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«’Giorno a tutti» disse allegramente. «Bella giornata».
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Si sedette sull’ultima sedia rimasta libera, ma si rialzò quasi subito di scatto, levandosi da sotto un piumino per la polvere grigio, tutto spennacchiato… o per lo meno, così pensò Harry fintanto che non si accorse che il piumino respirava.
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«Errol!» disse Ron prendendo dalle mani di Percy il gufo zoppicante ed estraendo una lettera da sotto la sua ala. «Finalmente! Ha portato la risposta di Hermione. Le avevo scritto dicendole che avremmo cercato di salvarti dai Dursley».
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Andò a posare Errol su un trespolo dietro la porta posteriore, cercando di farlo stare dritto, ma quello si accasciò di nuovo, per cui Ron lo distese sullo scolatoio mormorando: «Patetico!» Poi strappò la busta e lesse ad alta voce la lettera di Hermione:
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Caro Ron e caro Harry, se anche tu sei lì,
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Spero che tutto sia andato liscio, e che Harry stia bene e che non abbiate fatto niente di illegale per portarlo via, Ron, perché se così fosse questo metterebbe nei guai anche lui. Sono stata sinceramente preoccupata e se Harry sta bene, fatemelo sapere immediatamente (magari usando un altro gufo, perché forse un’altra consegna sarebbe fatale a quello che avete ora).
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Naturalmente ho molto da fare con i compiti di scuola («Ma come fa?» disse Ron in preda all’orrore. «Siamo in vacanza!») e il prossimo mercoledì andremo a Londra a comprare i libri per il nuovo anno. Perché non ci vediamo a Diagon Alley?
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Datemi notizie appena potete.
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Vostra Hermione
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«Be’, casca proprio a fagiolo. Possiamo andare anche noi a comprare tutto quel che vi serve» disse mamma Weasley cominciando a sparecchiare. «Quali sono i vostri programmi?»
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Harry, Ron, Fred e George pensavano di risalire la collina fino a un piccolo campo recintato di proprietà dei Weasley. Era circondato da alberi che lo nascondevano alla vista del villaggio sottostante, il che significava potersi allenare a Quidditch, purché non volassero troppo alto. Non potevano usare vere palle da Quidditch perché se avessero raggiunto il villaggio in qualche lancio troppo audace sarebbe stato difficile dare spiegazioni; così si esercitavano lanciandosi delle mele. A turno usavano la Nimbus Duemila, la scopa volante di Harry, che era la migliore di tutte; la vecchia Stella Cadente di Ron spesso veniva superata in volo da farfalle sfaccendate.
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Cinque minuti dopo eccoli in marcia verso la collina, scope in spalla. Avevano invitato anche Percy, ma lui aveva risposto che aveva troppo da fare. Fino a quel momento Harry lo aveva visto soltanto alle ore dei pasti; per tutto il resto del tempo se ne stava chiuso in camera.
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«Mi piacerebbe sapere che cosa sta combinando» disse Fred aggrottando la fronte. «Non è più lui. I risultati degli esami sono usciti il giorno prima che arrivassi tu: dodici G.U.F.O., e lui a mala pena se n’è rallegrato».
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«Giudizio Unico per i Fattucchieri Ordinari» spiegò George vedendo lo sguardo interrogativo di Harry. «Anche Bill aveva preso dodici. Se non stiamo attenti, rischiamo di avere un altro Caposcuola in famiglia. Penso che non reggerei alla vergogna».
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Bill era il più grande dei fratelli Weasley. Lui e Charlie, il secondogenito, avevano già lasciato Hogwarts. Harry non li aveva mai incontrati, ma sapeva che Charlie era in Romania a studiare i draghi e Bill in Egitto a lavorare per la Gringott, la banca dei maghi.
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«Non so proprio come faranno papà e mamma ad affrontare tutte le spese della scuola, quest’anno» disse George dopo un po’. «Cinque serie di libri di Allock! E Ginny ha bisogno di vestiti, bacchetta magica e tutto il resto…»
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Harry non disse niente. Si sentiva un po’ a disagio. Chiusa nei sotterranei della Gringott, a Londra, c’era una piccola fortuna che i suoi genitori gli avevano lasciato. Naturalmente solo nel mondo dei maghi lui possedeva dei soldi; non era possibile usare galeoni, zellini e falci nei negozi dei Babbani. Non aveva mai parlato ai Dursley del suo conto in banca alla Gringott; era sicuro che il loro orrore per qualsiasi cosa avesse a che fare con la magia sarebbe scomparso d’incanto di fronte a un bel gruzzolo d’oro.
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Il mercoledì successivo mamma Weasley li svegliò tutti di buon’ora. Dopo uno spuntino veloce, di soli cinque o sei panini al prosciutto a testa, si infilarono i giubbotti; mamma Weasley prese un vaso da fiori sulla mensola del camino e ci guardò dentro.
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«Siamo un po’ a corto, Arthur!» sospirò. «Oggi dovremo comprarne dell’altra… Oh, be’, prima gli ospiti! Dopo di te, Harry caro!»
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E gli porse il vaso da fiori.
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Harry, che aveva gli occhi di tutti puntati addosso, li guardò a uno a uno.
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«C-che cosa dovrei fare?» balbettò.
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«Lui non ha mai viaggiato con la Polvere Volante» disse Ron d’un tratto. «Scusa Harry, me n’ero dimenticato».
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«Mai?» disse mamma Weasley. «Ma come hai fatto ad arrivare a Diagon Alley per i tuoi acquisti, l’anno scorso?»
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«Sono andato con la metropolitana…»
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«Ma davvero?» chiese Weasley tutto interessato. «C’erano le scale nobili? E come funzio…»
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«Non ora, Arthur» lo pregò mamma Weasley. «La Polvere Volante è molto più veloce, caro, ma, santo cielo, se non l’hai mai usata prima…»
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«Ce la farà, mamma» disse Fred. «Harry guarderà prima noi».
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Prese dal vaso un pizzico di polvere scintillante, si avvicinò al fuoco e la gettò tra le fiamme.
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Con un rombo, dal camino si sollevò una fiammata altissima verde smeraldo. Fred ci saltò dentro, gridò: «Diagon Alley!» e scomparve.
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«Devi parlare chiaramente, caro» disse mamma Weasley a Harry, mentre George infilava la mano dentro al vaso. «E stai attento a scendere al focolare giusto…»
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«Il giusto cosa?» chiese Harry nervoso mentre il fuoco inghiottiva anche George.
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«Be’, ci sono un mucchio di focolari magici tra cui scegliere, sai? Ma se hai parlato chiaramente…»
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«Se la caverà, Molly, non gli confondere le idee» disse il signor Weasley prendendo anche lui una manciata di Polvere Volante.
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«Ma, caro, se si perde, cosa diremo ai suoi zii?»
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«Non credo che gliene importerebbe molto» la rassicurò Harry. «Se sparissi su per un camino, Dudley lo considererebbe un magnifico scherzo, non vi preoccupate di questo»
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«Allora… va bene… Vai dopo Arthur» disse mamma Weasley. «Quando entri nel fuoco, di’ dove devi andare…»
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«E tieni i gomiti ben stretti» lo avvertì Ron.
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«E gli occhi chiusi» incalzò mamma Weasley. «La fuliggine…»
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«Non agitarti, altrimenti potresti cadere nel camino sbagliato» disse Ron.
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«Ma non farti prendere dal panico, e non uscire troppo presto. Aspetta di vedere Fred e George».
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Cercando disperatamente di tenere a memoria tutte quelle istruzioni, Harry prese un pizzico di Polvere Volante e si avvicinò al fuoco. Respirò profondamente, gettò la polvere tra le fiamme e fece un passo in avanti: il fuoco sembrava una brezza calda. Aprì la bocca e immediatamente inghiottì una gran quantità di cenere bollente.
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«D-Diagon Alley» disse tossendo.
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Ebbe la sensazione di essere risucchiato in un gigantesco imbuto. Gli sembrò di girare vorticosamente… il rombo nelle orecchie era assordante… Cercò di tenere gli occhi aperti, ma il turbinio delle fiamme verdi lo faceva sentir male… Qualcosa di duro gli colpì il gomito, e lui se lo strinse al corpo, continuando a roteare… Poi gli parve che delle mani gelide lo stessero schiaffeggiando… Socchiuse gli occhi e attraverso gli occhiali vide una fila confusa di camini, con dietro delle stanze… 1 panini al prosciutto gli ballavano nello stomaco… Chiuse gli occhi, desiderando per l’ennesima volta di fermarsi e poi… cadde a faccia in giù su una fredda pietra e senti gli occhiali andare in frantumi.
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Con la testa che gli girava, pieno di lividi e tutto coperto di fuliggine, si rimise prontamente in piedi, reggendosi gli occhiali rotti sul naso. Era completamente solo e non aveva la più pallida idea di dove fosse. Poteva dire soltanto che si trovava sulla pietra del camino di quello che sembrava un grande negozio per maghi, debolmente illuminato… Ma di quel che si poteva trovare in un elenco scolastico di Hogwarts, neanche l’ombra.
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In una teca di vetro c’erano una mano avvizzita, appoggiata su un cuscino, un mazzo di carte macchiate di sangue e un occhio di vetro che lo guardava fisso. Dalle pareti, maschere dall’espressione maligna sembravano spiarlo, sopra al bancone era accatastato un assortimento di ossa umane e dal soffitto pendevano strumenti arrugginiti e acuminati. Ma la cosa peggiore di tutte era che la strada stretta e buia che Harry intravedeva attraverso la vetrina polverosa decisamente non era Diagon Alley.
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Prima usciva di lì e meglio era. Con il naso ancora dolorante nel punto in cui aveva sbattuto contro la pietra del focolare Harry si affrettò a raggiungere silenziosamente la porta, ma era appena a mezza strada quando, dall’altra parte del vetro, apparvero due individui… uno dei quali era l’ultima persona che Harry spaesato, coperto di fuliggine e con un paio di occhiali rotti sul naso avrebbe voluto incontrare in quel momento: Draco Malfoy.
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Harry si guardò velocemente intorno e vide un grosso armadio nero alla sua sinistra: ci si infilò dentro e chiuse gli sportelli, lasciando una piccola fessura per guardare fuori. Un attimo dopo un campanello suonò e Malfoy entrò nel negozio.
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L’uomo che lo seguiva non poteva essere che suo padre. Aveva lo stesso viso pallido e appuntito, e gli stessi occhi freddi e grigi. Il signor Malfoy attraversò il negozio guardando distrattamente gli oggetti esposti, suonò il campanello sul bancone e raccomandò al ragazzo: «Non toccare niente, Draco».
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Malfoy, che aveva allungato una mano per prendere l’occhio di vetro, disse: «Credevo che volessi farmi un regalo».
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«Ho detto che ti avrei comprato una scopa da corsa» disse suo padre tamburellando con le dita sul bancone.
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«E a cosa serve, se non sono nella squadra?» disse Malfoy tutto imbronciato e stizzito. «L’anno scorso Harry Potter aveva una Nimbus Duemila e un permesso speciale di Silente per farlo giocare con il Grifondoro. E non è nemmeno così bravo! Solo perché è famoso… famoso per quella stupida cicatrice sulla fronte…»
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Malfoy si chinò per esaminare uno scaffale pieno zeppo di teschi.
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«…E tutti lo considerano brillante! Potter il Magnifico, con la sua cicatrice e la sua scopa…»
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«Lo hai già detto mille volte» disse il signor Malfoy con un’occhiata raggelante, «e vorrei ricordarti che non è… prudente… mostrarsi poco entusiasti di Harry Potter, non quando la maggior parte di noi lo considera l’eroe che ha causato la scomparsa dell’Oscuro Signore… Ah, signor Sinister».
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Un signore curvo era apparso dietro al bancone, scostandosi dal viso una ciocca di capelli unti.
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«Signor Malfoy, che piacere rivederla» disse Sinister con una voce untuosa come la sua capigliatura. «Lietissimo… e anche il signorino Malfoy… Che gioia! In che cosa posso servirvi? Devo mostrarvi una cosa che mi è arrivata proprio oggi, a un prezzo assai ragionevole…»
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«Oggi non sono venuto per comprare, Sinister, ma per vendere» disse Lucius Malfoy.
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«Vendere?» il sorriso si congelò leggermente sul viso di Sinister.
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«Avrà sentito dire, naturalmente, che il Ministero sta facendo molti controlli» disse Malfoy tirando fuori da una tasca interna un rotolo di pergamena e svolgendolo per dar modo a Sinister di leggerlo. «Io ho… qualche… oggetto, a casa, che potrebbe mettermi in difficoltà se il Ministero dovesse venire a farmi visita…»
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Sinister si aggiustò gli occhialini sul naso.
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«Il Ministero non oserà certo crearle dei fastidi, signore».
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Le labbra di Malfoy si incurvarono.
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«Ancora non ho ricevuto nessun avviso. Il nome dei Malfoy impone ancora un certo rispetto; e tuttavia il Ministero si sta facendo sempre più invadente. Girano voci su una nuova Legge per la Protezione dei Babbani: senza dubbio, dietro ci deve essere quel pidocchioso Babbanofilo di Arthur Weasley…»
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Harry ebbe uno scatto di rabbia.
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«… e, come lei può vedere, alcuni di questi veleni potrebbero far sembrare…»
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«Capisco, signore, naturalmente» disse Sinister. «Mi faccia vedere…»
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«Mi compri quella?» interruppe Draco indicando la mano avvizzita sul cuscino.
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«Ah, la Mano della Gloria!» esclamò Sinister abbandonando l’elenco di Malfoy e precipitandosi verso Draco. «Se vi inserite una candela, fa luce, ma solo a colui che la regge! È l’amica fidata di ladri e scassinatori. Suo figlio ha molto gusto, signore!»
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«Spero bene che mio figlio riuscirà a fare qualcosa di meglio che non il ladro o lo scassinatore, Sinister» disse freddamente Malfoy e Sinister si affrettò a rispondere: «Non volevo certo offenderla signore, no certo…»
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«Però, se i suoi voti a scuola non migliorano» disse Malfoy con voce ancor più gelida, «quella potrebbe essere l’unica attività adatta a lui».
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«Non è colpa mia» lo rimbeccò Draco. «Tutti gli insegnanti hanno i loro prediletti, quella Hermione Granger…»
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«Avrei creduto che ti saresti vergognato a farti superare in tutti gli esami da una ragazza di una famiglia di Babbani!» sbottò Malfoy.
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‘Ah! Ah!’ esultò Harry tra sé, felice di vedere Draco confuso e arrabbiato.
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«Tutto cambia» disse Sinister con la sua voce untuosa. «Il sangue di mago conta sempre meno ovunque…»
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«Non per me» disse Malfoy con le narici frementi.
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«No, signore, neanche per me, signore» rispose Sinister inchinandosi profondamente.
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«In questo caso, forse possiamo tornare al mio elenco» disse Malfoy tagliando corto. «Ho una certa fretta, Sinister, ho affari importanti che mi aspettano altrove, oggi».
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Cominciarono a contrattare. Con un certo nervosismo Harry vide Draco avvicinarsi sempre più al suo nascondiglio, esaminando gli oggetti in vendita. Il ragazzo si fermò a guardare un lungo rotolo di corda per impiccagioni e si soffermò a leggere, con un ghignetto, il cartellino appeso su una stupenda collana di opali: Attenzione: non toccare. Letale. Fino a oggi è costata la vita a diciannove Babbane che l’hanno posseduta.
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Draco si girò e vide l’armadio proprio di fronte a sé. Si avvicinò… allungò la mano sulla maniglia…
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«Fatto» disse Malfoy dal bancone. «Vieni, Draco!»
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Harry si asciugò la fronte con la manica mentre Draco si allontanava.
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«Buona giornata a lei, Sinister. La aspetto domani al castello per consegnarle la merce».
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Non appena la porta si fu richiusa, Sinister abbandonò i suoi modi melliflui.
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«Buona giornata a te, Signor Malfoy, e se è vero quel che si dice non mi hai venduto neanche la metà di quel che tieni nascosto nel tuo castello…»
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Poi, bofonchiando parole oscure, Sinister scomparve nel retrobottega. Harry attese qualche minuto, nel caso fosse tornato indietro, poi, più furtivamente possibile, sgusciò fuori dell’armadietto, oltrepassò le teche di vetro e uscì dal negozio.
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Tenendosi alla meglio gli occhiali rotti sul naso, si guardò intorno. Era emerso in un sordido vicolo dove sembravano esserci esclusivamente negozi dedicati alle Arti Oscure. Quello da cui era appena uscito. Magie Sinister, sembrava il più grande, ma di fronte c’era un’orribile mostra di teste avvizzite e due porte più giù un’immensa gabbia brulicava di giganteschi ragni neri. Due maghi in malarnese lo osservavano da dietro un portale bisbigliando tra loro. Con un certo nervosismo Harry si avviò, sempre tenendosi gli occhiali e augurandosi, contro ogni speranza, di trovare la strada per uscire da quel posto.
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Da una vecchia insegna stradale di legno, appesa sopra a un negozio di candele velenose, capì di trovarsi a Notturn Alley. Questo non lo aiutò affatto, dato che non aveva mai sentito parlare di un posto del genere. Pensò di non aver detto abbastanza chiaramente la sua destinazione, con tutta quella cenere che gli era entrata in bocca nel camino dei Weasley. Cercando di non perdere la calma, si interrogò sul da farsi.
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«Non è che per caso ti sei perso, mio caro?» gli bisbigliò una voce all’orecchio, facendolo sobbalzare.
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Davanti a lui c’era una vecchia strega con in mano un vassoio di quelle che assomigliavano orribilmente a unghie umane. Lo guardò con occhi avidi, mostrando una fila di denti verdastri. Harry fece un passo indietro.
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«Tutto a posto, grazie» disse. «Sto soltanto…»
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«HARRY! Che ci fai da ’ste parti, ragazzo?»
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Il cuore balzò in petto al ragazzo. E anche alla strega; un mucchio di unghie le cascarono ai piedi e lei imprecò, mentre la sagoma massiccia di Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts, si avvicinava a gran passi, con gli occhi neri come il carbone che lampeggiavano tra la barba irsuta.
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«Hagrid!» chiocciò Harry con sollievo. «Mi sono perso… La Polvere Volante…»
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Hagrid lo agguantò per la collottola e lo tirò via dalla strega, buttandole all’aria il vassoio. Le sue strida li inseguirono lungo il vicolo tortuoso, fin quando furono fuori, alla luce del sole. In lontananza, Harry vide un edificio di marmo candido che gli risultò familiare: la banca Gringott. Hagrid lo aveva portato dritto dritto a Diagon Alley.
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«Sei tutto fetente!» disse Hagrid burbero, scrollandogli di dosso la fuliggine con tale energia da farlo quasi cadere in un barile di guano di drago. «Ma che ti piglia, vagolare per Notturn Alley… Posto infame, Harry… Non mi garba che ti fai vedere qui…»
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«Me ne sono reso conto» disse Harry cercando di schivare un’altra energica spazzolata. «Te l’ho detto, mi sono perso… E tu, allora, che ci facevi?»
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«Io cercavo un Repellente per lumache carnivore» brontolò Hagrid. «Mi rovinano tutti i cavoli della scuola. Ma tu, sei mica solo?»
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«Sto a casa dei Weasley, ma ci siamo divisi» spiegò Harry. «Devo andare a cercarli».
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Si avviarono insieme per la strada.
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«lo a te t’ho scritto, perché tu no?» chiese Hagrid mentre Harry gli trotterellava accanto (per ogni falcata degli enormi stivali del guardiacaccia lui doveva fare tre passi). Harry gli raccontò di Dobby e dei Dursley.
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«Fetenti di Babbani!» ringhiò Hagrid. «Se lo sapevo…»
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«Harry! Harry! Da questa parte!»
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Harry guardò in alto e vide Hermione Granger in cima alla candida scalinata della Gringott. Lei spiccò una corsa per andargli incontro, con i folti capelli castani al vento.
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«Cos’è successo ai tuoi occhiali? Ciao, Hagrid… Oh, è meraviglioso rivedervi… Stai andando alla Gringott, Harry?»
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«Appena trovo i Weasley» rispose Harry.
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«Eccoli che arrivano» disse Hagrid ridendo.
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Harry e Hermione si guardarono intorno; su per la strada affollata, Ron, Fred, George, Percy e il signor Weasley si stavano avvicinando a grandi passi.
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«Harry» ansimò il signor Weasley. «Speravamo che tu fossi sceso solo un focolare più in là». Si asciugò la pelata lucente. «Molly è disperata… Sta arrivando».
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«Dove sei uscito?» chiese Ron.
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«A Notturn Alley» disse Hagrid cupo.
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«Grande!» esclamarono Fred e George all’unisono.
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«Noi non abbiamo mai avuto il permesso di andarci» commentò Ron pieno di invidia.
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«Lo credo bene!» ringhiò Hagrid.
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In quel momento, spuntò di gran carriera la signora Weasley, stringendo in una mano la borsa che le sbatteva di qua e di là e trascinando Ginny con l’altra.
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«Harry!… Oh, santo cielo… potevi finire chissà dove…»
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Riprendendo fiato, tirò fuori dalla borsa una grossa spazzola da panni e cominciò a togliergli di dosso la fuliggine che Hagrid non era riuscito a eliminare con le sue manate. Il signor Weasley prese gli occhiali di Harry, gli diede un colpetto con la sua bacchetta magica e glieli restituì come nuovi.
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«Be’, io me ne vado» disse Hagrid, a cui mamma Weasley stava quasi storcendo una mano («Notturn Alley! Pensa se non lo avessi trovato, Hagrid!»). «Ci becchiamo a Hogwarts!» E si allontanò a gran passi, sovrastando chiunque altro nella strada affollata.
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«Indovinate un po’ chi ho visto da Magie Sinister?» chiese Harry a Ron e a Hermione mentre salivano le scale della Gringott. «Malfoy e suo padre».
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«E Lucius Malfoy ha comprato niente?» chiese il signor Weasley in tono tagliente.
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«No, ha venduto».
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«Allora è preoccupato» commentò il signor Weasley con segreta soddisfazione. «Oh, quanto mi piacerebbe incastrare Lucius Malfoy!»
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«Tu devi stare molto attento, Arthur» disse la signora Weasley in tono aspro, mentre un folletto che stazionava sulla porta li introduceva nella banca con un inchino. «Quella famiglia è una fonte di guai e Malfoy è un osso troppo duro per te!»
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«E così tu pensi che io non sappia tenere testa a Lucius Malfoy?» chiese il signor Weasley indignato; ma subito dopo venne distratto dalla vista dei genitori di Hermione, in piedi tutti nervosi davanti al bancone che correva lungo la sala marmorea, in attesa di essere presentati.
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«Ma voi siete Babbani!» esclamò eccitato il signor Weasley. «Dobbiamo brindare! Che cos’è che avete là? Ah, state cambiando la moneta dei Babbani. Guarda, Molly!» e indicò entusiasticamente le banconote da dieci sterline che il signor Granger teneva in mano.
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«Ci rivediamo qui» disse Ron a Hermione, mentre i Weasley e Harry venivano accompagnati da un altro folletto della banca alle loro camere blindate sotterranee.
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Le camere blindate venivano raggiunte utilizzando dei piccoli carrelli guidati da folletti che, lungo rotaie in miniatura, correvano per i sotterranei della banca. A Harry piacque molto la scarrozzata a rotta di collo fino alla camera blindata dei Weasley ma si sentì terribilmente a disagio, molto peggio di come si era sentito a Notturn Alley, quando venne aperta. C’era un esiguo mucchietto di zellini d’argento e soltanto un galeone d’oro. Mamma Weasley ispezionò ben bene gli angoli, prima di raccogliere tutto nella borsa. Harry si sentì ancor peggio quando raggiunsero la sua camera blindata. Cercò di impedire la vista di quel che conteneva, mentre in fretta e furia infilava alcune manciate di monete in una borsa di cuoio.
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Infine, si ritrovarono tutti sulla scalinata di marmo. Percy accennò bofonchiando di aver bisogno di una nuova penna d’oca; Fred e George avevano intravisto un compagno di scuola, Lee Jordan; Mamma Weasley e Ginny dovevano andare in un negozio di abiti di seconda mano. Il signor Weasley insisteva per invitare i Granger al Paiolo magico a bere qualcosa.
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«Ci vediamo tra un’ora al Ghirigoro per comprare i libri» disse mamma Weasley allontanandosi con Ginny. «E state lontani da Notturn Alley!» gridò ai due gemelli che già stavano dandosela a gambe.
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Harry, Ron e Hermione si avviarono lungo l’acciottolato della via tortuosa. Le monete d’oro, d’argento e di bronzo tintinnavano allegramente nella borsa di Harry e reclamavano di essere spese. Fu cosi che comprò tre grossi gelati alla fragola e al burro di noccioline che divorarono tutti felici, gironzolando e guardando le vetrine. Ron si fermò estasiato di fronte a una divisa completa dei Cannoni di Chudley esposta da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, finché Hermione non li trascinò a comprare inchiostro e pergamena al negozio accanto. Nella bottega di Scherzi da maghi incontrarono Fred, George e Lee Jordan che facevano rifornimento di Favolosi Fuochi d’Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua, e in un piccolo negozio di cianfrusaglie, pieno di bacchette magiche rotte, di traballanti bilance d’ottone e di vecchi mantelli tutti impataccati trovarono Percy, immerso nella lettura di un noiosissimo libretto dal titolo: Prefetti che hanno conquistato il potere.
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«Studio sui prefetti di Hogwarts e sulla loro carriera» citò Ron ad alta voce leggendo dal retro della copertina. «Sembra davvero affascinante…»
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«Vattene» lo rimbeccò Percy.
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«Certo, lui è molto ambizioso. Ha programmato tutto… Vuole diventare Ministro della Magia…» disse sottovoce Ron a Harry e Hermione mentre lasciavano Percy al suo destino.
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Un’ora più tardi si avviarono verso Il Ghirigoro. Ma non erano certo i soli: quando furono più vicini, videro con grande sorpresa una vera e propria folla che sgomitava per entrare. La ragione di tutto ciò era spiegata da una grande insegna, appesa alle vetrine del piano superiore:
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Oggi, dalle 12,30 alle 14,30GlLDEROY ALLOCKfirmerà copie della sua autobiografiaMagicamente io
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«Potremo conoscerlo!» gridò Hermione. «Voglio dire, è lui che ha scritto quasi tutti i nostri libri di testo!»
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La folla sembrava composta per lo più di streghe dell’età di mamma Weasley. Un mago, dall’aria sfinita, stava sulla porta raccomandando: «Piano, per favore, signore… Ehi, là, non spingete… Attenzione ai libri…»
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Harry, Ron e Hermione sgattaiolarono dentro. Una lunga fila si snodava fino al retro del negozio, dove Gilderoy Allock stava autografando i suoi libri. Tutti e tre i ragazzi afferrarono una copia del manuale A merenda con la morte, e si intrufolarono tra la folla fino a raggiungere i Weasley, che facevano la fila insieme ai Granger.
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«Oh, eccovi arrivati, bene!» disse mamma Weasley. Sembrava le mancasse il fiato e continuava ad aggiustarsi i capelli. «Tra un minuto lo vedremo…»
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Gilderoy Allock apparve lentamente, seduto a un tavolo e circondato da gigantografie della sua faccia. Erano tutte ammiccanti e mostravano alla folla due file di denti di un candore abbagliante. Il vero Allock indossava un abito color non-ti-scordar-di-me, che si adattava perfettamente al colore dei suoi occhi; sui capelli ondulati portava, disinvoltamente poggiato di lato, il cappello a punta da mago.
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Un ometto basso e irascibile gli danzava intorno scattando foto con una grossa macchina fotografica nera che a ogni guizzo accecante del flash emetteva nuvolette di fumo color porpora.
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«Ehi tu, levati di torno» intimò a Ron arretrando per prendere un’inquadratura migliore. «Questa è per La Gazzetta del Profeta».
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«Ma chi ti credi di essere?» commentò Ron stropicciandosi il piede che il fotografo gli aveva pestato.
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Gilderoy Allock lo udì. Alzò lo sguardo. Vide Ron e poi vide Harry. Sgranò gli occhi. Poi balzò in piedi e gridò: «È mai possibile? Ma quello è Harry Potter?»
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La folla fece largo, bisbigliando tutta eccitata. Allock si tuffò letteralmente in avanti, prese Harry per un braccio e lo trascinò in prima fila. Il pubblico scoppiò in un applauso. Harry era paonazzo, mentre Allock gli stringeva la mano per essere ripreso dal fotografo, che scattava foto all’impazzata inondando di fumo denso tutti i Weasley.
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«Fai un bel sorriso, Harry» disse Allock mettendo in mostra la sua fulgida dentatura. «Tu e io, insieme, siamo degni della prima pagina».
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Quando finalmente lasciò la mano di Harry, il ragazzo non si sentiva più le dita. Cercò di sgattaiolare verso i Weasley, ma Allock gli mise di nuovo un braccio intorno alle spalle e lo strinse a sé.
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«Signore e signori» disse a voce alta, chiedendo il silenzio con un gesto della mano. «Che momento straordinario è mai questo! È arrivata l’ora di fare un piccolo annuncio che rimando da troppo tempo! Quando, oggi, il giovane Harry è entrato al Ghirigoro, voleva semplicemente acquistare la mia autobiografia, che ora sono lieto di regalargli» (qui la folla applaudì un’altra volta) «e non aveva la minima idea» continuò Allock dando a Harry un colpetto che gli fece scivolare gli occhiali sulla punta del naso, «che di lì a poco avrebbe avuto ben più del mio libro Magicamente io. Infatti, lui e i suoi compagni avranno magicamente me in carne e ossa. Sì, signore e signori, ho il grande piacere e l’orgoglio di annunciare che a settembre assumerò l’incarico di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts!»
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Tutti si rallegrarono e batterono le mani e Harry si ritrovò tra le braccia l’intera pila delle opere complete di Gilderoy Allock. Barcollando leggermente sotto tutto quel peso riuscì a farsi largo fuori dai riflettori guadagnando il fondo della sala, dove si trovava Ginny, in piedi accanto al suo nuovo paiolo.
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«Tu prendi questi» le bofonchiò Harry scaraventando i libri nel calderone. «Io me li comprerò…»
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«Scommetto che ti è piaciuto, non è vero, Potter?» disse una voce che Harry non stentò a riconoscere. Si raddrizzò e si trovò faccia a faccia con Draco Malfoy, che portava stampato sul viso il suo solito ghigno.
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«Il famoso Harry Potter» disse Malfoy. «Non può neanche entrare in una libreria senza fare notizia!»
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«Lascialo in pace, non è stato lui a volere tutto questo!» disse Ginny. Era la prima volta che parlava di fronte a Harry. Stava guardando fisso fisso Malfoy.
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«Potter, ti sei fatto una ragazza!» esclamò Malfoy strascicando le parole. Ginny arrossì violentemente. Intanto, facendosi largo, Ron e Hermione si avvicinarono, carichi di libri di Allock.
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«Ah, sei tu!» disse Ron guardando Malfoy come se fosse qualcosa di sgradevole che gli si era attaccato alla suola di una scarpa. «Scommetto che sei sorpreso di vedere Harry qui, eh?»
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«Non tanto sorpreso quanto di vedere te dentro un negozio, Weasley» replicò Malfoy. «Suppongo che i tuoi genitori faranno la fame per un mese per pagare tutta quella roba».
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Ron diventò paonazzo come Ginny. Anche lui lasciò cadere i libri dentro al calderone e fece per lanciarsi contro Malfoy, ma Harry e Hermione lo afferrarono per la giacca.
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«Ron!» disse il signor Weasley avanzando a fatica con Fred e George. «Cosa stai facendo? Qua dentro è pazzesco, andiamo fuori».
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«Bene, bene, bene… Arthur Weasley».
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Era il signor Malfoy. In piedi, con la mano sulla spalla di Draco, aveva lo stesso ghigno del figlio.
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«Lucius» lo salutò Weasley con un freddo cenno del capo.
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«Ho sentito che è un momento di superlavoro, al Ministero» disse Malfoy. «Tutte quelle ispezioni… Spero bene che le paghino gli straordinari!»
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Si avvicinò al calderone di Ginny e dal mucchio dei libri nuovi fiammanti di Allock estrasse una copia vecchia e consunta di Guida pratica alla trasfigurazione per principianti.
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«Ovviamente no» prosegui. «Santo cielo, a che serve essere un’onta al nome stesso di mago se non la pagano neanche a sufficienza?»
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Weasley divenne ancor più paonazzo di Ron e di Ginny.
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«Abbiamo un’idea molto diversa di quel che significa screditare il nome di mago, Malfoy» disse.
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«Mi sembra chiaro» replicò Malfoy, e volse i suoi occhi sbiaditi sui Granger, che li guardavano con apprensione. «Le compagnie che lei frequenta, Weasley… eppure avrei detto che la sua famiglia avesse già toccato il fondo…»
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Ci fu un tonfo metallico e il calderone di Ginny volò in aria; il signor Weasley si era avventato su Lucius Malfoy, scaraventandolo contro uno scaffale. Decine di pesanti libri di incantesimi caddero sulle loro teste con gran fracasso. Si udì il grido unanime di Fred e George: «Prendilo, papà!» Anche mamma Weasley gridava: «No, Arthur, no!» La folla si ritrasse, facendo cadere altri scaffali. «Signori, vi prego… vi prego!» gridava il mago-commesso, e poi una voce che superava quella di tutti gli altri intimò: «Basta un po’, gente!»
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Hagrid avanzava verso di loro attraverso quel mare di libri. In un attimo separò Weasley e Malfoy. Il primo aveva un labbro spaccato, mentre l’altro era stato colpito a un occhio da un volume dell’Enciclopedia dei funghi velenosi. Stringeva ancora in mano il vecchio libro di trasfigurazione di Ginny. Lo lanciò alla ragazzina, con un guizzo maligno negli occhi. «Tieni, ragazzina… prendi il tuo libro… è tutto quel che tuo padre riesce a darti!»
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E liberandosi dalla presa di Hagrid, fece un cenno a Draco e uscì in tutta fretta dal negozio.
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«Non ci dovevi dar retta, Arthur» disse Hagrid quasi sollevando il signor Weasley da terra, mentre lui si ricomponeva gli abiti. «Marcissimi sono, tutta la famiglia, lo sanno tutti. Non c’è un Malfoy che vale un fico secco. Sangue cattivo, ecco cos’è. Andiamo, su».
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Sembrò che il commesso volesse impedire loro di uscire, ma poiché arrivava a stento alla cintola di Hagrid parve ripensarci. Si incamminarono in fretta, i Granger ancora spaventati e la signora Weasley fuori di sé per la rabbia.
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«Bell’esempio da dare ai tuoi figli… una rissa in pubblico… che cosa avrà pensato Gilderoy Allock…»
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«Era tutto contento» disse Fred. «Non lo hai sentito mentre uscivamo? Stava chiedendo a quel tizio della Gazzetta se nel suo articolo poteva accennare alla rissa… ha detto che era tutta pubblicità».
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Ma era un gruppo ormai placato quello che giunse al Paiolo magico, da dove Harry, i Weasley e tutti i loro acquisti avrebbero fatto ritorno alla Tana usando la Polvere Volante. Si accomiatarono dai Granger, che stavano uscendo dal pub diretti dalla parte opposta, per raggiungere i quartieri dei Babbani. Il signor Weasley cominciò a chiedergli come funzionavano le fermate degli autobus, ma vista la faccia della moglie si affrettò a interrompersi.
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Prima di prendere una manciata di Polvere Volante Harry si tolse gli occhiali e li mise in salvo nella tasca. Decisamente, non era il suo modo preferito di viaggiare.
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