«Non dite a vostra madre che avete scommesso» implorò il signor Weasley rivolto a Fred e George, mentre tutti quanti scendevano lentamente le scale.
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«Non preoccuparti, papà» disse Fred allegro, «abbiamo grandi progetti per questo denaro, non vogliamo farcelo requisire».
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Per un attimo, il signor Weasley sembrò sul punto di chiedere di quali progetti si trattava, ma poi, dopo una breve riflessione, decise che non voleva saperlo.
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Ben presto si trovarono imbottigliati nella folla in uscita dallo stadio verso il campeggio. Canti rauchi si levavano nell’aria notturna mentre ripercorrevano il cammino lungo il sentiero illuminato dalle lanterne, e i Lepricani continuavano a sfrecciare sopra le loro teste, ridacchiando e agitando i loro lumini. Quando finalmente raggiunsero le tende, nessuno aveva voglia di dormire, e visto il livello di chiasso attorno a loro, il signor Weasley decise che potevano prendere un’ultima tazza di cioccolata insieme prima di coricarsi. Ben presto si ritrovarono a discutere animatamente sulla partita; il signor Weasley si fece trascinare in una disputa con Charlie sulle sgomitate, e fu solo quando Ginny cadde addormentata sul tavolino e rovesciò cioccolata calda su tutto il pavimento che il signor Weasley dette un taglio ai commenti e li mandò tutti a letto. Hermione e Ginny entrarono nella tenda accanto, e Harry e gli altri Weasley s’infilarono il pigiama e si arrampicarono nei loro letti a castello. Dall’altra parte del campeggio si udivano ancora canti e l’eco di qualche sporadica esplosione.
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«Oh, sono felice di non essere in servizio» borbottò il signor Weasley assonnato, «non mi piacerebbe proprio dover andare a dire agli Irlandesi che devono smettere di festeggiare».
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Nel letto sopra quello di Ron, Harry rimase sveglio a fissare il soffitto di tela, da cui trapelava ogni tanto il bagliore di un’occasionale lanterna di Lepricani, e rivivendo nel pensiero alcune delle più spettacolari azioni di Krum. Moriva dalla voglia di tornare a cavallo della sua Firebolt e provare la Finta Wronsky… con tutti i suoi schemi contorti Oliver Baston non era mai riuscito a spiegare per bene come fare quell’azione… Harry si vide vestito di abiti con il suo nome ricamato sulla schiena, e immaginò la sensazione che si doveva provare ascoltando il ruggito di una folla di centomila persone, mentre la voce di Ludo Bagman echeggiava per tutto lo stadio: «Ecco a voi… Potter!»
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Harry non seppe mai se si fosse veramente addormentato o no — le sue fantasticherie sul volare come Krum potevano anche essersi trasformate in sogni veri e propri — seppe solo che, all’improvviso, il signor Weasley stava urlando.
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«Alzatevi! Ron… Harry… venite subito, alzatevi, presto!»
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Harry balzò a sedere e urtò la tela con la testa.
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«Co… cosa succede?» disse.
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Intuiva vagamente che qualcosa non andava. I rumori nel campeggio erano cambiati. I canti erano finiti. Udì grida, e il rumore di passi di corsa.
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Scivolò giù dal letto a castello e cercò i suoi vestiti, ma il signor Weasley, che si era infilato i jeans sul pigiama, disse: «Non c’è tempo, Harry… prendi una giacca ed esci… in fretta!»
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Harry esegui e si precipitò fuori dalla tenda, seguito da Ron. Alla luce dei pochi fuochi ancora accesi, vide gente che correva nei boschi, sfuggendo a qualcosa che si muoveva nel campo verso di loro, qualcosa che emetteva strani lampi di luce, e rumori simili a spari. Alti ululati, risate fragorose e urla di ubriachi avanzavano dalla loro parte; poi ci fu un’esplosione di intensa luce verde, che illuminò la scena.
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Una folla di maghi avanzava lentamente nel campo a ranghi serrati, le bacchette puntate verso l’alto. Harry strizzò gli occhi per vedere meglio… sembrava che non avessero faccia… poi capì che erano incappucciati. Sopra di loro a mezz’aria, quattro sagome si divincolavano e si contorcevano in forme grottesche. Due di esse erano molto piccole. Era come se i maghi mascherati fossero burattinai, e le sagome sopra di loro burattini azionati da fili invisibili che spuntavano dalle bacchette.
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Altri maghi si univano al gruppo, ridendo e additando i corpi galleggianti in alto. Tende si afflosciavano e cadevano mentre la folla in marcia aumentava. Una o due volte Harry vide uno dei maghi far saltar via una tenda dal suo cammino con la bacchetta. Parecchie presero fuoco. Le urla si fecero più alte.
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Il rogo di una tenda illuminò all’improvviso le persone in aria, e Harry riconobbe una di loro: era il signor Roberts, il direttore del campeggio. Gli altri tre dovevano essere sua moglie e i suoi figli. A un tocco di bacchetta di uno dei maghi in marcia la signora Roberts si ribaltò a testa in giù, e la camicia da notte ricadde rivelando ampi mutandoni; lei cercò di coprirsi mentre la folla al di sotto strillava e fischiava sguaiatamente.
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«È orribile» mormorò Ron, guardando il più piccolo dei bambini babbani, che aveva cominciato a girare come una trottola, a venti metri dal suolo, la testa che ciondolava da una parte all’altra. «È davvero orribile…»
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Hermione e Ginny li raggiunsero di corsa, infilandosi le giacche sulle camicie da notte, con il signor Weasley alle loro spalle. Nello stesso istante, Bill, Charlie e Percy affiorarono dalla tenda dei ragazzi, completamente vestiti, con le maniche rimboccate e le bacchette in pugno.
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«Andiamo a dare una mano al Ministero» gridò il signor Weasley sopra il frastuono, arrotolandosi le maniche a sua volta. «Voialtri… entrate nel bosco, e restate uniti. Verrò a prendervi quando avremo sistemato la faccenda!»
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Bill, Charlie e Percy stavano già sfrecciando verso la folla; il signor Weasley si lanciò dietro di loro. Maghi del Ministero accorrevano da ogni parte. La moltitudine sotto i Roberts era sempre più vicina.
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«Andiamo» disse Fred, prendendo per mano Ginny e trascinandola verso il bosco. Harry, Ron, Hermione e George li seguirono. Una volta raggiunti gli alberi si voltarono: videro i maghi del Ministero cercare di attraversare la calca per raggiungere i maghi incappucciati al centro, ma era un’impresa difficile. Parevano non voler scagliare incantesimi che rischiassero di far precipitare i Roberts.
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Le lanterne colorate lungo il sentiero verso lo stadio erano state spente. Cupe sagome inciampavano tra gli alberi; i bambini piangevano; urla angosciate e voci pervase dal panico rimbombavano attorno a loro nella fredda aria notturna. Harry si sentì spingere di qua e di là da gente di cui non poteva vedere il volto. Poi sentì Ron gridare di dolore.
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«Che cosa è successo?» esclamò Hermione agitata, fermandosi così di colpo che Harry le rovinò addosso. «Ron, dove sei? Oh, che stupida… Lumos!»
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Illuminò la sua bacchetta e puntò il raggio sottile sul sentiero. Ron era disteso a terra.
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«Sono inciampato su una radice» sbottò, rialzandosi.
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«Be’, con dei piedi di quelle dimensioni è difficile evitarlo» disse una voce melliflua alle loro spalle.
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Harry, Ron e Hermione si voltarono di scatto. Draco Malfoy era lì accanto a loro, solo, appoggiato a un albero, decisamente rilassato. Le braccia incrociate, in apparenza aveva seguito la scena del campeggio attraverso gli alberi.
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Ron disse a Malfoy di fare una cosa che, Harry lo sapeva, non avrebbe mai osato pronunciare davanti al signor Weasley.
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«Modera il linguaggio, Weasley» disse Malfoy, i pallidi occhi scintillanti. «Non è meglio che vi muoviate, adesso? Non vorrete che riconoscano anche lei, vero?»
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Indicò Hermione con un cenno, e nello stesso istante un’esplosione come di una bomba echeggiò dal campeggio, e un lampo di luce verde illuminò per un attimo gli alberi attorno a loro.
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«Che cosa vorresti dire?» esclamò Hermione in tono di sfida.
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«Granger, stanno cercando i Babbani» disse Malfoy. «Vuoi far vedere le mutande a tutti? Perché se è questo che vuoi, aspetta solo un attimo… vengono di qua, e almeno ci faremo una bella risata».
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«Hermione è una strega» sibilò Harry.
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«Vedila un po’ come ti pare, Potter» disse Malfoy con un sorriso perfido. «Se credi che non possano riconoscere una Mezzosangue, restate pure dove siete».
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«Bada a come parli!» gridò Ron. Tutti sapevano che “Mezzosangue” era un termine molto offensivo che indicava una strega o un mago di origini babbane.
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«Lascia stare, Ron» disse in fretta Hermione, trattenendolo per un braccio mentre faceva un passo verso Malfoy.
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Poi oltre gli alberi risuonò un’esplosione più fragorosa che mai. Parecchie persone vicine urlarono.
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Malfoy ridacchiò piano.
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«Si spaventano per un nonnulla, vero?» disse pigramente. «Immagino che tuo padre abbia detto a tutti quanti di nascondersi… Che cosa sta facendo? Cerca di salvare i Babbani?»
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«Dove sono i tuoi genitori?» disse Harry, sempre più arrabbiato. «Là fuori con il cappuccio in testa, vero?»
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Malfoy si rivolse a Harry, senza smettere di sorridere.
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«Be’… se lo fossero, non verrei a dirlo a te, vero, Potter?»
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«Oh, insomma» intervenne Hermione, scoccando uno sguardo di disgusto a Malfoy, «andiamo a cercare gli altri».
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«Tieni giù quel tuo testone, Granger» sogghignò Malfoy.
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«Andiamo» ripeté Hermione, trascinando Ron e Harry di nuovo sul sentiero.
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«Scommetto quello che vuoi che suo padre è uno di quelli incappucciati!» esclamò Ron veemente.
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«Be’, con un po’ di fortuna quelli del Ministero lo prenderanno!» disse Hermione con fervore. «Oh, non ci posso credere, dove sono finiti gli altri?»
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Fred, George e Ginny non si vedevano da nessuna parte, anche se il sentiero era pieno di gente che guardava nervosamente verso il fragore che proveniva dal campeggio.
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Un gruppo di ragazzini in pigiama stava litigando ad alta voce un po’ più avanti. Quando videro Harry, Ron e Hermione, una ragazza con fitti capelli ricci si voltò e chiese in fretta: «Où est Madame Maxime? Nous l’avons perdue…»
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«Ehm, cosa?» disse Harry.
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«Oh…» La ragazza che aveva parlato gli voltò le spalle, e mentre continuavano la marcia la sentirono dire chiaramente: «Hogvàrts».
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«Beauxbatons» borbottò Hermione.
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«Come hai detto?» disse Harry.
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«Devono essere di Beauxbatons» disse Hermione. «Sai… l’Accademia della Magia di Beauxbatons… Ho letto delle cose su Compendio sull’Istruzione Magica in Europa».
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«Oh… sì… certo» disse Harry.
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«Fred e George non possono essere andati così lontani» disse Ron estraendo la bacchetta e accendendola per illuminare il sentiero. Harry frugò nelle tasche della giacca in cerca della sua bacchetta — ma lì non c’era. L’unica cosa che vi trovò fu l’Omniocolo.
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«Ah, no, non è possibile… Ho perso la bacchetta!»
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«Stai scherzando?»
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Ron e Hermione alzarono le loro quel tanto che bastava per aumentare l’ampiezza dello stretto cono di luce sul terreno; Harry guardò dappertutto nei dintorni, ma la sua bacchetta non si vedeva.
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«Forse è rimasta nella tenda» disse Ron.
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«Forse ti è caduta dalla tasca mentre correvi» suggerì Hermione ansiosa.
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«Sì» disse Harry, «forse…»
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Di solito portava sempre con sé la bacchetta nel mondo magico, e ritrovarsi senza nel bel mezzo di una situazione come quella lo fece sentire molto vulnerabile.
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Un fruscio li fece sobbalzare tutti e tre. Winky l’elfa domestica si stava aprendo la strada in un mucchio di cespugli lì vicino. Si muoveva in modo singolare, apparentemente con grande difficoltà; era come se una mano invisibile cercasse di trattenerla.
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«C’è cattivi maghi in giro!» squittì follemente, mentre si chinava in avanti e si sforzava di continuare a correre. «Gente in alto, in alto per aria! Winky si toglie di torno!»
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E scomparve tra gli alberi dall’altra parte del sentiero, ansando e squittendo mentre lottava contro la forza che la contrastava.
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«Che cos’ha?» disse Ron, guardando incuriosito nella direzione in cui era sparita. «Perché non riesce a correre?»
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«Scommetto che non ha chiesto il permesso di nascondersi» disse Harry. Stava pensando a Dobby: tutte le volte che aveva cercato di fare qualcosa che non sarebbe piaciuto ai Malfoy, era stato costretto a punirsi.
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«Ma insomma, gli elfi domestici sono trattati in maniera brutale!» esclamò Hermione indignata. «È schiavitù, ecco cos’è! Quel signor Crouch l’ha costretta a salire fino in cima allo stadio, ed era terrorizzata, e l’ha stregata, così lei non può nemmeno correre quando cominciano a calpestare le tende! Perché qualcuno non fa qualcosa?»
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«Be’, gli elfi sono contenti cosi, vero?» disse Ron. «Hai sentito la vecchia Winky alla partita… “Gli elfi di casa non devono divertirsi”… E questo che le piace, farsi comandare a bacchetta…»
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«È la gente come te, Ron» cominciò Hermione infervorata, «che appoggia sistemi marci e ingiusti solo perché è troppo pigra per…»
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Un’altra forte esplosione echeggiò dal limitare del bosco.
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«Muoviamoci di qui, va bene?» disse Ron, e Harry lo vide guardare Hermione nervosamente. Forse c’era del vero in quello che aveva detto Malfoy; forse Hermione era più in pericolo di loro. Ripartirono. Harry si frugò ancora le tasche, pur sapendo che la sua bacchetta non era lì.
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Seguirono il sentiero oscuro nel profondo del bosco, continuando a guardarsi intorno alla ricerca di Fred, George e Ginny. Superarono un gruppo di goblin, che ridacchiavano su un sacco d’oro che evidentemente avevano vinto scommettendo sul risultato della partita, e che sembravano piuttosto indifferenti ai tafferugli del campeggio. Più avanti entrarono in una macchia di luce argentea, e tra gli alberi videro tre Veela, alte e bellissime, in una radura, circondate da un gruppo di giovani maghi che parlavano tutti a voce molto alta.
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«Io guadagno cento sacchi di galeoni l’anno» gridò uno di loro. «Faccio il killer di draghi per il Comitato per la Soppressione delle Creature Pericolose!»
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«No, non è vero» strillò il suo amico, «tu fai il lavapiatti al Paiolo Magico… ma io sono un Cacciatore di Vampiri, ne ho uccisi novanta finora…»
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Un terzo giovane mago, con brufoli ben visibili anche alla tenue luce argentea delle Veela, s’intromise: «Io sto per diventare il Ministro della Magia più giovane che ci sia mai stato, io».
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Harry soffocò le risate. Aveva riconosciuto il mago brufoloso: si chiamava Stan Picchetto e in verità era il bigliettaio della corriera magica a tre piani Nottetempo.
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Si voltò per dirlo a Ron, ma la faccia del ragazzo era diventata stranamente molle, e un attimo dopo Ron urlò: «Ve l’ho detto che ho inventato un manico di scopa che viaggerà fino a Giove?»
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«Ma insomma!» disse di nuovo Hermione, e lei e Harry afferrarono saldamente Ron per le braccia, lo costrinsero a voltarsi e lo trascinarono via. Erano ormai nel cuore della foresta quando le voci delle Veela e dei loro ammiratori svanirono del tutto. Non c’era nessuno; tutto era molto più tranquillo.
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Harry si guardò intorno. «Direi che possiamo aspettare qui, sentiremo chiunque si avvicini a un chilometro di distanza».
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Aveva appena finito di parlare che Ludo Bagman spuntò da dietro un albero proprio davanti a loro.
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Anche alla flebile luce delle due bacchette, Harry si accorse che Bagman era cambiato parecchio. Non era più ilare e roseo; non saltellava più. Era molto pallido e teso.
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«Chi siete?» disse, sbattendo le palpebre verso di loro, cercando di distinguere i loro volti. «Che cosa ci fate qui tutti soli?»
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I ragazzi si guardarono sorpresi.
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«Be’… c’è una specie di rivolta» disse Ron.
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Bagman lo fissò. «Cosa?»
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«Al campeggio… della gente ha preso in ostaggio una famiglia di Babbani…»
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Bagman imprecò ad alta voce. «Dannazione!» esclamò sconvolto, e senza aggiungere altro si Smaterializzò con un piccolo pop.
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«Non è proprio sveglissimo, il signor Bagman, vero?» disse Hermione aggrottando le sopracciglia.
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«È stato un grande Battitore, comunque» disse Ron, guidandoli dal sentiero in una piccola radura e sedendosi su una zolla di erba secca ai piedi di un albero. «Le Vespe di Winbourne hanno vinto il campionato tre volte di fila quando c’era lui in squadra».
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Estrasse dalla tasca il modellino di Krum, lo posò a terra e lo guardò camminare per un po’. Come il vero Krum, il pupazzo aveva i piedi un po’ piatti e le spalle spioventi, e faceva molta meno impressione con quei piedi in fuori che a cavallo del suo manico di scopa. Harry tese l’orecchio per cogliere i rumori provenienti dal campeggio. Tutto sembrava ancora tranquillo; forse la rivolta era finita.
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«Spero che gli altri stiano bene» disse Hermione dopo un po’.
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«Staranno benissimo» disse Ron.
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«Pensa se tuo padre mette le mani su Lucius Malfoy» disse Harry, sedendosi vicino a Ron e osservando il Krum in miniatura trascinarsi sulle foglie cadute. «Ha sempre detto che gli piacerebbe incastrarlo».
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«Almeno questo cancellerebbe quella smorfia dalla faccia del vecchio Draco, certo» disse Ron.
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«Quei poveri Babbani, però» disse Hermione tesa. «E se non riescono a farli scendere?»
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«Li tireranno giù» disse Ron con fare rassicurante, «troveranno il modo».
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«E una follia, comunque, fare una cosa del genere proprio stasera che c’è il Ministero della Magia al completo!» aggiunse Hermione. «Voglio dire, come pensano di cavarsela? Credete che abbiano bevuto, o sono solo…»
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Ma si interruppe di colpo e si guardò alle spalle. Anche Harry e Ron si guardarono rapidamente attorno. Era come se qualcuno avanzasse barcollando verso la radura. Attesero, ascoltando i suoni dei passi irregolari dietro gli alberi scuri. Ma i passi si fermarono all’improvviso.
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«C’è nessuno?» gridò Harry.
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Silenzio. Harry si alzò e guardò dietro l’albero. Era troppo buio per vedere molto oltre, ma avvertì qualcuno appena al di là del suo campo visivo.
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«Chi c’è?» disse.
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E poi. di colpo, una voce ruppe il silenzio. Una voce diversa da tutte quelle che avevano udito nel bosco, che non gridò di terrore, ma pronunciò una specie di incantesimo…
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«MORSMORDRE!»
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E qualcosa di enorme, verde e lucente sbucò dalla pozza di oscurità che gli occhi di Harry avevano tentato di penetrare: volò oltre le cime degli alberi, su in cielo.
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«Cosa dia…» sussultò Ron balzando di nuovo in piedi e fissando la cosa.
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Per un attimo, Harry pensò che fosse un’altra formazione di Lepricani. Poi vide: era un teschio colossale, fatto come di stelle di smeraldo, e con un serpente che gli usciva dalla bocca come una lingua. Si levò sempre più in alto, sotto i loro occhi, stagliandosi vivido in una cortina di fumo verdastro, stampato contro il cielo nero come una nuova costellazione.
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All’improvviso, nel bosco tutto attorno a loro esplosero le grida. Harry non capiva perché, ma l’unica causa possibile era l’improvvisa comparsa del teschio, ora abbastanza alto da illuminare il bosco intero, come un sinistro cartellone al neon. Scrutò l’oscurità in cerca della persona che aveva evocato il teschio, ma non vide nessuno.
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«Chi è là?» gridò di nuovo. Hermione afferrò il dorso della sua giacca e lo tirò indietro.
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«Harry, andiamo, muoviti!»
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«Che cosa succede?» chiese Harry, scosso nel vederla tanto pallida e terrorizzata.
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«È il Marchio Nero, Harry!» gemette Hermione, tirandolo più forte che poteva. «Il segno di Tu-Sai-Chi!»
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«Di Voldemort.…?»
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«Harry, andiamo!»
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Harry si voltò — Ron stava raccogliendo in fretta il suo miniKrum — e tutti e tre sfrecciarono attraverso la radura; ma prima che potessero fare più di qualche passo affrettato, una serie di scoppiettii annunciò l’arrivo di una ventina di maghi, che apparvero dal nulla e li circondarono.
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Harry si voltò di scatto e realizzò all’istante: ogni mago aveva la bacchetta in mano e ogni bacchetta puntava dritto su lui, Ron e Hermione. Senza riflettere, urlò: «Giù!» Afferrò gli altri due e li tirò a forza per terra.
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«STUPEFICIUM!» ruggirono venti voci. Ci fu una serie di lampi accecanti e Harry sentì i capelli rizzarsi sulla nuca come se un vento potente avesse spazzato la radura. Alzando appena la testa vide lampi di luce di un rosso vivo scaturire dalle bacchette dei maghi e volare sopra di loro, incrociandosi, rimbalzando sui tronchi, sfrecciando indietro nel buio…
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«Basta!» urlò una voce che riconobbe. «BASTA! Quello è mio figlio!»
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I capelli di Harry cessarono di svolazzare. Alzò la testa un po’ di più. Il mago davanti a lui aveva abbassato la bacchetta. Rotolò sulla schiena e vide il signor Weasley che avanzava verso di loro con aria terrorizzata.
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«Ron… Harry…» disse con voce tremante, «… Hermione… state tutti bene?»
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«Togliti di mezzo, Arthur» disse una fredda voce asciutta.
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Era il signor Crouch. Lui e gli altri maghi del Ministero li stavano accerchiando. Harry si alzò per affrontarli. Il viso di Crouch era teso di rabbia.
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«Chi di voi è stato?» esplose, gli occhi acuti che scattavano da uno all’altro. «Chi di voi ha evocato il Marchio Nero?»
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«Non siamo stati noi!» disse Harry, indicando il teschio in alto.
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«Non abbiamo fatto niente!» disse Ron, che si stava sfregando il gomito e guardava indignato suo padre. «Perché volevate attaccarci?»
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«Non mentite, signori!» urlò Crouch. La sua bacchetta era ancora puntata dritta su Ron, e aveva gli occhi fuori dalle orbite: sembrava un pazzo. «Siete stati sorpresi sul luogo del delitto!»
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«Barty» sussurrò una strega avvolta in una lunga vestaglia di lana, «sono ragazzi, Barty, non sarebbero mai stati in grado di…»
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«Da dov’è venuto il Marchio, voi tre?» disse in fretta il signor Weasley.
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«Da là» rispose Hermione con voce tremante, indicando il luogo dove avevano sentito la voce, «c’era qualcuno dietro gli alberi… hanno urlato delle parole… un incantesimo…»
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«Oh, erano là, eh?» disse il signor Crouch, gli occhi sporgenti piantati su Hermione, l’incredulità stampata in faccia. «Hanno scagliato un incantesimo, vero? Sembra molto ben informata su come si evoca il Marchio, signorina…»
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Ma nessuno dei maghi del Ministero eccetto Crouch pareva credere anche solo vagamente che Harry, Ron o Hermione avessero evocato il teschio; al contrario, alle parole di Hermione avevano di nuovo alzato le bacchette, e le avevano puntate nella direzione indicata, scrutando tra gli alberi oscuri.
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«Siamo arrivati troppo tardi» disse la strega in vestaglia, scuotendo il capo. «Si saranno Smaterializzati».
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«Non credo» disse un mago con un’ispida barba bruna. Era Amos Diggory, il padre di Cedric. «I nostri Schiantesimi sono andati dritti tra quegli alberi… ci sono buone probabilità che li prendiamo…»
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«Amos, fai attenzione!» dissero alcuni maghi allarmati, mentre Diggory raddrizzava le spalle, alzava la bacchetta, attraversava la radura e spariva nell’oscurità. Hermione lo guardò scomparire con le mani sulla bocca.
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Qualche istante dopo, sentirono Diggory urlare.
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«Sì! Li abbiamo presi! C’è qualcuno qui! È svenuto! È… ma… santi numi…»
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«Hai preso qualcuno?» gridò Crouch, decisamente incredulo. «Chi? Chi è?»
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Sentirono dei rametti spezzarsi, il fruscio delle foglie, e poi passi scricchiolanti mentre il signor Diggory ricompariva da dietro gli alberi. Tra le braccia reggeva una figuretta abbandonata. Harry riconobbe subito lo strofinaccio. Era Winky.
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Crouch non si mosse né parlò mentre Diggory deponeva l’elfa a terra, ai suoi piedi. Tutti i maghi del Ministero lo fissavano: per qualche istante Crouch rimase esterrefatto, gli occhi lampeggianti nel viso pallido puntati su Winky. Poi parve rianimarsi.
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«Non… può… essere» disse a scatti. «Non…»
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Oltrepassò in fretta Diggory e si avviò nel punto in cui quest’ultimo aveva trovato Winky.
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«È inutile, Crouch» gli gridò dietro Diggory. «Non c’è nessun altro laggiù».
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Ma Crouch non sembrava disposto a crederci. Lo sentirono muoversi, udirono il fruscio delle foglie mentre spostava i cespugli cercando qualcosa, o qualcuno.
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«Imbarazzante» disse Diggory cupo, guardando il corpo privo di sensi di Winky. «L’elfa domestica di Barty Crouch… voglio dire…»
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«Andiamo, Amos» disse piano Weasley, «non crederai che sia stata davvero lei? Il Marchio Nero è un segno da maghi. Occorre una bacchetta magica».
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«Si» disse Diggory, «e lei ce l’aveva, una bacchetta».
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«Cosa?» esclamò Weasley.
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«Guarda qui». Diggory mostrò una bacchetta al signor Weasley. «Ce l’aveva in mano. Quindi è infrazione dell’articolo tre del Codice dell’Uso delle Bacchette, tanto per cominciare. A nessuna creatura non umana è permesso di portare o usare una bacchetta magica».
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In quel momento si udì un altro pop, e Ludo Bagman si Materializzò accanto al signor Weasley. Confuso e senza fiato, vorticò sul posto, fissando con gli occhi sgranati il teschio verde smeraldo.
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«Il Marchio Nero!» disse ansante, quasi inciampando in Winky mentre si voltava verso i colleghi con aria interrogativa. «Chi è stato? Li avete presi? Barty! Che cosa sta succedendo?»
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Crouch era tornato a mani vuote. Il suo viso era ancora di un pallore spettrale, e le sue mani e i baffi a spazzolino si torcevano.
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«Dove sei stato, Barty?» disse Bagman. «Perché non eri alla partita? La tua elfa ti aveva anche tenuto il posto… Per tutti i gargoyle!» Bagman aveva appena notato Winky distesa ai suoi piedi. «Che cosa è successo a lei?»
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«Ho avuto da fare, Ludo» disse Crouch, a scatti, muovendo appena le labbra. «E la mia elfa è stata Schiantata».
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«Schiantata? Da voi? Ma perché…?»
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All’improvviso un barlume di comprensione balenò sul faccione tondo e lucente di Bagman; guardò in su il teschio, giù verso Winky e poi Crouch.
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«No!» disse. «Winky? Evocare il Marchio Nero? Non saprebbe come fare! Tanto per cominciare le servirebbe una bacchetta!»
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«E ce l’aveva» disse Diggory. «Ne stringeva una in mano quando l’ho trovata, Ludo. Se per lei va bene, Crouch, credo che dovremmo sentire che cos’ha da dire a sua discolpa».
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Crouch non diede segno di aver sentito Diggory, ma Diggory parve prendere il suo silenzio per assenso. Levò la bacchetta, la puntò su Winky e disse «Innerva!»
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Winky si mosse debolmente. I suoi occhioni marroni si aprirono e sbatté più volte le palpebre, perplessa. Sotto gli occhi dei maghi silenziosi, si levò a sedere tremando. Vide i piedi del signor Diggory e lentamente, esitante, alzò gli occhi per guardarlo; poi, ancor più lentamente, guardò su in cielo. Harry vide il teschio galleggiante riflesso due volte nei suoi enormi occhi vitrei. L’elfa trattenne il respiro, lanciò uno sguardo terrorizzato alla radura affollata e scoppiò in singhiozzi disperati.
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«Elfa!» esclamò severo il signor Diggory. «Sai chi sono? Sono un membro dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche!»
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Winky cominciò a oscillare avanti e indietro, il respiro rotto e affannoso. A Harry ricordò Dobby nei suoi momenti di terrorizzata disobbedienza.
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«Come vedi, elfa, il Marchio Nero è stato evocato qui» disse il signor Diggory. «E poco dopo tu sei stata scoperta sotto di esso! Vogliamo una spiegazione, se non ti dispiace!»
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«I-i-io non l’ha fatto, signore!» esalò Winky. «Io non sa come si fa, signore!»
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«Sei stata trovata con una bacchetta in mano!» abbaiò Diggory, impugnandola davanti a lei. E mentre la bacchetta rifletteva la luce verde che emanava dal teschio in alto riempiendo la radura, Harry la riconobbe.
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«Ehi… è la mia!» disse.
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L’intera radura si voltò a guardarlo.
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«Prego?» chiese Diggory, sbalordito.
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«È la mia bacchetta!» disse Harry. «Mi era caduta!»
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«Ti era caduta?» ripeté Diggory incredulo. «È una confessione, la tua? L’hai gettata via dopo aver evocato il Marchio?»
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«Amos, ma guarda con chi stai parlando!» disse il signor Weasley con ira. «Ti pare possibile che Harry Potter evochi il Marchio Nero?»
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«Ehm… certo che no» borbottò Diggory. «Mi dispiace… mi sono lasciato trascinare…»
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«Non mi è caduta lì, comunque» disse Harry, indicando col pollice gli alberi sotto il teschio. «L’ho persa appena dopo che siamo entrati nel bosco».
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«Insomma» disse Diggory, lo sguardo più duro mentre tornava a fissare Winky che cercava di rannicchiarsi ai suoi piedi. «Hai trovato questa bacchetta, eh, elfa? E l’hai raccolta e hai pensato di divertirti un po’, eh?»
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«Io non fa magie con quella, signore!» squittì Winky mentre le lacrime le scorrevano ai lati del naso bitorzoluto e schiacciato. «Io l’ha… io l’ha… io l’ha solo raccolta, signore! Io non fa il Marchio Nero, signore, io non sa come si fa!»
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«Non è stata lei!» intervenne Hermione. Parlare davanti a tutti quei maghi del Ministero la rendeva nervosa, ma proseguì con decisione. «Winky ha una vocetta stridula e la voce che abbiamo sentito scagliare l’incantesimo era molto più profonda!» Si rivolse a Harry e Ron, cercando il loro sostegno. «Non sembrava affatto Winky, vero?»
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«No» disse Harry scuotendo la testa. «Decisamente non suonava come un elfo».
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«Sì, era una voce umana» disse Ron.
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«Be’, lo vedremo presto» ringhiò Diggory, per niente colpito. «C’è un modo semplice per scoprire l’ultimo incantesimo lanciato da una bacchetta, elfa, lo sapevi?»
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Winky tremò e scosse la testa affannosamente, le orecchie svolazzanti, mentre Diggory alzava di nuovo la sua bacchetta e ne puntava l’estremità contro quella di Harry.
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«Prior Incantatio!» gridò.
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Harry udì Hermione trattenere il respiro, terrificata, mentre un enorme teschio con la lingua di serpente sbucava dal punto in cui le due bacchette si toccavano, ma era solo una pallida ombra del teschio verde alto sopra di loro, sembrava che fosse fatto di denso fumo grigio: il fantasma di un incantesimo.
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«Deletrius!» gridò Diggory, e il teschio nebuloso svanì in un fil di fumo. «Allora» disse con una sorta di selvaggio trionfo, guardando giù verso Winky che era ancora scossa da tremiti convulsi.
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«Io non l’ha fatto!» squittì l’elfa, gli occhi che roteavano per il terrore. «Io non sa, io non sa, io non sa come si fa! Io è un buon elfo, io non usa bacchette, io non sa come si fa!»
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«Sei stata colta sul fatto, elfa!» ruggì Diggory. «Colta con la bacchetta colpevole in mano!»
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«Amos» intervenne il signor Weasley ad alta voce, «pensaci… pochissimi maghi sanno come fare quell’incantesimo… dove l’avrebbe imparato?»
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«Forse Amos sta insinuando» disse Crouch, ogni sillaba pervasa di gelida furia, «che io ho l’abitudine di insegnare ai miei servi come si evoca il Marchio Nero?»
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Calò un silenzio molto spiacevole.
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Amos Diggory sembrava inorridito. «Signor Crouch… no… nient’affatto…»
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«È andato molto vicino ad accusare le due persone in questa radura che meno di tutte possono aver richiamato quel Marchio!» abbaiò Crouch. «Harry Potter… e me! Immagino che lei conosca la storia del ragazzo, Amos».
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«Ma certo… la sanno tutti…» borbottò Diggory, decisamente scornato.
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«E confido che ricordi le molte prove che ho dato, nel corso di una lunga carriera, del mio odio e disprezzo per le Arti Oscure e coloro che le praticano!» gridò Crouch, gli occhi di nuovo sporgenti.
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«Signor Crouch, io… io non ho mai insinuato che lei abbia qualcosa a che fare con questa faccenda!» mormorò Amos Diggory, che stava arrossendo dietro l’ispida barba bruna.
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«Se accusa la mia elfa, accusa me, Diggory!» gridò Crouch. «Altrimenti dove avrebbe imparato a evocarlo?»
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«Lei… lei potrebbe averlo imparato ovunque…»
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«Precisamente, Amos» disse il signor Weasley. «Potrebbe averlo imparato ovunque… Winky?» disse all’elfa in tono gentile, ma lei si ritrasse come se anche lui le stesse urlando contro. «Dove hai trovato esattamente la bacchetta di Harry?»
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Winky torceva con tanta veemenza l’orlo del suo strofinaccio che questo le si stava sfilacciando tra le dita.
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«Io… io l’ha trovata… l’ha trovata là, signore…» sussurrò, «là… tra gli alberi, signore…»
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«Visto, Amos?» disse il signor Weasley. «Chiunque abbia richiamato il Marchio avrebbe potuto Smaterializzarsi appena commesso il fatto, lasciando la bacchetta di Harry. Mossa astuta, non usare la propria, cosa che avrebbe potuto tradirlo. E la nostra Winky ha avuto la sfortuna di trovare la bacchetta qualche attimo dopo e di raccoglierla».
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«Ma allora vuol dire che si è trovata vicinissima al colpevole!» disse Diggory con impazienza. «Elfa? Hai visto qualcuno?»
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Winky prese a tremare più forte che mai. I suoi occhioni scattarono da Diggory a Ludo Bagman e tornarono da Crouch.
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Poi deglutì e disse: «Io non ha visto nessuno, signore… nessuno…»
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«Amos» disse il signor Crouch seccamente, «sono pienamente consapevole che nell’ordinario corso degli eventi lei dovrebbe portare Winky al suo Ufficio per interrogarla. Ma le chiedo di lasciarla a me».
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Sembrò che a Diggory quell’idea non andasse affatto a genio, ma dato che il signor Crouch era chiaramente un membro molto importante del Ministero, non osò controbattere.
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«Può stare certo che verrà punita» aggiunse Crouch gelido.
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«P-p-padrone…» Winky balbettò guardandolo, gli occhi traboccanti di lacrime. «P-p-padrone, t-t-ti prego…»
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Crouch la fissò di rimando, il volto indurito, ogni ruga incisa più profondamente. Non c’era pietà nel suo sguardo. «Questa sera Winky si è comportata in un modo che non avrei mai creduto possibile» disse lentamente. «Le avevo detto di restare nella tenda. Le avevo detto di restarci mentre uscivo a sistemare la faccenda. E ora scopro che mi ha disubbidito. Questo vuol dire vestiti».
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«No!» gemette Winky, prostrandosi ai piedi del signor Crouch. «No, padrone! Vestiti no, vestiti no!»
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Harry sapeva che l’unico modo per liberare un elfo domestico era donargli capi d’abbigliamento. Era penoso vedere Winky tormentare il suo strofinaccio mentre singhiozzava ai piedi di Crouch.
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«Ma era spaventata!» esplose rabbiosamente Hermione, fissando torva il signor Crouch. «La sua elfa ha paura dell’altezza, e quei maghi incappucciati stavano facendo levitare la gente! Non può biasimarla perché ha voluto togliersi di torno!»
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Crouch fece un passo indietro, evitando il contatto con l’elfa, che ora osservava come se fosse qualcosa di sporco e marcio che stava contaminando le sue lucidissime scarpe.
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«Non mi serve un elfo domestico che mi disubbidisce» disse gelido, guardando Hermione. «Non mi serve un domestico che dimentica i suoi doveri verso il padrone, e verso la reputazione del padrone».
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Winky piangeva così forte che i suoi singhiozzi echeggiavano per tutta la radura.
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Calò un silenzio molto teso, interrotto dal signor Weasley che disse piano: «Be’, credo che riporterò i miei ragazzi alla tenda, se nessuno ha niente da obiettare. Amos, quella bacchetta ci ha detto tutto quello che poteva… Puoi ridarla a Harry, per favore?»
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Diggory consegnò la bacchetta a Harry, che se la mise in tasca.
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«Andiamo, voi tre» disse piano il signor Weasley. Ma Hermione non aveva l’aria di volersi muovere; non riusciva a staccare gli occhi dall’elfa in singhiozzi. «Hermione!» disse il signor Weasley con più insistenza. Lei si voltò e seguì Harry e Ron fuori dalla radura e tra gli alberi.
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«Che cosa accadrà a Winky?» chiese, non appena furono usciti dalla radura.
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«Non lo so» disse il signor Weasley.
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«Come l’hanno trattata!» disse Hermione infuriata. «Diggory che continuava a chiamarla “elfa”… e Crouch! Sa che non è stata lei e ha lo stesso intenzione di licenziarla! Non gli importava di quanto era spaventata o sconvolta… era come se non fosse nemmeno umana!»
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«Be’, non lo è» disse Ron.
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Hermione si voltò a guardarlo. «Questo non significa che non abbia dei sentimenti, Ron, è disgustoso il modo in cui…»
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«Hermione, sono d’accordo con te» disse in fretta il signor Weasley, esortandola ad andare avanti, «ma questo non è il momento di discutere i diritti degli elfi. Voglio tornare alla tenda il più in fretta possibile. Che cos’è successo agli altri?»
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«Era troppo buio, ci siamo persi» disse Ron. «Papà, perché erano tutti così nervosi per la faccenda del teschio?»
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«Spiegherò tutto quando saremo di ritorno alla tenda» disse il signor Weasley, teso.
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Ma al limitare del bosco, furono costretti a fermarsi.
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Una gran folla di maghi e streghe dall’aria spaventata si era riunita li, e quando videro il signor Weasley venire verso di loro, molti gli si affrettarono incontro. «Che cosa sta succedendo laggiù?» «Chi l’ha evocato?» «Arthur… non sarà… lui?»
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«Certo che non è lui» disse il signor Weasley con impazienza. «Non so chi sia stato, sembra che si siano Smaterializzati. Ora scusatemi, vi prego, voglio andare a dormire».
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Guidò Harry, Ron e Hermione attraverso la folla e poi di nuovo nel campeggio. Ora era tutto tranquillo; non c’era traccia dei maghi mascherati, anche se alcune tende distrutte fumavano ancora.
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Dalla tenda dei ragazzi spuntò la testa di Charlie.
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«Papà, che cosa sta succedendo?» gridò nell’oscurità. «Fred, George e Ginny sono tornati sani e salvi, ma gli altri…»
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«Sono qui con me» disse il signor Weasley, chinandosi ed entrando nella tenda. Harry, Ron e Hermione lo seguirono.
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Bill era seduto al tavolino della cucina e teneva un lenzuolo contro il braccio, che sanguinava abbondantemente. Charlie aveva un largo strappo nella camicia, e Percy esibiva il naso insanguinato. Fred, George e Ginny sembravano illesi, anche se scossi.
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«Li hai presi, papà?» chiese Bill secco. «Quelli che hanno evocato il Marchio?»
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«No» rispose il signor Weasley. «Abbiamo trovato l’elfa di Barty Crouch con la bacchetta di Harry, ma non ne sappiamo di più su chi sia il responsabile».
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«Cosa?» esclamarono Bill, Charlie e Percy in coro.
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«La bacchetta di Harry?» disse Fred.
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«L’elfa del signor Crouch?» disse Percy, come folgorato.
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Con l’aiuto di Harry, Ron e Hermione, il signor Weasley spiegò cos’era successo nel bosco. Alla fine del racconto, Percy traboccava d’indignazione.
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«Be’, il signor Crouch ha ragione a liberarsi di un’elfa del genere!» disse. «Fuggire quando le aveva detto espressamente di non farlo… metterlo in imbarazzo davanti a tutto il Ministero… che figura avrebbe fatto, se lei fosse dovuta comparire davanti all’Ufficio Regolazione e Controllo…»
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«Non ha fatto niente… era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato!» sbottò Hermione a Percy, che parve molto sorpreso. Hermione era sempre andata molto d’accordo con Percy — molto più degli altri, a dire il vero.
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«Hermione, un mago nella posizione del signor Crouch non può permettersi un elfo domestico che corre in giro come un pazzo armato di bacchetta magica!» disse Percy con sussiego, riprendendosi.
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«Non è corsa in giro come una pazza!» gridò Hermione. «L’ha solo raccolta da terra!»
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«Sentite, qualcuno potrebbe spiegarci almeno che cos’era quel teschio?» intervenne Ron impaziente. «Non ha fatto male a nessuno… perché tutta quell’agitazione?»
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«Te l’ho detto, è il simbolo di Tu-Sai-Chi, Ron» disse Hermione prima che qualcun altro potesse rispondere. «L’ho letto su Ascesa e Declino delle Arti Oscure».
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«E non lo si vedeva da tredici anni» aggiunse piano il signor Weasley. «È naturale che tutti si siano spaventati… è stato quasi come rivedere Voi-Sapete-Chi».
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«Non capisco» disse Ron accigliato. «Voglio dire… è pur sempre solo una sagoma in cielo…»
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«Ron, Tu-Sai-Chi e i suoi seguaci mostravano il Marchio Nero tutte le volte che uccidevano» spiegò il signor Weasley. «Il terrore che ha provocato… non ne hai idea, sei troppo giovane. Ma immagina di tornare a casa e ritrovarti il Marchio Nero che incombe sul tuo tetto, sapendo quello che stai per trovare dentro…» il signor Weasley rabbrividì. «Il terrore più grande per chiunque… il più grande in assoluto…»
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Per un attimo calò il silenzio.
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Poi Bill, togliendo il lenzuolo dal braccio per controllare il suo taglio, disse: «Be’, non ci ha aiutato questa notte, chiunque l’abbia evocato. Ha messo in fuga i Mangiamorte nell’istante in cui l’hanno visto. Si sono Smaterializzati tutti prima che riuscissimo ad avvicinarci tanto da smascherarne uno. Siamo riusciti ad afferrare i Roberts prima che toccassero terra, però. Gli stanno modificando la memoria proprio adesso».
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«Mangiamorte?» chiese Harry. «Che cosa sono i Mangiamorte?»
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«È così che si fanno chiamare i sostenitori di Tu-Sai-Chi» disse Bill. «Credo che stanotte abbiamo visto quel che ne è rimasto: quelli che sono riusciti a tenersi fuori da Azkaban, almeno».
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«Non possiamo dimostrare che erano loro, Bill» disse il signor Weasley. «Anche se probabilmente lo erano» aggiunse sfiduciato.
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«Sì, ci scommetto che erano loro!» disse Ron all’improvviso. «Papà, c’era Draco Malfoy nel bosco, e praticamente ci ha detto che suo padre era uno di quei pazzi mascherati! E sappiamo tutti che i Malfoy erano in combutta con Tu-Sai-Chi!»
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«Ma i sostenitori di Voldemort…» esordì Harry. Tutti sussultarono: come quasi tutti nel mondo dei maghi, i Weasley evitavano sempre di pronunciare il nome di Voldemort. «Scusate» disse in fretta Harry. «Che cosa avevano in mente i sostenitori di Voi-Sapete-Chi, sollevando Babbani in aria? Voglio dire, a che scopo?»
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«A che scopo?» disse il signor Weasley con una risata cupa. «Harry, è così che si divertono quelli. Metà degli omicidi di Babbani al tempo in cui Tu-Sai-Chi era al potere furono commessi per divertimento. Suppongo che questa sera abbiano bevuto un po’ e non siano riusciti a resistere alla tentazione di ricordare a tutti noi che molti di loro sono ancora in circolazione. Per loro è stata una simpatica rimpatriata» concluse disgustato.
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«Ma se erano i Mangiamorte, perché si sono Smaterializzati quando hanno visto il Marchio Nero?» chiese Ron. «Vederlo avrebbe dovuto fargli piacere, no?»
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«Usa il cervello, Ron» disse Bill. «Se erano davvero Mangiamorte, hanno fatto davvero una gran fatica per riuscire a restar fuori da Azkaban quando Tu-Sai-Chi cadde, e hanno detto un sacco di balle sul fatto che lui li aveva obbligati a uccidere e torturare. Scommetto che avrebbero ancora più paura di tutti noi messi insieme se tornasse. Hanno negato di aver mai avuto niente a che fare con lui quando ha perso i suoi poteri, e sono tornati alla vita di tutti i giorni… Non credo che sarebbe molto soddisfatto di loro, no?»
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«Allora… chiunque abbia evocato il Marchio Nero…» disse Hermione lentamente, «l’ha fatto per dimostrare il suo sostegno ai Mangiamorte, o per spaventarli?»
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«La tua supposizione vale quanto la nostra, Hermione» disse il signor Weasley. «Ma ti dirò una cosa… solo i Mangiamorte potevano sapere come evocarlo. Sarei molto sorpreso se la persona che l’ha fatto non fosse stata un tempo un Mangiamorte, anche se ora non lo è… Sentite, è molto tardi, e se vostra madre viene a sapere cos’è successo si spaventerà da morire. Dormiremo qualche ora e poi cercheremo di prendere una Passaporta domattina presto per andarcene di qui».
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Harry tornò nel suo lettino con la testa che gli ronzava. Sapeva che avrebbe dovuto sentirsi sfinito; erano quasi le tre del mattino, ma era sveglissimo: sveglissimo, e preoccupato.
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Tre giorni prima — sembrava che fosse passato molto più tempo, ma erano solo tre giorni — si era svegliato con la cicatrice che gli bruciava. E quella notte, per la prima volta dopo tredici anni, il Marchio di Voldemort era comparso nel cielo. Cosa significava tutto questo?
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Pensò alla lettera che aveva scritto a Sirius prima di lasciare Privet Drive. Chissà se Sirius l’aveva già ricevuta? Quando avrebbe risposto? Harry rimase disteso a guardare la tela, ma non sopraggiunsero fantasticherie di volo a conciliargli il sonno, e fu molto dopo che il russare di Charlie ebbe riempito la tenda che Harry alla fine si assopì.
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