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Harry Potter e il Principe Mezzosangue (5824 citazioni)
   1) L'altro ministro (133 citazioni)
   2) Spinner's End (174 citazioni)
   3) Lettera e testamento (151 citazioni)
   4) Horace Lumacorno (235 citazioni)
   5) Un eccesso di flebo (274 citazioni)
   6) La deviazione di Draco (229 citazioni)
   7) Il Lumaclub (241 citazioni)
   8) Il trionfo di Piton (139 citazioni)
   9) Il Principe Mezzosangue (194 citazioni)
   10) La casa di Gaunt (209 citazioni)
   11) Una mano da Hermione (166 citazioni)
   12) Argento e Opali (197 citazioni)
   13) Il Riddle segreto (202 citazioni)
   14) Felix Felicis (211 citazioni)
   15) Il voto infrangibile (205 citazioni)
   16) Un Natale molto gelato (234 citazioni)
   17) Un ricordo lumacoso (214 citazioni)
   18) Sorprese di compleanno (231 citazioni)
   19) Roba da elfi (209 citazioni)
   20) La richiesta di Lord Voldemort (205 citazioni)
   21) La stanza delle necessità (192 citazioni)
   22) Dopo il funerale (225 citazioni)
   23) Gli Horcrux (160 citazioni)
   24) Sectumsempra (164 citazioni)
   25) La veggente spiata (220 citazioni)
   26) La caverna (225 citazioni)
   27) La torre (166 citazioni)
   28) La fuga del Principe (99 citazioni)
   29) Il lamento della Fenice (187 citazioni)
   30) La tomba bianca (133 citazioni)
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Il trionfo di Piton


   Harry non riusciva a muovere un muscolo. Rimase disteso sotto il Mantello dell’Invisibilità sentendosi scorrere il sangue caldo e bagnato sul volto, ascoltando le voci e i passi nel corridoio. Il suo primo pensiero fu che qualcuno avrebbe certamente controllato gli scompartimenti prima che il treno ripartisse. Ma sopravvenne immediatamente la scoraggiante consapevolezza che, se anche qualcuno avesse guardato nello scompartimento, non l’avrebbe visto né udito. La sua unica speranza era che qualcuno entrasse e inciampasse su di lui.
    Harry non aveva mai odiato tanto Malfoy come in quel momento, disteso lì come un’assurda tartaruga rivoltata sul dorso, col sangue che gli gocciolava nauseante nella bocca aperta. In che situazione stupida si era ficcato… e adesso gli ultimi passi si allontanavano; tutti marciavano lungo il binario scuro là fuori; sentiva il grattare dei bauli e il rumoroso brusio delle chiacchiere.
    Ron e Hermione avrebbero pensato che fosse sceso senza di loro. Ora che fossero arrivati a Hogwarts e avessero preso posto nella Sala Grande, percorso con lo sguardo il tavolo di Grifondoro un po’ di volte e compreso alla fine che non c’era, lui sarebbe già stato a metà strada verso Londra.
    Cercò di fare un rumore, anche un grugnito, ma era impossibile. Poi si ricordò che alcuni maghi, come Silente, sapevano fare incantesimi senza parlare, così cercò di Appellare la sua bacchetta ripetendo le parole Accio bacchetta! più e più volte nella mente, ma non successe nulla.
    Gli parve di sentire il fruscio degli alberi che circondavano il lago, e il remoto tubare di un gufo, ma nessun suono che indicasse una ricerca in corso, e nemmeno (si disprezzò un po’ per averlo sperato) voci di panico che si chiedessero dov’era finito Harry Potter. La disperazione lo assalì: immaginava il corteo di carrozze trascinate dai Thestral che saliva lentamente verso la scuola e le risate soffocate in quella di Malfoy, che raccontava ai compagni Serpeverde il suo attacco a Harry.
    Il treno sussultò, facendo rotolare Harry sul fianco. Ora fissava la polverosa parte inferiore dei sedili, invece del soffitto. Il pavimento prese a vibrare mentre il motore rombava a nuova vita. L’Espresso era in partenza e nessuno sapeva che lui era ancora a bordo…
    Poi sentì il Mantello scivolargli di dosso e una voce sopra di lui dire: «Ciao, Harry».
    Ci fu un lampo di luce rossa e il corpo di Harry si scongelò; riuscì a trascinarsi in una più dignitosa posizione seduta, a ripulire in fretta dal sangue il volto ammaccato e ad alzare la testa, per vedere Tonks che reggeva il Mantello.
    «Sbrighiamoci a uscire di qui» disse lei, mentre i finestrini del treno si oscuravano per il vapore e il convoglio si metteva in moto. «Vieni, saltiamo giù».
    Harry la seguì di corsa nel corridoio. Tonks aprì la porta e balzò sul marciapiede, che pareva scivolare sotto di loro mentre il treno guadagnava velocità. Harry la imitò, barcollò appena quando atterrò, poi si raddrizzò in tempo per vedere la lucente locomotiva scarlatta accelerare, affrontare la curva e sparire.
    La fredda aria notturna era come un balsamo sul suo naso pulsante. Tonks lo osservò; Harry era furioso e imbarazzato per essere stato scoperto in una posizione così ridicola. Senza parlare lei gli restituì il Mantello dell’Invisibilità.
    «Chi è stato?»
    «Draco Malfoy» rispose Harry amareggiato. «Grazie per… be’…»
    «Non c’è problema» replicò Tonks senza sorridere. Da quanto Harry riusciva a vedere al buio, aveva gli stessi capelli color topo e l’aria depressa di quando si erano incontrati alla Tana. «Posso ripararti il naso, se stai fermo».
    Harry non apprezzò granché la proposta; aveva in mente di andare da Madama Chips, l’infermiera, nella quale riponeva un po’ più di fiducia riguardo agli Incantesimi di Guarigione, ma gli sembrava sgarbato dirlo, così rimase immobile e chiuse gli occhi.
    «Epismendo» disse Tonks.
    Harry sentì il naso molto caldo, poi molto freddo. Alzò una mano e se lo tastò con cautela. Sembrava aggiustato.
    «Grazie mille!»
    «Rimettiti quel Mantello, così possiamo andare a scuola a piedi» aggiunse Tonks, sempre senza un sorriso. Mentre Harry si riavvolgeva nel Mantello lei agitò la bacchetta; ne scaturì un’immensa, argentea creatura a quattro zampe che corse via nell’oscurità.
    «Era un Patronus?» chiese Harry, che aveva visto Silente mandare dei messaggi a quel modo.
    «Sì, sto avvisando il castello che ti ho trovato, o si preoccuperanno. Andiamo, meglio non perdere tempo».
    Si avviarono lungo il viale che portava alla scuola.
    «Come hai fatto a trovarmi?»
    «Mi sono accorta che non eri sceso dal treno e sapevo che avevi il Mantello. Ho pensato che ti stessi nascondendo per qualche ragione. Quando ho visto le tende abbassate in quello scompartimento ho deciso di controllare».
    «Ma che cosa ci fai qui, comunque?» domandò ancora Harry.
    «Sono distaccata a Hogsmeade, adesso, per dare più protezione alla scuola» rispose Tonks.
    «Ci sei solo tu di stanza qui, o…»
    «No, anche Proudfoot, Savage e Dawlish».
    «Dawlish, l’Auror che Silente ha attaccato l’anno scorso?»
    «Sì, lui».
    Si trascinarono su per il viale buio e deserto, seguendo le tracce fresche lasciate dalle carrozze. Harry guardò Tonks in tralice da sotto il Mantello. L’anno prima era curiosa (fin troppo, in certi momenti), pronta alle risate, e con la battuta facile. Ora sembrava più vecchia e molto più seria e determinata. Era a causa degli eventi al Ministero? Un po’ imbarazzato, pensò che Hermione gli avrebbe suggerito di dirle qualcosa di consolatorio su Sirius, che non era stata affatto colpa sua, ma non ci riuscì. Non l’accusava minimamente della morte di Sirius; non era colpa sua più che di chiunque altro (e molto meno che di Harry), ma non gli andava di parlare di Sirius se poteva farne a meno. E così continuarono a marciare in silenzio nella notte fredda, col lungo mantello di Tonks che frusciava sul terreno.
    Poiché era sempre salito al castello in carrozza, Harry non aveva mai capito bene quanto fosse lontana Hogwarts dalla stazione di Hogsmeade. Con enorme sollievo vide infine le alte colonne ai due lati dei cancelli, ciascuna col suo cinghiale alato in cima. Aveva freddo, fame e una gran voglia di lasciarsi alle spalle questa nuova, cupa Tonks. Ma quando protese una mano per aprire i cancelli, scoprì che erano chiusi da catene.
    «Alohomora!»esclamò fiducioso, puntando la bacchetta sul lucchetto, ma non successe nulla.
    «Con questi non funziona» lo informò Tonks. «Silente li ha stregati personalmente».
    Harry si guardò intorno.
    «Potrei scalare un muro» suggerì.
    «No che non potresti» rispose lei in tono piatto. «Ci sono fatture anti-intrusìone dappertutto. La sicurezza è stata aumentata un sacco quest’estate».
    «D’accordo» ribatté Harry, che cominciava a essere seccato dalla sua mancanza di collaborazione. «Allora dovrò dormire qui fuori e aspettare domattina».
    «Qualcuno sta scendendo a prenderti» disse Tonks. «Guarda».
    Una lanterna dondolava lontano, ai piedi del castello. Harry fu così lieto di vederla che sentì di poter sopportare perfino i rimproveri asmatici di Gazza e le sue tirate su come la puntualità sarebbe migliorata con la regolare applicazione di schiacciapollici. Fu solo quando la brillante luce gialla fu a tre metri da loro, e Harry si fu tolto il Mantello dell’Invisibilità, che riconobbe, con un fiotto di puro odio, il naso adunco e i lunghi, unti capelli neri di Severus Piton.
    «Bene, bene, bene» sogghignò. Estrasse la bacchetta e diede un solo colpo al lucchetto: le catene strisciarono via e i cancelli si aprirono cigolando. «Carino da parte tua farti vedere, Potter, anche se evidentemente a tuo giudizio indossare la divisa scolastica è lesivo della tua immagine».
    «Non ho potuto cambiarmi, non avevo il…» cominciò Harry, ma Piton lo interruppe.
    «Non c’è bisogno che aspetti, Ninfadora. Potter è decisamente… sì… al sicuro nelle mie mani».
    «Il mio messaggio era per Hagrid» rispose Tonks, accigliata.
    «Hagrid era in ritardo per il banchetto, proprio come Potter, quindi l’ho ricevuto io. E tra parentesi» aggiunse Piton, facendosi da parte per lasciar entrare Harry, «ero curioso di vedere il tuo nuovo Patronus».
    Le chiuse il cancello in faccia con un urto sonoro e picchiettò di nuovo le catene con la bacchetta, così che strisciarono al loro posto tintinnando.
    «Preferivo quello vecchio» commentò Piton, con evidente malignità nella voce. «Quello nuovo sembra debole».
    Alla luce dondolante della lanterna, Harry colse di sfuggita sul viso di Tonks un’espressione insieme scioccata e furente. Poi fu di nuovo inghiottita dall’oscurità.
    «Buonanotte» le gridò voltandosi indietro, mentre saliva con Piton verso il castello. «Grazie di… tutto».
    «Ci vediamo, Harry».
    Piton non parlò per qualche minuto. Harry sentiva l’odio emanare a ondate dal proprio corpo, ondate così potenti che sembrava impossibile che Piton non se ne sentisse avvolto; non solo Harry lo detestava dal loro primo incontro, ma per di più, con il suo atteggiamento verso Sirius, Piton si era posto per sempre e irrevocabilmente al di là di ogni possibile perdono. Harry aveva avuto tutto il tempo di riflettere durante l’estate: qualunque cosa dicesse Silente, era convinto che le insinuazioni di Piton sul fatto che Sirius restasse nascosto, mentre il resto dell’Ordine della Fenice combatteva Voldemort, probabilmente erano state decisive nello spingere Sirius a correre al Ministero la notte della sua morte. Harry si aggrappava a questa idea perché gli dava modo di incolpare Piton, cosa che lo consolava, e poi perché sapeva che, se qualcuno al mondo non era per nulla dispiaciuto per la morte di Sirius, questi era l’uomo che ora camminava davanti a lui nel buio.
    «Cinquanta punti in meno per Grifondoro grazie al tuo ritardo, direi» cominciò Piton. «E, fammi pensare, altri venti per il tuo abbigliamento Babbano. Sai, non credo che nessuna Casa abbia mai avuto un punteggio tanto negativo in così poco tempo: non siamo ancora arrivati al dolce. Forse hai stabilito un record, Potter».
    La furia e l’odio che ribollivano dentro Harry diventarono incandescenti, ma avrebbe preferito restare paralizzato per tutto il viaggio di ritorno a Londra che dire a Piton come mai era in ritardo.
    «Avevi in mente un ingresso trionfale, suppongo» riprese Piton. «E senza auto volanti a disposizione hai deciso che irrompere nella Sala Grande a metà banchetto sarebbe stato un bell’effetto teatrale».
    Harry rimase ancora in silenzio, anche se sentiva il petto scoppiargli. Sapeva che Piton era venuto a prenderlo per questo, per i pochi minuti in cui avrebbe potuto torturarlo e tormentarlo senza che nessun altro lo sentisse.
    Finalmente raggiunsero la scalinata del castello e mentre i grandi battenti di quercia si spalancavano sull’enorme Sala d’Ingresso lastricata, un’esplosione di chiacchiere, risate, piatti e bicchieri li accolse attraverso la porta della Sala Grande. Harry si chiese se doveva rimettersi il Mantello dell’Invisibilità, guadagnando così il proprio posto alla lunga tavola di Grifondoro (che purtroppo era la più lontana dalla Sala d’Ingresso) senza farsi notare.
    Però, come se gli avesse letto nel pensiero, Piton disse: «Niente Mantello. Entrerai in modo che tutti ti vedano: che poi era quello che volevi, no?»
    Harry si voltò e marciò dritto oltre le porte aperte: qualunque cosa pur di allontanarsi da Piton. La Sala Grande, con i suoi quattro lunghi tavoli delle Case e il tavolo degli insegnanti sul fondo, era decorata come al solito da candele galleggianti che facevano scintillare i piatti. Harry tuttavia vedeva solo un brillante alone confuso. Camminava così veloce che superò la tavola di Tassorosso prima che i ragazzi potessero cominciare a fissarlo, e quando si alzarono in piedi per vederlo bene aveva già individuato Ron e Hermione, era sfrecciato lungo le panche verso di loro e si era insinuato a forza tra i due.
    «Dove sei… Santo cielo, che cosa ti sei fatto alla faccia?» chiese Ron, con gli occhi sgranati come tutti gli altri nelle vicinanze.
    «Perché, che cos’ha che non va?» chiese Harry. Afferrò un cucchiaio e guardò il proprio riflesso deformato.
    «Sei coperto di sangue!» esclamò Hermione. «Vieni qui…»
    Levò la bacchetta, disse: «Tergeo!»e aspirò il sangue secco.
    «Grazie» fece Harry, toccandosi il viso pulito. «Com’è il mio naso?»
    «Normale» rispose Hermione, tesa. «Perché non dovrebbe? Harry, che cosa è successo? Eravamo spaventatissimi!»
    «Ve lo spiego dopo» replicò lui, asciutto. Sapeva che Ginny, Neville, Dean e Seamus erano lì in ascolto; perfino Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma di Grifondoro, era arrivato fluttuando lungo la panca per origliare.
    «Ma…» disse Hermione.
    «Non ora, Hermione» scandì Harry in un eloquente tono cupo. Sperava che tutti pensassero che fosse stato coinvolto in qualcosa di eroico, possibilmente con un paio di Mangiamorte e un Dissennatore. Naturalmente Malfoy avrebbe raccontato la storia più diffusamente che poteva, ma c’era sempre una probabilità che non raggiungesse troppe orecchie di Grifondoro.
    Si protese oltre Ron per prendere un paio di cosce di pollo e una manciata di patatine, ma prima che riuscisse ad afferrarle scomparvero, sostituite dai dolci.
    «Ti sei perso lo Smistamento, comunque» disse Hermione, mentre Ron si lanciava su una grossa torta al cioccolato.
    «Il Cappello ha detto qualcosa di interessante?» chiese Harry, prendendo una fetta di torta alla melassa.
    «Il solito, direi… Ci ha consigliato di stare uniti per far fronte ai nemici».
    «Silente ha nominato Voldemort?»
    «Non ancora, ma tiene sempre il vero discorso per dopo cena, no? Non può mancare molto».
    «Piton ha detto che Hagrid era in ritardo…»
    «Hai visto Piton? Come mai?» chiese Ron tra avidi bocconi di dolce.
    «L’ho incontrato per caso» rispose Harry evasivo.
    «Hagrid è arrivato solo con qualche minuto di ritardo» disse Hermione. «Guarda, ti sta salutando, Harry».
    Harry guardò verso la tavola degli insegnanti e fece un gran sorriso a Hagrid, che in effetti stava agitando la mano. Hagrid non riusciva mai a comportarsi con la dignità della professoressa McGranitt, direttore della Casa di Grifondoro, la cui testa spuntava tra il suo gomito e la sua spalla, visto che erano seduti fianco a fianco, e che osservava con disapprovazione quel saluto entusiastico. Harry fu sorpreso di vedere l’insegnante di Divinazione, la professoressa Cooman, seduta all’altro lato di Hagrid; abbandonava di rado la sua stanza nella torre e lui non l’aveva mai vista al banchetto d’inizio anno. Era stravagante come al solito, tutta uno scintillio di perline e scialli drappeggiati, gli occhi enormemente dilatati dagli occhiali. Avendola sempre considerata un po’ un’impostora, Harry era rimasto scioccato, alla fine dell’anno precedente, scoprendo che era lei l’autrice della profezia che aveva indotto Voldemort a uccidere i suoi genitori e ad aggredire lui. Saperlo l’aveva reso ancora meno desideroso di ritrovarsi in sua compagnia, ma grazie al cielo quell’anno non avrebbe più seguito Divinazione. Gli enormi occhi a fanale della professoressa Cooman ruotarono su Harry, che distolse in fretta lo sguardo per puntarlo sulla tavola di Serpeverde. Draco Malfoy stava mimando la rottura di un naso, in mezzo a risate roche e applausi. Harry abbassò lo sguardo sulla torta alla melassa, e si sentì di nuovo ribollire. Che cosa non avrebbe dato per sfidare Malfoy faccia a faccia…
    «Allora, che cosa voleva il professor Lumacorno?» chiese Hermione.
    «Sapere che cos’è successo veramente al Ministero» rispose Harry.
    «Come tutti gli altri» sbuffò Hermione. «La gente ci ha fatto un interrogatorio, sul treno, eh, Ron?»
    «Già» confermò Ron. «Volevano tutti sapere se sei davvero il Prescelto…»
    «Si è parlato molto di questo argomento anche tra i fantasmi» lo interruppe Nick-Quasi-Senza-Testa, reclinando verso Harry il capo a malapena unito al corpo, tanto che oscillò pericolosamente sulla gorgiera. «Io sono considerato un’autorità su Potter; è ben noto che siamo in rapporti amichevoli. Ho assicurato alla comunità degli spiriti che non ti tormenterò per avere informazioni, tuttavia. ‘Harry Potter sa che può confidarsi con me con la massima tranquillità’ ho detto loro. ‘Morirei piuttosto che tradire la sua fiducia’».
    «Non è una gran promessa, visto che sei già morto» osservò Ron.
    «Ancora una volta dimostri la sensibilità di un’ascia smussata» ribatté Nick-Quasi-Senza-Testa in tono offeso. Si librò a mezz’aria e svolazzò via verso l’estremità della tavola di Grifondoro proprio mentre Silente si alzava dalla tavola degli insegnanti. Le chiacchiere e le risate nella Sala si zittirono quasi all’istante.
    «Buonissima serata a voi!» esordì il Preside con un gran sorriso, le braccia aperte come a comprendere tutta quanta la Sala.
    «Che cosa si è fatto alla mano?» chiese Hermione senza fiato.
    Non fu la sola a notare la mano destra di Silente, nera e come priva di vita. Sussurri attraversarono la Sala; Silente, interpretandoli nel giusto modo, si limitò a sorridere e fece scivolare la manica viola e oro sulla ferita.
    «Niente di cui preoccuparsi» disse in tono leggero. «Ora… ai nostri nuovi studenti, benvenuti; ai vecchi, bentornati! Un altro anno di istruzione magica vi attende…»
    «Era già così, quando l’ho visto quest’estate» mormorò Harry a Hermione. «Pensavo che ormai l’avesse curata, però… o che l’avrebbe fatto Madama Chips».
    «Sembra morta» commentò Hermione con espressione nauseata. «Ma ci sono ferite che non si possono guarire… vecchie maledizioni… e ci sono veleni senza antidoto…»
    «… e il signor Gazza, il nostro custode, mi ha chiesto di dirvi che vige il veto generale sull’utilizzo di qualunque scherzo acquistato nel negozio Tiri Vispi Weasley.
    «Coloro che desiderano entrare a far parte delle squadre di Quidditch devono dare i loro nomi ai direttori delle Case, come al solito. Stiamo cercando anche nuovi cronisti, che dovranno fare lo stesso.
    «Siamo lieti di dare il benvenuto a un nuovo membro del corpo insegnante quest’anno. Il professor Lumacorno» e Lumacorno si alzò, la testa calva scintillante alla luce delle candele, il grosso ventre foderato dal panciotto che gettava un’ombra sulla tavola sotto di lui, «è un mio ex collega che ha accettato di riprendere il suo vecchio ruolo di insegnante di Pozioni».
    «Pozioni?»
    «Pozioni?»
    La parola echeggiò per tutta la Sala mentre i ragazzi si chiedevano se avevano sentito bene.
    «Pozioni?» fecero in coro Ron e Hermione, voltandosi per fissare Harry. «Ma avevi detto…»
    «Il professor Piton, nel frattempo» continuò Silente, alzando la voce per superare i borbottii, «ricoprirà il ruolo di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure».
    «No!» esclamò Harry, così forte che molte teste si voltarono dalla sua parte. Non ci badò; fissava la tavola degli insegnanti, esasperato. Come era possibile che a Piton fosse stata assegnata la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure dopo tutto quel tempo? Non si sapeva da anni che Silente non si fidava di lui per quel ruolo?
    «Ma Harry, non avevi detto che Lumacorno avrebbe insegnato Difesa contro le Arti Oscure?» disse Hermione.
    «Era quello che credevo!» rispose Harry, frugando nella memoria per ricordare quando Silente gliene aveva parlato. Ma ora che ci pensava, non riuscì a ricordare che Silente gli avesse mai detto quale materia avrebbe insegnato Lumacorno.
    Piton, seduto alla destra di Silente, non si alzò quando fu citato, ma levò solo una mano in pigro ringraziamento per l’applauso della tavola di Serpeverde. Harry però fu certo di aver riconosciuto il trionfo sul volto tanto detestato.
    «Be’, una cosa buona c’è» disse con furia. «Piton se ne andrà alla fine dell’anno».
    «Come sarebbe?» gli chiese Ron.
    «Quel lavoro è stregato. Nessuno dura più di un anno… Raptor è addirittura morto. Personalmente terrò le dita incrociate sperando che anche Piton…»
    «Harry!»lo riprese Hermione, scioccata e severa.
    «Potrebbe tornare a insegnare Pozioni, alla fine dell’anno» suggerì Ron ragionevole. «Quel Lumacorno potrebbe non volersi fermare a lungo, Moody non l’ha fatto».
    Silente si schiarì la gola. Harry, Ron e Hermione non erano i soli a parlottare; tutta quanta la Sala era esplosa in un ronzio di commenti alla notizia che finalmente Piton aveva realizzato il suo più grande desiderio. Apparentemente ignaro della natura sensazionale dell’annuncio che aveva appena dato, Silente non disse altro sulle nomine degli insegnanti, ma aspettò qualche secondo per ottenere assoluto silenzio prima di riprendere.
    «Ora, come tutti i presenti sanno, Lord Voldemort e i suoi seguaci sono ancora una volta in libertà e riprendono forza».
    Il silenzio parve tendersi e allungarsi alle parole di Silente. Harry osservò Malfoy: non guardava Silente, ma faceva galleggiare la sua forchetta a mezz’aria con la bacchetta, come se trovasse le parole del Preside indegne della sua attenzione.
    «Non potrò mai sottolineare abbastanza quanto siano pericolose le attuali circostanze, e quanta attenzione ciascuno di noi a Hogwarts debba prestare per garantire la nostra sicurezza. Le difese magiche del castello sono state rafforzate durante l’estate, siamo protetti con mezzi nuovi e potenti, ma dobbiamo mantenere alto il livello di guardia contro le eventuali negligenze di studenti o di personale della scuola. Vi raccomando dunque di attenervi a tutte le restrizioni che i vostri insegnanti potrebbero imporvi, per quanto fastidiose vi appaiano: in particolare, il divieto di trovarvi fuori dai vostri letti di notte. Vi supplico, se doveste notare qualcosa di strano o sospetto dentro o fuori il castello, di riferirlo subito a un insegnante. Confido che vi comporterete sempre con il massimo rispetto per la sicurezza vostra e di tutti gli altri».
    Gli occhi azzurri di Silente corsero sopra gli studenti prima che sorridesse di nuovo.
    «Ma ora i vostri letti vi attendono, caldi e comodi, e so che il vostro più grande desiderio è di essere ben riposati per le lezioni di domani. Vi auguro dunque la buonanotte. Hasta la vista!»
    Con il solito grattare assordante, le panche furono ritirate e centinaia di studenti presero a scorrere fuori dalla Sala Grande verso i loro dormitori. Harry, che non aveva alcuna fretta di sfilare davanti a una folla occhieggiante, né di avvicinarsi a Malfoy tanto da consentirgli di raccontare di nuovo la storia del naso calpestato, rimase indietro, fingendo di riallacciarsi la scarpa e lasciando che gran parte dei Grifondoro lo superassero. Hermione era scattata in avanti per adempiere al suo dovere di prefetto e guidare i ragazzini del primo anno, ma Ron rimase con Harry.
    «Che cosa è successo veramente al tuo naso?» gli chiese quando si ritrovarono in coda, al riparo da orecchie indiscrete.
    Harry glielo raccontò. Fu un chiaro segno della forza della loro amicizia che Ron non ridesse.
    «Ho visto Malfoy mimare qualcosa che c’entrava con un naso» disse cupo.
    «Sì, be’, non importa» replicò Harry amareggiato. «Senti un po’ che cosa ha detto prima di scoprire che c’ero anch’io…»
    Harry si aspettava che Ron restasse sbalordito dalle parole di Malfoy. Con quella che giudicò pura ostinazione, tuttavia, Ron rimase impassibile.
    «Ma dai, Harry, faceva solo un po’ di scena per la Parkinson… che tipo di missione gli può avere affidato Tu-Sai-Chi?»
    «Come fai a sapere che Voldemort non ha bisogno di qualcuno a Hogwarts? Non sarebbe il primo…»
    «Preferisco che tu la smetta di dire quel nome, Harry» intervenne una voce alle loro spalle. Harry si guardò indietro e vide Hagrid che scuoteva il capo.
    «Silente lo usa» ribatté, testardo.
    «Sicuro, ma lui è Silente, no?» fece Hagrid misterioso. «Come mai eri in ritardo, Harry? Sono stato in pensiero».
    «Sono rimasto indietro sul treno» rispose Harry. «E tu, perché eri in ritardo?»
    «Ero con Grop» disse Hagrid tutto felice. «Mi è scappato il tempo. Ci ha una casa nuova su sulle montagne adesso, Silente ce l’ha preparata, una bella caverna grande. È molto più contento di quando stava nella Foresta. Ci stavamo facendo una bella chiacchierata».
    «Sul serio?» chiese Harry, facendo attenzione a non incrociare lo sguardo di Ron; l’ultima volta che aveva incontrato il fratellastro di Hagrid, un feroce gigante con uno spiccato talento per sradicare gli alberi, il suo vocabolario comprendeva cinque parole, e due non riusciva a pronunciarle bene.
    «Oh sì, è proprio migliorato» disse Hagrid fiero. «Roba da lasciarvi secchi. Sto pensando di tirarlo su come mio assistente».
    Ron sbuffò forte, ma riuscì a farlo passare per un violento starnuto. Ormai erano davanti all’enorme portone di quercia.
    «Comunque vi vedo domani, prima lezione subito dopo pranzo. Se venite presto potrete salutare Fiero… voglio dire, Alisecco!»
    Alzò il braccio in un saluto affettuoso e uscì nell’oscurità.
    Harry e Ron si guardarono. Harry sapeva che Ron sentiva il suo stesso groppo nello stomaco.
    «Tu fai Cura delle Creature Magiche?»
    Ron scosse il capo.
    «E nemmeno tu, vero?»
    Anche Harry scosse il capo.
    «E Hermione»aggiunse Ron, «neanche, eh?»
    Harry scosse di nuovo la testa. Non voleva pensare a cosa avrebbe detto Hagrid scoprendo che i suoi tre studenti preferiti avevano detto addio alla sua materia.
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