Harry passò gran parte dell’ultima settimana di vacanze rimuginando sul comportamento di Malfoy in Nottum Alley. Ciò che più lo turbava era la sua espressione soddisfatta all’uscita dal negozio: niente che rendesse Malfoy così felice poteva essere buono. Con sua vaga irritazione, tuttavia, né Ron né Hermione sembravano incuriositi quanto lui dalle attività di Malfoy; o almeno, dopo qualche giorno si stufarono di parlarne.
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«Sì, ti ho già detto che hai ragione, era sospetto, Harry» ripeté Hermione con una certa impazienza. Era seduta sul davanzale della camera di Fred e George con i piedi appoggiati su uno scatolone, e solo a malincuore aveva alzato lo sguardo dalla sua nuova copia di Traduzione Runica Avanzata. «Ma non abbiamo detto che potrebbero esserci un sacco di spiegazioni?»
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«Forse ha rotto la sua Mano della Gloria» rispose Ron in tono distratto, cercando di raddrizzare i rametti storti della coda del suo manico di scopa. «Ti ricordi che aveva il braccio tutto piegato?»
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«Ma quando ha detto ‘non dimentichi di tenere quello al sicuro’?»ribatté Harry per l’ennesima volta… «Secondo me Sinister ha un altro oggetto uguale a quello rotto, e Malfoy li vuole tutti e due».
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«Credi?» domandò Ron, impegnato a grattar via un po’ di sporco dal manico.
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«Sì»rispose Harry. Poiché né Ron né Hermione replicavano, aggiunse: «Il padre di Malfoy è ad Azkaban. Non pensate che a lui piacerebbe vendicarsi?»
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Ron alzò lo sguardo e batté le palpebre.
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«Malfoy vendicarsi? Che cosa può farci?»
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«È quello che mi chiedo anch’io, non lo so!» sbottò Harry, frustrato. «Ma ha in mente qualcosa e credo che dovremmo prendere la faccenda sul serio. Suo padre è un Mangiamorte e…»
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Harry s’interruppe, lo sguardo fisso sulla finestra alle spalle di Hermione, a bocca aperta. Gli era appena venuta in mente una cosa sbalorditiva.
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«Harry» disse Hermione, ansiosa. «Cosa c’è che non va?»
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«Non ti fa male la cicatrice, vero?» chiese Ron, teso.
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«È un Mangiamorte» rispose Harry lentamente. «Ha preso il posto di suo padre come Mangiamorte!»
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Cadde il silenzio. Poi Ron scoppiò a ridere.
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«Malfoy? Ha sedici anni, Harry! Credi che Tu-Sai-Chi permetterebbe a Malfoy di unirsi a loro?»
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«È abbastanza improbabile, Harry» osservò Hermione in tono pedante. «Che cosa ti fa pensare…?»
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«Madama McClan! Lei non l’ha toccato, ma lui ha strillato e ha scostato il braccio quando voleva tirargli su la manica. Era il braccio sinistro. L’hanno segnato col Marchio Nero».
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Ron e Hermione si guardarono.
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«Be’…» cominciò Ron, decisamente perplesso.
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«Credo che volesse solo andarsene, Harry» disse Hermione.
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«Ha mostrato a Sinister una cosa che noi non abbiamo visto» insistette Harry, ostinato. «Qualcosa che ha spaventato Sinister. Era il Marchio, lo so… ha mostrato a Sinister con chi aveva a che fare, e avete visto come lui l’ha preso sul serio!»
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Ron e Hermione si scambiarono un altro sguardo.
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«Non so, Harry…»
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«Sì, continuo a non essere convinto che Tu-Sai-Chi permetterebbe a Malfoy di unirsi…»
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Irritato, ma assolutamente certo di avere ragione, Harry afferrò una pila di divise da Quidditch sporche e uscì; la signora Weasley insisteva da giorni perché non aspettassero l’ultimo momento per lavare le loro cose e preparare i bagagli. Sul pianerottolo urtò Ginny, che tornava nella sua stanza con una pila di vestiti puliti.
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«Al momento eviterei di andare in cucina» lo avvertì. «C’è un sacco di Flebo in giro».
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«Starò attento a non inciamparci» sorrise Harry.
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E in effetti quando entrò in cucina scoprì Fleur seduta al tavolo, lanciata nei progetti per il suo matrimonio con Bill, mentre la signora Weasley, di malumore, teneva d’occhio un mucchio di patate autosbuccianti.
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«… Bill e io voliamo due damijelle, Jinnì e Gabrielle saranno delisiose ansieme. Ponsavo a vestiti color oro pallido… rosa sarebbe spavontoso con i capelli di Jinnì…»
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«Ah, Harry!» esclamò la signora Weasley, interrompendo il monologo di Fleur. «Bene, volevo parlarti delle misure per il viaggio a Hogwarts di domani. Abbiamo di nuovo delle auto del Ministero, e ci saranno Auror ad attenderci alla stazione…»
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«Ci sarà anche Tonks?» chiese Harry, consegnandole la divisa da Quidditch.
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«No, non credo, è stata messa di guardia da qualche altra parte, a quel che dice Arthur».
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«Si è lasciata ondare, quella Tonks» considerò Fleur, osservando il proprio stupefacente riflesso sul retro di un cucchiaino. «Un gronde errore, secondo me…»
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«Sì, grazie mille»la interruppe di nuovo la signora Weasley acida. «È meglio se ti sbrighi, Harry, voglio che i bauli siano pronti stasera, se possibile, così non avremo il solito delirio dell’ultima ora».
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E in effetti la partenza la mattina dopo filò più liscia del solito. Le auto del Ministero li trovarono già in attesa davanti alla Tana con i bauli pronti, il gatto di Hermione Grattastinchi rinchiuso al sicuro nel suo cestino da viaggio; e Edvige, Leotordo e Arnold, la nuova Puffola Pigmea viola di Ginny, nelle loro gabbie.
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«Au revoir, Arrì» gorgogliò Fleur con voce roca, salutandolo con un bacio. Ron corse avanti, speranzoso, ma Ginny sporse il piede e lui cadde lungo disteso nella polvere ai piedi di Fleur. Furente, tutto rosso e impolverato, corse in macchina senza salutare.
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Non c’era Hagrid ad aspettarli allegramente alla stazione di King’s Cross. Al suo posto, quando le auto si fermarono due barbuti Auror con la faccia tetra in scuri completi Babbani si fecero avanti e scortarono dentro il gruppo senza una parola.
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«Svelti, svelti, oltre la barriera»disse la signora Weasley, un po’ confusa da quell’austera efficienza. «È meglio che Harry vada per primo, con…»
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Scoccò uno sguardo interrogativo a uno degli Auror, che fece un breve cenno d’assenso, prese Harry per il braccio e cercò di condurlo verso la barriera tra i binari nove e dieci.
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«So camminare, grazie» sbottò Harry irritato, liberando il braccio dalla presa dell’Auror. Spinse il carrello direttamente contro la massiccia barriera, ignorando il suo silenzioso compagno, e un attimo dopo si ritrovò sul binario nove e tre quarti, dove l’Espresso per Hogwarts rosso scarlatto eruttava vapore sulla folla.
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Hermione e i Weasley lo raggiunsero dopo qualche secondo. Senza consultare il tetro Auror, Harry fece cenno a Ron e Hermione di seguirlo lungo il marciapiede, in cerca di uno scompartimento vuoto.
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«Non possiamo, Harry» si scusò Hermione. «Io e Ron prima dobbiamo andare alla carrozza dei prefetti e poi pattugliare i corridoi per un po’».
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«Oh, già, me l’ero dimenticato» fece Harry.
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«Meglio che saliate subito, allora, vi restano solo pochi minuti» li incitò la signora Weasley consultando l’orologio. «Be’, passa un bel quadrimestre, Ron…»
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«Signor Weasley, posso dirle due parole?» chiese Harry all’improvviso.
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«Sicuro». Il signor Weasley sembrava un po’ sorpreso, ma seguì Harry dove gli altri non potevano sentirli.
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Harry ci aveva riflettuto con calma ed era giunto alla conclusione che, se doveva dirlo a qualcuno, il signor Weasley era la persona giusta; primo perché lavorava al Ministero e quindi era nella posizione migliore per indagare, secondo perché pensava che non ci fossero troppi rischi che s’infuriasse.
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Vide la signora Weasley e il lugubre Auror guardarli sospettosi.
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«Quando eravamo in Diagon Alley…» esordì, ma il signor Weasley lo interruppe con una smorfia.
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«Sto per scoprire dove siete finiti tu, Ron e Hermione quando dovevate essere nel retro del negozio di Fred e George?»
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«Come ha…?»
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«Harry, per favore. Stai parlando con l’uomo che ha cresciuto Fred e George».
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«Ehm… sì, d’accordo, non eravamo nel retro».
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«Molto bene, allora, sentiamo il peggio».
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«Be’, abbiamo seguito Draco Malfoy. Abbiamo usato il mio Mantello dell’Invisibilità».
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«Avevate una ragione particolare per farlo, o è stato un mero impulso?»
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«Pensavo che Malfoy avesse qualcosa in mente» spiegò Harry, ignorando l’espressione del signor Weasley, tra l’esasperato e il divertito. «Era sfuggito a sua madre e io volevo scoprire perché».
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«Naturalmente» commentò il signor Weasley, rassegnato. «Be? E lo hai scoperto?»
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«È andato da Magie Sinister» continuò Harry. «Ha cominciato a strapazzare Sinister in persona perché lo aiutasse a riparare una cosa, e perché gliene conservasse un’altra… Apparentemente dello stesso genere di quella da riparare. Come se fossero una coppia. E…»
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Harry trasse un profondo respiro.
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«C’è qualcos’altro. Abbiamo visto Malfoy fare un salto di un metro quando Madama McClan ha cercato di toccargli il braccio sinistro. Credo che sia stato tatuato col Marchio Nero. Credo che abbia sostituito suo padre come Mangiamorte».
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Il signor Weasley parve colto alla sprovvista. Dopo un attimo disse: «Harry, dubito che Tu-Sai-Chi permetterebbe a un sedicenne…»
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«Ma cosa ne sappiamo noi di quello che Lei-Sa-Chi farebbe o non farebbe?» chiese Harry rabbioso. «Signor Weasley, mi scusi, ma non vale la pena di indagare? Se Malfoy vuole che qualcosa venga aggiustato, e ha bisogno di minacciare Sinister perché lo faccia, probabilmente è qualcosa di Oscuro o pericoloso, no?»
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«A essere sincero ne dubito, Harry» rispose lentamente il signor Weasley. «Vedi, quando Lucius Malfoy è stato arrestato, abbiamo perquisito la sua casa. Abbiamo portato via tutto ciò che avrebbe potuto essere pericoloso».
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«Potreste aver dimenticato qualcosa» insistette Harry, testardo.
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«Be’, può darsi» disse il signor Weasley, più per assecondare Harry che per vera convinzione.
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Il fischietto suonò alle loro spalle: ormai quasi tutti erano sul treno e le porte si stavano chiudendo.
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«Meglio che ti sbrighi» concluse il signor Weasley, e sua moglie gridò: «Harry, presto!»
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Harry si mise a correre e i signori Weasley lo aiutarono a caricare il baule. Chiuse con un gran tonfo la porta del vagone mentre già il treno cominciava a muoversi.
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«Allora, caro, verrai da noi a Natale, abbiamo già sistemato tutto con Silente, quindi ci vediamo presto» esclamò la signora Weasley al di là del finestrino. «Stai bene e…»
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Il treno prese velocità.
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«… fai il bravo e…»
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Ormai correva per tenere il passo.
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«… mi raccomando stai attento!»
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Harry salutò con la mano finché il treno non imboccò la prima curva e i signori Weasley scomparvero. Poi si voltò per vedere dov’erano finiti gli altri. Immaginò che Ron e Hermione fossero chiusi nella carrozza dei prefetti, ma Ginny era nel corridoio a chiacchierare con alcune amiche, così Harry si mosse verso di lei, trascinando il baule.
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I ragazzi lo fissavano spudoratamente, schiacciando perfino la faccia contro il vetro degli scompartimenti. Harry si era aspettato una nuova ondata di bocche aperte e occhi spalancati dopo tutte quelle storie sul ‘Prescelto’ sulla Gazzetta del Profeta,ma la sensazione di essere sotto un riflettore non gli piaceva. Batté sulla spalla di Ginny.
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«Ti va di cercare uno scompartimento?»
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«Mi dispiace, Harry, ho promesso a Dean che l’avrei raggiunto» rispose lei cordiale. «Ci vediamo dopo».
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«Sì, certo» fece Harry. La vide allontanarsi, i lunghi capelli rossi che le danzavano sulle spalle, e provò uno strano moto d’irritazione: si era talmente abituato a lei durante l’estate che aveva quasi dimenticato che Ginny non frequentava lui, Ron e Hermione a scuola. Poi batté le palpebre e si guardò intorno: era circondato da ragazze ipnotizzate.
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«Ciao, Harry!»lo salutò una voce familiare alle sue spalle.
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«Neville!» esclamò Harry sollevato, e si voltò verso il ragazzo dalla faccia tonda che si faceva largo verso di lui.
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«Ciao, Harry» fece eco una ragazza coi capelli lunghi e grandi occhi velati, un passo dietro Neville.
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«Luna, ciao, come stai?»
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«Molto bene, grazie» rispose Luna. Stringeva al petto una rivista; in prima pagina si annunciava a grosse lettere un paio di Spettrocoli in regalo.
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«Il Cavillo va sempre forte, allora?»chiese Harry, che provava un certo affetto per la rivista, a cui aveva concesso un’esclusiva l’anno prima.
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«Oh sì, ottima diffusione» rispose Luna contenta.
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«Troviamo dei posti» disse Harry, e i tre si avviarono lungo il treno fra orde di studenti che li fissavano in silenzio. Finalmente trovarono uno scompartimento vuoto e Harry vi s’infilò, con sollievo.
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«Fissano anche noi perché stiamo con te!» fece Neville, indicando se stesso e Luna.
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«Vi fissano perché eravate anche voi al Ministero» ribatté Harry, issando il baule nella rete portabagagli. «La nostra piccola avventura era sulla Gazzetta del Profeta,l’avrai letta».
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«Sì, pensavo che la nonna si sarebbe arrabbiata per tutta quella pubblicità»rispose Neville, «invece era davvero contenta. Dice che comincio a essere all’altezza di mio padre, finalmente. Mi ha comprato una bacchetta nuova, guarda!»
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La sfoderò e la mostrò a Harry.
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«Ciliegio e crine di unicorno» spiegò fiero. «Probabilmente è una delle ultime vendute da Olivander, è sparito il giorno dopo… Oh, torna qui, Oscar!»
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E si tuffò sotto il sedile per riprendere il suo rospo impegnato in un ennesimo tentativo di riguadagnare la libertà.
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«Quest’anno faremo ancora le nostre riunioni dell’ES, Harry?» chiese Luna, staccando un paio di occhiali psichedelici dalla rivista.
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«Non serve adesso che ci siamo liberati della Umbridge, no?»rispose Harry, sedendosi.
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Neville picchiò la testa contro il sedile riaffiorando dal pavimento. Era molto deluso. «A me piaceva l’ES! Ho imparato un mucchio di cose con te!»
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«Anch’io mi divertivo alle riunioni» confermò Luna, serena. «Era come avere degli amici».
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Era uno dei commenti imbarazzanti tipici di Luna, che infondevano in Harry un misto di pena e disagio. Tuttavia, prima che potesse replicare, fuori dallo scompartimento si sentì un crescendo di voci: un gruppo di ragazze del quarto anno parlava e ridacchiava oltre il vetro.
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«Chiediglielo tu!»
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«No, tu!»
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«Lo farò io!»
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E una di loro, con l’aria audace, grandi occhi scuri, il mento sporgente e lunghi capelli neri, entrò.
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«Ciao, Harry, io sono Romilda, Romilda Vane» si presentò a voce alta e sicura. «Perché non vieni nel nostro scompartimento? Non sei obbligato a stare con loro»aggiunse con un sussurro sonoro, indicando il sedere di Neville che spuntava di nuovo da sotto il sedile mentre lui dava la caccia a Oscar, e Luna che coi suoi Spettrocoli sembrava un multicolore gufo demente.
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«Loro sono amici miei» ribatté Harry gelido.
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«Oh» disse la ragazza, molto sorpresa. «Oh. Va bene». E si ritirò, richiudendo la porta.
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«La gente si aspetta che tu abbia degli amici più in gamba di noi» disse Luna, dimostrando ancora una volta il suo talento per la sincerità imbarazzante.
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«Voi siete in gamba» rispose Harry brevemente. «Nessuno di loro era al Ministero. Nessun altro ha combattuto con me».
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«È una cosa molto carina da dire» commentò Luna con un gran sorriso. Si aggiustò gli Spettrocoli sul naso e si accinse a leggere Il Cavillo.
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«Però noi non abbiamo affrontato lui»disse Neville, riemergendo da sotto il sedile con tante palline di polvere tra i capelli e un rassegnato Oscar in mano. «Tu sì. Dovresti sentire mia nonna. ‘Quell’Harry Potter ha più fegato di tutto il Ministero della Magia messo insieme!’ Darebbe qualunque cosa per averti come nipote…»
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Harry rise, a disagio, e portò al più presto il discorso sui risultati del G.U.F.O. Neville prese a recitare i suoi voti e a chiedersi se avrebbe potuto iscriversi a un M.A.G.O. in Trasfigurazione con un solo ‘Accettabile’, ma Harry lo guardava senza ascoltare.
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L’infanzia di Neville era stata rovinata da Voldemort quanto la sua, ma Neville non aveva idea di quanto fosse arrivato vicino ad avere il destino di Harry. La profezia avrebbe potuto riferirsi all’uno o all’altro, eppure, per le sue personali, imperscrutabili ragioni, Voldemort aveva scelto di credere che alludesse a Harry.
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Se avesse fatto l’altra scelta, ora sarebbe stato Neville ad avere la cicatrice a forma di saetta e a sopportare il peso della profezia… o no? La madre di Neville sarebbe morta per salvarlo, come Lily per Harry? Certo che sì… ma se non fosse riuscita a frapporsi tra suo figlio e Voldemort? Allora non ci sarebbe stato nessun ‘Prescelto’? Un posto vuoto dove ora sedeva Neville e un Harry senza cicatrice che sarebbe stato baciato e abbracciato dalla propria madre, e non da quella di Ron?
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«Stai bene, Harry? Hai l’aria strana» chiese Neville.
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Harry sussultò.
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«Scusa… io…»
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«Ti ha colpito un Gorgosprizzo?»chiese Luna comprensiva, scrutando Harry attraverso gli enormi occhiali colorati.
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«Un… cosa?»
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«Un Gorgosprizzo… sono invisibili, ti entrano nelle orecchie e ti confondono il cervello» spiegò. «Pensavo di averne visto uno sfrecciare qui intorno».
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Agitò le mani in aria, come per scacciare grosse falene invisibili. Harry e Neville si scambiarono uno sguardo e si affrettarono a parlare di Quidditch.
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Fuori dai finestrini, il tempo era incerto come lo era stato per tutta l’estate; attraversavano banchi di nebbia fredda alternati alla debole, chiara luce del sole. Fu durante uno di questi momenti luminosi, quando il sole era quasi allo zenit, che Ron e Hermione finalmente entrarono nello scompartimento.
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«Vorrei tanto che il carrello si spicciasse, muoio di fame». Ron sospirò, sprofondando nel sedile accanto a Harry e accarezzandosi lo stomaco. «Ciao, Neville, ciao, Luna. Indovina un po’?» aggiunse, rivolto a Harry. «Malfoy non è in servizio come prefetto. Sta seduto nel suo scompartimento con gli altri Serpeverde, l’abbiamo visto passando».
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Harry si rizzò a sedere, incuriosito. Non era da Malfoy rinunciare all’opportunità di sfoggiare i suoi poteri di prefetto, di cui aveva allegramente abusato per tutto l’armo prima.
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«Che cosa ha fatto quando vi ha visto?»
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«Il solito» rispose Ron con indifferenza, facendo un gesto volgare con la mano. «Non è da lui, però… Cioè, questo sì» e rifece il gestaccio, «ma perché non è là fuori a fare il bullo con quelli del primo anno?»
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«Boh» disse Harry, ma la sua mente lavorava rapidissima. Non era palese che Malfoy aveva cose più importanti a cui pensare invece di strapazzare gli studenti più giovani?
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«Forse preferiva la Squadra d’Inquisizione» suggerì Hermione. «Forse fare il prefetto gli sembrava un po’ noioso, dopo quello».
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«Non credo» rispose Harry, «io penso che sia…»
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Ma prima che riuscisse a esporre la sua teoria, la porta dello scompartimento si riapri e una ragazza del terzo anno entrò, senza fiato.
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«Devo consegnare questi a Neville P-Paciock e Harry P-Potter» balbettò tutta rossa, incrociando lo sguardo di Harry. Tese loro due cilindri di pergamena legati con un nastrino viola. Perplessi, Harry e Neville li presero e la ragazza uscì barcollando.
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«Che cos’è?»chiese Ron, mentre Harry srotolava il suo.
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«Un invito» rispose Harry.
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Harry,
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Sarei lieto se ti unissi a me per un pranzetto nello scompartimento C.
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Cordialmente,
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professor H.E.F. Lumacorno
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«Chi è il professor Lumacorno?» domandò Neville, guardando perplesso il proprio invito.
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«Un nuovo insegnante» rispose Harry. «Be’, immagino che dobbiamo andare, no?»
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«Ma perché vuole me?» domandò ancora Neville nervoso, come se si aspettasse una punizione.
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«Non lo so» fece Harry, il che non era proprio vero, anche se non aveva ancora la prova che la sua intuizione fosse corretta. «Senti» disse, colto all’improvviso da un’idea geniale, «andiamoci col Mantello dell’Invisibilità, così possiamo dare una buona occhiata a Malfoy e capire che intenzioni ha».
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Ma non fu possibile: i corridoi, affollati di ragazzi che aspettavano il carrello, erano impraticabili col Mantello. Harry, dispiaciuto, lo ripiegò e lo ripose nello zaino: sarebbe stato bello indossarlo anche solo per evitare tutti quegli sguardi, che dalla mattina sembravano essersi ulteriormente intensificati. Alcuni studenti uscivano di corsa dal proprio scompartimento solo per guardarlo meglio; Cho Chang invece, quando lo vide arrivare, sfrecciò dentro il suo. Harry la vide immersa in un’ostentata conversazione con la sua amica Manetta, cui uno spesso strato di fondotinta non nascondeva del tutto la fioritura di strani foruncoli sul viso. Con una smorfia, Harry proseguì.
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Quando raggiunsero lo scompartimento C, videro subito che non erano i soli invitati di Lumacorno, anche se a giudicare dal benvenuto entusiastico Harry era il più atteso.
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«Harry, ragazzo mio!» esclamò Lumacorno, balzando in piedi appena lo vide. Il suo vasto ventre coperto di velluto parve riempire tutto lo spazio vuoto, e la pelata e i grandi baffoni argentei scintillavano al sole quanto i bottoni d’oro del panciotto. «Che piacere, che piacere! E tu devi essere il signor Paciock!»
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Neville annuì, spaventato. A un gesto di Lumacorno, si sedettero di fronte a lui nei due soli posti vuoti, i più vicini alla porta. Harry osservò i loro compagni. Riconobbe un Serpeverde del loro anno, un alto ragazzo nero con gli zigomi pronunciati e lunghi occhi obliqui; c’erano anche due ragazzi del settimo anno che non conosceva e, strizzata nell’angolo accanto a Lumacorno, con l’aria di non sapere bene come mai era finita lì, Ginny.
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«Bene, vi conoscete tutti?» chiese Lumacorno a Harry e Neville. «Blaise Zabini è del vostro anno, naturalmente…»
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Zabini non diede segno di riconoscerli né li salutò, e nemmeno Harry o Neville lo fecero: gli studenti di Grifondoro e Serpeverde si detestavano per principio.
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«Questo è Cormac McLaggen, forse vi siete già incontrati…? No?»
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McLaggen, un ragazzo grosso con i capelli crespi, levò una mano e Harry e Neville gli risposero con un cenno.
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«… e questo è Marcus Belby, non so se…?»
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Belby, che era magro e nervoso, esibì un sorriso stiracchiato.
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«… e questa affascinante signorina dice di conoscervi!»concluse Lumacorno.
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Ginny fece una smorfia a Harry e Neville dietro la schiena di Lumacorno.
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«Bene, è un piacere straordinario» continuò Lumacorno in tono intimo. «Un’opportunità per conoscervi un po’ meglio. Ecco, prendete un tovagliolo. Mi sono portato il pranzo da casa, il carrello, se ricordo bene, ci va pesante con le Bacchette di Liquirizia, e il sistema digestivo di un povero vecchio non regge… un po’ di fagiano, Belby?»
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Belby sussultò e accettò quello che sembrava un mezzo fagiano freddo.
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«Stavo appunto dicendo al giovane Marcus che ho avuto il piacere di avere come allievo suo zio Damocles»spiegò Lumacorno a Harry e Neville, offrendo un cestino di panini. «Un mago notevole, notevole, e il suo Ordine di Merlino è davvero meritatissimo. Vedi spesso tuo zio, Marcus?»
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Purtroppo Belby aveva appena addentato un grosso boccone di fagiano; nella fretta di rispondere a Lumacorno lo inghiottì, diventò paonazzo e cominciò ad annaspare.
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«Anapneo»disse Lumacorno con calma, puntando la bacchetta contro Belby, le cui vie respiratorie si liberarono all’istante.
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«No… non molto spesso, no» balbettò Belby, lacrimando.
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«Be’, naturale, scommetto che è molto occupato» replicò Lumacorno, guardando Belby con aria indagatrice. «Immagino che inventare la Pozione Antilupo gli abbia richiesto un certo impegno!»
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«Suppongo…» rispose Belby, terrorizzato all’idea di prendere un altro pezzo di fagiano finché non era sicuro che Lumacorno avesse finito con lui. «Ehm… lui e mio padre non vanno tanto d’accordo, sa, quindi non è che io sappia molto di…»
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La sua voce si perse mentre Lumacorno lo abbandonava con un sorriso freddo per rivolgersi a McLaggen.
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«Tu invece, Cormac» disse, «so che vedi spesso tuo zio Tiberius, perché ha una magnifica foto di voi due a caccia di Nogtail nel Norfolk, giusto?»
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«Oh sì, ci siamo divertiti» rispose McLaggen. «Ci siamo andati con Bertie Higgs e Rufus Scrimgeour… prima che diventasse Ministro, ovviamente…»
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«Ah, conosci anche Bertie e Rufus?» chiese Lumacorno con un gran sorriso, facendo girare un vassoietto di tartine; chissà come, Belby venne saltato. «Allora dimmi…»
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Era come Harry aveva sospettato. Tutti i presenti erano stati invitati perché avevano a che fare con qualche persona famosa o influente: tutti tranne Ginny. Zabini, interrogato dopo McLaggen, aveva per madre una strega di celebre bellezza (da quello che Harry riuscì a capire, si era sposata sette volte, e ciascuno dei suoi mariti era morto in circostanze misteriose lasciandole montagne d’oro). Poi fu il turno di Neville: furono dieci minuti molto difficili, perché i genitori di Neville, due noti Auror, erano stati torturati fino alla follia da Bellatrix Lestrange e da un paio di vecchi compari Mangiamorte. Alla fine, Harry ebbe l’impressione che Lumacorno avesse sospeso il giudizio, in attesa di capire se il ragazzo possedeva un po’ del talento dei genitori.
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«E ora» proseguì Lumacorno, agitandosi sul sedile come un presentatore che annuncia il suo numero più brillante, «Harry Potter! Da dove cominciare? Ho la sensazione di aver appena grattato la superficie quando ci siamo incontrati quest’estate!»
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Contemplò Harry per un istante come se fosse un pezzo di fagiano particolarmente grosso e succulento, poi disse: «Il ‘Prescelto’, è così che ti chiamano adesso!»
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Harry non rispose. Belby, McLaggen e Zabini lo fissarono.
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«Naturalmente» continuò Lumacorno, osservando il ragazzo con attenzione, «sono anni che circolano voci… Mi ricordo quando… be’, dopo quella terribile notte… Lily… James… e tu sei sopravvissuto… e si diceva che tu avessi poteri straordinari…»
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Zabini tossicchiò con divertito scetticismo. Una voce arrabbiata si levò da dietro Lumacorno.
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«Oh, è vero, Zabini, perché tu invece hai un gran talento… per darti delle arie!»
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«Oh, cielo!» ridacchiò Lumacorno tranquillamente, guardando Ginny che scrutava torva Zabini al di sopra del suo pancione. «Attento, Blaise! Ho visto questa signorina scagliare una meravigliosa Fattura Orcovolante mentre passavo dal suo scompartimento! Eviterei di contrariarla!»
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Zabini si limitò ad assumere un’espressione sprezzante.
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«Comunque» proseguì Lumacorno, tornando a Harry, «tutte le voci di questa estate… Naturalmente non si sa a che cosa credere, è noto che Il Profeta riporta notizie inattendibili, commette errori… ma pare ci siano pochi dubbi, dato il numero di testimoni, sul fatto che c’è stato un bel caos al Ministero, e tu c’eri dentro fino al collo!»
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Harry, che non riusciva a vedere una via d’uscita a meno di mentire spudoratamente, annuì ma non disse nulla. Lumacorno gli rivolse un gran sorriso.
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«Tanto modesto, tanto modesto, non mi stupisce che Silente sia così affezionato… tu c’eri, quindi? Ma le altre storie — così sensazionali che non si sa proprio a cosa credere — questa leggendaria profezia, per esempio…»
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«Non abbiamo sentito nessuna profezia» rispose Neville, diventando rosso geranio.
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«Giusto» aggiunse Ginny con fermezza. «C’eravamo anche io e Neville, e tutta quella robaccia sul ‘Prescelto’… è solo Il Profeta che s’inventa le cose come al solito».
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«Ah, c’eravate tutti e due?» ripeté Lumacorno con enorme interesse, spostando lo sguardo da Ginny a Neville, ma entrambi rimasero con le bocche sigillate davanti al suo sorriso incoraggiante. «Sì… be’… è vero che spesso Il Profeta esagera, naturale…» continuò, un po’ deluso. «Ricordo che la cara Gwenog mi disse — Gwenog Jones, voglio dire, naturalmente, Capitano delle Holyhead Harpies…»
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Si avventurò in una prolissa reminiscenza, ma Harry ebbe la chiara impressione che non avesse ancora finito con lui, e che Neville e Ginny non l’avessero convinto.
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Il pomeriggio passò noioso tra altri aneddoti su maghi illustri a cui Lumacorno aveva fatto da insegnante, tutti felicissimi di unirsi a quello che definiva il ‘Lumaclub’ a Hogwarts. Harry non vedeva l’ora di andarsene, ma non sapeva come farlo educatamente. Infine il treno riemerse da un altro lungo tratto nebbioso dentro un tramonto rosso, e Lumacorno si guardò attorno, strizzando gli occhi davanti al crepuscolo.
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«Santo cielo, è già buio! Non mi ero accorto che avevano acceso le lampade! È meglio se andate a cambiarvi, tutti quanti. McLaggen, devi passare a trovarmi e prendere in prestito quel libro sui Nogtail. Harry, Blaise… quando volete. Lo stesso vale per te, signorina» e strizzò l’occhio a Ginny. «Be’, andate, andate!»
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Mentre superava Harry per addentrarsi nel corridoio sempre più buio, Zabini gli scoccò un’occhiata sgradevole che Harry ricambiò con interesse. Lui, Ginny e Neville lo seguirono verso la coda del treno.
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«Sono contento che sia finita» borbottò Neville. «Strano tipo, eh?»
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«Sì, un po’» rispose Harry, gli occhi fissi su Zabini. «Come mai sei finita qui, Ginny?»
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«Mi ha visto fare una fattura a Zacharias Smith» disse Ginny, «ti ricordi quell’idiota di Tassorosso che veniva all’ES? Continuava a chiedere che cosa era successo al Ministero e alla fine mi ha irritato tanto che gli ho scagliato un’Orcovolante. Quando Lumacorno è entrato pensavo che mi avrebbe punito, invece ha detto solo che la trovava un’ottima fattura e mi ha invitato a pranzo! Pazzo, eh?»
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«Meglio così che invitare uno perché sua mamma è famosa» commentò Harry, scrutando accigliato la testa di Zabini, «o perché suo zio…»
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Ma si interruppe. Gli era appena venuta un’idea, sconsiderata ma potenzialmente meravigliosa… entro un minuto, Zabini sarebbe rientrato nello scompartimento dei Serpeverde del sesto anno e Malfoy sarebbe stato lì, convinto che lo sentissero solo i compagni Serpeverde… se solo Harry fosse riuscito a entrare non visto dietro di lui, che cosa avrebbe potuto vedere o sentire? Vero, restava ancora un breve tratto di viaggio — la stazione di Hogsmeade doveva essere a meno di mezz’ora, a giudicare dall’aspetto selvaggio dello scenario che lampeggiava dai finestrini — ma nessun altro sembrava prendere sul serio i suoi sospetti, quindi stava a lui dimostrarne la fondatezza.
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«Ci vediamo più tardi» disse sottovoce. Estrasse il Mantello dell’Invisibilità, lo dispiegò e se lo gettò addosso.
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«Ma che cosa stai…?» gli chiese Neville.
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«Dopo!» rispose Harry, sfrecciando dietro Zabini più silenziosamente possibile, anche se lo sferragliare del treno rendeva superflua tanta cautela.
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I corridoi erano quasi vuoti, ora. Tutti erano tornati alle loro carrozze per indossare le divise scolastiche e preparare i bagagli. Nonostante gli stesse alle calcagna, Harry non fu abbastanza rapido da scivolare nello scompartimento quando Zabini aprì la porta, e dovette infilare in fretta il piede per impedirgli di richiuderla.
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«Che cosa c’è che non va?» abbaiò Zabini, spingendo più volte la porta scorrevole contro il piede di Harry.
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Harry afferrò la maniglia e spinse forte; Zabini, ancora aggrappato alla maniglia, cadde in grembo a Gregory Goyle. Nella confusione che seguì Harry s’infilò nello scompartimento, balzò sul sedile momentaneamente vuoto di Zabini e si issò sulla reticella portabagagli. Fu una fortuna che Goyle e Zabini si ringhiassero addosso, attirando l’attenzione di tutti, perché Harry era quasi sicuro che il Mantello, ondeggiando, gli avesse scoperto piedi e caviglie; addirittura, per un terribile istante aveva creduto di vedere gli occhi di Malfoy seguire la sua scarpa da tennis che sfrecciava verso l’alto, ma poi Goyle chiuse la porta con violenza e si tolse di dosso Zabini, che cadde al proprio posto tutto scompigliato, Vincent Tiger tornò al suo fumetto e Malfoy, sogghignando, si distese su due sedili con la testa in grembo a Pansy Parkinson. Harry rimase scomodamente rannicchiato sotto il Mantello per assicurarsi che ogni centimetro del suo corpo restasse nascosto, e osservò Pansy accarezzare i lisci capelli biondi sulla fronte di Malfoy con il sorriso compiaciuto di chi pensa che chiunque sarebbe stato felice di trovarsi al suo posto. Le lanterne che dondolavano dal soffitto gettavano una luce vivida sulla scena: Harry riusciva a leggere ogni singola parola del fumetto di Tiger, proprio sotto di lui.
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«Allora, Zabini» chiese Malfoy. «Che cosa voleva Lumacorno?»
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«Solo ingraziarsi la gente ben ammanicata» rispose Zabini, che continuava a guardare torvo Goyle. «Non che sia riuscito a trovarne molta».
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Questa informazione non fece piacere a Malfoy.
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«Chi altri aveva invitato?»chiese.
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«McLaggen di Grifondoro» rispose Zabini.
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«Oh sì, suo zio è un pezzo grosso al Ministero» commentò Malfoy.
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«… un altro che si chiama Belby di Corvonero…»
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«Ma dai, è un idiota!»esclamò Pansy.
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«… e Paciock, Potter e la ragazza Weasley» concluse Zabini.
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Malfoy si rizzò a sedere all’improvviso, allontanando bruscamente la mano di Pansy.
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«Ha invitato Paciock?»
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«Be’, suppongo di sì, visto che Paciock era lì» rispose Zabini indifferente.
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«Che cos’ha Paciock che possa interessare Lumacorno?»
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Zabini alzò le spalle.
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«Potter, quel tesoro di Potter, ovvio che voleva dare un’occhiata al Prescelto» sogghignò Malfoy, «ma quella Weasley! Che cos’ha lei di tanto speciale?»
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«Piace a un sacco di ragazzi» disse Pansy, osservando la reazione di Malfoy con la coda dell’occhio. «Anche tu pensi che sia carina, no, Blaise? E sappiamo tutti che sei tanto difficile!»
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«Non toccherei una sudicia piccola traditrice di sangue come lei per quanto carina possa essere» ribatté Zabini gelido, e Pansy parve soddisfatta. Malfoy le si ridistese in grembo e le permise di ricominciare ad accarezzargli i capelli.
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«Be’, Lumacorno ha gusti da schifo. Forse sta diventando un po’ demente. Peccato, mio padre diceva sempre che ai suoi tempi era un buon mago. Mio padre era uno dei suoi preferiti. Lumacorno probabilmente non ha saputo che sono sul treno, o…»
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«Io non conterei su un invito» intervenne Zabini. «Appena sono arrivato mi ha chiesto del padre di Nott. Erano vecchi amici, a quanto pare, ma quando ha sentito che era stato arrestato al Ministero non è parso contento, e Nott non è stato invitato. Non credo che Lumacorno sia interessato ai Mangiamorte».
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Malfoy era arrabbiato, ma riuscì a mettere insieme una risata straordinariamente priva di allegria.
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«Be’, chissenefrega. Che cos’è, a pensarci bene? Solo uno stupido insegnante». Sbadigliò vistosamente. «Voglio dire, può darsi che il prossimo anno io non sia nemmeno a Hogwarts, che cosa me ne importa se piaccio o no a un vecchio grasso relitto?»
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«Come sarebbe, può darsi che il prossimo anno tu non sia nemmeno a Hogwarts?» chiese Pansy indignata, smettendo subito di pettinarlo.
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«Be’, non si può mai sapere» rispose lui con l’ombra di un ghigno. «Magari… ehm… mi dedicherò a cose più grandi e più importanti».
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Rannicchiato sulla reticella sotto il suo Mantello, Harry sentì il cuore battere più forte. Che cosa avrebbero detto Ron e Hermione? Tiger e Goyle guardavano Malfoy stupefatti: evidentemente non avevano la minima idea dei suoi progetti più grandi e più importanti. Perfino Zabini aveva concesso a una vaga curiosità di intaccare la sua faccia sprezzante. Pansy riprese ad accarezzare lentamente i capelli di Malfoy, stordita.
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«Vuoi dire… lui?»
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Malfoy scrollò le spalle.
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«Mia madre vuole che io porti a termine la mia istruzione, ma io non lo trovo importante, di questi tempi. Voglio dire, pensateci… quando il Signore Oscuro salirà al potere, baderà a quanti G.U.F.O. o M.A.G.O. uno ha preso? Certo che no… dipenderà tutto dal genere di servigi che ha ricevuto, dal livello di devozione che gli è stato dimostrato».
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«E tu credi di poter fare qualcosa per lui?» gli chiese Zabini, pungente. «A sedici anni e senza nemmeno aver preso il diploma?»
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«L’ho appena detto, no? Forse non gli importa se ho preso il diploma. Forse il lavoro che vuole da me non è qualcosa per cui serve il diploma» mormorò Malfoy.
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Tiger e Goyle stavano a bocca aperta come due doccioni. Pansy fissava Malfoy come se niente e nessuno le avesse mai ispirato tanta reverenza.
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«Ecco Hogwarts» disse Malfoy, godendo chiaramente dell’effetto che aveva creato e indicando un punto oltre il finestrino annerito. «Meglio vestirsi».
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Harry era così impegnato a fissarlo che non si accorse che Goyle si protendeva per prendere il suo baule: mentre lo tirava giù, colpì Harry forte sulla tempia. Lui si lasciò sfuggire un gemito e Malfoy alzò lo sguardo verso la reticella, accigliato.
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Harry non aveva paura di Malfoy, ma non gli andava di essere scoperto lì, nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, da un gruppo di ostili Serpeverde. Con gli occhi ancora lacrimanti e la testa che pulsava, estrasse la bacchetta, attento a non scostare il Mantello, e attese, trattenendo il fiato. Con suo sollievo, Malfoy parve decidere di aver solo immaginato quel rumore; si infilò la divisa come gli altri, chiuse il baule e mentre il treno rallentava sussultando si allacciò il nuovo, pesante mantello da viaggio.
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I corridoi si riempirono. Harry, bloccato lì finché la via non fosse tornata libera, si augurò che Ron e Hermione prendessero anche i suoi bagagli. Infine, con un ultimo sobbalzo, il treno si fermò. Goyle spalancò la porta e si fece largo con violenza in una folla di piccoli del secondo anno, spingendoli di lato; Tiger e Zabini lo seguirono.
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«Vai avanti» disse Malfoy a Pansy, che lo aspettava con la mano tesa nella speranza che lui la prendesse. «Voglio solo controllare una cosa».
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Pansy uscì. Ora Harry e Malfoy erano soli nello scompartimento. I ragazzi sfilavano fuori dalla porta e scendevano sul binario buio. Malfoy abbassò le tende, poi si chinò sul suo baule e lo riaprì.
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Harry sbirciò oltre il bordo della retina, col cuore che batteva ancora più veloce. Che cos’era che Malfoy aveva voluto nascondere a Pansy? Stava per mostrare il misterioso oggetto rotto che era tanto importante riparare?
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«Petrificus Totalus!»
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Senza preavviso, Malfoy aveva puntato la bacchetta contro Harry, che rimase paralizzato all’istante. Come al rallentatore, si ribaltò oltre la reticella e cadde ai piedi di Malfoy con un tonfo doloroso che scosse il pavimento, il Mantello dell’Invisibilità impigliato sotto il corpo ora del tutto visibile, le gambe ancora assurdamente raccolte in quella scomoda posizione rannicchiata. Non poteva muovere un muscolo; riuscì solo ad alzare lo sguardo su Malfoy, che fece un gran sorriso.
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«Lo sapevo» esultò. «Ho sentito il baule di Goyle sbatterti contro. E mi è sembrato di vedere qualcosa di bianco lampeggiare per aria dopo che Zabini è tornato…» Il suo sguardo indugiò sulle scarpe da tennis di Harry. «Sei stato tu a bloccare la porta quando Zabini è tornato dentro, immagino».
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Contemplò Harry per un momento.
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«Non hai sentito niente di importante, Potter. Ma visto che sei qui…»
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E gli calpestò il viso, forte. Harry sentì il naso spezzarsi; il sangue schizzò dappertutto.
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«Questo da parte di mio padre. Ora, vediamo…»
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Malfoy sfilò il Mantello da sotto il corpo immobilizzato di Harry e glielo gettò addosso.
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«Non credo che ti troveranno prima che il treno sia tornato a Londra» sussurrò. «Ci vediamo, Potter… o forse no».
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E premurandosi di calpestargli le dita, Malfoy uscì dallo scompartimento.
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