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Harry Potter e La Camera dei Segreti (3199 citazioni)
   1) Il peggior compleanno (95 citazioni)
   2) L'avvertimento di Dobby (126 citazioni)
   3) La Tana (183 citazioni)
   4) Alla libreria "Il Ghirigoro" (202 citazioni)
   5) Il Platano Picchiatore (196 citazioni)
   6) Gilderoy Allock (152 citazioni)
   7) Mezzosangue e mezze voci (172 citazioni)
   8) La festa di complemorte (190 citazioni)
   9) La scritta sul muro (211 citazioni)
   10) Il bolide fellone (180 citazioni)
   11) Il Club dei Duellanti (191 citazioni)
   12) La Pozione Polisucco (211 citazioni)
   13) Il diario segretissimo (211 citazioni)
   14) Cornelius Caramell (147 citazioni)
   15) Aragog (160 citazioni)
   16) La Camera dei Segreti (236 citazioni)
   17) L'erede di Serpeverde (192 citazioni)
   18) Un premio per Dobby (144 citazioni)
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La festa di complemorte


   Arrivò ottobre, che stese una coltre di freddo umido sui campi e nel castello. In infermeria, Madama Chips ebbe il suo daffare a curare un’improvvisa epidemia di raffreddore che aveva colpito professori e studenti. Il suo decotto Tiramisù aveva un effetto immediato, anche se lasciava con le orecchie fumanti per molte ore. Ginny Weasley, che aveva anche lei un’aria smunta, fu costretta da Percy a berne un po’. E col fumo che le usciva da sotto i capelli rosso fuoco sembrava proprio che avesse la testa in fiamme.
    Per giorni e giorni, gocce di pioggia grosse come pallottole picchiarono sulle finestre del castello; il livello del lago salì, le aiuole divennero rigagnoli fangosi e le zucche di Hagrid raggiunsero le dimensioni di capanni da giardino. Ma l’entusiasmo di Oliver Baston nell’organizzare regolarmente gli allenamenti non venne meno; fu per questo motivo che in un tempestoso sabato pomeriggio, pochi giorni prima di Halloween, Harry fu visto far ritorno alla torre del Grifondoro fradicio fino al midollo e completamente inzaccherato.
    A parte la pioggia e il vento, non era stato un allenamento felice. Fred e George, che avevano spiato la squadra dei Serpeverde, avevano constatato con i propri occhi la superiorità delle nuove Nimbus Duemila Uno. Riferirono che la squadra dei Serpeverde era composta da sette forme indistinte, di colore verdastro, che saettavano nell’aria come aerei da decollo verticale.
    Harry aveva imboccato il corridoio, sciaguattando con le scarpe piene d’acqua, quando incontrò qualcuno dall’aria preoccupata quasi quanto la sua. Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma della Torre del Grifondoro, stava guardando cupamente fuori dalla finestra e bofonchiava tra sé e sé: «…non risponde ai requisiti… un centimetro e mezzo, a dir tanto…»
    «Salve, Nick» gli fece Harry.
    «Salve, salve» rispose lui sobbalzando e guardandosi intorno. Di traverso sui lunghi capelli ondulati portava un magnifico cappello piumato e indossava una tunica con una gorgiera che nascondeva la sua testa quasi del tutto recisa dal collo. Era pallido come un cencio e attraverso il suo corpo diafano Harry poteva vedere il cielo scuro e la pioggia che veniva giù a catinelle.
    «Mi sembri preoccupato, giovane Potter» disse Nick ripiegando una lettera trasparente e riponendola nel farsetto.
    «Anche tu» disse Harry.
    «Ah» Nick-Quasi-Senza-Testa agitò una mano con gesto elegante. «Una questione di scarsa importanza… non è che proprio desiderassi di entrare a far parte… avevo pensato di fare domanda, ma a quanto pare ‘non rispondo ai requisiti’».
    A dispetto del tono disinvolto, la sua faccia esprimeva una profonda amarezza.
    «Ma non avresti pensato anche tu» sbottò tutto d’un tratto ritirando fuori la lettera, «che essere stati colpiti al collo quarantacinque volte con un’ascia non affilata avrebbe dovuto rappresentare un buon passaporto per partecipare alla Caccia dei Senzatesta?»
    «Be’… sì» rispose Harry, da cui il fantasma si aspettava ovviamente un consenso.
    «Voglio dire, nessuno più di me avrebbe desiderato che tutto avvenisse nel modo più rapido e pulito e che la mia testa si staccasse come si deve… voglio dire… mi avrebbe risparmiato un bel po’ di dolore e di ridicolo. Tuttavia…»
    Nick-Quasi-Senza-Testa spiegò la lettera e lesse con voce furibonda:
    Possiamo accettare soltanto Cacciatori la cui testa si sia completamente separata dal corpo. Lei comprenderà certamente che altrimenti non sarebbe possibile ai soci partecipare ad attività di caccia quali i Giochi di Destrezza a Cavallo con Lancio e Ripresa della Testa e il Polo con le Teste al posto della Palla. E quindi la informiamo, con grandissimo rammarico, che lei non risponde ai nostri requisiti. Con i migliori auguri, Sir Patrick Delaney-Podmore.
    Fumante di collera, Nick-Quasi-Senza-Testa ripose la lettera.
    «Per un centimetro e mezzo di pelle e di tendine che mi tengono attaccata la testa al collo, Harry! Chiunque penserebbe che uno debba considerarsi bello decapitato, e invece no, per Sir Decapitato-a-Puntino Podmore non basta».
    Nick-Quasi-Senza-Testa tirò alcuni respiri profondi e poi, con tono più calmo, disse: «Allora… cos’è che ti preoccupa? Posso fare qualcosa per te?»
    «No» rispose Harry. «No, a meno che tu non sappia dove potrei trovare gratis sette Nimbus Duemila Uno per la nostra partita contro i Ser…»
    Il resto della frase fu coperto da un acuto miagolio all’altezza delle sue caviglie. Abbassò lo sguardo e vide un paio di occhi gialli e grossi come fanali che lo fissavano. Era Mrs Purr, la scheletrica gatta grigia di cui Gazza si serviva come arma segreta nella lotta senza fine contro gli studenti.
    «È meglio che te ne vada di qui, Harry» si affrettò a suggerirgli Nick. «Mastro Gazza non è di buon umore. Prima di tutto ha l’influenza e poi alcuni studenti del terzo anno gli hanno impiastricciato di cervello di rana tutto il soffitto del sotterraneo numero cinque. Lui ha passato la mattina a pulire e se ti vede schizzare fango dappertutto…»
    «D’accordo» disse Harry sottraendosi allo sguardo accusatore di Mrs Purr. Ma non fu abbastanza rapido. Attirato sul luogo dalla forza misteriosa che sembrava legarlo alla sua malefica gatta, tutt’a un tratto Gazza schizzò fuori da un arazzo alla destra di Harry, ansimante e stralunato, alla caccia del trasgressore. Intorno alla testa portava una pesante sciarpa scozzese e aveva il naso rosso come un peperone.
    «Sudiciume!» gridò con la pappagorgia tremula e gli occhi che mandavano pericolosi bagliori, indicando la pozza fangosa prodotta dalla tuta di Harry. «Disordine e sporco dappertutto! Adesso ne ho abbastanza! Seguimi, Potter!»
    Harry fece un saluto depresso a Nick-Quasi-Senza-Testa e seguì Gazza giù per le scale, moltiplicando le impronte fangose sul pavimento.
    Prima di allora Harry non era mai stato nell’ufficio di Gazza; la maggior parte degli studenti cercava di tenersene alla larga. Era un locale squallido e privo di finestre, illuminato da un’unica lampada a petrolio che pendeva dal basso soffitto. Su tutto, aleggiava un vago odore di pesce fritto. Lungo le pareti erano appoggiati degli armadi da archivio di legno e dalle etichette Harry capì che contenevano i rapporti su tutti gli alunni puniti da Gazza. Fred e George Weasley avevano un intero cassetto tutto per loro. Appesa sulla parete dietro alla scrivania, faceva mostra di sé una collezione lustra e smagliante di catene e manette. Tutti sapevano che Gazza implorava continuamente Silente di lasciargli appendere qualche studente al soffitto per le caviglie.
    Gazza afferrò una penna d’oca da un calamaio posto sulla scrivania e cominciò a frugare in cerca di una pergamena.
    «Sterco» imprecava furioso, «gran caccole sfrigolanti di drago… cervelli di rana… intestini di topo… non ne posso più… tanto per fare un esempio… dov’è il modulo… ecco…»
    Recuperò un grosso rotolo di pergamena dal cassetto della sua scrivania e lo srotolò davanti a Harry, intingendo nel calamaio la lunga penna nera.
    «Nome… Harry Potter. Reato…»
    «Era solo un pochino di fango!» protestò Harry.
    «Solo un pochino di fango per te, ragazzo, ma per me è un’ora di più da sgobbare!» sbraitò Gazza mentre una sgradevole gocciolina gli pendeva dal naso bitorzoluto. «Reato… Insudiciava il castello… Condanna proposta…»
    Strofinandosi il naso gocciolante, Gazza socchiuse gli occhi e rivolse uno sguardo antipatico a Harry che aspettava il verdetto col fiato sospeso.
    Ma Gazza non aveva fatto in tempo ad abbassare la penna quando un colpo tremendo sul soffitto dell’ufficio fece tremare la lampada a olio.
    «Pix!» tuonò Gazza buttando via la penna in un impeto di rabbia. «Questa volta ti prendo, vedrai se non ti prendo!»
    E senza degnare più di uno sguardo Harry, si precipitò fuori dall’ufficio seguito a ruota da Mrs Purr.
    Pix il Poltergeist era il folletto del castello, una minaccia volante dal ghigno malevolo, che viveva per provocare scompiglio e dare il tormento. A Harry, Pix non stava molto simpatico, ma non poté fare a meno di essergli grato per il suo tempismo. Confidava che qualsiasi danno avesse combinato (questa volta sembrava che l’avesse fatta grossa), avrebbe allontanato da lui l’attenzione di Gazza.
    Pensando di dover aspettare il ritorno del custode, Harry si lasciò cadere nella poltrona tarmata vicino alla scrivania, su cui era appoggiato un solo oggetto, a parte il modulo lasciato a metà: una grossa e lucida busta color viola, con qualcosa scritto in lettere d’argento. Harry lanciò un rapido sguardo alla porta per controllare che Gazza non stesse tornando, la prese e lesse:
   
    SPEEDYMAGIC
    Corso di Magia per Corrispondenza per Principianti
   
    Incuriosito, aprì la busta ed estrasse un foglio di pergamena. In svolazzanti caratteri d’argento, la prima pagina diceva:
   
    Non vi sentite al passo nel moderno mondo della magia? Vi accorgete di ricorrere a qualsiasi scusa pur di non eseguire gli incantesimi più semplici?
    Siete mai stati presi in giro per gli esiti scadenti della vostra bacchetta magica?
    Ecco la risposta per voi.
   
    SpeedyMagic è un nuovissimo corso dai risultati garantiti, rapido e di facile apprendimento. Maghi e streghe a centinaia hanno tratto grandi benefici dal metodo SpeedyMagic!
   
    Ecco cosa ci scrive la Signora Z. Ortica di Topsham:
    «Non ricordavo nessun incantesimo e in famiglia le mie pozioni erano una barzelletta. Ora, dopo il corso SpeedyMagic, sono diventata il centro dell’attenzione a tutti i ricevimenti e gli amici non fanno che chiedermi la ricetta del mio Decotto di Scintillazione!»
   
    E il mago D.J. Prod di Didsbury:
    «Mia moglie mi prendeva sempre in giro per i miei mediocri incantesimi, ma dopo un mese del vostro favoloso corso SpeedyMagic sono riuscito a trasformarla in uno yak. Grazie, SpeedyMagic!»
   
    Affascinato, Harry esaminò il resto del plico. Perché mai Gazza voleva seguire il corso SpeedyMagic? Forse significava che non era un mago nel vero senso della parola? Harry si stava accingendo a leggere la prima lezione: Come tenere la bacchetta magica (suggerimenti pratici), quando dei passi strascicati lungo il corridoio annunciarono il ritorno di Gazza. Rimise tutto dentro la busta e fece appena in tempo a scaraventarla sulla scrivania che la porta si apri.
    Gazza aveva l’aria trionfante.
    «Quell’armadietto che scompare è stato molto utile!» stava dicendo allegramente a Mrs Purr. «Questa volta, gioia mia, Pix ce lo siamo tolto dai piedi».
    I suoi occhi caddero su Harry e poi subito dopo sulla busta della SpeedyMagic che, come Harry si rese conto troppo tardi, si trovava a mezzo metro da dove Gazza l’aveva lasciata.
    La faccia grigia del custode divenne paonazza. Harry si preparò a essere sommerso da un’ondata di furore. Incespicando Gazza si avvicinò alla scrivania, afferrò la busta e la gettò dentro al cassetto.
    «L’hai… l’hai letta?» farfugliò.
    «No» si affrettò a mentire Harry.
    Gazza si torceva le mani nodose.
    «Se mai dovessi pensare che tu hai letto la mia corrispondenza privata… non che sia mia… è per un amico… ma comunque sia…»
    Harry lo fissava allarmato; il custode non gli era mai sembrato così fuori di sé. Strabuzzava gli occhi, e una delle sue guance flaccide era in preda a un tic che la sciarpa di lana scozzese non riusciva a nascondere.
    «Molto bene… vattene pure… e acqua in bocca… non che… e comunque, se dici che non l’hai letta… ora vattene pure. Devo scrivere il rapporto di Pix… vattene».
    Stupefatto di tanta fortuna, Harry si catapultò fuori e fece il corridoio e le scale di corsa. Venire via dall’ufficio di Gazza senza una punizione era probabilmente una sorta di record scolastico.
    «Harry! Harry! Ha funzionato?»
    Nick-Quasi-Senza-Testa sgusciò furtivo da una classe. Dietro di lui, Harry vide il relitto di un grosso armadio nero e oro che sembrava fosse stato fatto cadere da una grande altezza.
    «Ho convinto Pix a farlo cadere esattamente sopra l’ufficio di Gazza» disse Nick eccitato. «Ho pensato che potesse distrarlo…»
    «Sei stato tu?» chiese Harry pieno di gratitudine. «Sì, ha funzionato. Non mi sono beccato neanche una punizione. Grazie, Nick!»
    Si avviarono insieme lungo il corridoio. Harry notò che Nick-Quasi-Senza-Testa aveva ancora in mano la lettera di rifiuto di Sir Patrick.
    «Come vorrei poter fare qualcosa per aiutarti a partecipare alla Caccia» disse Harry.
    Nick si fermò di scatto e Harry gli passò attraverso. Avrebbe voluto non averlo fatto: fu come passare sotto una doccia gelata.
    «Eppure c’è qualcosa che potresti fare per me» disse Nick trepidante. «Harry, forse è chiederti troppo… ma no, non vorresti per caso…»
    «Di che si tratta?» chiese Harry.
    «Bene, quest’anno, a Halloween, ricorre il cinquecentesimo anniversario della mia morte» spiegò Nick raddrizzandosi tutto e assumendo un contegno solenne.
    «Oh!» esclamò Harry che non sapeva bene se dovesse dimostrarsi addolorato o felice dell’evento. «Bene».
    «Darò una festa giù in una delle grandi sale dei sotterranei. Verranno amici da ogni parte. Sarebbe un tale onore se ci fossi anche tu! Anche il signor Weasley e la signorina Granger sarebbero i benvenuti, naturalmente… ma forse preferisci la festa della scuola?» e guardava Harry come fosse sui carboni ardenti.
    «No» si affrettò a rispondere, «verrò volentieri…»
    «Caro ragazzo! Harry Potter alla mia Festa di Complemorte! E…» esitò, «pensi sia possibile che tu dica a Sir Patrick quanto mi trovi spaventoso e impressionante?»
    «Ma… naturalmente» rispose Harry.
    Nick-Quasi-Senza-Testa lo gratificò di un sorriso radioso.
    «Una Festa di Complemorte?» commentò Hermione interessata quando Harry, dopo essersi cambiato, finalmente raggiunse lei e Ron nella sala comune. «Scommetto che non sono molti i vivi che possono vantarsi di aver partecipato a uno di questi festini… Sarà affascinante!»
    «Ma chi può desiderare di festeggiare il giorno della propria morte?» chiese Ron che aveva fatto solo metà dei compiti di Pozioni ed era di umore piuttosto irritabile. «Mi sembra così deprimente…»
    La pioggia continuava a battere contro i vetri, che ora erano neri come l’inchiostro, ma dentro l’atmosfera era calda e allegra. I bagliori del fuoco illuminavano le soffici poltrone dove i ragazzi erano sprofondati chi a leggere, chi a parlare, chi a fare i compiti o, come nel caso di Fred e George Weasley, a scoprire cosa sarebbe successo se una salamandra avesse inghiottito un fuoco d’artificio Filìbuster. Infatti, Fred aveva ‘salvato’ da una lezione di Cura delle Creature Magiche una Salamandra del Fuoco di un bel colore arancio brillante, che in quel momento stava bruciando dolcemente su un tavolo, circondata da un capannello di curiosi.
    Harry stava per raccontare a Ron e Hermione di Gazza e del corso SpeedyMagic quando d’un tratto la salamandra schizzò in aria con un fischio, scoppiettando e sprigionando botti e scintille, e cominciò a vorticare all’impazzata per la stanza. La vista di Percy che imprecava contro Fred e George fino a perdere la voce, lo spettacolo di stelle grosse come mandarini che piovevano dalla bocca della salamandra e la sua fuga nel fuoco, accompagnata da esplosioni, fecero sparire sia Gazza che il corso SpeedyMagic dalla mente di Harry.
    Nei giorni che lo separavano da Halloween, Harry ebbe tutto il tempo di rimpiangere la promessa affrettata di partecipare alla Festa di Complemorte. Tutti gli altri stavano felicemente pregustando l’evento organizzato dalla scuola; la Sala Grande era stata decorata con i soliti pipistrelli vivi, le colossali zucche di Hagrid erano state svuotate e trasformate in lanterne tanto grandi da ospitare tre uomini seduti e si vociferava che Silente avesse ingaggiato una compagnia di scheletri danzanti per uno spettacolo.
    «Ogni promessa è debito» ricordò Hermione a Harry con tono categorico. «Sei stato tu a dire che saresti andato alla Festa di Complemorte».
    Fu cosi che il giorno di Halloween, alle sette di sera, Harry, Ron e Hermione oltrepassarono la porta della affollatissima Sala Grande, da cui provenivano invitanti bagliori di piatti d’oro e di candele, per raggiungere i sotterranei.
    Anche il corridoio che conduceva alla sala della festa di Nick-Quasi-Senza-Testa era stato illuminato da candelabri, ma l’effetto era tutt’altro che allegro: candele lunghe e sottili, nere come l’ebano, la cui vivida luce blu gettava un cupo riflesso spettrale anche sui vivi. La temperatura scendeva a ogni passo. Harry rabbrividì e si strinse addosso gli abiti; in quello stesso momento, udì un rumore come di mille unghie che grattavano un’enorme lavagna.
    «E questa sarebbe la musica?» chiese Ron a bassa voce. Svoltarono un angolo e videro Nick-Quasi-Senza-Testa in piedi, davanti a una porta addobbata con un panneggio di velluto nero.
    «Miei cari amici» disse cupo, «benvenuti, benvenuti… sono così contento che siate potuti venire…»
    Si levò il cappello piumato e, con un inchino, li introdusse nella sala.
    Fu una visione incredibile. Il sotterraneo brulicava di centinaia di figure trasparenti, dal colorito perlaceo, che ondeggiavano su una pista da ballo danzando un valzer al suono spaventoso e tremulo di trenta seghe che un’orchestra su un palco, anch’esso drappeggiato di nero, suonava con altrettanti archetti di violino. Dal soffitto, un candelabro diffondeva una luce blu notte da un altro migliaio di candele nere. Ogni respiro dei tre ragazzi si trasformava in nuvolette di vapore; fu come entrare in una cella frigorifera.
    «Diamo un’occhiata in giro?» suggerì Harry che voleva scaldarsi un po’ i piedi.
    «Stai attento a non passare attraverso gli spettri» disse Ron nervoso, e si avviarono lungo il bordo della pista da ballo. Passarono accanto a un gruppo di malinconiche suore, a un uomo stracciato in catene e al Frate Grasso, un allegro fantasma del Tassorosso, che stava parlando con un cavaliere con una freccia conficcata in fronte. Harry non fu sorpreso di vedere che gli altri fantasmi facevano largo intorno al Barone Sanguinario, un fantasma dei Serpeverde, macilento, dallo sguardo fisso, coperto di macchie di sangue argenteo.
    «Oh, no!» disse Hermione fermandosi di colpo. «Giratevi dall’altra parte! Non voglio parlare con Mirtilla Malcontenta…»
    «Chi?» chiese Harry mentre facevano un rapido dietrofront.
    «Abita nel bagno delle ragazze al primo piano» spiegò Hermione.
    «Abita in un bagno?»
    «Sì. È tutto l’anno che è fuori uso perché lei non fa altro che avere crisi di nervi e allaga tutto. Io non ci andavo mai, se potevo evitarlo. È terribile cercare di andare al gabinetto con quella che non la smette di piagnucolare…»
    «Guardate, si mangia!» esclamò Ron.
    Dall’altra parte del sotterraneo c’era un lungo tavolo, anch’esso coperto di velluto nero. Si avvicinarono entusiasti, ma si fermarono di botto, inorriditi. L’odore era assolutamente disgustoso. Grandi pesci putridi erano stati disposti su bei vassoi d’argento; torte bruciate, nere come il carbone, erano ammonticchiate su altri piatti da portata; c’erano poi una zuppiera di frattaglie verminose, una forma di formaggio coperto di uno spesso strato di muffa verde e pelosa e, al posto d’onore, un’enorme torta grigia a forma di pietra tombale su cui, tracciata con glassa color catrame, c’era la seguente iscrizione:
   
    Sir Nicholas de Mimsy-PorpingtonMorto il 31 ottobre 1492
    Harry guardò esterrefatto un fantasma corpulento avvicinarsi al tavolo, piegarsi e attraversare un salmone puzzolente a bocca spalancata.
    «Riesci a sentire il sapore, se ci passi attraverso?» gli chiese Harry.
    «Quasi» rispose triste il fantasma, e si allontanò.
    «Immagino che lo abbiano fatto andare a male per renderlo più saporito» commentò Hermione con aria saccente, tappandosi il naso e avvicinandosi per guardare meglio le frattaglie putride.
    «Possiamo andare da un’altra parte? Mi sento male» disse Ron.
    Ma non avevano fatto in tempo a girarsi che all’improvviso, da sotto il tavolo, sgusciò fuori un ometto che gli si parò davanti, a mezz’aria.
    «Salve, Pix» disse Harry cauto.
    A differenza dei fantasmi presenti, il folletto Pix era tutto meno che pallido e trasparente. Indossava un cappellino di carta arancione, una cravatta a farfalla che girava come un’elica, e sul faccione maligno era stampato un largo sorriso.
    «Volete sgranocchiare?» disse affabilmente, offrendo una ciotola di noccioline ammuffite.
    «No, grazie» disse Hermione.
    «Vi ho sentito parlare della povera Mirtilla» disse Pix con gli occhi che gli danzavano nelle orbite. «Siete stati crudeli con la poverina». Fece un respiro profondo e gridò: «EHI! MIRTILLA!»
    «Oh, no, ti prego, Pix, non riferirle quel che ho detto, ci rimarrà malissimo» bisbigliò Hermione tutta affannata. «Non intendevo… Non mi importa se lei… Ehm, salve Mirtilla».
    Il fantasma tarchiato di una ragazza si era avvicinato furtivamente. Aveva la faccia più malinconica che Harry avesse mai visto, per metà nascosta dai capelli dritti come spinaci e da un paio di spessi occhiali periati.
    «Dicevate?» domandò scontrosa.
    «Come stai, Mirtilla?» chiese Hermione con finta disinvoltura. «È bello vederti per una volta tanto fuori dei gabinetti».
    Mirtilla tirò su col naso.
    «La signorina Granger stava proprio parlando di te…» le sussurrò subdolamente all’orecchio Pix.
    Mirtilla squadrò Hermione con sospetto.
    «Dicevo… dicevo che stasera sei veramente carina!» disse Hermione lanciando un’occhiataccia a Pix.
    «Vi state prendendo gioco di me» disse, e i piccoli occhi trasparenti le si riempirono subito di lacrime argentee.
    «No… sul serio… Non stavo proprio dicendo quanto è carina Mirtilla?» disse Hermione mollando a Harry e a Ron una potente gomitata nelle costole.
    «Come no…»
    «Ma certo…»
    «Non mi raccontate frottole» singhiozzò Mirtilla; ora le lacrime le inondavano la faccia, mentre Pix se la rideva felice sopra la sua spalla. «Pensate che non sappia quel che la gente mi dice dietro? Mirtilla grassona! Mirtilla racchiona! Mirtilla piagnona, malcontenta, Mirtilla che fa le boccacce!»
    «Ti sei dimenticata ‘Mirtilla brufolosa’» le sibilò Pix all’orecchio.
    La malcontenta Mirtilla scoppiò in singhiozzi disperati e abbandonò il sotterraneo. Lanciandole dietro le noccioline ammuffite, Pix la rincorse gridando: «Brufolosa! Brufolosa!»
    «Mamma mia!» esclamò tristemente Hermione.
    In quel momento, Nick-Quasi-Senza-Testa avanzava verso di loro, facendosi largo tra la folla.
    «Vi state divertendo?»
    «Sì, molto» mentirono i ragazzi.
    «Niente male come festa» disse lui orgoglioso. «Pensate che la Vedova Velata si è fatta tutto il viaggio dal Kent… È quasi ora del mio discorso; è meglio che vada ad avvisare l’orchestra…»
    Ma proprio in quel momento l’orchestra tacque. Tutti, compresi i tre ragazzi, ammutolirono, guardandosi intorno eccitatissimi. Un corno da caccia prese a suonare.
    «Ah, ecco che comincia!» disse Nick a denti stretti.
    Attraverso le pareti del sotterraneo irruppero una dozzina di cavalli-fantasma, montati da cavalieri senza testa. Il pubblico applaudì entusiasta; anche Harry cominciò ad applaudire, ma smise subito alla vista della faccia di Nick-Quasi-Senza-Testa.
    I cavalli arrivarono al galoppo al centro della pista da ballo e lì si fermarono, impennandosi e poi ricadendo in avanti. Alla testa della squadra, un fantasma corpulento che teneva sottobraccio la propria testa barbuta e suonava il corno, balzò a terra, sollevò in aria la testa per avere una visione panoramica della folla (risate generali) e, ricacciandosela poi sul collo, si avviò a gran passi verso Nick.
    «Nick!» tuonò con voce stentorea. «Come te la passi? Sempre con la testa mezza attaccata?»
    Scoppiò in una sonora risata e gli batté sulla spalla.
    «Benvenuto, Patrick» disse Nick tutto rigido.
    «Esseri viventi?» esclamò Sir Patrick scorgendo Harry, Ron e Hermione; fece un balzo di finto stupore e la testa gli rotolò via dal collo (il pubblico si torceva dalle risate).
    «Molto divertente» commentò Nick-Quasi-Senza-Testa con aria cupa.
    «Non fate caso a Nick!» gridò la testa di Sir Patrick da terra dove si trovava. «È ancora arrabbiato perché non lo abbiamo ammesso alla Caccia. Ma voglio dire… guardatelo, il nostro amico…»
    «Io trovo» snocciolò Harry tutto d’un fiato a un’occhiata d’intesa lanciatagli da Nick, «trovo che Nick mette veramente paura… incute terrore e… ehm…»
    «Ma sentitelo!» gridò la testa di Sir Patrick. «Scommetto che te l’ha chiesto lui di dire così!»
    «Signore e signori, se posso avere la vostra attenzione, è arrivato il momento del mio discorso» disse Nick-Quasi-Senza-Testa alzando la voce, e si arrampicò sul podio sotto il fascio della gelida luce bluastra di un riflettore.
    «Miei compianti signori, signore e gentiluomini, è con grande dolore…»
    Ma nessuno udì più di questo. In quello stesso momento, Sir Patrick e gli altri Cacciatori Senzatesta avevano iniziato una partita di Hockey con Lancio della Testa e tutti si erano girati a guardare. Nick cercò di riconquistare l’attenzione dell’uditorio, ma quando la testa di Sir Patrick gli volò davanti al naso, seguita da un applauso fragoroso, rinunciò.
    Ormai Harry si sentiva letteralmente congelato, per non parlare della fame.
    «Non credo che riuscirò a resistere ancora» bofonchiò Ron battendo i denti, mentre l’orchestra rientrava in azione e i fantasmi tornavano a occupare la pista da ballo.
    «Andiamocene» convenne Harry.
    Indietreggiarono fino alla porta, salutando e facendo inchini, e un attimo dopo correvano a gambe levate lungo il corridoio illuminato dalle candele nere.
    «Forse il pudding non è ancora finito» disse speranzoso Ron precedendo i suoi amici su per le scale che portavano all’ingresso.
    Poi Harry l’udì di nuovo.
    «…squartare… fare a pezzi… uccidere…»
    Era la voce di prima, la stessa voce fredda e sinistra che aveva sentito nell’ufficio di Allock.
    Inciampò e dovette fermarsi, aggrappandosi al muro di pietra; tese l’orecchio fino allo spasimo, si guardò intorno, scrutò in lungo e in largo il corridoio debolmente illuminato.
    «Harry, che cosa…?»
    «È ancora quella voce… zitto un attimo…»
    «…tanta fame… da tanto tempo…»
    «Ascoltate!» disse Harry in fretta e, guardandolo, Ron e Hermione si sentirono gelare.
    «…uccidere… giunto il momento di uccidere…»
    La voce andava affievolendosi. Harry fu certo che si stesse allontanando, spostandosi verso l’alto. Mentre fissava il soffitto buio, fu preso da un misto di paura e di eccitazione: come faceva la voce a spostarsi verso l’alto? Era forse un fantasma, per il quale i soffitti di pietra non significavano nulla?
    «Da questa parte!» gridò, e cominciò a correre su per le scale raggiungendo la Sala d’Ingresso. Lì, non c’era speranza di sentire qualcosa, perché dalla Sala Grande veniva il chiasso della festa. Harry imboccò di corsa la scala di marmo che conduceva al primo piano, con Ron e Hermione che cercavano di tenergli dietro.
    «Harry, che cosa stiamo…»
    «Sssh!»
    Harry tese l’orecchio. In lontananza, dal piano di sopra, udì la voce, sempre più debole: «…Sento odore di sangue… SENTO ODORE DI SANGUE!»
    Gli venne un crampo allo stomaco. «Sta per ammazzare qualcuno!» gridò, e ignorando le facce stupefatte di Ron e di Hermione salì a tre alla volta i gradini dell’ultima rampa di scale, cercando di ascoltare al di sopra del rumore dei suoi passi.
    Sempre correndo a perdifiato, superò il secondo piano, seguito a stento da Ron e Hermione, e non si fermò fino a che non ebbe girato un angolo, trovandosi davanti all’ultimo corridoio deserto.
    «Harry, che diavolo è successo?» chiese Ron asciugandosi il sudore dalla faccia. «Io non ho sentito niente…»
    Ma d’un tratto Hermione ebbe un soprassalto e indicò l’estremità del corridoio.
    «Guardate!»
    Sulla parete davanti a loro luccicava qualcosa. Si avvicinarono lentamente, scrutando le tenebre. Sulla parete tra le due finestre, era stata dipinta una scritta a lettere cubitali e luccicava alla luce delle torce.
   
    LA CAMERA DEI SEGRETI È STATA APERTATEMETE, NEMICI DELL’EREDE
    «Cos’è quell’affare che pende… là sotto?» chiese Ron tradendo un leggero brivido nella voce.
    Si avvicinarono, e Harry per poco non ci scivolò sopra: sul pavimento c’era una grossa pozza d’acqua. Ron e Hermione lo riacciuffarono e si spostarono lentamente verso la scritta, con gli occhi fissi su un’ombra scura sottostante. Capirono subito cosa fosse e fecero un balzo all’indietro spruzzando l’acqua della pozzanghera.
    Mrs Purr, la gatta del custode, pendeva appesa per la coda dal braccio della torcia. Era rigida come uno stoccafisso e gli occhi spalancati fissavano il vuoto.
    Per qualche secondo rimasero impietriti. Alla fine Ron disse: «Andiamocene via».
    «Ma non sarebbe il caso di aiutarla…» disse Harry in tono incerto.
    «Date retta a me» disse Ron. «Non ci conviene farci trovare qui».
    Troppo tardi. Un rombo, come tuoni in lontananza, annunciò la fine della festa. Dall’estremità del corridoio giunse lo scalpiccio di centinaia di piedi che salivano le scale e il cicaleccio soddisfatto di chi ha ben mangiato; un attimo dopo, gli studenti irruppero nel corridoio.
    Cicaleccio, brusio e rumore si spensero di colpo alla vista della gatta. Harry, Ron e Hermione erano soli, in mezzo al passaggio, quando il silenzio cadde tra la folla degli studenti che si accalcavano per vedere quell’orrendo spettacolo.
    Poi, nel silenzio, qualcuno gridò.
    «Temete, Nemici dell’Erede! La prossima volta tocca a voi, mezzosangue!»
    Era Draco Malfoy. Si era aperto un varco tra la folla ed era arrivato di fronte a loro; i suoi occhi gelidi brillavano e il suo viso di solito esangue era in fiamme, mentre ghignava alla vista della gatta inerte.
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