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Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban (4329 citazioni)
   1) Posta via gufo (109 citazioni)
   2) Il grosso errore di zia Marge (132 citazioni)
   3) Il Nottetempo (170 citazioni)
   4) Il Paiolo Magico (188 citazioni)
   5) Il Dissennatore (282 citazioni)
   6) Artigli e foglie di tè (265 citazioni)
   7) Il Molliccio nell'armadio (197 citazioni)
   8) La fuga della Signora Grassa (225 citazioni)
   9) Una Grama sconfitta (226 citazioni)
   10) La Mappa del Malandrino (258 citazioni)
   11) La Firebolt (226 citazioni)
   12) Il Patronus (200 citazioni)
   13) Grifondoro contro Corvonero (159 citazioni)
   14) L'ira di Piton (221 citazioni)
   15) La finale di Quidditch (204 citazioni)
   16) La profezia della professoressa Cooman (192 citazioni)
   17) Gatto, topo e cane (197 citazioni)
   18) Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso (67 citazioni)
   19) Il servo di Voldemort (203 citazioni)
   20) Il bacio dei Dissennatori (78 citazioni)
   21) Il segreto di Hermione (348 citazioni)
   22) Ancora posta via gufo (182 citazioni)
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Artigli e foglie di tè


   Quando Harry, Ron e Hermione entrarono nella Sala Grande per la colazione, la mattina dopo, la prima cosa che videro fu Draco Malfoy impegnato a intrattenere un folto gruppo di Serpeverde con una storia molto divertente. Mentre passavano, Malfoy si esibì in una ridicola imitazione di uno svenimento che fece scoppiare tutti a ridere.
   «Ignoralo» disse Hermione, che era appena dietro Harry, «ignoralo e basta, non ne vale la pena...»
   «Ehi, Potter!» strillò Pansy Parkinson, una ragazza di Serpeverde con la faccia da carlino. «Potter! Stanno arrivando i Dissennatori. Potter! Uuuuuu!»
   Harry si lasciò cadere su una sedia al tavolo dei Grifondoro, accanto a George Weasley.
   «I nuovi orari del terzo anno» disse George, passando dei fogli. «Che cosa ti succede, Harry?»
   «Malfoy» disse Ron, sedendosi dall'altro lato di George e lanciando un'occhiata al tavolo dei Serpeverde.
   George alzò gli occhi giusto in tempo per vedere Malfoy che fingeva un'altra volta di svenire.
   «Quel piccolo idiota» disse tranquillamente. «Non era così tronfio ieri sera quando i Dissennatori sono saliti sul treno. È entrato di corsa nel nostro scompartimento, vero, Fred?»
   «Quasi se la faceva addosso» disse Fred, scoccando a Malfoy uno sguardo sprezzante.
   «Non ero tanto contento nemmeno io» disse George. «Sono tremendi, questi Dissennatori...»
   «È come se ti ghiacciassero dentro, vero?» aggiunse Fred.
   «Però voi non siete svenuti» disse Harry a voce bassa.
   «Lascia perdere, Harry» lo esortò George. «Papà è dovuto andare ad Azkaban una volta, ti ricordi, Fred? E ha detto che è il posto peggiore in cui sia mai stato. È tornato che era tutto un tremito... è come se portassero via la felicità, i Dissennatori. Quasi tutti i prigionieri impazziscono là dentro».
   «Comunque, vedremo come riderà Malfoy dopo la prima partita a Quidditch» disse Fred. «Grifondoro contro Serpeverde, il primo incontro della stagione, ti ricordi?»
   L'unica volta che Harry e Malfoy si erano trovati di fronte in una partita a Quidditch, Malfoy ne era uscito decisamente malconcio. Un po' rincuorato, Harry si servì di salsicce e pomodori fritti.
   Hermione stava studiando l'orario.
   «Oh bene, oggi cominciamo le nuove materie» disse allegramente.
   «Hermione» disse Ron accigliato, guardando sopra la sua spalla, «hanno fatto un pasticcio col tuo orario. Guarda, ti hanno iscritto a dieci materie al giorno. Non c'è abbastanza tempo».
   «Ce la farò. Ho deciso tutto insieme alla McGranitt».
   «Ma guarda» esclamò Ron ridendo, «hai visto stamattina cosa ti tocca? Alle nove, Divinazione. E lì sotto, alle nove, Babbanologia. E...» Ron avvicinò il foglio, incredulo, «guarda... sotto, Aritmanzia, alle nove. Voglio dire, lo so che sei brava, Hermione, ma nessuno è così bravo. Come fai a seguire tre lezioni contemporaneamente?»
   «Non essere sciocco» disse Hermione secca. «Certo che non seguirò tre lezioni contemporaneamente».
   «E allora...»
   «Passami la marmellata» tagliò corto Hermione.
   «Ma...»
   «Oh, Ron, che cosa t'importa se il mio orario è un po' affollato?» scattò Hermione. «Te l'ho detto, ho deciso tutto con la McGranitt».
   In quel momento Hagrid entrò nella Sala Grande. Indossava il suo lungo cappotto di talpa e in una delle manone teneva una moffetta morta che faceva dondolare distrattamente.
   «Tutto bene?» disse allegramente, fermandosi al tavolo dei Grifondoro. «La mia prima lezione! Subito dopo pranzo! Sono in piedi dalle cinque che preparo tutto... spero che va tutto bene... io, insegnante... davvero...»
   Fece un gran sorriso ai tre e si diresse al tavolo dei professori, senza smettere di far dondolare la moffetta.
   «Chissà che cos'ha preparato» disse Ron, con una nota d'ansia nella voce.
   La sala cominciava a svuotarsi mentre i ragazzi si avviavano alla prima lezione; Ron consultò il suo orario.
   «Meglio andare, guardate, Divinazione è in cima alla Torre Nord, ci vogliono dieci minuti per arrivarci...»
   Finirono in fretta la colazione, salutarono Fred e George e riattraversarono la sala. Mentre passavano accanto al tavolo dei Serpeverde, Malfoy fece ancora finta di svenire. Le risate seguirono Harry fino all'ingresso.
   Il viaggio fino alla Torre Nord fu lungo. In due anni a Hogwarts non avevano ancora imparato tutto sul castello, e non erano mai stati nella Torre Nord prima d'allora.
   «Cidevepuressereunascorciatoia» disse Ron sbuffando mentre salivano la settima rampa di scale e approdavano su un pianerottolo sconosciuto, dove non c'era altro che un grande dipinto di una striscia d'erba appeso al muro di pietra.
   «Credo che sia da questa parte» disse Hermione, dando un'occhiata al corridoio vuoto sulla destra.
   «Non è possibile» disse Ron. «Da quella parte c'è il sud, si vede un pezzetto di lago dalla finestra...»
   Harry stava guardando il quadro. Un grasso pony pomellato grigio si era appena fatto avanti e ora brucava con aria noncurante. Harry era abituato al fatto che i soggetti dei quadri di Hogwarts si muovessero e uscissero dalle cornici per farsi visita, ma osservarli era sempre un divertimento. Un attimo dopo, un basso, tozzo cavaliere in armatura entrò nel quadro sferragliando, all'inseguimento del pony. A giudicare dalle macchie d'erba sulle ginocchiere di metallo, era appena caduto.
   «Aha!» urlò, vedendo Harry, Ron e Hermione. «Che razza di villanzoni sono costoro che osano invadere le mie terre! Siete forse venuti a burlarvi di me? Via di qui, canaglie, cani!»
   I tre osservarono stupefatti il piccolo cavaliere che sfoderava la spada e prendeva a menare fendenti brutali, saltellando su e giù, furioso. Ma la spada era troppo lunga per lui; un colpo particolarmente brusco gli fece perdere l'equilibrio, e il cavaliere cadde nell'erba, a faccia in giù.
   «Tutto bene?» disse Harry avvicinandosi al quadro.
   «Indietro, vile spaccone! Indietro, furfante!»
   Il cavaliere rialzò la spada e vi si puntellò per rimettersi in piedi, ma la lama penetrò a fondo nell'erba e, per quanto lui tirasse con tutte le sue forze, non riuscì a sfilarla. Alla fine si lasciò cadere di nuovo a terra e sollevò il cimiero per asciugarsi il viso.
   «Senta» disse Harry, approfittando della stanchezza del cavaliere, «stiamo cercando la Torre Nord. Non sa dirci la strada, per caso?»
   «Una missione!» L'ira del cavaliere svanì in un istante. L'ometto si rialzò in un clangore metallico ed esclamò: «Seguitemi, cari amici, e troveremo la nostra meta, o periremo eroicamente nell'impresa!»
   Diede alla spada un altro vano strattone, cercò inutilmente di salire sul grasso pony, rinunciò e gridò:
   «Ora in marcia, buoni signori e gentile damigella! Avanti! Avanti!»
   E prese a correre sferragliando verso il lato sinistro della cornice, finché non scomparve.
   Lo inseguirono lungo il corridoio, guidati dal clangore dell'armatura. Ogni tanto lo vedevano correre attraverso un quadro davanti a loro.
   «Siate coraggiosi e di cuor saldo, il peggio deve ancora venire!» esortò il cavaliere, ricomparendo davanti a un gruppo di allarmate dame in crinolina, ritratte in un quadro appeso sul muro di una stretta scala a chiocciola.
   Ansimando, Harry, Ron e Hermione salirono i gradini ripidi, sempre più stanchi e confusi, finché finalmente non udirono un mormorio sopra le loro teste e capirono di aver raggiunto la classe.
   «Addio!» gridò il cavaliere, infilando la testa in un quadro che raffigurava alcuni monaci dall'aria sinistra. «Addio, miei compagni d'armi! Se mai avrete bisogno di un nobile cuore e nervi d'acciaio, cercate di Sir Cadogan!»
   «Sì, senz'altro» mormorò Ron, mentre il cavaliere spariva, «se mai avremo bisogno di un pazzo».
   Salirono gli ultimi gradini e sbucarono su un piccolo pianerottolo, dov'era già radunata gran parte della classe. Non c'erano porte intorno, ma Ron diede un colpetto a Harry indicando il soffitto, sul quale si apriva una botola rotonda con una targa di ottone al centro.
   «Sibilla Cooman, insegnante di Divinazione» lesse Harry. «Come facciamo a salire?»
   Come in risposta alla sua domanda, la botola si aprì all'improvviso, e una scala argentata calò fino ai piedi di Harry. Tutti tacquero.
   «Dopo di te» disse Ron sorridendo. Così Harry salì per primo.
   Spuntò nell'aula più strana che avesse mai visto. In effetti non aveva l'aspetto di un'aula; sembrava più un incrocio tra un solaio e una sala da tè vecchio stile. Ospitava almeno venti tavolini rotondi, tutti circondati da poltroncine foderate di chintz e piccoli, grassi sgabelli. Il tutto era illuminato da una bassa luce scarlatta; le tende alle finestre erano tirate, e le numerose lampade erano drappeggiate con sciarpe rosso scuro. C'era un caldo soffocante, e il fuoco che ardeva nel camino lambendo un grosso bollitore di rame emanava un profumo intenso, quasi malsano. Gli scaffali che correvano tutto attorno ai muri circolari erano stipati di piume dall'aria polverosa, mozziconi di candele, scatole di vecchie carte da gioco, innumerevoli sfere di cristallo argentate e una gran varietà di tazze da tè.
   Ron spuntò da dietro le spalle di Harry mentre la classe si radunava attorno a loro, sussurrando.
   «Dov'è?» chiese Ron.
   Una voce uscì all'improvviso dall'ombra, una voce dolce e misteriosa.
   «Benvenuti» disse. «È bello vedervi in carne e ossa, finalmente».
   La prima impressione che Harry ne ebbe fu quella di un grosso insetto luccicante. La professoressa Cooman avanzò nel cerchio di luce del fuoco, e videro che era molto magra; gli spessi occhiali le rendevano gli occhi molto più grandi del normale, ed era avvolta in uno scialle leggero, tutto ricamato di perline. Innumerevoli catene e collane le pendevano dal collo esile, e le mani e le braccia erano cariche di braccialetti e anelli.
   «Sedete, ragazzi miei, sedete» disse, e tutti presero posto cautamente nelle poltrone o sprofondarono negli sgabelli. Harry, Ron e Hermione si sedettero attorno allo stesso tavolino rotondo.
   «Benvenuti a Divinazione» disse la Cooman, che aveva preso posto in un'ampia poltrona davanti al fuoco. «Io sono la professoressa Cooman. Può darsi che non mi abbiate mai visto. Ritengo che scendere troppo spesso nella confusione della scuola offuschi il mio Occhio Interiore».
   Nessuno commentò questa straordinaria dichiarazione. La professoressa Cooman riaccomodò con grazia lo scialle e riprese: «Allora, avete deciso di studiare Divinazione, la più difficile di tutte le arti magiche. Devo però dirvi subito che se non avete la Vista, potrò insegnarvi assai poco. I libri
   possono farvi progredire solo fino a un certo punto in questo campo...»
   Sia Harry che Ron sorrisero e lanciarono un'occhiata a Hermione, allarmata alla notizia che i libri non sarebbero stati di grande aiuto in questa materia.
   «Molte streghe e molti maghi, per quanto talento possano avere nel campo delle esplosioni e degli odori e delle sparizioni improvvise, non sono tuttavia in grado di penetrare i misteri velati del futuro» riprese la professoressa Cooman, con gli enormi occhi scintillanti che si spostavano da un volto all'altro. «È un Dono concesso a pochi. Tu, ragazzo» disse improvvisamente rivolta a Neville, che quasi cadde dallo sgabello, «sta bene tua nonna?»
   «Credo di sì» rispose Neville con voce tremante.
   «Non ne sarei così sicuro se fossi in te, caro» disse la professoressa Cooman mentre il fuoco traeva riflessi dai suoi lunghi orecchini di smeraldo. Neville deglutì. La professoressa riprese tranquillamente.
   «Quest'anno ci occuperemo dei metodi base della Divinazione. Il primo trimestre sarà dedicato alla Lettura delle Foglie di Tè. Nel prossimo passeremo alla Lettura della Mario. Comunque, mia cara» disse, rivolgendosi d'un tratto a Calì Patil, «guardati da un uomo coi capelli rossi».
   Calì scoccò uno sguardo stupito a Ron, che era dietro di lei, e allontanò la sedia.
   «Nell'ultimo trimestre» proseguì la professoressa Cooman, «passeremo alla Sfera di Cristallo, se avremo finito con i Presagi di Fuoco, naturalmente. Purtroppo, a febbraio avremo la classe decimata da una brutta epidemia di influenza. Io stessa perderò la voce. E attorno a Pasqua, uno di noi ci lascerà per sempre».
   Un silenzio carico di tensione segui questa dichiarazione, ma la professoressa Cooman parve non notarlo.
   «Tu, cara» disse a Lavanda Brown, che era la più vicina e si ritrasse sulla sua sedia, «ti dispiace passarmi la teiera d'argento, quella grande?»
   Lavanda, sollevata, si alzò, prese un'enorme teiera dallo scaffale e la pose sul tavolo davanti alla professoressa Cooman.
   «Grazie, cara. Ah, fra l'altro, quella cosa che temi... succederà venerdì sedici ottobre».
   Lavanda prese a tremare.
   «Ora voglio che formiate delle coppie. Prendete una tazza dallo scaffale, venite da me e io la riempirò, poi sedetevi e bevete; bevete finché non rimangono solo i fondi. Fateli roteare attorno alla tazza per tre volte con la
   mano sinistra, poi rovesciate la tazza sul piattino, aspettate che il tè rimasto coli via e passate la vostra tazza al compagno per la lettura. Interpreterete i disegni consultando le pagine 5 e 6 di Svelare il Futuro. Io girerò fra di voi e vi darò una mano. Oh, caro» esclamò afferrando per il braccio Neville, che si stava alzando, «dopo che avrai rotto la prima tazza, vorresti essere così gentile da prenderne una di quelle con il disegno blu? Sono piuttosto affezionata a quelle rosa».
   Neville, in effetti, non aveva ancora raggiunto lo scaffale quando si udì un tintinnio di ceramica infranta. La professoressa Cooman si avvicinò al ragazzo, gli tese paletta e scopino e disse: «Una di quelle blu, caro, se non ti dispiace... grazie...»
   Quando Harry e Ron ebbero riempito le loro tazze, tornarono al tavolo e cercarono di bere in fretta il tè bollente. Fecero roteare i fondi come aveva detto la professoressa Cooman, poi voltarono le tazze e se le scambiarono.
   «Bene» disse Ron, mentre aprivano i libri alla pagina 5, «che cosa vedi nella mia?»
   «Un mucchietto di roba marrone bagnata» rispose Harry. L'aroma intenso del fumo lo aveva reso sonnolento e intontito.
   «Aprite le vostre menti, cari, e lasciate che i vostri occhi vedano al di là del concreto!» disse la professoressa Cooman nella penombra.
   Harry cercò di riscuotersi dal torpore.
   «Bene, nella tua c'è una specie di croce tutta storta...» disse consultando Svelare il Futuro. «Vuol dire che dovrai affrontare 'prove e sofferenze', mi dispiace, ma c'è una cosa che potrebbe essere il sole... aspetta... vuol dire 'grande gioia...' quindi soffrirai ma poi sarai molto felice...»
   «Il tuo Occhio Interiore ha bisogno di una bella visita, dammi retta» disse Ron, ed entrambi soffocarono le risate mentre la professoressa Cooman guardava dalla loro parte.
   «Ora tocca a me...» Ron scrutò l'interno della tazza di Harry, la fronte aggrottata per lo sforzo. «C'è un grumo che assomiglia a una bombetta» disse. «Forse andrai a lavorare al Ministero della Magia...»
   Rigirò la tazza dall'altra parte.
   «Però visto da qui assomiglia più a una ghianda... cosa vuol dire?» Studiò il libro. «'Una fortuna inaspettata, oro a sorpresa'. Ottimo, così puoi prestarmene un po'... e qui c'è un'altra cosa» disse rigirando di nuovo la tazza «che sembra un animale... sì, se questa è la testa... sembra un ippopotamo... no, una pecora...»
   La professoressa Cooman si avvicinò mentre Harry scoppiava a ridere.
   «Fammi vedere, caro» disse a Ron in tono di rimprovero, curvandosi per prendergli la tazza di Harry. Tutti tacquero, in attesa.
   La professoressa Cooman guardò dentro la tazza, facendola ruotare in senso antiorario.
   «Il falco... caro, tu hai un nemico mortale».
   «Ma questo lo sanno tutti» disse Hermione in un sussurro un po' troppo forte. La professoressa Cooman la fissò.
   «Be', è così» insistette Hermione. «Tutti sanno di Harry e LeiSaChi».
   Harry e Ron la guardarono con un misto di stupore e ammirazione. Non avevano mai sentito Hermione rivolgersi in quel tono a un professore. La professoressa Cooman decise di non ribattere. Abbassò i grandi occhi sulla tazza di Harry e riprese a farla ruotare.
   «Il bastone... un agguato. Oh, caro, questa non è una tazza benigna...»
   «Credevo che fosse una bombetta» disse Ron imbarazzato.
   «Il teschio... pericolo sul tuo cammino, caro...»
   Tutti fissavano esterrefatti la professoressa Cooman, che fece roteare la tazza un'ultima volta, trattenne il respiro e infine gettò un grido.
   Si udì un altro fragore di ceramica infranta. Neville aveva rotto la sua seconda tazza. La professoressa Cooman sprofondò in una poltrona vuota, con la mano scintillante posata sul cuore e gli occhi chiusi.
   «Caro ragazzo... povero caro ragazzo... no... è meglio non dire niente.... no... non chiedermi...»
   «Che cosa c'è, professoressa?» chiese Dean Thomas all'improvviso. Si erano alzati tutti e lentamente avevano circondato il tavolo di Harry e Ron, avvicinandosi alla professoressa Cooman per guardare nella tazza di Harry.
   Gli occhi dell'insegnante si spalancarono in maniera teatrale. «Mio caro» disse, «è il Gramo».
   «Il cosa?» chiese Harry.
   Non era l'unico a non aver capito. Dean Thoinas alzò le spalle e Lavanda Brown lo guardò perplessa, ma quasi tutti gli altri si portarono le mani alla bocca, orripilati.
   «Il Gramo, mio caro, il Gramo!» esclamò la professoressa Cooman, stupita che Harry non avesse capito. «Il cane fantasma gigante che infesta i cimiteri! Caro ragazzo, è un presagio... il peggior presagio di morte!»
   Harry sentì una stretta allo stomaco. Quel cane sulla copertina di Presagi di Morte al Ghirigoro, il cane nella penombra in Magnolia Crescent... an
   che Lavanda Brown si portò le mani alla bocca. Tutti fissavano Harry: tutti tranne Hermione, che si era alzata ed era alle spalle dell'insegnante.
   «Non mi sembra che assomigli a un Gramo» disse con voce piatta.
   La professoressa Cooman fissò Hermione con crescente antipatia. «Mi perdonerai se te lo dico, cara, ma sento pochissima Aura attorno a te. Pochissima sensibilità agli echi del futuro».
   Seamus Finnigan inclinò la testa da una parte all'altra.
   «Sembra un Gramo se lo guardi così» disse strizzando gli occhi fin quasi a chiuderli, «ma visto da qui sembra più un asino» disse piegandosi a sinistra.
   «Avete finito di decidere se devo morire o no?» disse Harry cogliendo tutti, anche se stesso, di sorpresa. Ora nessuno sembrava aver voglia di guardarlo.
   «Credo che per oggi ci fermeremo qui» disse la professoressa Cooman con la sua voce più velata. «Sì... vi prego di portar via le vostre cose...»
   In silenzio, i ragazzi riportarono le tazze all'insegnante, presero i libri e li riposero nelle borse. Perfino Ron evitava lo sguardo di Harry.
   «Buona fortuna a tutti» disse la professoressa Cooman con un filo di voce, «fino al prossimo incontro. Oh, e tu, caro» disse rivolta a Neville, «la prossima volta arriverai in ritardo, quindi ricordati che dovrai lavorare di più per metterti in pari».
   Harry, Ron e Hermione scesero la scaletta e la scala a chiocciola in silenzio, poi si diressero alla lezione di Trasfigurazione della professoressa McGranitt. Ci misero tanto a trovare la sua classe che, per quanto fossero usciti in anticipo da Divinazione, arrivarono appena in tempo.
   Harry prese posto in fondo all'aula, ma era come se si fosse seduto nell'occhio di un riflettore: tutti gli altri continuavano a rivolgergli occhiate furtive, come se dovesse cadere morto da un momento all'altro. Sentì a stento quello che la professoressa diceva degli Animagi (maghi che potevano trasformarsi a loro piacere in animali) e non la vide nemmeno trasformarsi davanti a loro in un gatto tigrato con i segni degli occhiali attorno agli occhi.
   «Ma insomma, che cos'avete oggi?» domandò la professoressa McGranitt, tornando se stessa con un debole pop e guardandoli tutti quanti uno a uno. «Non che sia importante, ma è la prima volta che la mia trasformazione non viene accolta da un applauso».
   Tutti si voltarono di nuovo verso Harry, ma nessuno parlò. Poi Hermione alzò la mano.
   «Ci scusi, professoressa, abbiamo appena avuto la prima ora di Divinazione, e stavamo leggendo le foglie di tè e...»
   «Ah, certo» esclamò la professoressa McGranitt accigliata. «Non c'è bisogno di aggiungere altro, signorina Granger. Ditemi, chi di voi morirà quest'anno?»
   Tutti la fissarono.
   «Io» disse Harry alla fine.
   «Capisco» commentò la professoressa McGranitt guardando Harry con i suoi occhi piccoli e lucenti. «Allora è bene che tu sappia, Potter, che Sibilla Cooman ha predetto la morte di uno studente all'anno da quando è arrivata in questa scuola. Nessuno è ancora morto. Vedere presagi di morte dappertutto è il suo modo preferito di dare il benvenuto a una nuova classe. Se non fosse che non ho l'abitudine di parlar male dei miei colleghi...»
   La professoressa McGranitt s'interruppe, e tutti notarono che aveva le narici bianche e dilatate. Poi riprese, più tranquilla:
   «La Divinazione è uno dei settori più imprecisi della magia. Non vi nasconderò che faccio fatica a tollerarla. I veri Veggenti sono molto rari, e la professoressa Cooman...»
   Si interruppe di nuovo, e poi disse in tono molto pratico: «A me sembri in perfetta salute, Potter, quindi mi scuserai se non ti dispenso dai compiti oggi. Ti assicuro che se dovessi morire non sei tenuto a consegnarli».
   Hermione rise. Harry si sentì un po' meglio. Era più difficile aver paura di un mucchietto di foglie di tè lontano dalla debole luce rossa e dal profumo troppo intenso dell'aula della professoressa Cooman. Non tutti erano convinti, comunque. Ron aveva ancora l'aria preoccupata, e Lavanda sussurrò: «Ma allora, la tazza di Neville?»
   Quando la lezione di Trasfigurazione fu terminata, si unirono tutti alla folla che si dirigeva rumorosamente verso la Sala Grande per il pranzo.
   «Allegro, Ron» disse Hermione spingendo verso di lui un piatto di stufato. «Hai sentito che cos'ha detto la professoressa McGranitt».
   Ron si servì e prese la forchetta, ma non cominciò a mangiare.
   «Harry» chiese con voce bassa e seria, «tu non hai visto un grosso cane nero da nessuna parte, vero?»
   «Sì che l'ho visto» rispose Harry. «Ne ho visto uno la notte che sono scappato dai Dursley».
   Ron mollò la forchetta, che cadde con un tintinnio.
   «Probabilmente era un randagio» disse Hermione tranquillamente.
   Ron guardò Hermione come se fosse impazzita.
   «Hermione, se Harry ha visto un Gramo, è... è una cosa brutta» disse. «Mio... mio zio Bilius ne ha visto uno... ed è morto ventiquattr'ore dopo!»
   «Una coincidenza» disse Hermione in tono leggero, versandosi del succo di pompelmo.
   «Non sai che cosa dici!» esclamò Ron, che stava cominciando ad arrabbiarsi. «I Grami ghiacciano il sangue di mago nelle vene!»
   «Ecco, appunto» disse Hermione in tono di superiorità. «Vedono il Gramo e muoiono di paura. Il Gramo non è un presagio, è la causa della loro morte! E Harry è ancora con noi perché non è così stupido da vederne uno e pensare va bene, meglio che adesso tiri le cuoia!»
   Ron rimase senza parole davanti a Hermione, che prese la borsa, estrasse il libro nuovo di Aritmanzia e lo aprì appoggiandolo contro la caraffa di succo.
   «Credo che Divinazione sia una materia piuttosto confusa» disse, cercando la pagina giusta. «Più che altro si indovina, se vuoi saperlo».
   «Non c'era niente di confuso nel Gramo dentro quella tazza!» esclamò Ron infuriato.
   «Non sembravi così sicuro di te quando hai detto a Harry che era una pecora» disse Hermione gelida.
   «La professoressa Cooman ha detto che non hai l'Aura giusta! È solo che non ti va giù di non essere brava in qualcosa, una volta tanto!»
   Aveva toccato un nervo scoperto. Hermione sbatté il libro di Aritmanzia così bruscamente che pezzetti di carne e carote volarono dappertutto.
   «Se essere bravi in Divinazione vuol dire che devo far finta di vedere presagi di morte in un mucchietto di foglie di tè, non sono sicura che continuerò a studiarla! Quella lezione è stata davvero tremenda rispetto ad Aritmanzia!»
   Si alzò di scatto, afferrò la borsa e se ne andò.
   Ron la guardò accigliato.
   «Ma che cosa dice?» chiese a Harry. «Non ci è ancora andata, a lezione di Aritmanzia».
   Harry fu lieto di uscire dal castello dopo pranzo. La pioggia del giorno prima era sparita; il cielo era grigio pallido e l'erba umida ed elastica sotto i piedi mentre si avviavano alla prima lezione di Cura delle Creature Magiche.
   Ron e Hermione non si parlavano. Harry marciò accanto a loro in silenzio mentre attraversavano i prati scendendo verso la capanna di Hagrid, al
   limitare della foresta proibita. Fu solo quando riconobbe tre schiene fin troppo familiari che si rese conto che avrebbero dovuto seguire la lezione con i Serpeverde. Malfoy stava parlando animatamente con Tiger e Goyle, che ridacchiavano. Harry era sicuro di sapere di cosa stavano parlando.
   Hagrid aspettava gli allievi sulla soglia della sua capanna. Era in piedi, imbacuccato nel cappotto di talpa, con Thor il cane da caccia accanto a sé, e sembrava impaziente di cominciare.
   «Forza, avanti, muovetevi!» disse mentre i ragazzi si avvicinavano. «Oggi ho una cosa specialissima per voi! Una gran lezione! Ci siete tutti? Bene, allora seguite me!»
   Per un terribile istante, Harry temette che Hagrid li stesse per condurre nella foresta, dove aveva vissuto tanti brutti momenti da bastargli per tutta la vita. Invece Hagrid si limitò a costeggiare gli alberi esterni, e cinque minuti più tardi si arrestarono accanto a un recinto. Dentro non c'era niente.
   «Tutti attorno alla staccionata, qui!» gridò Hagrid. «Ecco... mettetevi così che vedete bene... adesso per prima cosa aprite i libri...»
   «Come?» disse la voce fredda e strascicata di Draco Malfoy.
   «Eh?» disse Hagrid.
   «Come facciamo ad aprire i libri?» ripeté Malfoy. Prese la sua copia del Libro Mostro dei Mostri, che aveva chiuso con uno spago. Anche gli altri estrassero i loro. Alcuni, come Harry, avevano chiuso i libri con una cintura; altri li avevano infilati in borse strettissime o avevano fissato le pagine con un mucchio di graffette.
   «Nes... nessuno di voi è riuscito ad aprire il suo libro?» chiese Hagrid disorientato.
   Tutti scossero la testa.
   «Dovete accarezzarlo» spiegò Hagrid, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Guardate...»
   Prese la copia di Hermione e strappò via il Magiscotch che la teneva chiusa. Il libro cercò di morderlo, ma Hagrid fece scorrere il gigantesco indice lungo il dorso e il libro rabbrividì, poi si aprì e rimase immobile nella sua mano.
   «Oh, che sciocchi!» sibilò Malfoy. «Dovevamo accarezzarli! Perché non l'abbiamo capito subito?»
   «Be'... sono divertenti, no?» disse Hagrid a Hermione in tono incerto.
   «Oh, terribilmente divertenti!» esclamò Malfoy. «Davvero spiritoso, assegnarci un libro che cerca di mangiarti le mani!»
   «Taci, Malfoy» disse Harry piano. Hagrid sembrava umiliato e Harry desiderava che la sua prima lezione fosse un successo.
   «Va bene» riprese Hagrid, un po' smarrito, «allora... avete tutti il libro... e... e... adesso vi servono delle Creature Magiche. Sì. Io vado e le prendo. Voi state qui...»
   Si allontanò da loro e si addentrò nella foresta.
   «Mio Dio, questo posto è caduto davvero in basso» disse Malfoy ad alta voce. «Quell'idiota che fa l'insegnante. A mio padre prenderà un colpo quando glielo dirò...»
   «Taci, Malfoy» ripeté Harry.
   «Attento, Potter, c'è un Dissennatore dietro di te...»
   «Oooooh!» strillò Lavanda Brown, indicando il lato opposto del recinto.
   Almeno una dozzina di creature, le più bizzarre che Harry avesse mai visto, trotterellavano verso di loro. Avevano i corpi, le zampe posteriori e le code da cavallo, le zampe anteriori, le ali e la testa di aquile giganti, becchi feroci color dell'acciaio e grandi occhi di un arancione squillante. Gli artigli sulle zampe davanti erano lunghi più di quindici centimetri e avevano l'aria letale. Ciascuna delle bestie portava uno spesso collare di cuoio attorno al collo, fissato a una lunga catena, e tutte le estremità delle catene erano strette nelle manone di Hagrid, che entrò correndo nel recinto, dietro le creature.
   «Fermi qui, adesso!» ruggì, agitando le catene e spingendo le creature verso lo steccato dove i ragazzi erano in attesa. Tutti fecero un passo indietro mentre Hagrid li raggiungeva e legava le creature alla staccionata.
   «Ippogrifi!» ruggì allegramente Hagrid agitando una mano. «Belli, eh?»
   Harry capì che cosa intendeva dire Hagrid. Una volta superato il primo moto di spavento alla vista di una cosa che era metà cavallo metà uccello, cominciavi ad apprezzare i mantelli lucenti degli Ippogrifi, che mutavano gradualmente da piuma a pelo, ciascuno di un colore diverso: grigio tempesta, bronzo, fulvo rosato, castagna lucente, nero inchiostro.
   «Allora» disse Hagrid sfregandosi le mani e sorridendo, «se volete venire un po' più vicini...»
   Nessuno sembrava desideroso di farlo. Harry, Ron e Hermione, comunque, si avvicinarono cautamente alla staccionata.
   «Ora, la prima cosa da sapere degli Ippogrifi è che sono orgogliosi» disse Hagrid. «Facili da offendere, ecco come sono. Mai insultarne uno, perché può essere l'ultima cosa che fate».
   Malfoy, Tiger e Goyle non ascoltavano; stavano parlottando e Harry a
   veva la spiacevole sensazione che stessero tramando per rovinare la lezione.
   «Dovete sempre lasciargli fare la prima mossa» continuò Hagrid. «È educato, capito? Camminate verso l'Ippogrifo, fate un inchino, e aspettate. Se anche lui fa un inchino, potete toccarlo. Se non lo fa, via veloci, perché quegli artigli fanno male. Bene, chi va per primo?»
   I ragazzi per tutta risposta si ritrassero ancora di più. Anche Harry, Ron e Hermione erano intimoriti. Gli Ippogrifi scuotevano le teste fiere e agitavano le ali poderose; sembrava che non gradissero di restare così legati.
   «Nessuno?» disse Hagrid con uno sguardo supplichevole.
   «Io» esclamò Harry.
   Dietro di lui tutti trattennero il respiro. Lavanda e Calì sussurrarono: «Oooh, no, Harry, ricordati le foglie di tè!»
   Harry le ignorò. Si arrampicò sulla staccionata.
   «Bravo, Harry!» ruggi Hagrid. «Vediamo come te la cavi con Fierobecco».
   Slegò una delle catene, allontanò l'Ippogrifo grigio dai suoi compagni e gli sfilò il collare di cuoio. Dall'altra parte del recinto, i ragazzi trattennero il fiato. Gli occhi di Malfoy si strinsero malvagi.
   «Piano, ora, Harry» disse Hagrid a bassa voce. «Hai stabilito un contatto visivo, adesso cerca di non chiudere gli occhi... gli Ippogrifi non si fidano di te se strizzi troppo gli occhi...»
   Gli occhi di Harry presero subito a lacrimare, ma non li chiuse. Fierobecco aveva voltato la testa, e lo fissava con un'altera pupilla arancione.
   «Così» disse Hagrid. «Così, Harry... ora fai l'inchino....»
   Harry non aveva molta voglia di esporre il collo nudo a Fierobecco, ma fece come gli diceva Hagrid. S'inchinò in fretta e poi alzò gli occhi.
   L'Ippogrifo continuava a fissarlo, altezzoso. Non si mosse.
   «Ah» disse Hagrid preoccupato. «Va bene... adesso torna indietro, Harry, Harry, piano...»
   Ma in quel momento, con grande sorpresa di Harry, l'Ippogrifo piegò all'improvviso le ginocchia squamose, e si abbassò in quello che era un inconfondibile inchino.
   «Ben fatto, Harry!» esclamò Hagrid estasiato. «Va bene, adesso puoi toccarlo! Accarezzagli il becco, avanti!»
   Anche se avrebbe preferito ritrarsi, Harry avanzò lentamente verso l'Ippogrifo e tese una mano. Gli carezzò il becco alcune volte e l'Ippogrifo chiuse pigramente gli occhi, soddisfatto.
   La classe applaudì, tutti tranne Malfoy, Tiger e Goyle, che sembravano profondamente irritati.
   «Va bene così, Harry» disse Hagrid. «Ora ti lascia salire in groppa, guarda».
   Era più di quanto Harry desiderasse. Era abituato a un manico di scopa, ma non era certo che un Ippogrifo sarebbe stato la stessa cosa.
   «Sali da lì, dietro l'ala» disse Hagrid, «e ricordati di non strapparci nessuna piuma, lui non è contento se lo fai...»
   Harry mise il piede sull'ala di Fierobecco e si issò sul suo dorso. Fierobecco si alzò. Harry non sapeva bene dove aggrapparsi: davanti a lui era tutto coperto di piume.
   «Avanti!» ruggì Hagrid, dando una manata sul fianco dell'Ippogrifo.
   Senza preavviso, le ali lunghe più di tre metri si spalancarono; Harry ebbe appena il tempo di afferrare il collo dell'Ippogrifo e già quello si librava nell'aria. Non era affatto come un manico di scopa, e Harry sapeva quale dei due preferiva; le ali dell'Ippogrifo battevano scomodamente, urtandogli le gambe e dandogli l'impressione di stare per cadere da un momento all'altro; le piume lucenti scivolavano sotto le sue dita e Harry d'altra parte non osava aggrapparsi più forte; abituato ai movimenti fluidi della sua Nimbus Duemila, ora beccheggiava avanti e indietro mentre i fianchi dell'Ippogrifo si alzavano e si abbassavano insieme alle ali.
   Fierobecco gli fece fare un giro del recinto e poi puntò di nuovo verso terra. Era questo il momento temuto da Harry: si ritrasse mentre il collo liscio si abbassava, certo di scivolare sul becco dell'animale; poi sentì un colpo secco mentre le quattro zampe male assortite toccavano terra, e riuscì a stento a reggersi e a raddrizzarsi.
   «Bravo, Harry!» ruggì Hagrid, mentre tutti tranne Malfoy, Tiger e Goyle lo festeggiavano. «Ok, c'è qualcun altro che vuole provare?»
   Incoraggiati dal successo di Harry, gli altri ragazzi si arrampicarono cautamente sulla staccionata. Hagrid slegò gli Ippogrifi uno a uno, e ben presto tutti furono impegnati in una serie di nervosi inchini. Neville si ritrasse dal suo Ippogrifo, che sembrava non avere nessuna intenzione di inchinarsi. Ron e Hermione fecero qualche prova con quello color castagna, mentre Harry li guardava.
   Malfoy, Tiger e Goyle avevano scelto Fierobecco. Si era inchinato a Malfoy, che ora gli accarezzava il becco con aria sprezzante.
   «È facilissimo» borbottò Malfoy abbastanza forte da farsi sentire da Harry. «Lo sapevo, se ce l'ha fatta Potter... Scommetto che non sei per
   niente pericoloso, vero?» disse all'Ippogrifo. «Vero, brutto bestione?»
   Fu un attimo, un lampo di artigli d'acciaio. Malfoy cacciò uno strillo acuto. Hagrid infilò di nuovo il collare a Fierobecco e si chinò rapido sul ragazzo, che giaceva rannicchiato sull'erba, col sangue che sgorgava a fiotti inzuppandogli i vestiti.
   «Muoio!» strillò Malfoy, mentre tutta la classe seguiva la scena, terrorizzata. «Muoio, guardate! Mi ha ucciso!»
   «Non muori!» disse Hagrid pallidissimo. «Se qualcuno mi aiuta... bisogna portarlo via di qua...»
   Hermione corse ad aprire il cancello mentre Hagrid sollevava Malfoy senza sforzo. Mentre passavano, Harry vide che Malfoy aveva una lunga, profonda ferita al braccio: il sangue colava macchiando l'erba. Hagrid corse su per la collina, verso il castello, con il ragazzo fra le braccia.
   Molto scossa, la classe di Cura delle Creature Magiche li seguì a distanza. I Serpeverde erano infuriati con Hagrid.
   «Dovrebbero licenziarlo subito!» esclamò Pansy Parkinson, in lacrime.
   «È tutta colpa di Malfoy!» ribatté Dean Thomas. Tiger e Goyle gli mostrarono i pugni con aria minacciosa.
   Salirono i gradini di pietra ed entrarono nella Sala d'Ingresso deserta.
   «Vado a vedere se sta bene!» disse Pansy, e corse su per la scalinata. I Serpeverde, sempre confabulando contro Hagrid, si avviarono verso la loro sala comune nei sotterranei; Harry, Ron e Hermione salirono verso la torre del Grifondoro.
   «Credete che se la caverà?» chiese Hermione, nervosa.
   «Ma certo, Madama Chips sa curare i tagli in un secondo» la rassicurò Harry, che l'infermiera aveva prodigiosamente guarito da ferite ben più gravi.
   «È un vero peccato che sia successo alla prima lezione di Hagrid, però, vero?» disse Ron, preoccupato. «Ci scommetto che Malfoy cercherà di metterlo nei guai...»
   Furono tra i primi a raggiungere la Sala Grande all'ora di cena, con la speranza di vedere Hagrid, ma il loro amico non c'era.
   «Non lo licenzieranno, vero?» chiese Hermione ansiosa, senza toccare il pasticcio di rognone.
   «Sarà meglio di no» disse Ron. Anche lui non riuscì a mangiare.
   Harry teneva d'occhio il tavolo dei Serpeverde. Un bel gruppo che comprendeva Tiger e Goyle era immerso in un fitto conciliabolo. Harry era sicuro che stessero mettendo a punto la loro versione di come Malfoy era
   rimasto ferito.
   «Be', non si può dire che come primo giorno non sia stato interessante» disse Ron con aria cupa.
   Dopo cena salirono nell'affollata sala comune di Grifondoro e cercarono di fare i compiti assegnati dalla professoressa McGranitt, ma tutti e tre continuavano a distrarsi e a guardare fuori dalla finestra,
   «C'è una luce accesa in casa di Hagrid» disse Harry all'improvviso.
   Ron guardò l'orologio.
   «Se ci sbrighiamo, possiamo andare a trovarlo, è ancora presto...»
   «Non so» disse Hermione lentamente, guardando Harry.
   «Io ho il permesso di attraversare i prati!» esclamò Harry piccato. «Sirius Black non ha ancora superato la sorveglianza dei Dissennatori, no?»
   Così riposero i libri e uscirono dal buco del ritratto. Con somma soddisfazione non incontrarono nessuno fino al portone, dal momento che non erano proprio sicuri di poter uscire.
   L'erba era ancora umida e sembrava quasi nera alla luce del tramonto. Arrivati alla capanna di Hagrid bussarono, e una voce borbottò: «Entrate».
   Hagrid era seduto in maniche di camicia al rozzo tavolo di legno; il suo cagnone, Thor, gli teneva la testa in grembo. Bastò loro uno sguardo per capire che Hagrid aveva bevuto; davanti a lui c'era una caraffa di peltro grossa come un sécchio, e il loro amico sembrò metterli a fuoco a fatica.
   «Mi sa che è un record» farfugliò quando li ebbe riconosciuti. «Credo che non hanno mai avuto un insegnante che è durato un giorno solo».
   «Non ti avranno licenziato, Hagrid!» esclamò Hermione.
   «Non ancora» disse Hagrid penosamente, trangugiando una gran sorsata del contenuto della caraffa. «Ma è solo questione di tempo, certo, dopo che Malfoy...»
   «Come sta?» chiese Ron mentre si sedevano. «Niente di grave, vero?»
   «Madama Chips l'ha sistemato come poteva» disse Hagrid triste, «ma dice che gli fa ancora male... è tutto bendato... si lamenta...»
   «Fa finta» disse subito Harry. «Madama Chips sa curare qualunque cosa. L'anno scorso mi ha fatto ricrescere metà delle ossa. È solo che Malfoy cerca di sfruttare la situazione come può».
   «Il Consiglio della Scuola lo sa, certo» disse Hagrid. «Dice che ho cominciato con una cosa troppo difficile. Dovevo lasciare gli Ippogrifi per dopo... cominciare con i Vermicoli o cose del genere... e io pensavo che era una bella prima lezione... è tutta colpa mia...»
   «È tutta colpa di Malfoy, Hagrid!» esclamò Hermione vivacemente.
   «Noi abbiamo visto tutto» disse Harry. «Tu hai detto che gli Ippogrifi attaccano se li insulti. È un problema di Malfoy se non ti ha ascoltato. Diremo a Silente che cosa è successo veramente».
   «Sì, non pensarci, Hagrid, noi siamo con te» intervenne Ron.
   Dagli angoli dei lucidi occhi neri di Hagrid caddero calde lacrime. L'omone afferrò Harry e Ron e li stritolò in un abbraccio da frattura.
   «Credo che tu abbia bevuto abbastanza, Hagrid» disse Hermione in tono deciso. Prese la caraffa dal tavolo e uscì a vuotarla.
   «Sì, forse lei ha ragione» balbettò Hagrid, lasciando andare Harry e Ron, che barcollarono un po' massaggiandosi le costole. Hagrid si alzò a fatica dalla sedia e seguì Hermione all'aperto con passo malfermo. Si udì un gran sciacquio.
   «Che cosa ha fatto?» chiese Harry teso, mentre Hermione rientrava con la caraffa vuota.
   «Ha infilato la testa nell'abbeveratoio» rispose Hermione riponendo la caraffa.
   Hagrid tornò dentro, i lunghi capelli e la barba grondanti acqua, e si asciugò gli occhi.
   «Adesso va meglio» disse, scuotendo la testa come un cane e schizzandoli tutti. «Sentite, è stato bello che siete venuti a trovarmi, davvero...»
   Hagrid si immobilizzò e fissò Harry, rendendosi conto solo in quell'istante che c'era anche lui.
   «CHE COSA CREDI DI FARE, EH?» ruggì, così all'improvviso che fecero un salto tutti e tre. «TU NON DEVI ANDARE IN GIRO QUANDO C'È BUIO, HARRY! E VOI DUE CHE GLIELO LASCIATE FARE!»
   Si avvicinò a Harry, lo afferrò per un braccio e lo spinse verso la porta.
   «Andiamo!» esclamò arrabbiato. «Vi riaccompagno a scuola, e non voglio più vedere voi che uscite e venite a trovare me con il buio, mai più. Non ne vale la pena!»
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