Camminava lungo una strada di montagna, nella fresca luce azzurra dell'alba. Molto più in basso, avvolta nella nebbia, l'ombra di una piccola città. L'uomo che cercava era laggiù? L'uomo di cui aveva un tale bisogno da non riuscire a pensare ad altro, l'uomo che possedeva la risposta, la risposta al suo problema...
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«Ehi, svegliati».
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Harry aprì gli occhi. Era di nuovo disteso sulla branda nella squallida soffitta di Ron. Il sole non era ancora sorto e la stanza era foderata di ombre. Vide Leotordo addormentato con la testa sotto la piccola ala. La cicatrice lo tormentava.
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«Hai parlato nel sonno».
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«Davvero?»
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«Sì. 'Gregorovich'. Continuavi a dire 'Gregorovich'».
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Harry non aveva gli occhiali; il volto di Ron gli apparve un po' sfocato. «Chi è Gregorovich?»
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«Non lo so. Sei tu che l'hai detto».
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Harry si grattò la fronte, riflettendo. Aveva una vaga idea di aver già sentito quel nome, ma non riusciva a ricordare dove.
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«Credo che Voldemort lo stia cercando».
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«Poveraccio» commentò Ron con ardore.
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Harry si alzò a sedere, strofinandosi la cicatrice, ormai sveglio. Cercò di ricordare di preciso che cosa aveva visto nel sogno, ma gli venne in mente solo un orizzonte montuoso e il profilo del piccolo villaggio rannicchiato in una valle profonda.
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«Credo che sia all'estero».
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«Chi, Gregorovich?»
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«Voldemort. Credo che sia da qualche parte all'estero, in cerca di Gregorovich. Non sembrava in Gran Bretagna».
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«Secondo te vedi di nuovo nella sua mente?»
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Ron era preoccupato.
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«Ti prego, non dirlo a Hermione» supplicò Harry. «Anche se non so come possa pretendere che io smetta di vedere cose nel sonno...»
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Guardò la gabbietta di Leotordo, concentrandosi... Perché il nome
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'Gregorovich' gli era familiare?
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«Credo» proseguì lentamente «che c'entri con il Quidditch. Ci dev'essere un legame, ma non riesco... non riesco a capire quale».
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«Con il Quidditch?» ripeté Ron. «Non vuoi dire Gorgovich, vero?»
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«Chi?»
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«Dragomir Gorgovich, Cacciatore, comprato dai Cannoni di Chudley per una cifra record due anni fa. Il più alto numero di Pluffe perse in una stagione».
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«No» rispose Harry. «Decisamente non pensavo a Gorgovich».
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«Anch'io ci provo» replicò Ron. «Be', comunque buon compleanno». «Wow... è vero, me l'ero dimenticato! Ho diciassette anni!»
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Harry afferrò la bacchetta che era a terra accanto alla branda, la puntò verso la scrivania ingombra su cui aveva lasciato gli occhiali e disse: «Accio occhiali!» Erano solo a mezzo metro, ma fu un'immensa soddisfazione vederli sfrecciare verso di lui, almeno finché non gli si ficcarono nell'occhio.
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«Bel colpo» sbuffò Ron.
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Godendosi la liberazione dalla Traccia, Harry spedì le cose di Ron in volo per tutta la stanza, svegliando Leotordo che prese a sbatacchiare agitato nella gabbia. Cercò anche di allacciarsi le scarpe da tennis con la magia (gli ci vollero parecchi minuti per poi slacciarle a mano) e, per il puro piacere di farlo, trasformò l'arancione delle divise sui poster dei Cannoni di Chudley in blu elettrico.
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«La cerniera me la tirerei su col vecchio metodo, comunque» gli consigliò Ron, e ridacchiò perché Harry si affrettò a controllare. «Ecco il mio regalo. Aprilo qui, è meglio che mia madre non lo veda».
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«Un libro?» esclamò Harry prendendo il pacco rettangolare. «Andiamo contro la tradizione, eh?»
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«Non è un libro come gli altri» spiegò Ron. «È oro puro: Dodici Passi Infallibili per Sedurre una Strega. Dice tutto quello che bisogna sapere sulle ragazze. Se solo l'avessi avuto l'anno scorso, avrei saputo come liberarmi di Lavanda e come cavarmela con... be', a me l'hanno regalato Fred e George e ho imparato un mucchio di cose. Ti sorprenderà, e non parla solo di trucchi con la bacchetta».
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Quando scesero in cucina, trovarono una catasta di regali sul tavolo. Bill e Monsieur Delacour stavano finendo la colazione e la signora Weasley chiacchierava con loro mentre cucinava.
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«Arthur ti fa gli auguri, Harry» lo accolse con un gran sorriso. «È andato al lavoro presto. Ma tornerà per cena. Il nostro regalo è quello in cima».
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Harry si sedette, prese il pacco quadrato che gli era stato indicato e lo scartò. Era un orologio molto simile a quello che i signori Weasley avevano regalato a Ron per i diciassette anni; d'oro, con stelle al posto delle lan
cette.
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«È tradizione regalare un orologio a un mago quando diventa maggiorenne» spiegò la signora Weasley, osservandolo ansiosa dal fornello. «Mi spiace che questo non sia nuovo come quello di Ron: era di mio fratello Fabian che non aveva molta cura delle sue cose, è un po' ammaccato sul retro, ma...»
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Harry si alzò e la mise a tacere con un grande abbraccio. Cercò di metterci un sacco di cose non dette, e forse lei le capì, perché gli accarezzò goffa la guancia quando lui la lasciò andare, poi agitò la bacchetta un po' a caso, facendo cadere mezza confezione di bacon dalla padella a terra.
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«Buon compleanno, Harry!» esclamò Hermione entrando di corsa in cucina per deporre il suo regalo in cima alla pila. «È solo un pensiero, ma spero che ti piaccia. Tu cosa gli hai regalato?» aggiunse, rivolta a Ron, che la ignorò e disse invece: «Dai, su, apri quello di Hermione».
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Gli aveva comprato uno Spioscopio nuovo. Gli altri pacchetti contenevano un rasoio incantato da parte di Bill e Fleur («Ah, sì, questo ti garontisce la rasatura più soffisce del mondo» gli assicurò Monsieur Delacour. «Ma devi dirgli chiaramonte sciò che vuoi... altrimonti ti ritrovi con meno peli di quelli che volevi...»), cioccolatini dai Delacour e un'enorme scatola assortita dei più recenti Tiri Vispi Weasley da Fred e George.
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Harry, Ron e Hermione non indugiarono a tavola: l'arrivo di Madame Delacour, Fleur e Gabrielle aveva reso la cucina molto affollata.
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«Te li metto via io» disse allegramente Hermione, prendendo i regali dalle braccia di Harry e i tre si avviarono di nuovo di sopra. «Ho quasi finito coi bagagli, sto solo aspettando che il resto delle tue mutande esca dalla lavatrice, Ron...»
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Il balbettio imbarazzato di Ron fu interrotto da una porta che si apriva sul pianerottolo del primo piano.
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«Harry, vieni dentro un momento?»
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Era Ginny. Ron si bloccò, ma Hermione lo prese per il gomito e lo spinse su per le scale. Nervoso, Harry seguì Ginny nella sua stanza.
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Non c'era mai entrato. Era piccola ma luminosa. Su una parete c'era un grande manifesto del complesso delle Sorelle Stravagarie, e sull'altra la foto di Gwenogjones, Capitano della squadra femminile delle Holyhead Arpies. Cera una scrivania davanti alla finestra aperta, che dava sull'orto dove una volta avevano giocato a Quidditch due contro due con Ron e Hermione e dove ora campeggiava un enorme tendone bianco perlaceo. La bandiera d'oro in cima arrivava all'altezza della finestra.
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Ginny guardò Harry negli occhi, trasse un gran respiro e disse: «Buon compleanno».
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«Sì... grazie».
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Continuava a guardarlo dritto negli occhi, lui invece non ci riusciva; era come fissare una luce abbagliante.
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«Bella vista» mormorò debolmente, indicando la finestra. Lei lo ignorò. Non poteva biasimarla.
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«Non sapevo cosa regalarti».
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«Non dovevi regalarmi niente».
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Lei ignorò anche questo.
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«Non sapevo cosa ti sarebbe servito. Niente di troppo grande, perché non puoi portarlo con te».
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Harry azzardò un'occhiata. Non piangeva; era una delle molte cose meravigliose di Ginny: piangeva molto di rado. Avere sei fratelli doveva averla temprata.
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Lei fece un passo verso di lui.
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«Quindi ho scelto qualcosa che ti faccia pensare a me, sai, nel caso incontrassi qualche Veela mentre sei in giro a fare quello che fai».
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«Le possibilità di uscire con delle ragazze saranno abbastanza scarse, a essere sincero».
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«È proprio quello che speravo» sussurrò lei, e lo baciò come non l'aveva mai baciato prima. Harry rispose al bacio, e fu beato oblio, meglio del Whisky Incendiario; era la sola cosa autentica al mondo: Ginny, sentirla lì, tenerle una mano sulla schiena e l'altra affondata nei lunghi capelli profumati...
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La porta si spalancò. Harry e Ginny si separarono con un sussulto.
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«Oh» fece Ron, secco. «Scusate».
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«Ron!» Hermione era alle sue spalle, senza fiato. Calò un silenzio teso, poi Ginny disse con una vocina piatta: «Be', comunque buon compleanno, Harry».
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Ron aveva le orecchie scarlatte; Hermione era nervosa. Harry avrebbe voluto sbattere loro la porta in faccia, ma era come se fosse entrata una corrente fredda e quel momento splendido era esploso come una bolla di sapone. Tutte le ragioni per porre fine alla storia con Ginny, per starle lontano, erano entrate nella stanza insieme a Ron e quel felice oblio era svanito.
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Guardò Ginny. Voleva dirle qualcosa, non sapeva bene cosa, ma lei gli voltò le spalle. Forse per una volta avrebbe ceduto alle lacrime. E lui non
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poteva fare nulla per consolarla davanti a Ron.
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«Ci vediamo dopo» mormorò, e seguì gli altri due fuori.
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Ron marciò fino al piano di sotto, attraversò la cucina ancora affollata e uscì nel cortile, con Harry dietro. Hermione li seguì, spaventata.
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Una volta raggiunto il prato appena falciato, Ron si scagliò contro
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Harry.
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«L'hai piantata. E adesso cosa fai, la prendi in giro?»
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«Non la sto prendendo in giro» rispose Harry. Hermione li raggiunse. «Ron...»
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Ma Ron alzò una mano per zittirla.
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«Era a pezzi quando l'hai lasciata...»
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«Anch'io. Lo sai perché ho chiuso, non l'ho voluto io».
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«Sì, ma adesso ti trovo lì a baciarla, e magari lei spera ancora...»
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«Non è una stupida, sa che non può succedere, non si aspetta che noi... finiamo per sposarci, o...»
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Nel dirlo, prese forma nella sua mente l'immagine vivida di Ginny vestita di bianco, che si sposava con un estraneo alto, senza volto, sgradevole. In un solo vorticoso istante se ne rese conto: il futuro di lei era libero e sgombro, mentre il suo... davanti a sé vedeva solo Voldemort.
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«Se continui a metterle le mani addosso tutte le volte che puoi...»
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«Non succederà più» ribatté Harry, aspro. Non c'era una nuvola, ma gli parve che il sole fosse sparito. «Va bene?»
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Ron era un po' irritato un po' impacciato; si dondolò avanti e indietro, poi disse: «D'accordo, be', allora... va bene».
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Ginny non cercò un'altra occasione per restare sola con Harry per tutto il resto della giornata, né dai suoi sguardi o dai suoi gesti trasparì che avessero condiviso altro che una garbata conversazione nella sua stanza. Ma l'arrivo di Charlie fu un sollievo per Harry. Fu una distrazione vedere la signora Weasley costringere il figlio a sedersi, levare minacciosa la bacchetta e annunciargli che stava per subire un sacrosanto taglio di capelli.
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Siccome la cena di compleanno di Harry avrebbe messo a dura prova la cucina della Tana anche senza Charlie, Lupin, Tonks e Hagrid, i tavoli furono disposti tutti in fila nel giardino. Fred e George stregarono parecchie lanterne viola, tutte decorate con un gran 17, che flottarono tra gli invitati. Grazie alle cure della signora Weasley, la ferita di George era pulita, ma Harry non si era ancora abituato a vedere quel buco nella sua testa, nonostante i gemelli continuassero a scherzarci sopra.
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Hermione fece sbucare dalla bacchetta festoni viola e oro che drappeg
giò con grazia su alberi e cespugli.
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«Bello» commentò Ron, quando con un ultimo svolazzo della bacchetta
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Hermione colorò d'oro le foglie del melo selvatico. «Hai un dono per queste cose».
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«Grazie, Ron!» esclamò Hermione, lusingata e un po' imbarazzata. Harry si voltò, sorridendo tra sé. Aveva il sospetto che avrebbe trovato un capitolo sui complimenti tra i Dodici Passi Infallibili per Sedurre una Strega; intercettò lo sguardo di Ginny e le sorrise, poi ricordò la promessa fatta a Ron e avviò in fretta una conversazione con Monsieur Delacour.
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«Largo, largo!» canticchiò la signora Weasley, varcando il cancello con un Boccino grande come un pallone da spiaggia davanti a sé. Qualche istante dopo Harry si rese conto che quella era la sua torta di compleanno, che la signora Weasley teneva sospesa con la bacchetta per non trasportarla sul terreno irregolare. Quando la torta finalmente atterrò al centro della tavola, Harry commentò: «È straordinaria, signora Weasley».
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«Oh, non è nulla, caro» rispose lei con affetto. Ron, alle sue spalle, gli fece cenno coi pollici in su.
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Per le sette arrivarono tutti gli ospiti. Fred e George, che li attendevano in fondo al viottolo, li scortarono fino a casa. Hagrid per l'occasione indossava il suo migliore, orrido completo marrone peloso. Lupin sorrise stringendo la mano a Harry, ma pareva decisamente infelice. Era molto strano; Tonks, al suo fianco, era radiosa.
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«Buon compleanno, Harry» gli disse, avvolgendolo in un grande abbraccio.
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«Diciassette, eh?» tuonò Hagrid, prendendo un bicchiere di vino grosso come un secchio offerto da Fred. «Sei anni dal giorno che ci siamo conosciuti, Harry, te lo ricordi?»
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«Vagamente» rispose Harry con un sorriso. «È stato per caso quando hai abbattuto la porta, hai fatto crescere una coda di maiale a Dudley e mi hai detto che ero un mago?»
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«I particolari non me li ricordo tanto bene» ridacchiò Hagrid. «Tutto a posto, Ron, Hermione?»
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«Bene» rispose Hermione. «E tu?»
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«Ah, niente male. Ho avuto da fare, ci sono appena nati degli unicorni, ve li faccio vedere quando tornate...» Harry evitò lo sguardo di Ron e Hermione mentre Hagrid si frugava in tasca. «Ecco, Harry... non sapevo cosa regalarti ma poi mi è venuto in mente». Prese un minuscolo sacchetto peloso con un lungo cordoncino da appendere al collo. «Mokessino. Ci na
scondi quello che ti pare e solo tu puoi tirarlo fuori. Roba rara, eh». «Hagrid, grazie!»
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«Niente» disse Hagrid, agitando la mano grande come un coperchio di bidone. «Ma c'È Charlie! Mi è sempre piaciuto tanto... ehi! Charlie!» Charlie si avvicinò, passandosi un po' mestamente la mano nei capelli tagliati di fresco. Era più basso di Ron, robusto, le braccia muscolose coperte di ustioni e graffi.
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«Ciao, Hagrid, come va?»
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«È un sacco che ti volevo scrivere. Come sta Norberto?»
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«Norberto?» Charlie rise. «Il Dorsorugoso di Norvegia? Adesso si chiama Norberta».
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«Co... Norberto una ragazza?»
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«Eh, già» confermò Charlie.
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«Come fai a saperlo?» chiese Hermione.
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«Sono molto più cattive» spiegò Charlie. Si guardò alle spalle e disse, più piano: «Vorrei tanto che il papà si sbrigasse a tornare. La mamma si sta agitando».
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Guardarono tutti la signora Weasley. Stava cercando di fare conversazione con Madame Delacour ma non smetteva di sbirciare verso il cancello.
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«Sarà meglio che cominciamo senza Arthur» gridò ai presenti dopo qualche istante. «Dev'essere stato trattenuto al... oh!»
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La videro tutti insieme: una striscia luminosa volò attraverso il giardino fino sul tavolo, dove si mutò in una lucente donnola d'argento che si rizzò sulle zampe posteriori e parlò con la voce del signor Weasley.
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«Il Ministro della Magia sta arrivando con me».
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Il Patronus si dissolse nell'aria, mentre la famiglia di Fleur scrutava esterrefatta il punto in cui era sparito.
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«Noi non dovremmo essere qui» esclamò subito Lupin. «Harry... mi dispiace... te lo spiego la prossima volta...»
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Afferrò Tonks per il polso e la trascinò via; raggiunsero la staccionata, la scavalcarono e sparirono. La signora Weasley era sconvolta.
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«Il Ministro... ma perché...? Non capisco...»
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Ma non ci fu il tempo di discuterne; un attimo dopo, il signor Weasley comparve al cancello, accompagnato da Rufus Scrimgeour, con la sua inconfondibile criniera brizzolata.
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I nuovi arrivati attraversarono il cortile diretti al giardino e alla tavola illuminata, dove tutti sedevano in silenzio, guardandoli. Quando Scrimgeour
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fu a tiro di lanterna, Harry notò che era molto invecchiato, dimagrito e cupo.
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«Mi spiace di interferire» esordì il Ministro, zoppicando fino al tavolo. «Soprattutto perché sto rovinando una festa».
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Il suo sguardo indugiò sull'enorme torta a forma di Boccino. «Cento di questi giorni».
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«Grazie» rispose Harry.
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«Ho bisogno di parlarti in privato» continuò Scrimgeour. «Anche col signor Ronald Weasley e con la signorina Hermione Granger».
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«Noi?» domandò Ron, sorpreso. «Perché noi?»
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«Te lo dirò quando saremo in un posto più intimo» ribatté Scrimgeour. «Esiste un posto del genere?» chiese al signor Weasley.
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«Sì, certo» rispose il signor Weasley nervosamente. «Il... ehm... il salotto, perché non andate là?»
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«Fammi strada» disse Scrimgeour a Ron. «Non c'È bisogno che ci accompagni, Arthur».
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Harry vide il signor Weasley scambiare uno sguardo preoccupato con la moglie. Lui, Ron e Hermione si alzarono e si avviarono verso la casa in silenzio. Harry sapeva che i suoi amici stavano pensando la stessa cosa: Scrimgeour doveva aver saputo che non sarebbero tornati a Hogwarts.
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Il Ministro non parlò mentre attraversavano la cucina in disordine e raggiungevano il salotto. Il giardino era ancora immerso in una morbida, dorata luce serale, ma in casa era già buio. Harry accese con la bacchetta le lampade a olio, che illuminarono la stanza sciupata ma accogliente. Scrimgeour prese posto nella poltrona sfondata del signor Weasley, lasciando gli amici a strizzarsi fianco a fianco sul divano. Poi parlò.
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«Ho alcune domande da fare a ognuno di voi, e credo sia meglio procedere con ordine. Voi due» e indicò Harry e Hermione «potete aspettare di sopra; comincerò con Ronald».
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«Noi non andiamo da nessuna parte» ribatté Harry, e Hermione annuì con forza. «O parla con tutti e tre, oppure non se ne fa niente».
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Scrimgeour lo squadrò con uno sguardo gelido. Harry ebbe l'impressione che il Ministro si stesse chiedendo se fosse il caso di aprire subito le ostilità.
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«Molto bene, allora starete insieme» risolse, scrollando le spalle. Si schiarì la gola. «Sono qui, come certo sapete, a causa del testamento di Albus Silente».
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Harry, Ron e Hermione si guardarono con gli occhi spalancati.
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«A quanto pare è una sorpresa! Dunque non sapevate che Silente vi ha lasciato qualcosa?»
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«A... a tutti?» chiese Ron. «Anche a me e Hermione?»
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«Sì, a tutti e...»
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Ma Harry lo interruppe.
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«Silente è morto più di un mese fa. Perché avete aspettato tanto per darci quello che ci ha lasciato?»
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«Non è ovvio?» intervenne Hermione, prima che Scrimgeour potesse rispondere. «Volevano esaminare l'eredità. Non ne aveva il diritto!» protestò, con voce rotta.
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«Avevo tutti i diritti» tagliò corto Scrimgeour. «Il Decreto per la Giustificabile Confisca dà al Ministero il potere di confiscare il contenuto di un testamento...»
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«Quella legge è stata pensata per evitare che i maghi si tramandino oggetti Oscuri» obiettò Hermione, «e il Ministero deve avere prove schiaccianti che le proprietà del deceduto siano illegali prima di confiscarle! Ci sta dicendo che secondo lei Silente stava cercando di passarci degli oggetti Oscuri?»
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«Pensa di intraprendere una carriera in Magisprudenza, signorina Granger?» le chiese Scrimgeour.
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«No» ribatté Hermione. «Spero di fare qualcosa di buono per il mondo!»
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Ron scoppiò a ridere. Scrimgeour lo fulminò con lo sguardo ma si voltò subito quando Harry parlò.
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«E adesso come mai ha deciso di farci avere le nostre cose? Non è riuscito a trovare una buona scusa per tenersele?»
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«No, è perché i trentun giorni sono passati» rispose pronta Hermione. «Non possono trattenere gli oggetti più a lungo, a meno di non dimostrare che sono pericolosi. Giusto?»
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«Puoi affermare di aver avuto un legame speciale con Silente, Ronald?» chiese Scrimgeour, ignorando Hermione. Ron sembrava allarmato.
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«Io? No... non proprio... era sempre Harry che...»
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Ron cercò gli occhi di Harry e Hermione. Lei lo fissò come per dirgli 'adesso taci', ma il danno era fatto: Scrimgeour aveva l'aria di chi ha sentito precisamente quello che si aspettava e sperava di sentire. Piombò come un uccello rapace sulla risposta di Ron.
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«Se non eri in rapporti stretti con Silente, allora come mai ti ha ricordato nel suo testamento? I suoi lasciti privati sono straordinariamente ridotti. La maggior parte delle sue proprietà la sua biblioteca privata, i suoi strumen
ti magici e altri effetti personali è stata lasciata a Hogwarts. Perché pensi di essere stato scelto?»
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«Io... non so» rispose Ron. «Io... quando dico che non avevamo un rapporto stretto... Insomma, gli piacevo, credo...»
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«Sei modesto, Ron» intervenne Hermione. «Silente ti era molto affezionato».
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Questa era decisamente un'esagerazione: per quanto ne sapeva Harry, Ron e Silente non si erano mai trovati da soli insieme e i contatti diretti tra loro erano stati trascurabili. Ma Scrimgeour parve non aver sentito. Infilò la mano sotto il mantello e tirò fuori un sacchetto chiuso da legacci, molto più grande di quello che Hagrid aveva regalato a Harry. Ne sfilò una pergamena che srotolò e lesse ad alta voce.
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«'Ultime volontà e testamento di Albus Percival Wulfric Brian Silente'... ecco, ci siamo... 'a Ronald Bilius Weasley lascio il mio Deluminatore, nella speranza che si ricordi di me quando lo usa'».
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Scrimgeour prese dalla borsa un oggetto che Harry aveva già visto: sembrava un accendino d'argento, ma, lo sapeva, aveva il potere di risucchiare tutta la luce da un luogo, e di riportarvela, con un semplice scatto. Scrimgeour si chinò e passò il Deluminatore a Ron, che lo prese e se lo rigirò tra le dita, sbalordito.
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«È un oggetto di valore» osservò Scrimgeour, guardando Ron. «Potrebbe essere unico. Di sicuro è stato progettato da Silente in persona. Perché ti avrebbe lasciato un oggetto così raro?»
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Ron scosse il capo, sconvolto.
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«Silente ha insegnato a migliaia di studenti» insisté Scrimgeour. «Eppure i soli che ha ricordato nel suo testamento siete voi tre. Perché? A quale uso pensava che avresti destinato il suo Deluminatore, signor Weasley?»
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«Per spegnere le luci, immagino» borbottò Ron. «Cos'altro potrei farci?»
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Era chiaro che Scrimgeour non aveva suggerimenti da dargli. Dopo aver sogguardato Ron per qualche istante, tornò al testamento.
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«'A Hermione Jean Granger lascio la mia copia delle Fiabe di Beda il Bardo, nella speranza che le trovi appassionanti e istruttive'».
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Scrimgeour estrasse dalla borsa un piccolo libro che sembrava antico quanto Segreti dell'Arte Più Oscura. La rilegatura era macchiata e spellata in alcuni punti. Hermione lo prese senza una parola, se lo posò in grembo e lo fissò. Harry vide che il titolo era scritto in rune; non aveva mai imparato a leggerle. Una lacrima cadde sui caratteri in rilievo.
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«Perché credi che Silente ti abbia lasciato questo libro, signorina
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Granger?» chiese Scrimgeour.
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«Lui... lui sapeva che amo i libri» rispose Hermione con la voce velata, asciugandosi gli occhi con la manica.
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«Ma perché proprio questo?»
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«Non lo so. Avrà pensato che mi sarebbe piaciuto».
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«Hai mai discusso di codici o di modi per passarsi messaggi segreti con
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Silente?»
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«No» disse Hermione. «E, se il Ministero non ha trovato codici nascosti in questo libro in trentun giorni, dubito che ci riuscirò io».
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Soffocò un singhiozzo. Erano seduti così vicini che Ron faticò a liberare il braccio per passarglielo attorno alle spalle. Scrimgeour tornò al testamento.
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«'A Harry James Potter'» lesse, e le viscere di Harry si contrassero per l'improvvisa agitazione, «'lascio il Boccino che catturò nella sua prima partita di Quidditch a Hogwarts, in memoria delle ricompense che perseveranza e abilità meritano''».
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Scrimgeour estrasse dalla borsa la pallina d'oro grande quanto una noce. Le alucce argentate sbatacchiarono debolmente e Harry sentì la tensione calare di colpo.
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«Perché Silente ti ha lasciato questo Boccino?» gli chiese Scrimgeour.
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«Non ne ho idea» rispose Harry. «Per le ragioni che ha appena letto, immagino... per ricordarmi quello che si può ottenere se si... persevera, e tutto il resto».
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«Credi che sia un ricordo puramente simbolico, quindi?»
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«Immagino di sì» rispose Harry. «Che altro potrebbe essere?»
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«Le domande le faccio io» ribatté Scrimgeour, spostando la poltrona un po' più vicino al divano. Fuori calava il buio; oltre le finestre il tendone torreggiava nel suo candore spettrale al di là della siepe. «Vedo che la tua torta di compleanno è a forma di Boccino. Come mai?»
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Hermione scoppiò in una risata sprezzante.
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«Oh, non può essere un'allusione al fatto che Harry è un grande Cercatore, è troppo ovvio. Dev'esserci un messaggio segreto di Silente nascosto nella glassa!»
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«Non credo che ci sia qualcosa nascosto nella glassa» obiettò Scrimgeour, «ma un Boccino sarebbe un gran bel nascondiglio per un piccolo oggetto. Sai perché, immagino».
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Harry scrollò le spalle. Hermione però rispose; rispondere in modo corretto alle domande doveva essere un'abitudine così radicata in lei che non
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riusciva a controllarsi.
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«Perché i Boccini hanno una memoria tattile».
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«Cosa?» esclamarono in coro Harry e Ron; entrambi consideravano pressoché nulla la cultura di Hermione sul Quidditch.
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«Giusto» disse Scrimgeour. «Un Boccino non viene toccato dalla pelle nuda prima di essere liberato, nemmeno dal suo artefice, che indossa i guanti. è intriso di un incantesimo che gli consente di identificare il primo umano che vi abbia posto le mani sopra, in caso di cattura incerta e discutibile. Questo Boccino» e alzò la pallina d'oro «ricorda il tuo tocco, Potter. Forse Silente, che possedeva straordinarie abilità magiche, quali che fossero i suoi difetti, ha incantato questo Boccino in modo che si apra solo per te».
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Il cuore di Harry batteva forte. Di sicuro Scrimgeour aveva ragione. Come poteva evitare di toccare il Boccino a mani nude davanti al Ministro?
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«Non dici nulla» riprese Scrimgeour. «Forse sai già che cosa contiene».
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«No» rispose Harry, che stava ancora pensando a come fingere di toccare il Boccino. Se solo avesse conosciuto la Legilimanzia, ma sul serio e fosse riuscito a leggere nella mente di Hermione; gli sembrava di sentire il suo cervello ronzare lì accanto.
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«Prendilo» disse calmo il Ministro.
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Harry incrociò il suo sguardo giallastro e capì che non aveva scelta: doveva obbedire. Tese la mano. Scrimgeour si sporse di nuovo in avanti e pose il Boccino, con deliberata lentezza, nel suo palmo.
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Non successe nulla. Quando le dita di Harry si chiusero attorno al Boccino, le sue ali stanche vibrarono e si fermarono subito. Scrimgeour, Ron e Hermione continuarono a fissare avidi la pallina seminascosta, come se ancora sperassero di vederla trasformarsi.
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«Davvero un gran spettacolo» commentò Harry con distacco. Ron e Hermione risero.
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«È tutto, allora?» chiese Hermione, facendo il gesto di alzarsi dal divano.
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«Non ancora» Scrimgeour adesso sembrava veramente di malumore. «Silente ti ha lasciato qualcos'altro, Potter».
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«Che cos'È?» domandò Harry, di nuovo eccitato.
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Questa volta Scrimgeour non si prese nemmeno la briga di leggere il testamento.
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«La spada di Godric Grifondoro» rispose.
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Hermione e Ron s'irrigidirono. Harry si guardò intorno in cerca dell'elsa incrostata di rubini, ma Scrimgeour non sfilò la spada dalla borsa di cuoio, che comunque era troppo piccola per ospitarla.
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«E dov'È?» chiese Harry sospettoso.
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«Purtroppo» riprese Scrimgeour «Silente non aveva la facoltà di donare quell'arma. La spada di Godric Grifondoro è un importante oggetto storico, e come tale appartiene...»
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«Appartiene a Harry!» Hermione si accalorò. «L'ha scelto, lui l'ha trovata, gliel'ha consegnata il Cappello Parlante...»
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«Secondo attendibili fonti storiche, la spada può offrirsi a qualunque valoroso Grifondoro» ribatté Scrimgeour. «Questo non ne fa una proprietà esclusiva del signor Potter, qualunque cosa Silente possa aver deciso». Scrimgeour si grattò la barba mal rasata, osservando Harry. «Perché pensi...?»
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«Che Silente abbia voluto lasciarmi la spada?» concluse Harry, cercando di trattenersi. «Forse trovava che sarebbe stata bene sulla parete di casa mia».
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«Non è uno scherzo, Potter!» ringhiò Scrimgeour. «È perché Silente credeva che solo la spada di Godric Grifondoro potesse sconfiggere l'Erede di Serpeverde? Ha voluto darti quella spada, Potter, perché era convinto, come molti, che tu sia il predestinato a distruggere Colui-Che-Non-DeveEssere-Nominato?»
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«Interessante teoria» disse Harry. «Qualcuno ha mai provato a infilzare Voldemort con una spada? Forse il Ministero dovrebbe affidare questo compito a un po' di gente, invece di perdere tempo a smontare Deluminatori o a coprire le fughe da Azkaban. è questo che fa, Ministro, chiuso nel suo ufficio, cerca di aprire un Boccino? La gente muore, per poco non sono morto anch'io, Voldemort mi ha dato la caccia per tre contee, ha ucciso Malocchio Moody, ma il Ministero non ha detto una parola, vero? E lei si aspetta ancora che noi collaboriamo con voi!»
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«Hai passato il limite!» urlò Scrimgeour, alzandosi; anche Harry balzò in piedi. Scrimgeour avanzò zoppicando verso di lui e lo colpì forte sul petto con la punta della bacchetta, che aprì nella maglietta di Harry una bruciatura, come di sigaretta accesa.
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«Ehi!» esclamò Ron, balzando in piedi e afferrando la bacchetta. Ma Harry lo fermò: «No! Vuoi dargli una scusa per arrestarci?»
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«Ti sei ricordato che non sei a scuola, eh?» ansimò Scrimgeour, alitando in faccia a Harry. «Ti sei ricordato che io non sono Silente, che perdonava
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la tua insolenza e le tue ribellioni? Puoi anche portare in giro quella cicatrice come una corona, Potter, ma non spetta a un diciassettenne dirmi come fare il mio lavoro! è ora che impari ad avere un po' di rispetto!»
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«È ora che lei se lo meriti» ribatté Harry.
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Il pavimento tremò; uno scalpiccio, e la porta del salotto si spalancò per lasciar entrare i signori Weasley.
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«Noi... ci è sembrato di sentire...» balbettò il signor Weasley, decisamente preoccupato nel vedere i nasi di Harry e del Ministro che praticamente si toccavano.
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«... qualcuno che urlava» concluse ansante la signora Weasley.
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Scrimgeour arretrò di qualche passo, guardando il buco nella maglietta di Harry, e parve rimpiangere di aver perso la pazienza.
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«Non È... non è nulla» ringhiò. «Io... mi rammarico per il tuo atteggiamento». Guardò un'altra volta Harry. «Sembri convinto che il Ministero non desideri quello che tu... quello che Silente desiderava. Invece dovremmo lavorare insieme».
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«Non mi piacciono i vostri metodi, Ministro» replicò Harry. «Si ricorda?»
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Per la seconda volta alzò il pugno destro e mostrò a Scrimgeour le cicatrici ancora bianche sul dorso della mano: Non devo dire bugie. L'espressione di Scrimgeour s'indurì. Il Ministro si voltò senza dire altro e se ne andò zoppicando. La signora Weasley si affrettò a seguirlo; Harry sentì che si fermava sulla soglia della cucina. Dopo un attimo gridò: «È sparito!»
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«Che cosa voleva?» chiese il signor Weasley.
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«Darci le cose che ci ha lasciato Silente» spiegò Harry. «Hanno appena pubblicato il suo testamento».
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In giardino, i tre oggetti portati da Scrimgeour passarono di mano in mano sopra i tavoli della cena. Tutti diedero in esclamazioni alla vista del Deluminatore e delle Fiabe di Beda il Bardo e protestarono perché Scrimgeour si era rifiutato di consegnare la spada, ma nessuno seppe suggerire come mai Silente avesse lasciato a Harry un vecchio Boccino. Mentre il signor Weasley studiava il Deluminatore per la quarta volta, sua moglie disse, esitante: «Harry, caro, hanno tutti una fame tremenda, non volevamo cominciare senza di te... posso servire la cena?»
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Mangiarono in fretta e poi, dopo un rapido coro di Tanti auguri e un gran trangugiare di torta, la festa finì. Hagrid, che era invitato alle nozze il giorno dopo, ma era troppo grosso per dormire nella Tana già al completo,
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andò a piantare una tenda in un campo lì vicino.
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«Ci vediamo di sopra» sussurrò Harry a Hermione, mentre aiutavano la signora Weasley a risistemare il giardino. «Dopo che tutti saranno andati a dormire».
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Su in soffitta, Ron osservò il suo Deluminatore e Harry riempì la borsa di Mokessino di Hagrid non con denaro, ma con gli oggetti più preziosi che possedeva, anche quelli in apparenza privi di valore: la Mappa del Malandrino, il frammento dello specchio magico di Sirius e il medaglione di R.A.B. Strinse bene i lacci e si fece scivolare il sacchetto attorno al collo, poi si sedette col vecchio Boccino tra le dita, guardando le ali che sbatacchiavano debolmente. Finalmente Hermione bussò e sgattaiolò dentro.
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«Muffliato» sussurrò, agitando la bacchetta verso le scale.
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«Credevo che non approvassi questo incantesimo» le disse Ron.
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«Si cambia» ribatté Hermione. «Adesso facci vedere quel Deluminatore».
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Ron lo levò davanti a loro e lo fece scattare. La lampada si spense subito.
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«Il fatto È» mormorò Hermione nell'oscurità «che potevamo ottenere lo stesso effetto con la Polvere Buiopesto peruviana».
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Un secco clic, e la sfera di luce della lampada volò di nuovo sul soffitto a illuminarli.
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«Però è forte» commentò Ron, sulla difensiva. «E dicono che l'ha inventato Silente!»
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«Lo so, ma non credo che ti abbia nominato nel testamento solo per aiutarci a spegnere la luce!»
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«Secondo voi sapeva che il Ministero avrebbe confiscato il suo testamento ed esaminato tutte le cose che ci aveva lasciato?»
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«Di sicuro» rispose Hermione. «Non poteva dirci nel testamento perché ce le ha lasciate, ma questo non spiega...»
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«... perché non poteva farcelo capire quando era ancora vivo?» propose
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Ron.
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«Esattamente» disse Hermione, sfogliando Le Fiabe di Beda il Bardo.
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«Se queste cose sono così importanti da farcele avere sotto il naso del Ministero, avrebbe dovuto dirci perché lo sono... a meno che non lo ritenesse ovvio».
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«Allora si è sbagliato» concluse Ron. «Io l'ho sempre detto che era pazzo. Intelligente e tutto, ma fuori come un balcone. Lasciare a Harry un vecchio Boccino... cosa diavolo vuol dire?»
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«Non ne ho idea» rispose Hermione. «Quando Scrimgeour ti ha costretto a toccarlo, Harry, ero sicura che sarebbe successo qualcosa!»
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«Sì, be'» ammise Harry, e il suo cuore accelerò quando prese il Boccino fra le dita. «Non era il caso di insistere davanti a Scrimgeour».
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«Cosa vuoi dire?» chiese Hermione.
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«Il Boccino che ho catturato nella mia primissima partita a Quidditch. Non ricordate?»
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Hermione sembrava solo perplessa. Ron invece trattenne il respiro, indicando freneticamente prima Harry, poi il Boccino, poi di nuovo Harry finché non ritrovò la voce.
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«Era quello che hai quasi mandato giù!»
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«Proprio così» confermò Harry, e col cuore a mille avvicinò le labbra al Boccino.
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Non si aprì. L'amarezza e la delusione lo invasero: abbassò la sfera dorata, ma Hermione gridò: «Una scritta! C'È una scritta sopra, presto, guarda!» Harry lasciò quasi cadere il Boccino per l'eccitazione e la sorpresa. Era vero: incise sulla liscia superficie dorata, dove solo qualche istante prima non c'era nulla, erano apparse quattro parole scritte nella sottile grafia sghemba che Harry riconobbe come quella di Silente:
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Mi apro alla chiusura.
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Le aveva appena lette che svanirono.
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«Mi apro alla chiusura... Che cosa vuol dire?»
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Hermione e Ron scossero il capo con aria stolida.
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«Mi apro alla chiusura... alla chiusura... Mi apro alla chiusura...»
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Ma per quanto lo ripetessero con mille inflessioni diverse, non riuscirono a cavarne un senso.
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«E la spada» disse Ron alla fine, abbandonato ormai ogni tentativo di indovinare il significato della scritta. «Perché voleva che Harry avesse la spada?»
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«Non poteva dirmelo e basta?» mormorò Harry. «Era là, sulla parete del suo studio durante tutte le nostre conversazioni l'anno scorso! Se voleva che l'avessi io, perché non me l'ha data allora?»
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Si sentiva come a un esame: davanti a sé aveva una domanda alla quale avrebbe dovuto saper rispondere, ma il suo cervello era lento, inerte. C'era qualcosa che gli era sfuggito nelle lunghe conversazioni con Silente? Doveva sapere che cosa significava tutto ciò? Silente si aspettava che lui capisse?
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«E questo libro, poi» continuò Hermione. «Le Fiabe di Beda il Bardo...
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Non ne ho neanche mai sentito parlare!»
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«Non hai mai sentito parlare delle Fiabe di Beda il Bardo?» esclamò
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Ron, incredulo. «Stai scherzando, vero?»
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«No che non scherzo!» ribatté Hermione, sorpresa. «Tu invece le conosci?»
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«Ma certo!»
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Harry fu distolto dai suoi pensieri e alzò lo sguardo. Il fatto che Ron avesse letto un libro che Hermione non conosceva era senza precedenti. Ron tuttavia sembrava perplesso per la loro sorpresa.
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«Oh, andiamo! Tutte le vecchie storie per bambini sono di Beda, no? 'La Fonte della Buona Sorte'... 'Il Mago e il Pentolone Salterino'... 'Baba Raba e il Ceppo Ghignante'...»
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«Come?» fece Hermione con una risatina. «Ripetimi l'ultima».
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«Ma dai!» esclamò Ron, guardando stupefatto i due amici. «Mai sentito parlare di Baba Raba?»
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«Ron, sai benissimo che io e Harry siamo cresciuti tra i Babbani!» protestò Hermione. «Da piccoli non ci raccontavano queste storie, noi conosciamo Biancaneve e i Sette Nani, Cenerentola...»
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«Cos'È, una malattia?» chiese Ron.
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«Quindi queste sono storie per bambini?» domandò Hermione, china sulle rune.
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«Già» rispose Ron, dubbioso, «insomma, è quello che dicono, sai, che tutte queste storie sono di Beda. Non so come siano nella versione originale».
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«Mi domando perché Silente pensava che dovessi leggerle».
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Qualcosa cigolò di sotto.
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«Dev'essere Charlie che sgattaiola fuori per farsi ricrescere i capelli mentre la mamma dorme» suggerì Ron nervosamente.
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«Comunque dovremmo andare a letto» mormorò Hermione. «Non è il caso di svegliarci tardi domattina».
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«No» assentì Ron. «Un brutale triplice omicidio a opera della madre dello sposo potrebbe raggelare un po' l'atmosfera delle nozze. Penso io alla luce».
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E fece scattare un'altra volta il Deluminatore mentre Hermione usciva dalla stanza.
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