La mattina dopo, Tom svegliò Harry, con il suo solito sorriso sdentato e una tazza di tè. Harry si vestì e stava convincendo una riottosa Edvige a tornare dentro la gabbia quando Ron entrò nella sua camera sbattendo la porta, con una felpa infilata a metà e l'aria irritabile.
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«Prima saliamo sul treno meglio è» disse. «Almeno a Hogwarts riuscirò a stare alla larga da Percy. Ora mi accusa di aver versato il tè sulla sua foto di Penelope Light. Sai» Ron fece una smorfia, «la sua fidanzata. Si è nascosta sotto la cornice perché ha il naso tutto a macchie...»
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«Devo dirti una cosa» esordi Harry, ma furono interrotti da Fred e George che si congratulavano con Ron per aver fatto di nuovo arrabbiare Percy.
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Scesero per la colazione. Il signor Weasley leggeva accigliato la prima pagina della Gazzetta del Profeta e la signora Weasley raccontava a Ginny e a Hermione di un Filtro d'Amore che aveva preparato da ragazza. Avevano tutte e tre la ridarella.
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«Che cosa stavi dicendo?» chiese Ron a Harry sedendosi a tavola.
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«Te lo dico dopo» borbottò Harry vedendo entrare Percy.
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Harry non riuscì a parlare con Ron né con Hermione nel caos della partenza: furono troppo occupati a trascinare tutti i loro bauli giù per la stretta scala del Paiolo magico e accatastarli vicino alla porta, con Edvige e Hermes, il gufo di Percy, in cima al tutto nelle loro gabbie. Un cestino di vimini vicino al mucchio di bauli sputacchiava rumorosamente.
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«Va tutto bene, Grattastinchi» lo blandì Hermione attraverso i vimini. «Ti farò uscire sul treno».
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«Nemmeno per idea» scattò Ron. «E il povero Crosta?»
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Indicò il davanti della giacca, dove un grosso rigonfiamento segnalava la presenza di Crosta appallottolato nella tasca interna.
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Il signor Weasley, che era uscito ad aspettare le auto del Ministero, infilò dentro la testa.
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«Sono arrivate» disse. «Harry, andiamo...»
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Il signor Weasley scortò Harry verso la prima delle due auto fuori moda verde scuro, ciascuna delle quali aveva al volante un mago dall'aria furtiva in uniforme di velluto verde smeraldo.
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«Sali, Harry» disse il signor Weasley guardando a destra e a sinistra nella strada affollata.
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Harry salì e ben presto fu seguito da Hermione, Ron e, con grande disgusto di Ron, Percy.
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Il viaggio fino a King's Cross fu molto tranquillo in confronto alla gita di Harry sul Nottetempo. Le auto del Ministero della Magia sembravano quasi normali, anche se Harry notò che sgusciavano nel traffico come la macchina nuova della ditta di zio Vernon non sarebbe mai riuscita a fare. Raggiunsero King's Cross con venti minuti di anticipo; gli autisti del Ministero trovarono dei carrelli, scaricarono i bauli, salutarono il signor Weasley sfiorandosi il berretto e ripartirono, riuscendo misteriosamente a scattare in testa a una fila di macchine ferme ai semafori.
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Il signor Weasley scortò Harry dentro la stazione.
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«Bene» disse guardandosi intorno. «Andiamo due a due, visto che siamo in tanti. Io passo per primo con Harry».
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Il signor Weasley puntò verso la barriera che separava i binari nove e dieci, spingendo il carrello di Harry, apparentemente molto interessato all'Intercity 125 che era appena arrivato al binario nove. Con un'occhiata eloquente a Harry, si appoggiò in maniera casuale alla barriera. Harry lo imitò.
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Un attimo dopo l'attraversarono ritrovandosi sul binario nove e tre quarti davanti all'Espresso di Hogwarts, un treno a vapore scarlatto, che sbuffava fumo su un binario affollato di streghe e maghi che salutavano i loro figli.
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Percy e Ginny apparvero all'improvviso dietro a Harry. Ansimavano, e sembrava che avessero corso.
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«Ah, ecco Penelope!» disse Percy, lisciandosi i capelli e diventando tutto rosa. Ginny intercettò lo sguardo di Harry ed entrambi si voltarono per nascondere le risate mentre Percy avanzava verso una ragazza dai lunghi capelli ricci, camminando col petto così in fuori che nessuno avrebbe potuto ignorare il distintivo splendente.
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Quando gli altri Weasley e Hermione li ebbero raggiunti, Harry e il signor Weasley aprirono la strada verso la coda del treno, oltre una serie di scompartimenti affollati, fino a una carrozza che sembrava vuota. I ragazzi caricarono i bauli, sistemarono Edvige e Grattastinchi sulla reticella, poi tornarono sulla banchina per salutare i signori Weasley.
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La signora Weasley baciò tutti i suoi figli, poi Hermione e alla fine Harry, che fu un po' imbarazzato ma anche contento quando la mamma di Ron lo strinse in un abbraccio supplementare.
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«Farai attenzione, vero, Harry?» gli disse cercando di ricomporsi, con gli occhi stranamente lucidi. Poi aprì la capace borsetta e disse: «Ho preparato i sandwich per tutti... tieni, Ron... no, non è carne secca... Fred? Dov'è Fred? Eccoti qui, caro...»
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«Harry» disse piano il signor Weasley, «vieni qui un momento...»
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Scivolò dietro una colonna, e Harry lo seguì, lasciando gli altri attorno alla signora Weasley.
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«C'è una cosa che devo dirti prima che tu parta...» esordì il signor Weasley con voce tesa.
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«Va tutto bene, signor Weasley» disse Harry. «Lo so già».
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«Lo sai? Come fai a saperlo?»
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«Io... ehm... io vi ho sentiti parlare ieri sera, lei e la signora Weasley. Non ho proprio potuto evitarlo» aggiunse in fretta. «Mi dispiace...»
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«Non volevo che lo scoprissi così» disse il signor Weasley ansioso.
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«No... davvero, va tutto bene. Così lei non ha tradito la parola data a Caramell e io so come stanno le cose».
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«Harry, sarai molto spaventato...»
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«No» disse Harry con sincerità. «Davvero» aggiunse, perché il signor Weasley lo guardava incredulo. «Non sto cercando di fare l'eroe, ma insomma, Sirius Black non può essere peggio di Voldemort, vero?»
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Il signor Weasley si ritrasse sentendo pronunciare quel nome, ma non fece i soliti commenti.
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«Harry, sapevo che sei di una tempra più forte di quanto non creda Caramell, e naturalmente sono felice che tu non abbia paura, ma...»
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«Arthur!» gridò la signora Weasley, intenta a far salire gli altri sul treno, «Arthur, che cosa fai? È ora!»
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«Arriva, Molly!» disse il signor Weasley, ma poi si voltò di nuovo verso Harry e riprese a parlare con voce più bassa, in fretta, questa volta. «Ascolta, voglio che tu mi dia la tua parola...»
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«...che farò il bravo e rimarrò al castello?» chiese Harry rassegnato.
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«Non proprio» disse il signor Weasley, più serio che mai. «Harry, giurami che non andrai a cercare Black».
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Harry lo fissò. «Che cosa?»
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Si senti un fischio acuto. I controllori camminavano lungo il treno e chiudevano le porte.
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«Promettimi, Harry» disse il signor Weasley, parlando ancora più rapidamente, «che qualunque cosa accada...»
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«Perché dovrei andare a cercare qualcuno che vuole uccidermi?» chiese Harry senza capire.
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«Giurami che qualunque cosa sentirai...»
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«Arthur, sbrigati!» strillò la signora Weasley.
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Il vapore schizzava dal treno, che aveva cominciato a muoversi. Harry corse verso la portiera, Ron la spalancò e fece un passo indietro per lasciarlo salire. Poi tutti si sporsero dal finestrino per salutare i Weasley finché il treno non fece una curva e li cancellò dalla loro vista.
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«Devo parlarvi in privato» mormorò Harry a Ron e Hermione mentre il treno prendeva velocità.
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«Vai via, Ginny» disse Ron.
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«Carino da parte tua» ribatté Ginny irritata, e se ne andò.
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Harry, Ron e Hermione si incamminarono lungo il corridoio, alla ricerca di uno scompartimento vuoto, ma erano tutti occupati tranne l'ultimo, in fondo al treno.
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Dentro c'era un solo passeggero, un uomo profondamente addormentato, seduto vicino al finestrino. Harry, Ron e Hermione rimasero sulla soglia a guardarlo. L'Espresso di Hogwarts di solito era riservato agli studenti e non avevano mai visto un adulto a bordo, a parte la strega che portava il tè e i sandwich.
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Lo sconosciuto indossava un completo da mago molto consunto, rammendato in più punti. Aveva l'aria stanca e malata. Benché fosse piuttosto giovane, i suoi capelli castano chiaro erano striati di grigio.
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«Secondo voi chi è?» sibilò Ron mentre si sedevano, chiudevano la porta e occupavano i posti più lontani dal finestrino.
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«Il professor R.J. Lupin» sussurrò pronta Hermione.
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«Come fai a saperlo?»
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«C'è scritto sulla valigia» rispose Hermione, indicando la reticella sopra lo sconosciuto, occupata da una valigetta lisa tenuta insieme da una grande quantità di spago legato con cura. Il nome professor R.J. Lupin era stampato su un angolo a lettere un po' sbucciate.
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«Chissà che cosa insegna» disse Ron osservando il pallido profilo di Lupin.
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«È ovvio» sussurrò Hermione, «c'è solo una materia possibile, no? Difesa contro le Arti Oscure».
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Harry, Ron e Hermione avevano già avuto due professori di Difesa contro le Arti Oscure, ed entrambi avevano resistito un anno soltanto. Correva voce che quel posto portasse iella.
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«Be', spero che sia all'altezza» disse Ron in tono dubbioso. «Ha l'aria di uno che basta una bella fattura a sistemarlo, no? Comunque...» e si voltò verso Harry, «che cosa dovevi dirci?»
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Harry raccontò della discussione tra il signore e la signora Weasley e degli avvertimenti che il signor Weasley gli aveva appena dato. Quando ebbe finito, Ron era sconvolto, e Hermione si teneva le mani sulla bocca. Alla fine le abbassò per dire:
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«Sirius Black è fuggito per venire a cercare te? Oh, Harry... dovrai stare molto, molto attento. Non andare in cerca di guai, Harry...»
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«Non vado in cerca di guai» disse Harry seccato. «Di solito sono i guai che trovano me».
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«Harry non è mica tanto scemo da andare a cercare un pazzo che vuole
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ucciderlo» commentò Ron, scosso.
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Stavano prendendo la notizia peggio di quanto Harry non si fosse aspettato. A quanto pareva, sia Ron che Hermione temevano Sirius Black molto più di lui.
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«Non si sa come è riuscito a fuggire da Azkaban» disse Ron, nervoso. «Nessuno c'era mai riuscito prima. Ed era anche un sorvegliato speciale».
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«Ma lo prenderanno, vero?» intervenne Hermione in tono vivace. «Voglio dire, ci sono anche tutti quei Babbani che gli danno la caccia...»
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«Che cos'è questo rumore?» chiese Ron all'improvviso.
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Era una sorta di fischio debole e tintinnante... Cercarono dappertutto nello scompartimento. «Viene dal tuo baule, Harry» disse Ron, alzandosi per raggiungere il bagaglio di Harry sulla reticella. Un momento dopo aveva estratto lo Spioscopio Tascabile dalle cose di Harry. L'oggetto vorticava sul palmo della mano di Ron, scintillando.
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«Quello è uno Spioscopio?» disse Hermione incuriosita, avvicinandosi per vedere meglio.
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«Sì... ma da due soldi» disse Ron. «È praticamente impazzito quando ho cercato di legarlo alla zampa di Errol per spedirlo a Harry».
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«Stavi facendo qualcosa di scorretto?» chiese Hermione pungente.
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«No! Be'... non avrei dovuto usare Errol, non è adatto ai viaggi lunghi... ma come facevo altrimenti a mandare il regalo a Harry?»
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«Rimettilo nel baule» disse Harry, mentre lo Spioscopio sibilava senza pietà, «o lo sveglieremo».
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Fece un cenno verso il professor Lupin. Ron infilò lo Spioscopio in un paio di vecchi calzini particolarmente orrendi di zio Vernon, che soffocarono il rumore, poi richiuse il baule.
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«Possiamo farlo controllare a Hogsmeade» disse Ron, e si sedette di nuovo. «Da Mondomago vendono cose del genere, strumenti magici, cose così, me l'hanno detto Fred e George».
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«Che cosa sai di Hogsmeade?» chiese Hermione curiosa. «Ho letto che è l'unico insediamento completamente nonBabbano di tutta la Gran Bretagna...»
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«Sì, credo di sì» disse Ron in tono sbrigativo, «ma non è per quello che mi attira. Io voglio assolutamente andare da Mielandia!»
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«Che cos'è?» chiese Hermione.
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«È un negozio di dolci» disse Ron con aria sognante, «dove hanno di tutto... Le Piperille, che ti fanno uscire il fumo dalla bocca, e dei Cioccoli giganti ripieni di crema alla fragola e panna, e certe deliziose penne d'aqui
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la di zucchero che puoi succhiare in classe e sembra che tu sia lì a pensare che cosa scrivere...»
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«Ma Hogsmeade è un posto molto interessante, vero?» insistette Hermione entusiasta. «In Siti Storici della Stregoneria c'è scritto che la locanda è stata il quartier generale della Rivolta dei Folletti nel 1612, e la Stamberga Strillante dovrebbe essere l'edificio più infestato dai fantasmi di tutto il paese...»
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«...ed enormi palline frizzanti che ti alzano da terra mentre le succhi» disse Ron, che evidentemente non aveva ascoltato una parola del discorso di Hermione.
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Lei si rivolse a Harry.
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«Che bello, poter uscire da scuola per un po' e fare un giro a Hogsmeade».
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«Sì, che bello» disse Harry in tono funereo. «Poi mi racconterete».
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«Che vuoi dire?» chiese Ron.
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«Non posso venire. I Dursley non mi hanno firmato il permesso, e nemmeno Caramell».
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Ron lo guardò orripilato.
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«Non hai il permesso di venire? Ma... insomma... la McGranitt te lo darà, o qualcun altro...»
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Harry fece una risatina lugubre. La professoressa McGranitt, direttrice della Casa di Grifondoro, era molto rigorosa.
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«...oppure possiamo chiedere a Fred e George, loro conoscono tutti i passaggi segreti che portano fuori dal castello...»
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«Ron!» esclamò Hermione decisa. «Non credo che Harry dovrebbe sgattaiolare fuori dalla scuola con Black in libertà...»
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«Sì, suppongo che sarà quello che dirà la McGranitt quando le chiederò il permesso» disse Harry amaramente.
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«Ma se noi stiamo con lui» disse Ron a Hermione, «Black non oserà...»
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«Oh, Ron, non dire sciocchezze» lo zittì Hermione. «Black ha già ucciso un mucchio di persone in una strada affollata. Credi davvero che rinuncerebbe ad aggredire Harry solo perché ci siamo noi?»
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Mentre parlava, giocherellava con le cinghiette che chiudevano il cestino di Grattastinchi.
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«Non far uscire quella cosa!» disse Ron. Troppo tardi: Grattastinchi balzò fuori dal cestino, si stiracchiò, sbadigliò e balzò sulle ginocchia di Ron. Il rigonfiamento nella tasca di Ron si mise a tremare, mentre il ragazzo spingeva via il gatto con rabbia.
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«Via di qui!»
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«Ron, lascialo stare!» esclamò Hermione arrabbiata.
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Ron stava per risponderle a tono quando il professor Lupin si mosse. Lo guardarono preoccupati, ma non fece altro che voltare la testa e continuare a dormire, con la bocca leggermente aperta.
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L'Espresso di Hogwarts puntava dritto a nord e il paesaggio fuori dal finestrino diventava sempre più cupo e selvaggio mentre le nuvole nel cielo s'infittivano. Oltre la porta dello scompartimento i ragazzi si rincorrevano avanti e indietro. Grattastinchi si era sistemato su un sedile vuoto, col muso schiacciato rivolto verso Ron e gli occhi gialli fissi sulla tasca interna della sua giacca.
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All'una esatta la grassa strega col carrello del cibo si presentò sulla soglia.
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«Credete che dovremmo svegliarlo?» chiese Ron indicando con un cenno il professor Lupin. «Non gli farebbe male mangiare qualcosa, mi sembra».
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Hermione si avvicinò cauta al professor Lupin.
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«Ehm... professore...» disse. «Mi scusi... professore...»
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Il mago non si mosse.
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«Non preoccuparti, cara» disse la strega porgendo a Harry un vassoio di Calderotti. «Se quando si sveglia ha fame, mi trova nella vettura davanti con il macchinista».
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«Ma dorme?» chiese Ron piano, mentre la strega richiudeva la porta. «Voglio dire, non è morto, vero?»
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«No, no, respira» sussurrò Hermione, prendendo il biscotto che Harry le offriva.
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Forse non era un tipo di gran compagnia, ma la presenza del professor Lupin nello scompartimento si rivelò utile. A metà pomeriggio, proprio mentre la pioggia cominciava a cadere confondendo i profili delle colline che scorrevano oltre il finestrino, risuonarono dei passi nel corridoio, e sulla soglia comparvero le tre persone meno gradite a Harry e ai suoi amici: Draco Malfoy, accompagnato dai suoi scherani, Vincent Tiger e Gregory Goyle.
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Draco Malfoy e Harry erano nemici sin dal momento in cui si erano incontrati durante il primo viaggio verso Hogwarts. Malfoy, che aveva un viso pallido, appuntito e beffardo, era nella Casa dei Serpeverde; giocava da Cercatore nella squadra di Quidditch del Serpeverde, lo stesso ruolo di Harry nel Grifondoro. Tiger e Goyle sembravano essere al mondo solo per
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eseguire gli ordini di Malfoy. Erano entrambi grossi e muscolosi; Tiger era più alto, con un taglio di capelli a scodella e il collo taurino, Goyle aveva ispidi capelli corti e lunghe braccia scimmiesche.
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«Bene bene, ma guarda chi c'è» disse Malfoy con il suo solito tono mellifluo, aprendo la porta dello scompartimento. «Potterino e Lenticchia».
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Tiger e Goyle ridacchiarono come due troll.
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«Ho sentito dire che finalmente tuo padre ha messo le mani su un po' di soldi, Weasley» disse Malfoy. «Tua madre ci è rimasta secca dalla meraviglia?»
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Ron si alzò così in fretta che rovesciò a terra il cestino di Grattastinchi. Il professor Lupin grugnì nel sonno.
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«E quello chi è?» disse Malfoy, facendo istintivamente un passo indietro alla vista di Lupin.
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«Un nuovo insegnante» disse Harry, che si era alzato a sua volta per trattenere Ron. «Che cosa stavi dicendo, Malfoy?»
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Gli occhi pallidi di Malfoy diventarono due fessure: non era così sciocco da attaccare briga sotto gli occhi di un insegnante.
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«Andiamo» disse a Tiger e Goyle in tono risentito, e il terzetto spari.
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Harry e Ron si risedettero. Ron si massaggiò le nocche.
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«Non ho intenzione di farmi insultare da Malfoy quest'anno» disse rabbioso. «Nessuna intenzione. Se fa un'altra battuta sulla mia famiglia, gli prendo la testa e...»
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Ron fece un gesto violento a mezz'aria.
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«Ron» sibilò Hermione, indicando il professor Lupin, «attento...»
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Ma il professor Lupin era ancora profondamente addormentato.
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La pioggia s'infittì mentre il treno filava verso nord; i finestrini ora erano di un grigio compatto e luccicante, che s'incupì gradualmente finché le luci non si accesero lungo i corridoi e sopra le reticelle. Il treno sferragliava, la pioggia tamburellava, il vento ululava, ma il professor Lupin continuò a dormire.
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«Dovremmo esserci ormai» disse Ron, sporgendosi per guardare, oltre il professor Lupin, il finestrino ormai completamente nero.
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In quel momento il treno prese a rallentare.
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«Magnifico» disse Ron alzandosi e scavalcando con cautela l'insegnante addormentato per cercare di vedere fuori. «Ho una fame da lupi. Voglio andare al banchetto...»
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«Non è possibile che ci siamo già» disse Hermione guardando l'orologio.
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«E allora perché ci fermiamo?»
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Il treno perdeva velocità. Mentre il rumore degli stantuffi cessava, il vento e la pioggia urlavano ancora più forte oltre i vetri.
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Harry, che era il più vicino alla porta, si alzò e dette un'occhiata in corridoio. In tutto il vagone teste curiose spuntavano dagli scompartimenti.
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Il treno si arrestò con uno scossone e una serie di tonfi lontani annunciò loro che i bagagli erano caduti dalle reticelle. Poi, senza alcun preavviso, tutte le luci si spensero e cadde la più completa oscurità.
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«Che cosa succede?» La voce di Ron risuonò alle spalle di Harry.
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«Ahia!» strillò Hermione. «Ron, quello era il mio piede!»
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Harry cercò il suo sedile a tentoni.
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«Credete che ci sia un guasto?»
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«Non so...»
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Si udì un rumore stridente, e Harry vide la scura sagoma di Ron che puliva un pezzetto di finestrino e cercava di guardare fuori.
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«C'è qualcosa che si muove laggiù» disse Ron. «Credo che qualcuno stia salendo...»
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La porta dello scompartimento si aprì all'improvviso e qualcuno inciampò nelle gambe di Harry.
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«Scusa... sapete che cosa succede? Ahia... scusate...»
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«Ciao, Neville» disse Harry, tendendo le mani nel buio fino ad afferrare Neville per il mantello.
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«Harry? Sei tu? Che cosa succede?»
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«Non lo so... siediti...»
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Ci fu un sibilo acuto e un gemito di dolore. Neville aveva cercato di sedersi su Grattastinchi.
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«Vado a chiedere al macchinista che cosa succede» disse Hermione. Harry la sentì passare, udì la porta aprirsi di nuovo, e poi un tonfo e due strilli.
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«Chi è là?»
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«Chi sei tu?»
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«Ginny?»
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«Hermione?»
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«Che cosa fai?»
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«Stavo cercando Ron...»
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«Entra e siediti...»
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«Non qui!» disse Harry in fretta. «Qui ci sono io!»
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«Ahia!» gemette Neville.
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«Silenzio!» disse all'improvviso una voce roca.
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A quanto pareva il professor Lupin si era finalmente svegliato. Harry lo sentì muoversi nel suo angolo. Nessuno parlò.
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Si udì un basso crepitio e una luce tremolante riempi lo scompartimento. Il professor Lupin teneva in mano una manciata di fiammelle. Gli illuminavano il viso grigio e stanco, ma gli occhi erano attenti e guardinghi.
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«Restate dove siete» disse con la stessa voce roca, e si alzò lentamente tenendo davanti a sé la manciata di fiammelle.
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Ma la porta si aprì piano piano prima che Lupin potesse raggiungerla.
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In piedi sulla soglia, illuminata dalle fiammelle danzanti nella mano di Lupin, c'era una figura ammantata che torreggiava fino al soffitto. Aveva il volto completamente nascosto dal cappuccio. Gli occhi di Harry sfrecciarono in basso, e quello che vide gli diede una stretta allo stomaco. Una mano spuntava dal mantello, ed era scintillante, grigiastra, viscida e rugosa, come una cosa morta rimasta troppo a lungo nell'acqua...
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Ma fu visibile solo per un attimo. Come se la creatura sotto il mantello avesse avvertito lo sguardo di Harry, la mano si ritrasse all'improvviso nelle pieghe nere della stoffa.
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Poi la cosa, quale che fosse, trasse un lungo, lento, incerto sospiro, come se cercasse di respirare qualcosa di più dell'aria.
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Un freddo intenso calò su di loro. Harry sentì il respiro mozzarsi nel petto. Il freddo penetrò fin sotto la pelle. Era dentro di lui, s'insinuava fino al cuore...
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Gli occhi di Harry si rovesciarono. Non vedeva più niente. Annegava nel gelo. Senti un rumore come uno scroscio d'acqua, e poi fu trascinato verso il basso, e il rombo diventava più forte...
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E poi, da molto lontano, sentì urlare. Urla terribili, di orrore, di supplica. Chiunque fosse, Harry pensò di aiutarlo, ma non ci riuscì: una fitta nebbia biancastra aleggiava vorticando attorno a lui, dentro di lui...
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«Harry! Harry! Ti senti bene?»
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Qualcuno lo stava schiaffeggiando.
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«Cche cosa?»
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Harry aprì gli occhi. C'erano luci sopra di lui, e il pavimento vibrava. L'Espresso di Hogwarts era di nuovo in movimento ed era tornata la luce. Era scivolato a terra. Ron e Hermione erano inginocchiati vicino a lui, dietro di loro Neville e il professor Lupin lo stavano guardando. Harry si sentiva malissimo; quando alzò la mano per aggiustarsi gli occhiali, sentì il viso coperto di sudore freddo.
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Ron e Hermione lo aiutarono a mettersi seduto.
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«Stai bene?» gli chiese Ron nervosamente.
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«Sì» rispose Harry, guardando in fretta verso la porta. La creatura incappucciata era sparita. «Che cosa è successo? Dov'è quella... quella cosa? Chi è stato a urlare?»
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«Nessuno ha urlato» disse Ron, ancora più nervoso.
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Harry si guardò intorno nello scompartimento illuminato. Ginny e Neville lo fissavano, pallidissimi.
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«Ma io ho sentito gridare...»
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Un colpo secco li fece sobbalzare tutti quanti. Il professor Lupin stava spezzando un'enorme tavoletta di cioccolato.
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«Tieni» disse a Harry, e gliene tese un pezzo piuttosto grosso. «Mangia. Ti farà bene».
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Harry prese il cioccolato ma non lo mangiò.
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«Che cos'era quella cosa?» chiese a Lupin.
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«Un Dissennatore» disse Lupin, distribuendo il cioccolato agli altri. «Uno dei Dissennatori di Azkaban».
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Tutti lo guardarono. Il professor Lupin appallottolò la carta del cioccolato e se la mise in tasca.
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«Mangiate» ripeté. «Vi farà bene. Devo andare a parlare col macchinista, scusate...»
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Oltrepassò Harry e scomparve nel corridoio.
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«Sei sicuro di star bene, Harry?» disse Hermione, guardandolo preoccupata.
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«Non capisco... che cosa è successo?» chiese Harry, asciugandosi il sudore.
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«Be'... quella cosa... il Dissennatore... era lì in piedi che si guardava intorno... cioè, credo, non l'ho visto in faccia, e tu... tu...»
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«Credevo che ti prendesse un colpo» disse Ron, ancora spaventato. «Sei diventato tutto rigido e sei caduto dal sedile e hai cominciato a muoverti strano...»
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«E il professor Lupin ti ha scavalcato, è andato verso il Dissennatore e ha preso la bacchetta magica» disse Hermione, «e poi ha detto: 'Nessuno di noi tiene nascosto Sirius Black sotto il mantello. Vai via'. Ma il Dissennatore non si è mosso, e cosi Lupin ha mormorato qualcosa, e dalla sua bacchetta è uscita una cosa d'argento diretta contro quell'essere, e poi è volata via...»
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«È stato orribile» esclamò Neville con voce più alta del solito. «Hai sen
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tito che freddo quando è entrato?»
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«Io mi sentivo strano» disse Ron stringendosi nelle spalle. «Come se non potessi mai più essere felice...»
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Ginny, che era rannicchiata nel suo angolino con l'aria sconvolta quasi quanto Harry, ruppe in un piccolo singhiozzo; Hermione le si avvicinò e le mise un braccio attorno alle spalle.
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«Ma nessuno di voi... è caduto dal sedile?» chiese Harry imbarazzato.
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«No» rispose Ron, guardando di nuovo Harry. «Ginny tremava come una foglia, però...»
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Harry non capiva. Si sentiva debole e tremante, come se si stesse rimettendo da un brutto raffreddore; sentiva anche le prime avvisaglie della vergogna. Perché lui era crollato cosi, e gli altri no?
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Il professor Lupin era tornato. Entrando si guardò intorno e disse con un sorrisetto:
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«Non ho messo il veleno in quel cioccolato, sapete...»
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Harry ne staccò un morso e con sua grande sorpresa sentì un fiotto di calore invaderlo da capo a piedi.
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«Saremo a Hogwarts tra dieci minuti» disse il professor Lupin. «Stai bene, Harry?»
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Harry non chiese come faceva a sapere il suo nome.
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«Sì» mormorò imbarazzato.
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Non parlarono molto durante il resto del viaggio. Finalmente il treno si fermò alla stazione di Hogsmeade, e la discesa fu un gran caos: i gufi tubavano, i gatti miagolavano e il rospo di Neville gracidava da sotto il berretto del suo padrone. Sulla stretta banchina si gelava; scrosciava una pioggia ghiacciata.
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«Quelli del primo anno da questa parte!» gridò una voce familiare. Harry, Ron e Hermione si voltarono e all'altro capo della banchina videro la sagoma gigantesca di Hagrid, che riuniva i nuovi, spaventatissimi studenti per la tradizionale traversata del lago.
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«State bene, voi tre?» urlò Hagrid sopra la folla. Lo salutarono con la mano, ma non poterono parlare con lui perché la corrente di ragazzi li spingeva lungo il binario. Harry, Ron e Hermione seguirono gli altri fino a un sentiero fangoso, dove almeno cento carrozze attendevano il resto degli studenti. Ciascuna era trainata, ne dedusse Harry, da un cavallo invisibile, perché quando furono saliti ed ebbero chiuso le portiere, le carrozze partirono da sole, formando una lunga fila traballante e oscillante.
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La carrozza aveva un vago odore di muffa e paglia. Harry si sentiva me
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glio dopo il cioccolato, ma era ancora debole. Ron e Hermione continuavano a lanciargli occhiate preoccupate, come se temessero di vederlo svenire di nuovo.
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Mentre la carrozza attraversava una maestosa cancellata in ferro battuto, affiancata da colonne di pietra sormontate da cinghiali alati, Harry vide altri due Dissennatori torreggianti e incappucciati che facevano la guardia ai lati dell'ingresso. Un'ondata di freddo malessere minacciò di assalirlo di nuovo; appoggiò la schiena al sedile bitorzoluto e chiuse gli occhi finché non furono passati. La carrozza prese velocità sul lungo viale che saliva al castello; Hermione si sporse dal finestrino a guardare le torri e i torrioni avvicinarsi. Infine, la carrozza si fermò, e Ron e Hermione scesero.
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Mentre Harry li seguiva, una voce strascicata ed euforica gli risuonò nelle orecchie.
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«Sei svenuto, Potter? Paciock ha detto la verità? Sei davvero svenuto?»
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Malfoy diede una gomitata a Hermione per bloccare la strada a Harry sui gradini che portavano al castello. Aveva una smorfia soddisfatta e i suoi occhi pallidi brillavano di malizia.
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«Togliti di torno, Malfoy» borbottò Ron con la mascella contratta.
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«Sei svenuto anche tu, Weasley?» esclamò Malfoy ad alta voce. «Quel brutto, spaventoso Dissennatore ha fatto paura anche a te, Weasley?»
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«Qualcosa non va?» disse una voce gentile. Il professor Lupin era appena sceso dalla carrozza dietro la loro.
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Malfoy scoccò uno sguardo insolente al professor Lupin, che comprendeva le toppe sui suoi abiti e la valigia consunta. Con una vena di sarcasmo appena percettibile, rispose:
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«Oh, no, ehm... professore». Poi fece un cenno d'intesa a Tiger e Goyle, e li guidò su per i gradini, dentro il castello.
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Hermione diede una spinta a Ron per farlo muovere, e i tre si unirono alla folla che sciamava per le scale, attraversava i portoni di quercia ed entrava nella Sala d'Ingresso illuminata da torce fiammeggianti, da cui partiva una maestosa scalinata di marmo che portava ai piani superiori.
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La porta della Sala Grande era aperta sulla destra; Harry seguì la folla e la oltrepassò, ma aveva appena dato un'occhiata al soffitto incantato, che quella sera era nero e coperto di nuvole, quando sentì una voce:
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«Potter! Granger! Voglio vedervi subito!»
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Harry e Hermione si voltarono, sorpresi. La professoressa McGranitt, insegnante di Trasfigurazione e direttrice della Casa di Grifondoro, li stava chiamando al di sopra della folla. Era una strega dall'aria severa con i ca
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pelli raccolti in uno stretto chignon; i suoi occhi penetranti erano incorniciati da occhiali rettangolari. Harry si fece largo verso di lei con un vago presentimento: la professoressa McGranitt aveva un certo modo di farlo sentire sempre in colpa.
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«Non c'è bisogno di fare quella faccia: voglio solo parlarvi nel mio ufficio» disse loro. «Tu va' pure avanti, Weasley».
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Ron rimase a guardare la professoressa McGranitt che spingeva Harry e Hermione via dalla folla rumorosa; insieme i tre attraversarono la Sala d'Ingresso, salirono le scale e si incamminarono lungo un corridoio.
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Giunti nel suo ufficio, una stanzetta con un gran camino acceso, la professoressa McGranitt fece segno a Harry e Hermione di sedersi. Si sedette dietro la scrivania ed esordì senza preamboli:
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«Il professor Lupin ha mandato un gufo per avvertire che sei stato male in treno, Potter».
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Prima che Harry potesse replicare, qualcuno bussò piano alla porta e Madama Chips, l'infermiera, entrò con aria affaccendata.
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Harry si sentì arrossire. Era già abbastanza spiacevole che fosse svenuto, senza che tutti si agitassero tanto.
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«Sto bene» disse, «non ho bisogno di niente...»
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«Oh, si tratta di te» disse Madama Chips senza battere ciglio e chinandosi su di lui per osservarlo da vicino. «Suppongo che stessi facendo di nuovo qualcosa di pericoloso».
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«È stato un Dissennatore, Chips» spiegò la professoressa McGranitt.
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Le due donne si scambiarono uno sguardo torvo e Madama Chips fece un verso di disapprovazione.
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«Mettere tutti quei Dissennatori attorno alla scuola» mormorò, spingendo indietro i capelli di Harry per sentirgli la fronte. «Non è certo il primo a svenire. Sì, è tutto appiccicoso. Sono terrificanti, davvero, e l'effetto che fanno su persone che sono già di per sé cagionevoli...»
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«Io non sono cagionevole!» esclamò Harry imbronciato.
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«Ma certo che no» disse Madama Chips distrattamente, mentre gli sentiva il polso.
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«Di cosa ha bisogno?» chiese la McGranitt asciutta. «Riposo? È meglio se stanotte dorme in infermeria?»
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«Sto bene!» disse Harry balzando in piedi. L'idea di quello che avrebbe detto Draco Malfoy se lui avesse passato la notte in infermeria era una tortura.
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«Be', come minimo dovrebbe mangiare un po' di cioccolato» disse Ma
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dama Chips, scrutando Harry negli occhi.
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«Ne ho già mangiato un po'» disse Hafry. «Me l'ha dato il professor Lupin. L'ha dato a tutti».
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«Davvero?» disse Madama Chips in tono d'approvazione. «Vuol dire che finalmente abbiamo un insegnante di Difesa contro le Arti Oscure che conosce il suo mestiere?»
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«Sei sicuro di stare bene, Potter?» chiese la McGranitt brusca.
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«Sì» rispose Harry.
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«Molto bene. Per favore aspetta qui fuori mentre scambio due parole con la signorina Granger sui suoi orari, poi andremo insieme al banchetto».
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Harry tornò in corridoio con Madama Chips, che si avviò verso l'infermeria parlottando tra sé. Dovette aspettare solo qualche minuto, e poi Hermione uscì con l'aria molto soddisfatta, seguita dalla professoressa McGranitt, e il terzetto ridiscese le scale fino alla Sala Grande.
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Era un mare di cappelli neri a punta; ognuna delle tavolate era affollata di studenti, i visi illuminati dalle fiammelle di migliaia di candele che galleggiavano a mezz'aria sui tavoli. Il professor Vitious, un piccolo mago con un gran ciuffo di capelli bianchi, stava portando via un cappello antico e uno sgabello a tre piedi.
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«Oh» disse Hermione piano, «ci siamo persi lo Smistamento!»
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I nuovi arrivati a Hogwarts indossavano il Cappello Parlante, che li assegnava strillando alle case a cui erano più adatti (Grifondoro, Corvonero, Tassorosso o Serpeverde). La professoressa McGranitt si avviò verso il suo posto al tavolo degli insegnanti, mentre Harry e Hermione si dirigevano, cercando di non farsi notare, verso il tavolo dei Grifondoro. Tutti si voltarono a guardarli mentre strisciavano lungo il muro della sala, e alcuni indicarono Harry. La storia del suo svenimento davanti al Dissennatore si era diffusa cosi in fretta?
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Lui e Hermione si sedettero ai due lati di Ron, che aveva tenuto loro il posto.
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«Che cosa è successo?» mormorò a Harry.
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Harry cominciò a spiegargli tutto in un sussurro, ma in quel momento il Preside si alzò, e così Harry fu costretto a tacere.
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Il professor Silente, benché molto vecchio, comunicava sempre una grande energia. Aveva i capelli e la barba d'argento, piuttosto lunghi, occhialetti a mezzaluna e il naso molto adunco. Spesso era stato definito il più grande mago del suo tempo, ma non era per questo che Harry lo rispettava. Non si poteva fare a meno di avere fiducia in Albus Silente, e mentre
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Harry lo guardava sorridere agli studenti, si sentì davvero tranquillo per la prima volta da quando il Dissennatore era entrato nello scompartimento del treno.
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«Benvenuti!» disse Silente, con la luce delle candele che gli risplendeva nella barba. «Benvenuti a un altro anno a Hogwarts! Devo dirvi solo poche cose, e siccome sono tutte molto serie, credo che sia meglio toglierci il pensiero prima che finiate frastornati dal nostro ottimo banchetto...»
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Silente si schiarì la voce e riprese:
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«Come ormai tutti saprete dopo la perquisizione dell'Espresso di Hogwarts, la nostra scuola attualmente ospita alcuni dei Dissennatori di Azkaban, che sono qui in missione per conto del Ministero della Magia».
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Si interruppe, e Harry ricordò le parole del signor Weasley su quanto Silente non fosse affatto felice che i Dissennatori sorvegliassero la scuola.
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«Sono di guardia a tutti gli ingressi» riprese Silente, «e finché rimarranno con noi, voglio che sia chiaro che nessuno deve allontanarsi da scuola senza permesso. I Dissennatori non devono essere presi in giro con trucchi o travestimenti, né tantomeno coi Mantelli dell'Invisibilità» aggiunse in tono neutro, e Harry e Ron si scambiarono un'occhiata. «Non fa parte della natura di un Dissennatore comprendere eventuali scuse o suppliche. Di conseguenza vi metto in guardia tutti quanti: non date loro motivo di farvi del male. Conto sui Prefetti, e sui nuovi Capiscuola, perché facciano in modo che nessuno entri in conflitto con i Dissennatori» disse.
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Percy, che era seduto poco distante da Harry, spinse di nuovo il petto in fuori lanciando occhiate autoritarie tutto intorno. Silente tacque di nuovo; fece scorrere uno sguardo molto serio sulla sala, e tutti rimasero immobili, in silenzio.
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«Per passare a un argomento più allegro» riprese, «sono lieto di dare il benvenuto a due nuovi insegnanti. Innanzitutto al professor Lupin, che ha gentilmente accettato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure».
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Risuonò qualche applauso sparso e poco entusiasta. Solo i ragazzi che si erano trovati nello scompartimento di Lupin batterono forte le mani, e Harry era uno di loro. Il professor Lupin aveva l'aria particolarmente trasandata accanto agli altri insegnanti, che indossavano i loro abiti migliori
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«Guarda Piton!» sibilò Ron all'orecchio di Harry.
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Il professor Piton, l'insegnante di Pozioni, stava guardando il professor Lupin. Tutti sapevano che Piton desiderava moltissimo il posto di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, ma anche Harry, che odiava Piton, rimase stupito nel vedere l'espressione che gli deformava il viso scarno e
olivastro. Era più che rabbia: era disgusto allo stato puro. Harry conosceva fin troppo bene quell'espressione: era lo sguardo che Piton gli rivolgeva ogni volta che lo incontrava.
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«Quanto alla nostra seconda nuova nomina» riprese Silente, mentre il tiepido applauso per il professor Lupin si spegneva, «sono spiacente di dovervi dire che il professor Kettleburn, il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche, è andato in pensione alla fine dell'anno scorso per godersi gli anni, nonché le membra, che gli restano. Comunque sono lieto di annunciarvi che il suo posto verrà preso nientemeno che da Rubeus Hagrid, che ha accettato di assumere il ruolo di insegnante in aggiunta al suo compito di guardiacaccia».
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Harry, Ron e Hermione si scambiarono una serie di occhiate stupefatte. Poi si unirono all'applauso, che fu fragoroso soprattutto alla tavola dei Grifondoro. Harry si protese per guardare Hagrid, che era di un rosso paonazzo e si fissava le manone, con un gran sorriso nascosto nel groviglio della barba nera.
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«Dovevamo immaginarlo!» raggi Ron battendo il pugno sul tavolo. «Chi altri poteva dirci di comprare un libro che morde?»
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Harry, Ron e Hermione furono gli ultimi a smettere di applaudire, e mentre il professor Silente riprendeva a parlare, videro che Hagrid si asciugava gli occhi con la tovaglia.
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«Bene, credo di avervi detto tutte le cose importanti» concluse Silente. «Che la festa cominci!»
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Fu un banchetto delizioso; la sala risuonava di chiacchiere, risate e del tintinnio di coltelli e forchette. Harry, Ron e Hermione, comunque, non vedevano l'ora che finisse per poter parlare con Hagrid. Sapevano che cosa significava per lui diventare insegnante. Hagrid non era un mago diplomato; era stato espulso da Hogwarts al terzo anno per una colpa che non aveva commesso, ed erano stati loro tre a riabilitarlo l'anno prima.
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Finalmente, quando gli ultimi bocconi di torta di zucca furono spariti dai piatti d'oro, Silente annunciò che era ora di andare a dormire, e i ragazzi colsero al volo l'opportunità.
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«Congratulazioni, Hagrid!» strillò Hermione, mentre si avvicinavano al tavolo degli insegnanti.
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«Eccovi qui, voi tre» disse Hagrid, asciugandosi la faccia lustra nel tovagliolo. «Non ci credo ancora... grand'uomo, Silente... è venuto da me dopo che il professor Kettleburn ha detto che non ci stava più... era proprio quello che desideravo...»
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Sopraffatto dall'emozione, nascose il viso nel tovagliolo, e la professoressa McGranitt fece loro cenno di andarsene.
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Harry, Ron e Hermione si unirono ai Grifondoro che sciamavano su per la scalinata di marmo e, sempre più stanchi, percorrevano altri corridoi e salivano altre scale fino all'ingresso nascosto alla Torre di Grifondoro. Un grande ritratto di una signora grassa vestita di rosa chiese loro: «Parola d'ordine?»
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«Entrate, entrate!» disse Percy dalla folla. «La nuova parola d'ordine è Fortuna Maior!»
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«Oh, no» mormorò Neville Paciock sconsolato. Per lui tenere a mente la parola d'ordine era sempre stato un problema.
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Dopo aver oltrepassato l'ingresso e la sala comune, i ragazzi e le ragazze si separarono; Harry si arrampicò su per la scala a chiocciola senza alcun pensiero se non la gioia di essere di ritorno; raggiunsero il familiare dormitorio circolare con i suoi cinque letti a baldacchino e Harry, guardandosi intorno, si sentì finalmente a casa.
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