Ma il giorno dopo Harry sorrise molto meno. Le cose cominciarono a mettersi male fin dalla prima colazione, nella Sala Grande. Le quattro lunghe tavole, sotto il soffitto magico (quel giorno di un grigio nuvoloso uniforme), erano apparecchiate con zuppiere di porridge, piatti di aringhe affumicate, montagne di toast e vassoi di uova e bacon. Harry e Ron si sedettero al tavolo di Grifondoro accanto a Hermione, che teneva aperta la sua copia di In viaggio con i vampiri, appoggiandola contro una brocca di latte. Ci fu una sfumatura lievemente rigida nel modo in cui disse «Buongiorno», il che fece capire a Harry che ancora disapprovava il modo in cui erano arrivati. Neville Paciock, al contrario, li salutò allegramente. Neville era un ragazzo dalla faccia rotonda un tantino maldestro; era una delle persone più smemorate che Harry avesse conosciuto.
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«La posta dovrebbe arrivare da un momento all’altro… Penso che la nonna mi manderà alcune cose che ho dimenticato» disse.
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Harry aveva appena cominciato a mangiare il suo porridge quando, com’era prevedibile, si udì un fruscio precipitoso e circa un centinaio di gufi irruppero, volteggiando per la sala e lasciando cadere lettere e pacchetti sulla folla dei ragazzi vocianti. Un grosso pacchetto bitorzoluto rimbalzò sulla testa di Neville e dopo un istante qualcosa di grosso e grigio cadde nella brocca di Hermione, spruzzandoli tutti di latte e piume.
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«Errol!» esclamò Ron tirando fuori per una zampa il gufo tutto zuppo. Errol, svenuto, ricadde pesantemente sul tavolo, le zampe in aria e una busta rossa tutta bagnata stretta nel becco.
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«Oh, no!» esclamò Ron col fiato mozzo.
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«Non ti preoccupare, è ancora vivo» disse Hermione stuzzicando garbatamente il gufo con la punta del dito.
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«Non sono preoccupato per questo… ma per quella!»
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Ron indicò la busta rossa. A Harry sembrò una busta qualunque, ma Ron e Neville la stavano guardando come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
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«Qual è il problema?» chiese Harry.
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«Mi ha… mi ha mandato una Strillettera» disse Ron con un filo di voce.
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«È meglio che la apri, Ron» disse Neville in un timido sussurro. «Sarà peggio se non lo fai. Una volta mia nonna me ne ha mandata una e io ho fatto finta di niente e…» deglutì, «è stato orribile».
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Lo sguardo di Harry passò dai loro volti pietrificati alla busta rossa.
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«Che cos’è una Strillettera?» chiese.
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Ma tutta l’attenzione di Ron era concentrata sulla busta, che aveva cominciato a emettere fumo dagli angoli.
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«Aprila» insistette Neville. «Tra pochi minuti sarà troppo tardi…»
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Ron allungò una mano tremante, prese la busta dal becco di Errol e la aprì. Neville si tappò le orecchie con le dita. Dopo una frazione di secondo, Harry capì perché. Per un attimo pensò che la lettera fosse esplosa; un ruggito riempi l’immensa sala facendo cadere la polvere dai soffitti.
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«…RUBARE LA MACCHINA! NON MI AVREBBE SORPRESO SE TI AVESSERO ESPULSO! ASPETTA CHE TI PRENDA! NON HAI PENSATO NEANCHE PER UN ISTANTE A QUEL CHE ABBIAMO PASSATO TUO PADRE E IO QUANDO ABBIAMO VISTO CHE NON C’ERA PIÙ…»
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Le urla di mamma Weasley, cento volte più acute del normale, fecero tremare piatti e cucchiai sul tavolo e rimbombarono assordanti tra le mura di pietra. Tutti i ragazzi nella sala si voltarono per vedere chi avesse ricevuto la Strillettera e Ron sprofondò nella sedia, così che si vedeva soltanto la sua fronte paonazza.
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«…UNA LETTERA DA SILENTE IERI SERA! HO CREDUTO CHE TUO PADRE SAREBBE MORTO PER LA VERGOGNA! NON TI ABBIAMO ALLEVATO PERCHÉ TU TI COMPORTASSI IN QUESTO MODO! TU E HARRY POTEVATE MORIRE…»
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Harry si era chiesto quando sarebbe saltato fuori il suo nome. Cercò con tutte le forze di far finta di non udire la voce che gli stava rompendo i timpani.
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«…ASSOLUTAMENTE DISGUSTATA! IN UFFICIO TUO PADRE VERRÀ SOTTOPOSTO A UN’INCHIESTA! È TUTTA COLPA TUA, E SE PROVI A FARE UN ALTRO PASSO FALSO TI RIPORTIAMO DRITTO FILATO A CASA!»
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Cadde un silenzio assoluto. La busta rossa, caduta dalla mano di Ron, prese fuoco e si contorse fino a ridursi in cenere. Harry e Ron sedevano attoniti, come se gli fosse passata sopra l’onda di un maremoto. Alcuni risero e lentamente si levò di nuovo un brusio di voci.
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Hermione chiuse il libro e abbassò lo sguardo sulla testa di Ron.
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«Be’, non so cosa ti aspettassi, Ron, ma…»
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«Non dirmi che me lo sono meritato» sbottò lui.
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Harry allontanò il suo porridge. Si sentiva bruciare dai sensi di colpa. Il signor Weasley sarebbe stato sottoposto a un’inchiesta. Dopo tutto quel che i Weasley avevano fatto per lui, durante l’estate…
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Ma non ebbe tempo di rimuginare su questi pensieri; la professoressa McGranitt si stava avvicinando al tavolo del Grifondoro per distribuire gli orari delle lezioni. Harry prese il suo e vide che per cominciare avrebbero fatto due ore di Erbologia con i Tassorosso.
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Harry, Ron e Hermione lasciarono insieme il castello, attraversarono il fazzoletto d’orto e si diressero verso le serre dove venivano custodite le piante magiche. Per lo meno, dalla Strillettera una cosa buona era venuta: sembrava che Hermione pensasse che i suoi amici fossero stati puniti abbastanza ed era tornata amichevole come sempre.
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Avvicinandosi alle serre videro il resto della classe in attesa della professoressa Sprite. I tre ragazzi avevano appena fatto in tempo a unirsi ai compagni quando lei apparve attraversando il prato a gran passi, accompagnata da Gilderoy Allock. Portava una bracciata di bende e con un’altra fitta al cuore Harry vide da lontano che il Platano Picchiatore aveva molti rami fasciati.
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La professoressa Sprite era una strega piccola e tarchiatella, con un cappello tutto rattoppato sui capelli scompigliati; in genere aveva i vestiti tutti sporchi di terra e le sue unghie avrebbero fatto svenire zia Petunia. Gilderoy Allock, invece, era inappuntabile nei suoi svolazzanti abiti color turchese, con le chiome dorate che brillavano sotto un cappello in tinta e bordato d’oro, indossato in modo impeccabile.
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«Salve a tutti!» salutò Allock rivolgendo un sorriso radioso agli studenti lì riuniti. «Ho appena finito di mostrare alla professoressa Sprite il modo corretto di medicare un Platano Picchiatore! Ma non voglio che pensiate che io sia più esperto di lei in Erbologia! È solo che nei miei viaggi mi è capitato di vedere molte di queste piante esotiche…»
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«Serra numero Tre, ragazzi!» disse la professoressa Sprite che appariva decisamente contrariata e non allegra come al solito.
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Ci fu un mormorio di curiosità. Fino a quel momento avevano lavorato soltanto nella Serra numero Uno. Ma nella numero Tre c’erano piante molto più interessanti e pericolose. La professoressa Sprite si staccò dalla cintura una grossa chiave e aprì la porta. Harry percepì un odore di terra umida e di concime, che si mischiava al greve profumo di alcuni fiori giganti, delle dimensioni di un ombrello, appesi al soffitto. Stava per entrare dietro a Ron e a Hermione quando Allock tese una mano verso di lui.
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«Harry! Volevo dirti una parola… Non le spiace, vero, professoressa Sprite, se glielo rubo per un paio di minuti?»
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A giudicare dall’espressione accigliata della professoressa le spiaceva eccome, ma Allock disse: «Questo è lo scotto» e le chiuse la porta della serra in faccia.
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«Harry» disse Allock scuotendo il capo e mettendo in mostra i suoi grandi denti candidi che brillavano al sole. «Harry, Harry, Harry!»
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Nel più completo imbarazzo, Harry non disse niente.
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«Quando ho sentito dire… be’, naturalmente è stata tutta colpa mia. Mi sarei mangiato le mani».
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Harry non aveva la minima idea di che cosa volesse dire. Stava per aprire bocca, ma Allock proseguì: «Non sono mai rimasto tanto scioccato. Far volare un’automobile fino a Hogwarts! Be’, naturalmente ho capito subito perché l’avevi fatto. Era lampante. Harry, Harry, Harry».
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Era incredibile come riuscisse a mostrare uno per uno quei suoi denti smaglianti anche quando non parlava.
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«Ti ho fatto provare il gusto per la pubblicità, non è vero?» proseguì Allock. «Ti ho contagiato. Sei finito sulla prima pagina del giornale insieme a me e non vedevi l’ora che accadesse di nuovo».
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«Oh no, professore, vede…»
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«Harry, Harry, Harry» ripeté Allock allungando un braccio e passandoglielo intorno alle spalle. «Io ti capisco. È naturale voler riassaporare una cosa che si è gustata per la prima volta… e io devo rimproverarmi per esserne stato la causa, perché dovevo prevedere che ti avrebbe dato alla testa… Ma vedi, giovanotto, non puoi cominciare a far volare le automobili per cercare di farti notare. Ti devi calmare, d’accordo? Avrai tutto il tempo per farlo quando sarai più grande. Sì, sì, lo so cosa stai pensando! ‘Fa presto a parlare lui che è già un mago famoso in tutto il mondo!’ Ma quando avevo dodici anni non ero proprio nessuno, come te adesso. Anzi, direi che ero ancor meno che nessuno! Voglio dire che qualcuno ha già sentito parlare di te, non è così? Tutte quelle storie a proposito di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!» Lanciò un’occhiata alla cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry. «Lo so, lo so che non è piacevole come vincere cinque volte di fila il Premio per il Sorriso-Più-Affascinante indetto dal Settimanale delle Streghe, come è successo a me… ma è comunque un modo per iniziare, Harry, è un modo per iniziare».
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Gli strizzò l’occhio con aria complice e si allontanò a grandi passi. Harry rimase lì impalato per alcuni secondi poi, ricordandosi che avrebbe dovuto essere nella serra, aprì la porta ed entrò senza far rumore.
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La professoressa Sprite era in piedi dietro a un bancone poggiato su due cavalietti, al centro della serra. Sul bancone erano posate circa venti paia di paraorecchi di colore diverso. Quando Harry ebbe preso posto tra Ron e Hermione l’insegnante disse: «Oggi rinvaseremo le mandragole. Allora, chi sa dirmi le proprietà della mandragola?»
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Nessuno fu sorpreso nel vedere la mano di Hermione alzarsi per prima.
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«La mandragola è un efficace ricostituente» disse Hermione che, come al solito, sembrava avere inghiottito tutto il libro di testo. «Si usa per riportare nella condizione originale le persone che sono state trasfigurate o sottoposte a un incantesimo».
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«Ottimo. Dieci punti per il Grifondoro» disse la professoressa Sprite. «La mandragola è un componente fondamentale della maggior parte degli antidoti. Ma è anche pericolosa. Chi sa dirmi perché?»
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La mano di Hermione mancò di poco gli occhiali di Harry.
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«Il pianto della mandragola è fatale a chiunque lo ascolti» disse prontamente.
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«Proprio così. Altri dieci punti» disse la professoressa Sprite. «Ora, le mandragole che abbiamo qui sono tutte molto giovani».
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Così dicendo indicò una fila di vaschette profonde, e tutti si sporsero in avanti per vedere meglio. Dentro, tutte in fila, vi crescevano un centinaio di pianticelle ricche di ciuffi color verde marcio. A Harry, che non aveva la minima idea di quel che intendesse Hermione quando aveva parlato del ‘pianto’ della mandragola, non parvero particolarmente degne di nota.
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«Ognuno prenda un paio di paraorecchi» disse la professoressa Sprite.
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Ci fu una mischia perché nessuno voleva finire con un vaporoso paraorecchi rosa.
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«Quando vi dirò di indossarli, assicuratevi di avere le orecchie completamente coperte» disse la professoressa. «Quando non sarà pericoloso toglierli, vi farò un cenno. Bene… indossate i paraorecchi».
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Harry eseguì il comando. I paraorecchi escludevano completamente qualsiasi suono. Anche la professoressa Sprite ne indossò un paio rosa e vaporoso, si tirò su le maniche, afferrò saldamente una piantina cespugliosa e tirò forte.
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Harry ebbe un fremito di sorpresa che nessuno avvertì.
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Al posto delle radici, dalla terra venne fuori un minuscolo neonato coperto di fango e terribilmente brutto. Le foglie gli spuntavano direttamente dalla testa. Aveva la pelle verdastra tutta chiazze ed era chiaro che stava urlando con quanta forza aveva nei polmoni.
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La professoressa Sprite prese un grosso vaso da sotto il tavolo e vi ficcò dentro la mandragola, sotterrando il pupo sotto uno strato di concime nero e umido e lasciando fuori soltanto i ciuffi di foglie. Poi si scrollò la terra dalle mani, dette il segnale convenuto e si tolse i paraorecchi.
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«Poiché le nostre mandragole sono solo piantine da semenzaio, il loro pianto ancora non uccide» disse tranquilla, come se non avesse fatto niente di più emozionante che annaffiare una begonia. «Però possono mettervi fuori combattimento per molte ore e poiché sono sicura che nessuno di voi vuole perdersi il primo giorno di lezioni, quando ci lavorate assicuratevi di indossare correttamente i paraorecchi. Quando sarà ora di interrompere, vi farò il solito cenno.
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«Quattro per ogni vaschetta… lì c’è una grossa riserva di vasi… il concime è nei sacchi, là… e fate attenzione ai Tentacoli Velenosi, stanno mettendo i denti».
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Cosi dicendo colpì seccamente una pianta rosso scuro, tutta aculei, facendole ritirare i lunghi tentacoli che fino a quel momento le avevano strisciato sulle spalle a mo’ di serpenti.
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A Harry, Ron e Hermione si unì un ragazzo riccioluto del Tassorosso, che Harry conosceva di vista ma con cui non aveva mai parlato.
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«Justin Finch-Fletchley» si presentò allegramente, stringendo la mano a Harry. «So chi sei, naturalmente, il famoso Harry Potter; e tu sei Hermione Granger, sempre la migliore in tutto…» (Hermione sorrise radiosa mentre il ragazzo stringeva la mano anche a lei), «e tu, Ron Weasley. La macchina volante non era la tua?»
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Ron non sorrise. Era chiaro che aveva ancora in mente la Strillettera.
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«Quell’Allock è veramente eccezionale, non trovate?» disse Justin garrulo mentre cominciavano a riempire i vasi di concime allo sterco di drago. «È un tipo terribilmente coraggioso. Avete letto i suoi libri? Io sarei morto di paura se fossi stato intrappolato in una cabina telefonica da un lupo mannaro; ma lui no, ha mantenuto il sangue freddo e… zac… Semplicemente fantastico.
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«Io avrei dovuto andare a Eton, sapete? Ma non so dirvi quanto sono felice di essere venuto qui. Naturalmente mia madre è rimasta un po’ delusa, ma da quando le ho fatto leggere i libri di Allock credo che abbia cominciato a capire quanto sia utile avere in famiglia un mago bene addestrato…»
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Dopo di che non ebbero molte altre occasioni di parlare. Avevano indossato di nuovo i paraorecchi e dovevano concentrarsi sulle mandragole. A sentire la professoressa Sprite sembrava una cosa estremamente facile, ma non lo era affatto. Alle mandragole non piaceva venire fuori da sotto terra, ma non sembrava piacergli neanche tornarci dentro. Si dimenavano, scalciavano, battevano i piccoli pugni e digrignavano i denti; Harry passò dieci minuti buoni a cercare di cacciarne una particolarmente grassa in un vaso.
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Alla fine della lezione Harry, come gli altri, era sudato, dolorante e tutto sporco di terriccio. Fecero ritorno al castello per darsi una lavata veloce, e poi i Grifondoro si affrettarono per la lezione di Trasfigurazione.
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Le lezioni della professoressa McGranitt erano sempre pesanti, ma quel giorno fu particolarmente difficile. Tutto quel che Harry aveva imparato l’anno prima sembrava essergli uscito completamente dalla testa durante l’estate. Quel che gli veniva richiesto, quella mattina, era di trasformare uno scarafaggio in un bottone, ma riuscì solo a far fare un bel po’ di ginnastica al suo scarafaggio, che scorrazzava sulla scrivania evitando la sua bacchetta magica.
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Nel frattempo Ron era alle prese con problemi assai peggiori. Aveva aggiustato alla meglio la sua bacchetta con del nastro adesivo magico preso in prestito, ma sembrava danneggiata irreparabilmente. Di tanto in tanto scoppiettava, lanciava scintille nei momenti più impensati e ogni volta che Ron la usava per trasformare il suo scarafaggio, quello gli spruzzava addosso un puzzolente fumo grigio. E dato che questo gli impediva di vedere quel che faceva, Ron schiacciò inavvertitamente il suo scarafaggio con il gomito, e quindi dovette chiederne un altro. La professoressa McGranitt non fu molto contenta.
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Harry fu molto sollevato nell’udire la campanella del pranzo. Si sentiva il cervello come una spugna strizzata. Tutti uscirono in fila dalla classe tranne lui e Ron, che stava sbatacchiando furiosamente la bacchetta magica sul banco.
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«Stupido… inutile… aggeggio…»
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«Scrivi a casa e fattene mandare un’altra» suggerì Harry, visto che la bacchetta emetteva una raffica di esplosioni come petardi.
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«Ah, si, per ricevere indietro un’altra Strillettera!» disse Ron ficcando nella cartella la bacchetta che ora sibilava. «È COLPA TUA SE LA BACCHETTA SI E ROTTA…»
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Scesero a pranzo, dove l’umore di Ron non migliorò di certo quando Hermione mostrò la manciata di perfetti bottoni da soprabito da lei prodotti durante la lezione di Trasfigurazione.
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«Cosa abbiamo questo pomeriggio?» chiese Harry affrettandosi a cambiare argomento.
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«Difesa contro le Arti Oscure» rispose pronta Hermione.
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«E perché» chiese Ron strappandole di mano l’orario, «hai incorniciato tutte le lezioni di Allock con dei cuoricini?»
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Hermione si affrettò a riprendersi l’orario arrossendo violentemente.
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Terminato il pranzo uscirono in cortile: il cielo era tutto nuvoloso. Hermione si sedette su un gradino di pietra e sprofondò di nuovo nella lettura di In viaggio con i vampiri. Harry e Ron rimasero a parlare di Quidditch per qualche minuto prima che Harry si rendesse conto che qualcuno lo stava osservando attentamente. Alzando lo sguardo scorse il ragazzo mingherlino, dai capelli color topo che la sera prima aveva visto provarsi il Cappello Parlante. Lo fissava come pietrificato. Si teneva stretta quella che sembrava una comune macchina fotografica da Babbani e quando Harry lo guardò arrossì violentemente.
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«Tutto bene, Harry? Io sono… sono Colin Canon» disse ansimando e azzardando un passo avanti. «Anch’io sono del Grifondoro. Pensi… sarebbe possibile… posso scattarti una foto?» chiese sollevando speranzoso la macchina fotografica.
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«Una foto?» ripeté Harry senza capire.
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«Così potrò dimostrare di averti incontrato» disse Colin Canon tutto eccitato avvicinandosi ancora un poco. «Io so tutto di te. Tutti ne parlano. Che sei sopravvissuto quando Tu-Sai-Chi cercò di ucciderti e che lui è scomparso e tutto il resto e che tu hai ancora sulla fronte una cicatrice a forma di saetta» (e qui i suoi occhi scrutarono rapidamente l’attaccatura dei capelli di Harry), «e un ragazzo del mio dormitorio ha detto che se svilupperò la pellicola nella pozione giusta, le foto si muoveranno». Colin tirò un profondo respiro di emozione che lo fece fremere e proseguì: «È meraviglioso qui, non è vero? Io non ho mai saputo che tutte le strane cose che riuscivo a fare erano magiche fino a che non ho ricevuto la lettera da Hogwarts. Mio padre fa il lattaio, e neanche lui voleva crederci. Per questo sto scattando montagne di foto da mandargli. E sarebbe davvero stupendo averne una tua» guardò Harry con aria implorante, «forse la potrebbe scattare il tuo amico così io mi metto accanto a te? E poi me la potresti firmare?»
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«Foto autografate? Distribuisci foto autografate, Potter?»
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Nel cortile risuonò, sonora e aspra, la voce di Draco Malfoy. Si era fermato proprio dietro a Colin, scortato, come sempre quando era a Hogwarts, da quei due teppisti di grossa stazza che erano suoi amici Tiger e Goyle.
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«Tutti in fila!» tuonò Malfoy alla folla. «Harry Potter distribuisce foto con l’autografo!»
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«Ma non è vero!» disse Harry furibondo, stringendo i pugni. «Chiudi il becco, Malfoy!»
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«È solo che sei geloso» si sentì la vocina di Colin che, tutto intero, era alto più o meno quanto il collo di Tiger.
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«Geloso?» disse Malfoy che ora non aveva più bisogno di gridare, dato che metà del cortile lo stava ascoltando. «E di che cosa? Grazie tante, ma non voglio certo una stupida cicatrice sulla fronte. Per quanto mi riguarda, non penso che farsi spaccare la testa in due renda così speciali».
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Tiger e Goyle ridacchiavano come due ebeti.
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«Ma vai a farti un bagno, Malfoy!» disse Ron arrabbiato. Tiger smise di ridere e cominciò a strofinarsi con aria minacciosa le nocche grandi come castagne.
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«Attento a te, Weasley» fece Malfoy con una smorfia. «Non vuoi cacciarti in un altro guaio, vero? Altrimenti la tua mammina dovrà venire a prenderti e a portarti via da scuola». E con voce acuta e penetrante proseguì: «SE PROVI A FARE UN ALTRO PASSO FALSO…»
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A queste parole, un gruppetto di Serpeverde del quinto anno scoppiò a ridere sonoramente.
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«Ehi, Potter, c’è Weasley che vorrebbe una foto con l’autografo!» ghignò Malfoy. «Varrebbe molto più di tutta casa sua!»
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Ron tirò fuori la bacchetta magica rattoppata, ma Hermione chiuse il libro con un colpo secco e bisbigliò: «Stai attento!»
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«Cosa succede qui?» Gilderoy Allock si stava avvicinando con l’abito turchese svolazzante. «Chi è che sta distribuendo autografi?»
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Harry aveva cominciato a spiegarsi, ma fu interrotto da Allock che gli mise un braccio intorno alle spalle e tuonò con voce gioviale: «Non c’era bisogno di chiederlo! Ci incontriamo un’altra volta, Harry!»
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Incollato al fianco di Allock e rosso per l’umiliazione, Harry vide Malfoy sgattaiolare tra la folla col suo solito ghigno.
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«Allora, coraggio, signor Canon» disse Allock rivolgendo a Colin un sorriso radioso. «Una foto a tutti e due; non potrei immaginare una cosa più giusta di questa e te la firmeremo entrambi».
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Tutto confuso, Colin afferrò maldestramente la macchina fotografica e scattò la foto proprio nel momento in cui suonava la campanella delle lezioni pomeridiane.
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«Fuori tutti, svelti» disse Allock rivolto agli studenti, e si incamminò verso il castello con Harry ancora attaccato al fianco, che avrebbe dato qualsiasi cosa per saper fare un incantesimo e sparire.
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«A buon intenditor poche parole, Harry» gli disse Allock in tono paterno mentre entravano nell’edificio per la porta laterale. «Io ti ho coperto, con il giovane Canon… Con una foto scattata anche a me, i tuoi compagni non penseranno che tu ti creda chissà chi…»
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Sordo al balbettio di Harry, Allock lo trascinò lungo un corridoio gremito di studenti curiosi e poi su per una scala.
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«Voglio soltanto dirti che distribuire foto autografate in questa fase della tua carriera non è molto sensato… anzi, per parlare chiaro ti fa sembrare un ragazzo presuntuoso, Harry. Verrà, verrà il tempo in cui, come me, dovrai tenere una pila di foto a portata di mano dovunque vai, ma…» fece una risatina, «non mi pare che tu sia già arrivato a quel punto».
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Avevano raggiunto la classe di Allock, che finalmente lasciò andare il ragazzo. Harry si riassestò i vestiti e andò a sedersi molto in fondo, dove fu occupatissimo a impilare tutti e sette i libri di Allock davanti a sé, in modo da risparmiarsi la vista dell’autore in carne e ossa.
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Il resto della classe entrò chiacchierando e Ron e Hermione andarono a sedersi accanto a Harry.
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«Ti si potrebbe friggere un uovo sulle guance» disse Ron. «Speriamo che Canon non incontri Ginny, altrimenti mettono su un Fan Club di Harry Potter».
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«Chiudi il becco!» sbottò Harry. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che Allock sentisse la frase ‘Fan Club di Harry Potter’.
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Quando tutta la classe fu entrata Allock si schiari rumorosamente la gola e cadde il silenzio. Lui si avvicinò ai banchi, prese la copia del suo Trekking con i troll dal banco di Neville Paciock e la sollevò per mostrare il proprio ritratto ammiccante in copertina.
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«Io» disse indicandolo e ammiccando lui stesso, «Gilderoy Allock, Ordine di Merlino, Terza Classe, Membro Onorario della Lega per la Difesa contro le Arti Oscure e cinque volte vincitore del premio per il Sorriso più Seducente promosso dal Settimanale delle Streghe… ma lasciamo stare. Non mi sono certo liberato della strega Bandon facendole un sorriso!»
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Aspettò che tutti ridessero. Ma soltanto poche labbra si incurvarono leggermente.
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«Vedo che tutti avete la serie completa dei miei libri… molto bene. Oggi pensavo di iniziare con un piccolo quiz. Niente di cui preoccuparsi… solo per verificare con quanta attenzione li avete letti, quanto avete assorbito…»
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Quando ebbe distribuito i testi della prova, tornò davanti ai banchi e disse: «Avete trenta minuti. Pronti… via!»
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Harry guardò i suoi fogli e lesse:
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1. Qual è il colore preferito di Gilderoy Allock?
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2. Qual è l’ambizione segreta di Gilderoy Allock?
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3. Secondo voi, qual è il risultato più importante conseguito finora da Gilderoy Allock?
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E continuava così per altre tre pagine, fino all’ultima domanda:
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54. Quando cade il compleanno di Gilderoy Allock, e qual è il regalo ideale per lui?
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Mezz’ora dopo Allock raccolse i fogli e li esaminò davanti a tutta la classe.
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«Oh, oh… quasi nessuno ricordava che il mio colore preferito è il lilla. Lo dico in Un anno con lo yeti. E poi alcuni di voi dovranno leggere con più attenzione A passeggio con i lupi mannari… Nel capitolo dodici dico chiaramente che il mio regalo di compleanno ideale sarebbe l’armonia tra il popolo dei maghi e dei non maghi… anche se non rifiuterei una bella bottiglia di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio!»
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Lanciò alla scolaresca un’altra occhiatina maliziosa. Ron lo fissava con un’espressione incredula; Seamus Finnigan e Dean Thomas, che sedevano ai primi banchi, erano scossi da sussulti di riso represso. Hermione, invece, ascoltava Allock con attenzione rapita e trasalì quando lui pronunciò il suo nome.
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«…invece, la signorina Hermione Granger sapeva che la mia ambizione segreta è di liberare il mondo dal maligno e mettere in vendita tutta la mia gamma di pozioni per la cura dei capelli. Brava ragazza! E infatti…» voltò il foglio del suo compito, «ha ottenuto il massimo dei voti! Dov’è la signorina Hermione Granger?»
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Hermione alzò una mano tremante.
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«Ottimo!» sorrise Allock. «Veramente ottimo! Lei conquista dieci punti per il Grifondoro! E ora, al lavoro…»
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Si chinò per raccogliere una grossa gabbia coperta da un panno e la posò sulla cattedra.
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«Ora… un avvertimento! Il mio compito è quello di armarvi contro le più orrende creature note alla stirpe dei maghi! In questa stanza potrete trovarvi a dover affrontare le vostre peggiori paure. Sappiate soltanto che niente di male potrà accadervi fintanto che io sono qui. Vi chiedo solo di rimanere calmi».
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Suo malgrado, Harry si sporse oltre la pila di libri per guardare meglio la gabbia. Allock mise una mano sul panno. Ora Dean e Seamus avevano smesso di ridere. Neville, nel suo banco in prima fila, si era fatto piccolo piccolo.
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«Devo chiedervi di non gridare» disse Allock abbassando la voce. «Potrebbe aizzarli».
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Mentre la classe tratteneva il respiro Allock tolse la coperta.
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«Ebbene sì» disse in tono drammatico. «Folletti della Cornovaglia appena catturati».
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Seamus Finnigan non riuscì a controllarsi. Sbottò in una risata che neanche Allock riuscì a prendere per un grido di terrore.
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«Ebbene?» sorrise a Seamus.
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«Be’, non sono… non sembrano molto… pericolosi» disse Seamus soffocando dalle risate.
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«Se fossi in te non ne sarei tanto sicuro» disse Allock scuotendo un dito ammonitore in direzione del ragazzo. «Possono essere tipetti discretamente diabolici!»
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I folletti erano di colore blu elettrico, alti circa venti centimetri, con visetti appuntiti e voci così penetranti che era come sentire il cicaleccio di un nugolo di pappagallini. Appena tolta la coperta avevano cominciato a ciarlare e a saettare di qua e di là, scuotendo le sbarre e facendo le boccacce a quelli seduti più vicino.
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«Bene» disse Allock ad alta voce. «Vediamo che cosa siete capaci di farne!» E aprì la gabbia.
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Ci fu un pandemonio. I folletti schizzavano in tutte le direzioni come missili. Due di loro afferrarono Neville per le orecchie e lo sollevarono in aria. Molti si fiondarono contro le finestre, innaffiando di vetri rotti quelli dell’ultima fila. Gli altri si impegnarono a distruggere la classe meglio di un rinoceronte infuriato. Afferrarono i calamai e spruzzarono inchiostro dappertutto, ridussero a brandelli libri e fogli di carta, strapparono i quadri dalle pareti, rovesciarono il cestino della carta, afferrarono borse e libri e li scaraventarono fuori dalle finestre rotte; nel giro di pochi minuti metà della classe si riparava sotto i banchi e Neville oscillava appeso al candelabro sul soffitto.
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«Su, muovetevi, radunateli, radunateli! In fondo sono soltanto folletti…» gridava Allock.
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Si tirò su le maniche, brandì la bacchetta magica e ruggì: «Peskipiksi Pesternomi!»
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Non accadde assolutamente nulla; uno dei folletti ghermì la bacchetta di Allock e scaraventò anche quella fuori dalla finestra. Allock strabuzzò gli occhi e si tuffò sotto la cattedra, evitando per un pelo di essere schiacciato da Neville, che si schiantò al suolo perché il candelabro aveva ceduto.
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La campanella suonò e ci fu un fuggi fuggi verso l’uscita. Nella calma relativa che seguì Allock si rialzò in piedi, vide Harry, Ron e Hermione che avevano quasi raggiunto la porta e disse: «Bene, affido a voi il compito di acchiappare quelli che sono rimasti fuori e di rimetterli nella gabbia». Li sorpassò come una saetta e si chiuse rapidamente la porta alle spalle.
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«Roba da non credere!» tuonò Ron mentre un folletto gli mordeva un orecchio.
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«Vuole semplicemente farci fare esperienza» disse Hermione mentre immobilizzava in un colpo due folletti con un astuto Incantesimo di Congelamento e li rimetteva nella gabbia.
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«Esperienza?» disse Harry cercando di agguantare un folletto che si teneva fuori tiro e faceva le linguacce. «Hermione, te lo dico io: non aveva la più pallida idea di quel che stava facendo».
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«Sciocchezze» disse Hermione. «Hai letto i suoi libri… Guarda tutte le cose strabilianti che ha fatto…»
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«Che dice di aver fatto» bofonchiò Harry.
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