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Harry Potter e il Calice di Fuoco (6144 citazioni)
   1) Casa Riddle (109 citazioni)
   2) La Cicatrice (44 citazioni)
   3) L'invito (99 citazioni)
   4) Ritorno alla Tana (99 citazioni)
   5) I Tiri Vispi di Fred e George (111 citazioni)
   6) La Passaporta (88 citazioni)
   7) Bagman e Crouch (164 citazioni)
   8) La Coppa del Mondo di Quidditch (161 citazioni)
   9) Il Marchio Nero (262 citazioni)
   10) Caos al Ministero (115 citazioni)
   11) Sull'Espresso di Hogwarts (120 citazioni)
   12) Il Torneo TreMaghi (161 citazioni)
   13) Malocchio Moody (157 citazioni)
   14) Le Maledizioni Senza Perdono (183 citazioni)
   15) Beauxbatons e Durmstrang (164 citazioni)
   16) Il Calice di Fuoco (203 citazioni)
   17) I Quattro Campioni (143 citazioni)
   18) la Pesa delle Bacchette (229 citazioni)
   19) L'ungaro Spinato (183 citazioni)
   20) La Prima Prova (217 citazioni)
   21) Il Fronte di Liberazione degli Elfi Domestici (185 citazioni)
   22) La Prova Inaspettata (186 citazioni)
   23) Il Ballo del Ceppo (253 citazioni)
   24) Lo Scoop di Rita Skeeter (198 citazioni)
   25) L'Uovo e l'Occhio (176 citazioni)
   26) La Seconda Prova (229 citazioni)
   27) Il Ritorno di Felpato (212 citazioni)
   28) La Follia del Signor Crouch (282 citazioni)
   29) il Sogno (166 citazioni)
   30) Il Pensatoio (204 citazioni)
   31) La Terza Prova (267 citazioni)
   32) Carne, Sangue e Ossa (54 citazioni)
   33) I Mangiamorte (100 citazioni)
   34) Prior Incantatio (69 citazioni)
   35) Veritaserum (165 citazioni)
   36) Le Strade si Dividono (206 citazioni)
   37) L'Inizio (180 citazioni)
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La Coppa del Mondo di Quidditch


   Tenendo ben stretti i loro acquisti, il signor Weasley in I testa, si affrettarono tutti a entrare nel bosco, seguendo il percorso illuminato dalle lanterne. Sentivano i rumori di migliaia di persone che si muovevano attorno a loro, urla e risate, frammenti di canzoni. L’atmosfera di eccitazione febbrile era altamente contagiosa; Harry non riusciva a smettere di sorridere. Camminarono nel bosco per venti minuti, parlando e scherzando a voce alta, finché uscirono all’aperto e si ritrovarono all’ombra di uno stadio gigantesco. Anche se Harry riuscì a vedere solo una piccola porzione degli immensi muri d’oro che circondavano il campo, si rese conto che dieci cattedrali ci sarebbero state dentro comodamente.
    «Ha centomila posti» disse il signor Weasley, intercettando l’aria sbalordita di Harry. «Una task force del Ministero, cinquecento persone, ci ha lavorato per un anno. Incantesimi Respingi-Babbani dappertutto. Tutte le volte che i Babbani ci si avvicinavano, gli venivano in mente certi appuntamenti importanti a cui non potevano mancare e filavano via, benedetti loro» aggiunse con calore, guidandoli verso l’ingresso più vicino, che era già circondato da uno sciame di streghe e maghi urlanti.
    «Posti di prima classe!» disse la strega del Ministero all’ingresso, staccando i loro biglietti. «Tribuna d’onore! Dritto di sopra, Arthur, più in alto che puoi».
    Le scale dentro lo stadio erano coperte di tappeti viola. Si arrampicarono col resto della folla, che lentamente si disperdeva nei vari settori. Il gruppo del signor Weasley continuò a salire finché non arrivarono in cima, e si ritrovarono in una piccola tribuna posta nel punto più alto dello stadio e sistemata esattamente a metà tra gli anelli d’oro per segnare i goal. C’erano una ventina di poltrone viola e oro disposte su due file, e quando Harry, infilandosi nei posti davanti coi Weasley, guardò verso il basso, vide una scena che non avrebbe mai potuto immaginare.
    Centomila maghi e streghe prendevano posto sui sedili che si elevavano a strati sul lungo campo ovale. Tutto era pervaso da una misteriosa luce dorata che sembrava emanare dallo stadio stesso. Da lassù, il campo sembrava liscio come velluto. Alle due estremità del campo c’erano tre cerchi d’oro a quindici metri di altezza; proprio di fronte a loro, quasi al livello dello sguardo di Harry, c’era un tabellone gigantesco. Una grafia d’oro continuava a sfrecciare su di esso come se la mano di un gigante invisibile lo scarabocchiasse e poi cancellasse tutto; guardandolo, Harry vide che sparava messaggi pubblicitari per tutto il campo.
   
    BLUEBOTTLE: UNA SCOPA PER TUTTA LA FAMIGLIA. SICURA, AFFIDABILE, CON ALLARME ANTIFURTO INCORPORATO… SOLVENTE MAGICO DI NONNA ACETONELLA PER OGNI TIPO DI SPORCIZIA: VIA LA MACCHIA, VIA IL DOLORE!… ABBIGLIAMENTO PER MAGHI STRATCHY SONS: LONDRA, PARIGI, HOGSMEADE…
   
    Harry si guardò intorno per vedere chi c’era in tribuna. Era ancora vuota, a parte una minuscola creatura seduta al terzultimo posto della fila dietro di loro. La creatura, dalle gambe cosi corte che stavano dritte davanti a lei sulla poltrona, indossava uno strofinaccio drappeggiato come una toga, e teneva la faccia tra le mani. Eppure quelle lunghe orecchie da pipistrello erano stranamente familiari…
    «Dobby?» esclamò Harry incredulo.
    La creaturina guardò in su e allargò le dita, mostrando gli enormi occhi marroni e un naso dell’esatta forma e dimensione di un grosso pomodoro. Non era Dobby… era comunque senz’ombra di dubbio un elfo domestico, come Dobby, che Harry aveva liberato dai suoi vecchi padroni, la famiglia Malfoy.
    «Il signore mi ha appena chiamato Dobby?» squitti tra le dita l’elfo incuriosito. La sua voce era più acuta di quella di Dobby, una vocetta tremolante e stridula, e Harry sospettò — anche se era molto difficile a dirsi, con un elfo domestico — che quella potesse essere una femmina. Ron e Hermione si voltarono a guardare: avevano sentito molto parlare di Dobby da Harry, ma non l’avevano mai incontrato. Anche il signor Weasley osservò la creatura con interesse.
    «Scusa» disse Harry. «Credevo che fossi uno che conosco».
    «Ma anch’io conosce Dobby, signore!» squitti l’elfa. Si riparava il viso come se la luce l’accecasse, anche se la Tribuna d’onore non era molto illuminata. «Mi chiamo Winky, signore… e il signore…» i suoi occhi marrone scuro diventarono grandi come piattini mentre si posavano sulla cicatrice di Harry, «il signore è certo Harry Potter!»
    «Sì» rispose Harry.
    «Ma Dobby parla sempre di Harry Potter, signore!» disse l’elfa, abbassando un po’ le mani con aria esterrefatta.
    «Come sta?» chiese Harry. «Gli piace la libertà?»
    «Ah, signore» disse Winky scuotendo la testa, «ah, signore, non voglio mancare di rispetto, signore, ma io non è sicura che Harry Potter ha fatto un favore a Dobby, signore, quando l’ha liberato».
    «Perché?» chiese Harry, preso alla sprovvista. «Che cosa c’è che non va?»
    «La libertà gli sta dando alla testa, signore» disse Winky malinconica. «Gli fa venire idee strane sulla sua posizione, signore. Non riesce a trovare un altro lavoro».
    «Perché no?» chiese Harry.
    Winky abbassò la voce di una mezza ottava e sussurrò: «Vuole farsi pagare per il suo lavoro, signore».
    «Farsi pagare?» chiese Harry ingenuamente. «Be’… perché non dovrebbe farsi pagare?»
    Winky parve inorridire all’idea, e riparò di nuovo la faccia dietro le mani.
    «Gli elfi domestici non si paga, signore!» disse con un pigolio soffocato. «No, no, no, io dice a Dobby, io dice trovati una bella famiglia e sistemati, Dobby. Lui sta facendo su un gran baccano, signore, e non è una cosa adatta a un elfo domestico. Vai avanti a far fracasso così, Dobby, io gli dice, e la prossima che sento è che sei finito davanti all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, come un goblin qualunque».
    «Be’, era ora che si divertisse un po’» disse Harry.
    «Gli elfi domestici non dovrebbe divertirsi, Harry Potter» disse Winky in tono deciso da dietro le mani. «Gli elfi domestici fa quello che gli dici. A me non piace affatto le altezze, Harry Potter…» lanciò un’occhiata oltre il bordo della tribuna e deglutì, «… ma il padrone mi manda alla Tribuna d’onore e io viene, signore».
    «Perché ti ha mandato quassù, se sa che non ti piacciono le altezze?» chiese Harry accigliato.
    «Padrone… padrone vuole che gli tengo il posto, Harry Potter, ha tanto da fare» disse Winky, piegando la testa verso il posto vuoto al suo fianco. «Winky vorrebbe essere di ritorno nella tenda del padrone, Harry Potter, ma Winky fa quello che le dici, Winky è una brava elfa domestica».
    Scoccò un altro sguardo terrorizzato al bordo della tribuna e affondò di nuovo la faccia nelle mani. Harry si voltò verso gli altri.
    «E così quello è un elfo domestico?» borbottò Ron. «Bizzarri, direi».
    «E non hai visto Dobby» rispose Harry convinto.
    Ron puntò l’Omniocolo e cominciò a provarlo, fissando la folla dall’altra parte dello stadio.
    «Forte!» disse, girando la rotellina del replay sul lato. «Posso far rimettere il dito nel naso a quel vecchio laggiù… un’altra volta… ancora…»
    Hermione, nel frattempo, consultava avidamente il suo programma rivestito di velluto e infiocchettato.
    «“Prima della partita avrà luogo un’esibizione delle mascotte delle squadre”» lesse ad alta voce.
    «Oh, vale sempre la pena di vederla» disse il signor Weasley. «Le squadre nazionali portano creature della loro terra d’origine, sapete, per fare un po’ di scena».
    La tribuna si riempì lentamente nella mezz’ora successiva. Il signor Weasley continuava a stringere la mano a maghi chiaramente molto importanti. Percy scattava in piedi così spesso che sembrava fosse seduto su un porcospino. Quando arrivò Cornelius Caramell, il Ministro della Magia in persona, Percy fece un inchino così profondo che gli occhiali gli caddero e si ruppero. Decisamente imbarazzato, li riparò con un colpo di bacchetta, e da quel momento rimase seduto, lanciando sguardi gelosi a Harry, che Cornelius Caramell aveva salutato come un grande amico: gli strinse la mano con fare paterno, gli chiese come stava e lo presentò ai maghi che sedevano al suo fianco.
    «Le presento Harry Potter» disse ad alta voce al Ministro della Magia bulgaro che indossava magnifiche vesti di velluto nero orlate d’oro, e pareva non capire una parola. «Harry Potter… oh, avanti, ne avrà sentito parlare… il ragazzo che è sopravvissuto a Lei-sa-chi… lo sa chi è…»
    Il mago bulgaro all’improvviso notò la cicatrice di Harry e cominciò a blaterare ad alta voce, tutto agitato, indicandola.
    «Lo sapevo che ce l’avremmo fatta» disse stancamente Caramell a Harry. «Non sono granché nelle lingue, ho bisogno di Barty Crouch per questo genere di cose. Ah, vedo che la sua elfa domestica gli sta tenendo il posto… buona idea, questi Bulgari continuano a infiltrarsi… ah, ecco Lucius!»
    Harry, Ron e Hermione si voltarono in fretta. Lungo la seconda fila, diretti verso tre posti ancora vuoti proprio dietro al signor Weasley, si stavano infilando nientemeno che i vecchi proprietari di Dobby l’elfo domestico: Lucius Malfoy, suo figlio Draco e una donna che Harry immaginò essere la madre di Draco.
    Harry e Draco Malfoy erano nemici fin dal loro primo viaggio verso Hogwarts. Pallido, il viso a punta e i capelli di un biondo quasi bianco, Draco somigliava moltissimo a suo padre. Anche sua madre era bionda, alta e sottile, e sarebbe stata carina se non avesse avuto l’aria di chi ha una gran puzza sotto il naso.
    «Ah, Caramell» disse Malfoy, tendendo la mano mentre si avvicinava al Ministro della Magia. «Come stai? Ti presento mia moglie Narcissa… e nostro figlio Draco…»
    «Piacere, piacere» disse Caramell, sorridendo e facendo l’inchino alla signora Malfoy. «E mi permetta di presentarle il signor Oblansk… Obalonsk… Il signor… be’, è il Ministro della Magia bulgaro, e non capisce una parola di quello che dico, comunque, quindi non importa. E poi, vediamo un po’… credo che conosca Arthur Weasley»,
    Fu un attimo di tensione. Il signor Weasley e il signor Malfoy si scambiarono un’occhiata e Harry rammentò con chiarezza l’ultima volta che si erano trovati faccia a faccia: era stato al Ghirigoro, e si erano presi a pugni. I freddi occhi grigi del signor Malfoy scivolarono sul signor Weasley, e poi su e giù per la fila.
    «Santo cielo, Arthur» disse tranquillamente. «Che cos’hai dovuto vendere per avere i biglietti in Tribuna d’onore? Di sicuro la tua casa non valeva tanto…»
    Caramell, che non aveva sentito, disse: «Lucius ha appena fatto un’offerta molto generosa all’Ospedale di San Mungo per Malattie e Ferite Magiche, Arthur. È mio ospite, qui».
    «Che… che bel gesto» disse il signor Weasley, con un sorriso molto tirato.
    Gli occhi del signor Malfoy erano tornati a posarsi su Hermione, che arrossì un po’, ma sostenne il suo sguardo con fermezza. Harry sapeva esattamente che cosa faceva arricciare il labbro del signor Malfoy: lui e la sua famiglia si vantavano di essere maghi purosangue, e cioè consideravano di seconda categoria chiunque fosse di origini babbane, come Hermione. Comunque, in presenza del Ministro della Magia il signor Malfoy non si arrischiò a dire nulla: fece solo un cenno beffardo al signor Weasley, e raggiunse i suoi posti nella fila. Draco scoccò a Harry, Ron e Hermione un’occhiata sprezzante, poi sedette tra sua madre e suo padre.
    «Viscidi imbecilli» borbottò Ron mentre lui, Harry e Hermione tornavano a guardare verso il campo. Un attimo dopo, Ludo Bagman prese posto in tribuna.
    «Tutti pronti?» disse, il volto rotondo radioso come una grande, eccitatissima forma di formaggio. «Ministro… pronto a partire’?»
    «Quando vuoi, Ludo» rispose C’aramell tranquillamente.
    Ludo estrasse rapido la bacchetta, la puntò alla propria gola e disse: «Sonorus!» La sua voce sovrastò il ruggito che riempiva lo stadio, echeggiò sul pubblico, rimbombando in tutti gli angoli delle tribune: «Signore e signori… benvenuti! Benvenuti alla finale della quattrocentoventiduesima Coppa del Mondo di Quidditch!»
    Gli spettatori urlarono e applaudirono. Migliaia di bandiere sventolarono, aggiungendo al frastuono i loro inni nazionali discordanti. L’enorme tabellone di fronte a loro fu sgombrato dell’ultimo messaggio (“GELATINE TUTTIGUSTI+1: GUSTATE IL RISCHIO!”) e vi apparve la scritta “BULGARIA: ZERO, IRLANDA: ZERO”.
    «E ora, senza altri indugi, permettetemi di presentarvi… le Mascotte della Nazionale Bulgara!»
    Il settore destro, che era una marea compatta di rosso, emise un ruggito d’approvazione.
    «Chissà che cos’avranno portato» disse il signor Weasley, curvandosi in avanti. «Aaah!» All’improvviso si tolse gli occhiali e li pulì in fretta nell’abito. «Veela!»
    «Che cosa sono i Vee…?»
    La risposta venne quando un centinaio di Veela si riversarono su! campo. Le Veela erano donne… le donne più belle che Harry avesse mai visto… solo che non erano — non potevano essere — umane. Harry rimase interdetto per un attimo, mentre cercava di indovinare che cosa potessero essere; che cosa potesse far brillare in quel modo la loro pelle di un candore lunare, o far ondeggiare i loro capelli d’oro pallido senza che ci fosse il vento… ma poi cominciò la musica, e Harry smise di preoccuparsi del fatto che non erano umane: in effetti, smise di preoccuparsi di qualunque cosa.
    Le Veela avevano cominciato a ballare, e la testa di Harry si era completamente, beatamente svuotata. Tutto ciò che importava al mondo era continuare a guardare le Veela, perché se avessero smesso di ballare, sarebbero successe cose terribili…
    E mentre le Veela danzavano sempre più in fretta, brandelli di pensieri selvaggi presero a rincorrersi nella mente confusa di Harry. Voleva compiere qualcosa di molto impressionante, e proprio in quel momento. Buttarsi giù dalla tribuna nello stadio sembrava una buona idea… ma era abbastanza buona?
    «Harry, che cosa stai facendo?» disse la voce di Hermione da una gran distanza.
    La musica cessò. Harry sbatté le palpebre. Era in piedi, e una delle sue gambe era a cavalcioni del muretto della tribuna. Accanto a lui, Ron era paralizzato in una posa che lo faceva sembrare sul punto di tuffarsi da un trampolino.
    Urla adirate riempivano lo stadio. La folla non voleva che le Veela se ne andassero. Harry era d’accordo; avrebbe tifato per la Bulgaria, naturalmente, e si chiese confusamente perché mai aveva un grosso trifoglio verde appuntato sul petto. Ron, nel frattempo, stava facendo distrattamente a pezzi i trifogli sul suo cappello. Il signor Weasley, con un breve sorriso, si chinò verso Ron e gli tolse il cappello dalle mani.
    «Lo vorrai ancora» disse, «quando l’Irlanda avrà detto la sua».
    «Eh?» disse Ron, fissando a bocca aperta le Veela, che ora si erano allineate lungo un lato del campo.
    Hermione emise un chiaro sbuffo di disapprovazione. Si alzò e costrinse Harry a rimettersi a sedere. «Insomma!» disse.
    «E ora» ruggì la voce di Ludo Bagman, «gentilmente puntate in aria le bacchette… per le Mascotte della Nazionale Irlandese!»
    Un attimo dopo, quella che pareva una gran cometa verde e oro entrò saettando nello stadio. Fece un giro completo, poi si divise in due comete più piccole che si scagliarono verso gli anelli dorati e all’improvviso un arcobaleno s’inarcò sul campo, unendo le due sfere di luce. La folla fece “oooh” e “aaah” come davanti a uno spettacolo di fuochi d’artificio. Poi l’arcobaleno sbiadì e le sfere di luce si riunirono e si fusero; avevano formato un enorme trifoglio splendente, che si alzò in cielo e prese a fluttuare sulle tribune. Qualcosa di simile a una pioggia dorata parve cadere giù…
    «Eccellente!» ruggì Ron, mentre dal trifoglio danzante piovevano grosse monete d’oro, rimbalzando sulle teste e sulle poltrone. Strizzando gli occhi per vedere il trifoglio, Harry si accorse che in realtà era formato da migliaia di minuscoli omini con la barba, vestiti di farsetti rossi e muniti ognuno di una piccolissima lampada verde o d’oro.
    «Lepricani!» urlò il signor Weasley sull’applauso tumultuoso del pubblico; in molti si stavano ancora azzuffando per raccogliere l’oro.
    «Ecco qua» gridò Ron allegramente, ficcando una manciata di monete in mano a Harry. «Per l’Omniocolo! Ora ti toccherà comprarmi il regalo di Natale, ha!»
    L’enorme trifoglio si dissolse, i Lepricani planarono sul campo dal lato opposto delle Veela e sedettero a gambe incrociate per vedere la partita.
    «E ora, signore e signori, vogliate dare il benvenuto… alla Nazionale Bulgara di Quidditch! Ecco a voi… Dimitrov!»
    Una sagoma in vesti scarlatte su un manico di scopa sfrecciò in campo, così rapida da sembrare sfocata, scatenando gli applausi veementi dei tifosi bulgari.
    «Ivanova!»
    Una seconda giocatrice in rosso filò fuori.
    «Zograf! Levski! Vulchanov! Volkov! Eeeeeee… Krum!»
    «È lui! E lui!» urlò Ron, seguendo Krum con l’Omniocolo; Harry mise rapidamente a fuoco il suo.
    Viktor Krum era magro, scuro e con la pelle olivastra, un gran naso a becco e folte sopracciglia nere. Assomigliava a un uccello da preda troppo cresciuto. Era difficile credere che avesse solo diciotto anni.
    «E ora, vi prego di salutare… la Nazionale Irlandese di Quidditch!» strillò Bagman. «Ecco a voi… Connolly! Ryan! Troy! Mullet! Moran! Quigley! Eeeeeee… Lynch!»
    Sette turbini verdi sfrecciarono in campo; Harry girò una rotellina sul lato dell’Omniocolo e fece rallentare i giocatori quel tanto che bastò a leggere la parola FIREBOLT sul fianco di ciascuna delle loro scope, e a vedere i loro nomi ricamati in argento sulla schiena.
    «Ed ecco a voi, in diretta dall’Egitto, il nostro arbitro, l’acclamato Presidente della Federazione Internazionale di Quidditch, Hassan Mustafà!»
    Un mago piccolo e magrolino, completamente calvo ma con un paio di baffi da far concorrenza a zio Vernon, vestito d’oro puro per intonarsi allo stadio, entrò in campo. Da sotto i baffi gli spuntava un fischietto d’argento; portava una grossa cassa di legno sotto un braccio e il suo manico di scopa sotto l’altro. Harry riportò l’Omniocolo sulla velocità normale, osservando con attenzione Mustafà che montava sulla sua scopa e apriva la cassa con un calcio. Quattro palline balzarono a mezz’aria: la Pluffa scarlatta, i due Bolidi neri e (Harry lo intuì appena prima che sparisse) il minuscolo Boccino d’Oro alato. Con un soffio acuto di fischietto, Mustafà scattò in aria dietro le palline.
    «Paaaartiti!» urlò Bagman.
    «È Mullet! Troy! Moran! Dimitrov! Ancora Mullet! Troy! Levski! Moran!»
    Era Quidditch come Harry non l’aveva mai visto giocare prima. Teneva l’Omniocolo cosi appiccicato agli occhi che gli occhiali si conficcavano nelle orbite. La velocità dei giocatori era incredibile: i Cacciatori si passavano la Pluffa così in fretta che Bagman aveva appena il tempo di dire i loro nomi. Harry girò una rotellina sulla destra dell’Omniocolo, premette il pulsante “azione per azione” e seguì la partita al rallentatore, mentre luccicanti lettere viola lampeggiavano sulle lenti, e il fragore della folla gli martellava i timpani.
    “FORMAZIONE D’ATTACCO TESTADIFALCO” lesse mentre guardava i tre Cacciatori irlandesi sfrecciare vicinissimi, Troy al centro, appena un po’ più avanti di Mullet e Moran. lanciarsi sui Bulgari. “PASSAGGIO DI PORSKOFF” lampeggiò subito dopo, mentre Troy finse di scattare in alto con la Pluffa, deviando la Cacciatrice bulgara Ivanova, e passando la Pluffa a Moran. Uno dei Battitori bulgari, Volkov, assestò un gran colpo a un Bolide di passaggio con la sua piccola mazza, scaraventandolo sulla traiettoria di Moran; Moran si abbassò per evitare il Bolide e lasciò cadere la Pluffa: e Levski. che volava lì sotto, la prese…
    «TROY SEGNA!» raggi Bagman, e lo stadio tremò all’esplosione di applausi e urla. «Dieci a zero per l’Irlanda!»
    «Cosa?» urlò Harry, guardandosi attorno affannosamente attraverso l’Omniocolo. «Ma Levski ha la Pluffa!»
    «Harry, se non vuoi guardare a velocità normale, ti perderai un sacco di cose!» gridò Hermione, che ballava su e giù, agitando per aria le braccia mentre Troy faceva un giro d’onore del campo. Harry guardò rapido al di sopra dell’Omniocolo, e vide che i Lepricani che seguivano la partita da bordo campo erano tutti decollati formando in aria l’enorme trifoglio lucente. Dall’altra parte, le Veela li osservavano imbronciate.
    Furioso con se stesso, Harry girò la rotella della velocità fino a tornare in posizione normale. Il gioco riprese.
    Harry se ne intendeva abbastanza di Quidditch da capire che i Cacciatori irlandesi erano straordinari. Lavoravano come una squadra compatta, sembrava che si leggessero nel pensiero gli schemi di gioco, e la coccarda sul petto di Harry continuava a strillare i loro nomi: «Troy-Mullet-Moran!» E dieci minuti dopo, l’Irlanda aveva segnato altre due volte, conducendo per trenta a zero e suscitando una tonante marea di ululati e di applausi tra i tifosi verdevestiti.
    La partita si fece più serrata, ma anche più brutale. Volkov e Vulchanov, i Battitori bulgari, colpivano i Bolidi più ferocemente che potevano per disarcionare i Cacciatori irlandesi, e stavano riuscendo a sabotare alcune delle loro mosse migliori; due volte furono costretti a disperdersi, e poi, alla fine, Ivanova riuscì a spezzare i ranghi avversari, a scartare il Portiere, Ryan, e segnare la prima rete della Bulgaria.
    «Dita nelle orecchie!» ululò il signor Weasley mentre le Veela cominciavano a danzare festanti. Harry strizzò gli occhi, anche; voleva restare concentrato sul gioco. Dopo qualche secondo, azzardò un’occhiata al campo. Le Veela avevano smesso di danzare, e la Bulgaria era di nuovo in possesso di Pluffa.
    «Dimitrov! Levski! Dimitrov! Ivanova… oh, cielo!» ruggì Bagman.
    Centomila maghi e streghe trattennero il respiro mentre i due Cercatori, Krum e Lynch, precipitavano in mezzo ai Cacciatori, così rapidi che parve che si fossero appena lanciati da un aereo senza paracadute. Harry seguì la loro discesa con l’Omniocolo, strizzando gli occhi per vedere dov’era il Boccino…
    «Si schianteranno!» urlò Hermione accanto a Harry.
    Aveva quasi ragione: all’ultimissimo istante, Viktor Krum interruppe la picchiata e ne uscì volando a spirale. Lynch, invece, colpì il suolo con un tonfo sordo che riecheggiò per tutto lo stadio. Un alto lamento si levò dalle tribune irlandesi.
    «Sciocco!» gemette il signor Weasley. «Quella di Krum era una finta!»
    «Time out!» urlò Bagman. «Intanto medimaghi professionisti corrono in campo a verificare le condizioni di Aidan Lynch!»
    «Andrà tutto bene, è stato solo sbalzato via!» disse Charlie in tono rassicurante a Ginny, che era aggrappata al bordo della tribuna, terrificata. «Ed era proprio quello che voleva Krum, naturalmente…»
    Harry premette in fretta i pulsanti “replay” e “azione per azione” del suo Omniocolo, ruotò appena la rotella della velocità e se li portò di nuovo agli occhi.
    Guardò Krum e Lynch scendere di nuovo in picchiata al rallentatore. “FINTA WRONSKY — PERICOLOSA AZIONE DIVERSIVA TRA CERCATORI” recitavano le lucenti lettere viola oltre le lenti. Vide il viso di Krum deformato nello sforzo di concentrazione mentre scartava dalla picchiata appena in tempo, mentre Lynch si schiantava, e capì: Krum non aveva affatto visto il Boccino, voleva solo che Lynch lo imitasse. Harry non aveva mai visto nessuno volare così; Krum si muoveva nell’aria apparentemente senza peso, con tale naturalezza che non sembrava nemmeno usare un manico di scopa. Harry riportò l’Omniocolo a velocità normale e mise a fuoco Krum. Stava volando in alti cerchi sopra Lynch, che in quel momento veniva rianimato dai medimaghi con calici di pozione. Harry usò lo zoom per inquadrare il viso di Krum e vide i suoi occhi scuri dardeggiare per tutto il campo trenta metri sotto. Stava usando il tempo in cui Lynch veniva rianimato per individuare il Boccino senza interferenze.
    Lynch finalmente si rialzò, salutato da alte grida dei tifosi verdi, risalì sulla Firebolt e si levò di nuovo in aria. Il suo ritorno parve dare nuova forza all’Irlanda. Quando Mustafà fischiò di nuovo, i Cacciatori si misero in moto con un’abilità impareggiabile, che Harry mai aveva visto prima.
    Dopo altri quindici serrati, furibondi minuti, l’Irlanda era in testa di altre dieci reti. Ora conduceva per centotrenta a dieci, e il gioco cominciava a farsi più sporco.
    Mentre Mullet sfrecciava di nuovo tra le porte, tenendo stretta la Pluffa sotto il braccio, il Portiere bulgaro, Zograf, scattò per prenderla. Ciò che accadde si concluse così in fretta che Harry non riuscì a capire, ma un urlo di rabbia dalle folle irlandesi, e il lungo, acutissimo fischio di Mustafà, gli dissero che era stato commesso fallo.
    «E Mustafà richiama il Portiere bulgaro per sgomitate… uso eccessivo dei gomiti!» Bagman informò gli spettatori urlanti. «E… sì, punizione per l’Irlanda!»
    I Lepricani, che si erano alzati infuriati a mezz’aria come uno sciame di calabroni lucenti quando era stato commesso fallo su Mullet, ora scattarono insieme per formare le parole “HA HA HA!” Le Veela dall’altra parte del campo balzarono in piedi, scossero le chiome con rabbia e ripresero a danzare.
    Tutti insieme, i ragazzi Weasley e Harry si tapparono le orecchie, ma Hermione, che non ci aveva badato, cominciò a tirare Harry per il braccio. Lui si voltò a guardarla, e lei gli sfilò impaziente le dita dalle orecchie.
    «Guarda l’arbitro!» disse con una risatina.
    Harry guardò. Hassan Mustafà era atterrato proprio davanti alle Veela danzanti, e si stava comportando in modo davvero strano. Gonfiava i muscoli e si accarezzava i baffi con aria seducente.
    «lnsomma, non possiamo tollerarlo!» disse Ludo Bagman, anche se in tono molto divertito. «Qualcuno schiaffeggi l’arbitro!»
    Un medimago attraversò il campo, le dita infilate nelle orecchie, e diede a Mustafà un calcio negli stinchi. Quest’ultimo parve tornare in sé; attraverso l’Omniocolo, Harry vide che sembrava straordinariamente imbarazzato, e gridava contro le Veela, che avevano smesso di danzare e sembravano riottose.
    «E a meno che non mi sbagli di grosso, Mustafà sta davvero tentando di espellere le Mascotte della Nazionale Bulgara!» disse Bagman. «Questa sì che è una cosa a cui non abbiamo mai assistito… oh, le cose potrebbero mettersi al peggio…»
    E fu così: i Battitori bulgari, Volkov e Vulchanov, erano atterrati ai lati di Mustafà, e presero a litigare furiosamente con lui, gesticolando verso i Lepricani, che in segno di scherno avevano formato le parole “HEE HEE HEE”. Mustafà non si lasciò impressionare dagli argomenti dei Bulgari; agitava il dito in aria, e chiaramente diceva loro di riprendere il volo, e quando si rifiutarono, emise due fischi brevi col suo fischietto.
    «Due punizioni per l’Irlanda!» urlò Bagman, e la folla bulgara ululò di rabbia.
    «E Volkov e Vulchanov farebbero bene a tornare su quelle scope… sì… ecco che partono… e Troy prende la Pluffa…»
    Il gioco raggiunse un livello di ferocia mai visto prima. I Battitori di entrambi i fronti agivano senza pietà: Volkov e Vulchanov roteavano con violenza le loro mazze e non sembravano avere scrupoli su chi o che cosa colpivano. Dimitrov mirò dritto su Moran, che aveva la Pluffa, e quasi la disarcionò dalla scopa.
    «Fallo!» ulularono i tifosi irlandesi come un sol uomo, tutti in piedi in un’enorme ondata verde.
    «Fallo!» fece loro eco la voce di Ludo Bagman magicamente amplificata.
    «Dimitrov colpisce Moran — ha volato allo scopo deliberato di urtarla — e ci dovrebbe essere un’altra penalità — sì, ecco il fischio dell’arbitro!»
    I Lepricani si erano rialzati a mezz’aria e questa volta formarono una mano gigante, che faceva un gesto molto maleducato rivolto alle Veela dall’altra parte del campo. Per tutta risposta le Veela persero il controllo. Si slanciarono attraverso il campo scagliando quelle che sembravano manciate di fuoco contro i Lepricani. Harry vide attraverso l’Omniocolo che non erano affatto belle, in quel momento: al contrario, i loro volti si allungavano in affilate teste d’uccello dai becchi feroci, e lunghe ali squamose spuntavano dalle loro spalle…
    «E questo, ragazzi» urlò il signor Weasley sul tumulto della folla sottostante, «è il motivo per cui non bisogna mai fermarsi all’apparenza!»
    Maghi del Ministero si affrettarono a scendere in campo per separare le Veela dai Lepricani, ma con scarso successo; nel frattempo, la battaglia campale di sotto non era nulla paragonata a quella in alto. Harry guardava da una parte e dall’altra con l’Omniocolo mentre la Pluffa cambiava mani con la velocità di un proiettile…
    «Levski — Dimitrov — Moran — Troy — Mullet — Ivanova — ancora Moran — Moran — MORAN SEGNA!»
    Ma le urla entusiaste dei tifosi irlandesi si sentivano a stento sopra gli strilli delle Veela, gli scoppi che uscivano dalle bacchette dei membri del Ministero e i ruggiti rabbiosi dei Bulgari. La partita riprese immediatamente; ora Levski aveva la Pluffa, ora Dimitrov…
    Il Battitore irlandese. Quigley, sferrò un gran colpo a un Bolide di passaggio, e lo spedi più forte che poteva verso Krum, che non si scansò abbastanza in fretta. Il Bolide lo colpì forte in faccia.
    Dalla folla si alzò un gemito assordante; il naso di Krum sembrava rotto, c’era sangue dappertutto, ma Hassan Mustafà non fischiò. Era come distratto, e Harry non poteva biasimarlo; una delle Veela aveva scagliato una manciata di fuoco e aveva incendiato la sua scopa.
    Harry desiderò che qualcuno capisse che Krum era ferito; anche se tifava per l’Irlanda, Krum era il giocatore più emozionante in campo. Ron la pensava chiaramente allo stesso modo.
    «Time out! Ah, andiamo, non può giocare così, guardatelo…»
    «Guardate Lynch!» urlò Harry.
    Perché il Cercatore irlandese si era all’improvviso lanciato in picchiata, e Harry era quasi certo che non si trattasse di una Finta Wronsky; questa volta era per davvero…
    «Ha visto il Boccino!» urlò Harry. «L’ha visto! Guardate, ecco che va!»
    Metà dello stadio parve aver capito cosa stava accadendo, i tifosi irlandesi si alzarono in un’enorme onda verde, incitando il loro Cercatore… ma Krum gli stava alle calcagna. Harry si domandò come facesse a vedere dove stava andando; c’erano schizzi di sangue nella sua scia, ma ormai era quasi testa a testa con Lynch, mentre entrambi precipitavano di nuovo verso il suolo…
    «Si schianteranno!» strillò Hermione.
    «No!» ruggì Ron.
    «Lynch sì!» gridò Harry.
    E aveva ragione: per la seconda volta, Lynch colpì il terreno con forza tremenda, e fu immediatamente circondato da un’orda di Veela infuriate.
    «Il Boccino, dov’è il Boccino?» ululò Charlie, nella mischia.
    «Ce l’ha… Krum l’ha preso… è finita!» gridò Harry.
    Krum, gli abiti rossi luccicanti del sangue che gli colava dal naso, saliva dolcemente per aria, il pugno in alto, un bagliore d’oro racchiuso nella mano.
    Il tabellone lampeggiava “BULGARIA: CENTOSESSANTA, IRLANDA: CENTOSETTANTA” oltre la folla, che non poteva aver capito che cos’era successo. Poi, lentamente, come se un enorme jumbo jet stesse andando su di giri, il rombo dei tifosi irlandesi divenne sempre più forte ed esplose in urla di gioia.
    «VINCE L’IRLANDA!» gridò Bagman, che, come gli Irlandesi, sembrava essere stato preso alla sprovvista dalla fine improvvisa della partita. «KRUM PRENDE IL BOCCINO — MA VINCE L’IRLANDA — santo cielo, credo che nessuno di noi se lo aspettasse!»
    «Perché ha preso il Boccino?» strillò Ron mentre saltava su e giù, applaudendo con le braccia tese sopra la testa. «Ha finito quando l’Irlanda era in testa di centosessanta punti, quell’idiota!»
    «Sapeva che non avrebbero mai potuto rimontare» gli rispose urlando Harry sopra il frastuono, applaudendo forte anche lui. «I Cacciatori irlandesi erano troppo bravi… voleva finire a modo suo, tutto qui…»
    «È stato molto coraggioso, vero?» disse Hermione, sporgendosi per guardare Krum che atterrava e lo sciame di medi-maghi che si apriva un varco a bacchettate tra i Lepricani e le Veela in piena rissa per raggiungerlo. «Sembra ridotto male…»
    Harry riportò l’Omniocolo agli occhi. Era difficile vedere che cosa succedeva di sotto, perché i Lepricani sfrecciavano esilarati per tutto il campo, ma riuscì a distinguere Krum, circondato da medimaghi. Sembrava più corrucciato che mai, e non permise che gli tamponassero il sangue. I suoi compagni di squadra lo attorniavano scuotendo la testa con aria sconfitta; poco più in là, i giocatori irlandesi ballavano in una pioggia d’oro che scendeva dalle loro Mascotte. Per tutto lo stadio sventolavano bandiere, l’inno nazionale irlandese risuonava da tutte le parti; le Veela stavano tornando al loro consueto bell’aspetto benché scoraggiate e depresse.
    «Be’, abiamo giocato bene» disse una voce sconfortata alle spalle di Harry. Lui si voltò: era il Ministro della Magia bulgaro.
    «Lei parla inglese!» disse Caramell in tono offeso. «E mi ha fatto parlare a gesti per tutto il giorno!»
    «Be’, ha stato molto divertente» disse il Ministro bulgaro con un’alzata di spalle.
    «E mentre la Nazionale Irlandese fa un giro d’onore, accompagnata dalle sue Mascotte, la Coppa del Mondo di Quidditch viene portata in Tribuna d’onore!» ruggi Bagman.
    Gli occhi di Harry furono improvvisamente abbagliati da un’accecante luce bianca, mentre la Tribuna d’onore s’illuminava per magia così che dagli spalti tutti potessero vederne l’interno. Strizzando gli occhi verso l’ingresso vide due maghi affannati che trasportavano in tribuna un’enorme coppa d’oro; la consegnarono a Cornelius Caramell, ancora molto irritato al pensiero di aver parlato a gesti tutto il giorno per niente.
    «E ora un bell’applauso ai prodi sconfitti — la Bulgaria!» urlò Bagman.
    E dalle scale entrarono in tribuna i sette giocatori bulgari battuti. La folla applaudiva in segno di stima; Harry vide migliaia e migliaia di lenti di Omniocoli che lampeggiavano e ammiccavano nella loro direzione.
    Uno per uno, i Bulgari sfilarono tra gli ordini di posti della tribuna, e Bagman gridò il nome di ciascuno mentre stringevano la mano al loro Ministro e poi a Caramell. Krum, che era l’ultimo, era davvero in condizioni disastrose. Sul viso insanguinato gli si stavano gonfiando due occhi neri a velocità spettacolare. Teneva ancora il Boccino. Harry notò che a terra sembrava molto meno coordinato: aveva un principio di piedi piatti e le spalle piuttosto cascanti. Ma quando venne pronunciato il suo nome, tutto quanto lo stadio rispose con un boato spaccatimpani.
    E poi venne la Nazionale Irlandese. Aidan Lynch era sorretto da Moran e Connolly; il secondo schianto sembrava averlo intontito e aveva uno sguardo decisamente annebbiato. Ma fece un sorriso allegro quando Troy e Quigley sollevarono la Coppa e la folla di sotto tuonò la sua approvazione. Harry non si sentiva più le mani dagli applausi.
    Finalmente, quando la Nazionale Irlandese si fu allontanata dalla tribuna per compiere un altro giro d’onore a cavallo delle scope (Aidan Lynch saldamente aggrappato a Connolly, continuando a sorridere vagamente perplesso), Bagman puntò la bacchetta contro la propria gola e mormorò: «Quietus».
    «Se ne parlerà per anni» disse con voce roca, «un colpo di scena davvero inaspettato, quello… peccato che non sia potuta durare di più… ah, sì… sì, vi devo… quanto?»
    Perché Fred e George avevano appena scavalcato i loro sedili ed erano in piedi davanti a Ludo Bagman con un gran sorriso stampato in faccia e le mani tese.
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