La brusca partenza di Silente colse Harry del tutto di sorpresa.
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Rimase seduto dov’era nella sedia con le catene, lottando con i propri sentimenti di spavento e sollievo. Tutti i membri del Wizengamot si stavano alzando, parlavano, raccoglievano le loro carte. Harry si alzò. Nessuno parve rivolgergli la minima attenzione, tranne il rospo alla destra di Caramell, che adesso fissava lui come prima fissava Silente. Ignorandola, cercò di incrociare lo sguardo di Caramell o di Madama Bones, per chiedere se era libero di andare, ma Caramell sembrava ben deciso a non notarlo e Madama Bones era occupata con la sua valigetta, così lui mosse qualche passo esitante verso l’uscita e, quando nessuno lo richiamò, camminò più in fretta.
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Salì gli ultimi gradini di corsa, spalancò la porta e quasi urtò contro il signor Weasley, che era lì fuori, pallido e preoccupato.
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«Silente non mi ha detto…»
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«Assolto» annunciò Harry, chiudendosi la porta alle spalle, «da tutte le accuse!»
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Con un gran sorriso il signor Weasley lo prese per le spalle.
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«Harry, è meraviglioso! Be’, naturalmente non potevano trovarti colpevole, non sulla base delle prove, tuttavia non posso nascondere di essere stato…»
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Ma il signor Weasley s’interruppe, perché la porta dell’aula si era appena riaperta. I Wizengamot stavano uscendo.
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«Per la barba di Merlino!» esclamò il signor Weasley stupefatto, e trasse da parte Harry per lasciarli passare tutti. «Sei stato giudicato dalla Corte plenaria?»
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«Credo di sì» rispose Harry sottovoce.
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Uno o due maghi fecero un cenno a Harry passando e qualcuno, tra cui Madama Bones, disse «’Giorno, Arthur» al signor Weasley, ma la gran parte distolse lo sguardo. Cornelius Caramell e il rospo furono tra gli ultimi a uscire dalla segreta. Caramell si comportò come se il signor Weasley e Harry facessero parte del muro, ma di nuovo la strega guardò Harry come per valutarlo. L’ultimo fu Percy. Come Caramell, ignorò del tutto suo padre e Harry; passò loro davanti stringendo un grosso rotolo di pergamena e una manciata di piume di riserva, la schiena rigida e il naso per aria. Le rughe attorno alla bocca del signor Weasley s’irrigidirono appena, ma a parte questo non diede altro segno di aver visto il suo terzo figlio.
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«Ti riporto subito indietro, così potrai dare agli altri la bella notizia» disse, facendo cenno a Harry di muoversi non appena i tacchi di Percy furono spariti su per i gradini che portavano al Nono Livello. «Ti accompagno e poi vado a vedere quel bagno a Bethnal Green. Andiamo…»
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«E che cosa farà per il bagno?» chiese Harry con un ghigno. All’improvviso tutto sembrava cinque volte più buffo del solito. Cominciava a rendersene conto: era stato scagionato, sarebbe tornato a Hogwarts.
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«Oh, è una controfattura abbastanza semplice» rispose il signor Weasley mentre salivano le scale, «ma non è tanto dover riparare il danno, è più l’atteggiamento che sta dietro i vandalismi, Harry. Tormentare i Babbani può anche sembrare divertente ad alcuni maghi, ma è espressione di qualcosa di molto più profondo e malvagio e io per…»
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S’interruppe a metà frase. Erano appena arrivati al corridoio del Nono Livello e Cornelius Caramell era a qualche metro da loro, a parlare piano con un mago alto, con lisci capelli biondi e un viso pallido e affilato.
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Il mago si voltò al suono dei loro passi. Anche lui s’interruppe, i suoi freddi occhi grigi si strinsero e puntarono sul viso di Harry.
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«Bene, bene, bene… Patronus Potter» disse Lucius Malfoy in tono gelido.
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Harry si sentì mozzare il fiato, come se avesse appena sbattuto contro qualcosa di duro. L’ultima volta che aveva visto quei freddi occhi grigi era stato attraverso le fessure di un cappuccio da Mangiamorte, e l’ultima volta che aveva sentito la voce beffarda di quell’uomo era stato in un cupo cimitero, mentre Lord Voldemort lo torturava. Harry non riusciva a credere che Lucius Malfoy osasse guardarlo in faccia; non riusciva a credere che fosse lì, al Ministero della Magia, o che Cornelius Caramell stesse parlando con lui, quando solo qualche settimana prima Harry aveva detto a Caramell che Malfoy era un Mangiamorte.
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«Il Ministro mi stava giusto raccontando che te la sei cavata, Potter» proseguì con voce strascicata il signor Malfoy. «Davvero stupefacente, come continui a strisciar fuori dai buchi più stretti… serpentesco, in effetti».
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Il signor Weasley strinse la spalla di Harry in segno d’avvertimento.
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«Sì» disse Harry, «sono bravo a cavarmela».
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Lucius Malfoy alzò lo sguardo sul signor Weasley.
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«E c’è anche Arthur Weasley! Che cosa fai qui, Arthur?»
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«Io lavoro qui» rispose il signor Weasley brusco.
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«Non qui, vero?» disse il signor Malfoy, alzando le sopracciglia e scoccando un’occhiata alla porta oltre la spalla del signor Weasley. «Credevo che stessi su al Secondo Livello… non fai qualcosa tipo portarti a casa di nascosto dei manufatti Babbani e stregarli?»
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«No» sbottò il signor Weasley, con le dita affondate nella spalla di Harry.
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«E lei che cosa ci fa qui, invece?» chiese Harry a Lucius Malfoy.
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«Non credo che gli affari privati tra me e il Ministero siano fatti tuoi, Potter» disse Malfoy, lisciandosi la veste sul petto. Harry sentì chiaramente il dolce tintinnio di quella che sembrava una tascata d’oro. «Davvero, solo perché sei il cocco di Silente, non devi aspettarti la stessa indulgenza da tutti noi… andiamo su nel suo ufficio, allora, Ministro?»
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«Certo» rispose Caramell, voltando le spalle a Harry e al signor Weasley. «Da questa parte, Lucius».
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Si allontanarono insieme, parlando a bassa voce. Il signor Weasley non lasciò andare la spalla di Harry finché non furono scomparsi nell’ascensore.
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«Perché non stava aspettando fuori dall’ufficio di Caramell se hanno degli affari da sbrigare insieme?» esplose Harry, furioso. «Che cosa ci fa quaggiù?»
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«Cercava di intrufolarsi nell’aula, secondo me» disse il signor Weasley, agitatissimo; si guardò alle spalle come per essere certo che nessuno lo sentisse. «Per scoprire se eri stato espulso o no. Lascerò un biglietto per Silente quando ti accompagno a casa, deve sapere che Malfoy ha parlato di nuovo con Caramell».
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«E comunque che razza di faccende private hanno in comune?»
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«Oro, immagino» rispose il signor Weasley con rabbia. «Malfoy fa da anni generose donazioni per ogni sorta di cose… così incontra le persone giuste… e poi può chiedere favori… ritardare leggi che non vuole… oh, ha un sacco di contatti utili, Lucius Malfoy».
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L’ascensore arrivò; era vuoto, a parte una flottiglia di promemoria che svolazzarono attorno alla testa del signor Weasley, che li allontanò con la mano, irritato, e premette il bottone per l’Atrium. Le porte si chiusero con un tonfo.
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«Signor Weasley» disse Harry lentamente, «se Caramell incontra dei Mangiamorte come Malfoy, e li incontra da solo, come facciamo a sapere che non gli hanno scagliato una Maledizione Imperius?»
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«Non credere che non ci abbiamo pensato» bisbigliò il signor Weasley. «Ma Silente è convinto che Caramell agisca di sua volontà per ora: il che, come dice lui, non è molto consolante. Adesso è meglio non parlarne più, Harry».
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Le porte si aprirono e i due uscirono nell’Atrium ormai quasi deserto. Eric il guardiamago era di nuovo nascosto dietro la sua Gazzetta del Profeta. Avevano appena superato la fontana d’oro quando Harry ricordò.
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«Aspetti…» disse al signor Weasley, estrasse dalla tasca la borsa del denaro e tornò alla fontana.
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Guardò in su il bel volto del mago, ma da vicino lo trovò scialbo e un po’ insulso. La strega aveva un sorriso svaporato da concorso di bellezza e, per quello che Harry sapeva di goblin e centauri, era alquanto improbabile che li si potesse sorprendere a guardare in modo così svenevole qualunque genere di umani. Solo l’atteggiamento di strisciante servilismo dell’elfo domestico era convincente. Con un sorriso al pensiero di quello che avrebbe detto Hermione se avesse visto la statua dell’elfo, Harry rovesciò la borsa vuotando nella vasca non solo dieci galeoni, ma tutto il suo contenuto.
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«Lo sapevo!» urlò Ron, scagliando i pugni in aria. «Te la cavi sempre!»
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«Dovevano assolverti» disse Hermione, che si stava consumando dalla preoccupazione quando Harry era entrato in cucina e ora teneva una mano tremante sugli occhi, «non c’erano argomenti contro di te, nessuno».
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«Sembrate tutti piuttosto sollevati, però, considerando che sapevate già che ce l’avrei fatta» osservò Harry sorridendo.
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La signora Weasley si asciugò il volto nel grembiule e Fred, George e Ginny si diedero a una sorta di danza di guena cantando: «Ce l’ha fatta, ce l’ha fatta, ce l’ha fatta…»
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«Basta!» urlò il signor Weasley, ma sorrideva anche lui. «Ascolta, Sirius, Lucius Malfoy era al Ministero…»
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«Che cosa?!» domandò Sirius.
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«Ce l’ha fatta, ce l’ha fatta, ce l’ha fatta…»
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«Zitti, voi tre! Sì, l’abbiamo visto parlare con Caramell al Nono Livello, poi sono saliti insieme nell’ufficio di Caramell. Silente deve saperlo».
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«Assolutamente» disse Sirius. «Glielo diremo, non ti preoccupare».
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«Be’, è meglio che vada, c’è un bagno vomitante che mi aspetta a Bethnal Green. Molly, tornerò tardi, faccio il turno di Tonks, ma può darsi che Kingsley venga a cena…»
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«Ce l’ha fatta, ce l’ha fatta, ce l’ha fatta…»
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«Adesso basta… Fred… George… Ginny!» ordinò la signora Weasley mentre suo marito usciva dalla cucina. «Harry, caro, vieni a sederti, mangia qualcosa, non hai mangiato niente a colazione».
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Ron e Hermione si sedettero davanti a lui, felici come mai da quando era arrivato in Grimmauld Place, e la sensazione di vertiginoso sollievo di Harry, che in qualche modo era stata intaccata dall’incontro con Lucius Malfoy, si dilatò di nuovo. La tetra casa sembrava all’improvviso più calda e più accogliente; perfino Kreacher parve meno brutto quando infilò il naso a gnigno in cucina per indagare sulla fonte di tutto quel fracasso.
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«Certo, quando Silente è comparso al tuo fianco, figuriamoci se ti condannavano» disse Ron allegramente, distribuendo mucchi di purè di patate in tutti i piatti.
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«Sì, è stato decisivo» ammise Harry. Sentiva che sarebbe stato profondamente ingrato, per non dire infantile, aggiungere “Vorrei che mi avesse parlato, però. O almeno che mi avesse guardato”.
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E nel pensarlo, la cicatrice sulla fronte bruciò così forte che lui dovette battervi sopra una mano.
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«Che cosa succede?» chiese Hermione, preoccupata.
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«La cicatrice» borbottò Harry. «Ma non è niente… succede di continuo, ormai…»
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Nessuno degli altri si era accorto di nulla: tutti si stavano servendo e gongolavano per l’assoluzione di Harry; Fred, George e Ginny continuavano a cantare. Hermione era piuttosto agitata, ma prima che riuscisse a dire qualcosa, Ron intervenne allegramente: «Scommetto che Silente stasera viene a festeggiare con noi».
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«Non credo che ce la farà, Ron» disse la signora Weasley, posando un enorme piatto di pollo arrosto davanti a Harry. «Al momento è davvero molto occupato».
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«CE L’HA FATTA, CE L’HA FATTA, CE L’HA FATTA…»
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«SILENZIO!» ruggì la signora Weasley.
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Nei giorni che seguirono, Harry non poté fare a meno di notare che una persona al numero dodici di Grimmauld Place non sembrava proprio sopraffatta dalla gioia al pensiero che lui sarebbe tornato a Hogwarts. Sirius aveva ostentato una più che credibile parvenza di felicità alla notizia, aveva stretto la mano a Harry e aveva fatto dei gran sorrisi come tutti gli altri. Ben presto, tuttavia, divenne più scontroso e corrucciato che mai: parlava meno con tutti, Harry compreso, e passava sempre più tempo chiuso nella stanza di sua madre con Fierobecco.
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«Non vorrai sentirti in colpa!» esclamò Hermione con fermezza, quando Harry confidò le sue sensazioni a lei e Ron mentre ripulivano un armadio ammuffito al terzo piano, qualche giorno dopo. «Tu appartieni a Hogwarts e Sirius lo sa. Personalmente, credo che si comporti da egoista».
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«Sei un po’ dura, Hermione» disse Ron accigliato, tentando di grattar via un po’ di muffa che gli si era appiccicata al dito. «Neanche tu vorresti stare rinchiusa in questa casa senza compagnia».
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«Ma lui ce l’avrà, la compagnia!» ribatté Hermione. «È il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, no? Solo che sperava che Harry sarebbe venuto a vivere qui con lui».
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«Non credo» obiettò Harry, strizzando il suo straccio. «Non mi ha dato una risposta chiara quando gli ho chiesto se potevo».
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«Perché non voleva illudersi» disse Hermione, saggia. «E probabilmente si sentiva anche lui un po’ in colpa, perché ho l’impressione che una parte di lui si augurasse davvero che tu venissi espulso. Così sareste stati dei reietti tutti e due».
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«Ma andiamo!» dissero Harry e Ron in coro; Hermione si limitò a scrollare le spalle.
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«Come credete. Però a volte penso che la mamma di Ron abbia ragione e che Sirius faccia un po’ di confusione fra te e tuo padre, Harry».
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«Cioè credi che sia un po’ tocco?» chiese Harry infiammandosi.
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«No, credo soltanto che sia rimasto troppo solo troppo a lungo» rispose Hermione con semplicità.
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A questo punto la signora Weasley entrò nella stanza.
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«Non avete ancora finito?» chiese, infilando la testa nell’armadio.
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«Credevo che fossi venuta a dirci di fare una pausa!» protestò Ron amareggiato. «Lo sai quanta muffa abbiamo tolto da quando siamo qui?»
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«Eravate così entusiasti di aiutare l’Ordine…» osservò la signora Weasley. «Potete fare la vostra parte rendendo abitabile il Quartier Generale».
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«Mi sento come un elfo domestico» brontolò Ron.
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«Be’, adesso che capisci quanto è terribile la loro vita, forse ti darai un po’ più da fare per il CREPA!» disse Hermione speranzosa, mentre la signora Weasley li lasciava. «Sai, forse non sarebbe una cattiva idea mostrare esattamente alla gente com’è tremendo dover pulire di continuo: potremmo fare una pulizia sponsorizzata della sala comune di Grifondoro, e destinare i proventi al CREPA; questo potrebbe accrescere la conoscenza del problema, oltre che i fondi».
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«Io ti sponsorizzo se non parli più del CREPA» borbottò Ron irritato, ma piano, in modo che solo Harry lo potesse sentire.
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Harry si scoprì a fantasticare su Hogwarts sempre più spesso via via che si avvicinava la fine delle vacanze; non vedeva l’ora di ritrovare Hagrid, di giocare a Quidditch, perfino di passeggiare tra i rettangoli dell’orto verso le serre di Erbologia; sarebbe stata una festa solo lasciare quella casa polverosa e muffita, dove metà degli armadi erano ancora sprangati e nell’ombra Kreacher sibilava insulti, anche se Harry stava bene attento a non lasciar indovinare questi suoi sentimenti a Sirius.
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Il fatto era che vivere al Quartier Generale del movimento anti-Voldemort non era neanche da lontano così eccitante quanto Harry si sarebbe aspettato. Anche se i membri dell’Ordine della Fenice andavano e venivano regolarmente, e a volte si fermavano per i pasti o per scambiare informazioni sottovoce, la signora Weasley faceva in modo che Harry e gli altri fossero tenuti accuratamente fuori tiro d’orecchio (Oblungo o normale) e nessuno, nemmeno Sirius, pareva credere che Harry avesse bisogno di sapere qualcosa di più di quello che aveva sentito la notte del suo arrivo.
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L’ultimo giorno delle vacanze Harry stava spazzando le cacche di Edvige dalla cima dell’armadio quando Ron entrò con un paio di buste.
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«Sono arrivate le liste dei libri» disse, gettandone una a Harry, che era in piedi su una sedia. «Era ora, credevo che si fossero dimenticati, di solito arrivano molto prima…»
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Harry buttò le ultime cacche in un sacchetto della spazzatura e lo scagliò oltre la testa di Ron, nel cestino nell’angolo, che lo inghiottì e fece un gran rutto. Poi aprì la sua lettera. Conteneva due fogli di pergamena: uno era il solito avviso che la scuola cominciava il primo settembre; l’altro elencava i libri per il nuovo anno.
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«Solo due nuovi» disse, leggendo la lista. «Il Libro Standard degli Incantesimi, Classe Quinta di Miranda Goshawk, e Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard».
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Crac.
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Fred e George si Materializzarono proprio accanto a Harry. Ormai ci era così abituato che non cadde nemmeno dalla sedia.
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«Ci stavamo chiedendo chi ha scelto il libro di Slinkhard» disse Fred.
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«Perché significa che Silente ha trovato un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure» continuò George.
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«Era anche ora» buttò lì Fred.
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«Perché?» chiese Harry, saltando giù dalla sedia.
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«Be’, abbiamo origliato con le Orecchie Oblunghe mentre la mamma e il papà parlavano, qualche settimana fa» rispose Fred, «e a sentir loro, Silente ha avuto serie difficoltà a trovarne uno quest’anno».
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«Non c’è da stupirsi, se pensi a che cosa è successo agli ultimi quattro, no?» disse George.
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«Uno licenziato, uno morto, uno con la memoria rimossa e uno chiuso in un baule per nove mesi». Harry li contò sulle dita. «Sì, capisco».
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«Cos’hai, Ron?» chiese Fred.
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Ron non rispose. Harry si voltò. L’amico era assolutamente immobile, con la bocca un po’ aperta, e fissava la sua lettera da Hogwarts.
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«Cosa succede?» chiese Fred impaziente, e si avvicinò a Ron per guardare la pergamena da sopra la sua spalla.
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Anche la bocca di Fred si spalancò.
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«Prefetto?» disse, guardando incredulo la lettera. «Prefetto?»
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George fece un balzo in avanti, afferrò la busta dall’altra mano di Ron e la rovesciò. Harry vide qualcosa di dorato e scarlatto cadere nel palmo di George.
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«Impossibile» mormorò George con voce soffocata.
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«C’è stato un errore» disse Fred, sfilando la lettera dalla presa di Ron e tenendola controluce come per controllare la filigrana. «Nessuno col cervello a posto sceglierebbe Ron come prefetto».
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Le teste dei gemelli si voltarono insieme ed entrambi fissarono Harry.
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«Pensavamo che tu fossi una certezza!» disse Fred, come se Harry li avesse in qualche modo ingannati.
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«Credevamo che Silente dovesse scegliere te!» esclamò George indignato.
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«Dopo che hai vinto il Tremaghi e tutto!» aggiunse Fred.
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«Forse la storia della pazzia ha pesato contro di lui» disse George a Fred.
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«Sì» convenne Fred dopo un po’. «Sì, ti sei cacciato in troppi guai, amico. Be’, almeno uno di voi sa quali sono le cose importanti nella vita».
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Andò da Harry e gli diede una gran pacca sulla schiena, lanciando a Ron uno sguardo pungente.
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«Prefetto… Ronnino il prefettino».
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«Ohh, la mamma sarà rivoltante» gemette George, gettando la spilla a Ron come se fosse infetta.
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Ron, che non aveva ancora detto una parola, la fissò per un momento, poi la tese a Harry come cercando una muta conferma della sua autenticità. Harry la prese. Una grossa “P” era sovrapposta al leone di Grifondoro. Aveva visto una spilla identica sul petto di Percy il suo primo giorno a Hogwarts.
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La porta si aprì con violenza. Hermione entrò di corsa, le guance arrossate e i capelli svolazzanti. Aveva in mano una busta.
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«Hai… ti è arrivata…?»
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Vide la spilla in mano a Harry ed emise uno strilletto.
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«Lo sapevo!» esclamò eccitata, brandendo la sua lettera. «Anch’io, Harry, anch’io!»
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«No» rispose Harry in fretta, premendo di nuovo la spilla nella mano di Ron. «È Ron, non sono io».
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«È… che cosa?»
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«Ron è prefetto, non io» disse Harry.
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«Ron?» Hermione spalancò la bocca. «Ma… sei sicuro? Voglio dire…»
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Diventò rossa, mentre Ron la guardava con aria di sfida.
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«C’è il mio nome sulla lettera» disse.
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«Io…» mormorò Hermione, sconcertata. «Io… be’… wow! Bravo, Ron! È davvero…»
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«Inaspettato» concluse George, annuendo.
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«No» disse Hermione, più rossa che mai, «no, non lo è… Ron ha fatto un sacco di… è veramente…»
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La porta si aprì di nuovo e la signora Weasley entrò di spalle nella stanza con una pila di abiti appena lavati e stirati fra le braccia.
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«Ginny mi ha detto che finalmente sono arrivate le liste dei libri» disse, guardando le buste mentre raggiungeva il letto e cominciava a dividere i vestiti in due pile. «Se le date a me, le porto a Diagon Alley oggi pomeriggio e vi prendo i libri mentre voi fate i bagagli. Ron, dovrò comprarti altri pigiami, questi sono troppo corti di almeno quindici centimetri, è incredibile come stai crescendo in fretta… che colore ti piacerebbe?»
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«Prendiglieli rossi e oro, così s’intonano alla spilla» suggerì George con un sorrisetto maligno.
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«S’intonano a cosa?» chiese la signora Weasley distrattamente, arrotolando un paio di calzini marroni e sistemandoli sulla pila di Ron.
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«Alla sua spilla» disse Fred, con il tono di chi vuole che il peggio passi in fretta. «La sua deliziosa splendente nuova spilla da prefetto».
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Ci volle un momento perché le parole di Fred facessero breccia nella mente della signora Weasley, concentrata sui pigiami.
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«La sua… ma… Ron, non sei…?»
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Ron mostrò la spilla.
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La signora Weasley emise uno strillo identico a quello di Hermione.
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«Non ci credo! Non ci credo! Oh, Ron, è meraviglioso! Prefetto! Come tutti in famiglia!»
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«Io e Fred chi siamo, i vicini della porta accanto?» disse George indignato, ma sua madre lo spinse da parte e gettò le braccia attorno al più piccolo dei suoi maschi.
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«Aspetta che lo sappia tuo padre! Ron, sono così fiera di te, che notizia meravigliosa, potresti diventare Caposcuola come Bill e Percy, è il primo passo! Oh, che bella cosa, tra tutti questi pensieri, sono emozionata, oh, Ronnie…»
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Fred e George facevano finta di vomitare, e forte, alle sue spalle, ma la signora Weasley non se ne accorse; con le braccia strette attorno al collo di Ron, gli baciava tutta la faccia, che era diventata più rossa della spilla.
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«Mamma… non… mamma, controllati…» balbettò lui, cercando di allontanarla.
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Lei lo lasciò andare e disse, senza fiato: «Be’, che cosa vuoi? A Percy avevamo regalato un gufo, ma tu ce l’hai già».
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«C-che cosa vuoi dire?» chiese Ron, come se non osasse credere alle proprie orecchie.
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«Ti meriti un premio!» disse la signora Weasley in tono affettuoso. «Che cosa ne dici di un bel po’ di vestiti nuovi?»
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«Glieli abbiamo già comprati noi» intervenne Fred in tono acido, quasi rimpiangendo quell’atto di generosità.
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«O un calderone nuovo, quello vecchio di Charlie è tutto arrugginito, o un topo nuovo, ti piaceva Crosta…»
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«Mamma» disse Ron speranzoso, «posso avere una scopa nuova?»
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L’espressione gioiosa della signora Weasley si attenuò lievemente. I manici di scopa erano cari.
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«Non una bella!» si affrettò ad aggiungere Ron. «Solo… solo una nuova, per una volta…»
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La signora Weasley esitò, poi sorrise.
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«Ma certo… be’, è meglio che mi muova se devo comprare anche una scopa. Ci vediamo più tardi… il piccolo Ronnie prefetto! E non dimenticate di fare i bauli… prefetto… oh, sono tutta un tremito!»
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Diede a Ron un altro bacio sulla guancia, tirò su forte col naso e uscì agitata.
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Fred e George si scambiarono uno sguardo.
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«Non ti dispiace se non ti baciamo, Ron?» chiese Fred con voce falsamente preoccupata.
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«Possiamo inchinarci, se vuoi» aggiunse George.
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«Oh, piantatela» rispose Ron, guardandoli torvo.
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«Se no?» disse Fred, con un ghigno perfido che si allargava sul suo viso. «Ci vuoi mettere in castigo?»
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«Vorrei proprio vedere» ridacchiò George.
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«Può anche farlo, se non state attenti!» intervenne Hermione arrabbiata.
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Fred e George scoppiarono a ridere, e Ron borbottò: «Lascia perdere, Hermione».
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«Dovremo stare attenti, George» disse Fred, fingendo di tremare, «con questi due alle costole…»
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«Sì, sembra proprio che i nostri giorni da fuorilegge siano giunti all’epilogo» commentò George, scuotendo il capo.
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E con un altro sonoro crac i gemelli si Smaterializzarono.
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«Quei due!» esclamò Hermione furibonda, fissando il soffitto, attraverso il quale si sentivano Fred e George in preda alle risate nella stanza di sopra. «Non badarci, Ron, sono solo invidiosi!»
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«Non credo» disse Ron dubbioso, guardando a sua volta il soffitto. «Hanno sempre detto che solo gli stupidi diventano prefetti… però» aggiunse in tono più allegro, «loro non hanno mai avuto delle scope nuove! Vorrei poter andare con la mamma a sceglierla… non potrà mai permettersi una Nimbus, ma è uscita la nuova Tornado, sarebbe magnifico… sì, credo che andrò a dirle che mi piace la Tornado, così, perché lo sappia…»
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E schizzò via, lasciando Harry e Hermione soli.
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Per qualche motivo, Harry scoprì di non aver voglia di guardare Hermione. Si voltò verso il suo letto, raccolse la pila di abiti puliti che la signora Weasley vi aveva posato e attraversò la stanza diretto al suo baule.
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«Harry» fece Hermione incerta.
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«Complimenti, Hermione» disse Harry, con una voce così affabile che non suonò affatto come la sua, e aggiunse, sempre senza guardarla: «Brava. Prefetto. Grandioso».
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«Grazie» disse Hermione. «Ehm… Harry… mi presti Edvige, così lo dico alla mamma e a papà? Saranno contenti… insomma, prefetto è una cosa che possono capire».
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«Sì, non c’è problema» disse Harry, sempre con lo stesso orrendo tono cordiale che non gli apparteneva. «Prendila pure!»
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Si chinò sul baule, posò i vestiti sul fondo e finse di cercare qualcosa mentre Hermione andava all’armadio e chiamava Edvige. Passarono alcuni istanti; Harry udì la porta chiudersi ma rimase piegato, in ascolto; gli unici rumori venivano dal quadro vuoto sulla parete, che ridacchiava di nuovo, e dal cestino della carta straccia nell’angolo, che tossiva soffocato dalle cacche di civetta.
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Si rialzò e si guardò alle spalle. Hermione era uscita, Edvige era sparita. Tornò a passi lenti al suo letto e vi sprofondò, guardando la base dell’armadio senza vederla.
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Si era completamente dimenticato che i prefetti vengono scelti al quinto anno. Era troppo afflitto dalla possibilità di essere espulso per dedicare un solo pensiero al fatto che le spille dovevano essere in viaggio. Ma se l’avesse ricordato… se ci avesse pensato… che cosa si sarebbe aspettato?
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Non questo, disse una vocina sincera dentro la sua testa.
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Harry contrasse il volto e lo seppellì fra le mani. Non poteva mentire a se stesso: se avesse saputo che la spilla stava per arrivare, si sarebbe aspettato che toccasse a lui, non a Ron. Era un arrogante come Draco Malfoy? Si credeva superiore a chiunque altro? Era proprio convinto di essere migliore di Ron?
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No, disse la vocina in tono di sfida.
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Davvero? si chiese Harry, sondando preoccupato i propri sentimenti.
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Io sono più bravo a Quidditch, disse la voce. Ma non sono più bravo in nient’altro.
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Era la verità, pensò Harry; non era migliore di Ron a scuola. Ma fuori dalle aule? E quelle avventure che lui, Ron e Hermione avevano vissuto da quando avevano cominciato a frequentare Hogwarts, rischiando spesso molto più che l’espulsione?
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Be’, Ron e Hermione erano quasi sempre con me, disse la voce dentro la testa di Harry.
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Non sempre, però, Harry ribatté a se stesso. Non hanno lottato contro Raptor. Non hanno sfidato Riddle e il Basilisco. Non si sono sbarazzati di tutti quei Dissennatori la notte della fuga di Sirius. Non erano nel cimitero con me, quando Voldemort è tornato…
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E la stessa sensazione di ingiustizia che l’aveva sopraffatto la notte del suo arrivo si destò di nuovo. Ho decisamente fatto di più, pensò Harry indignato. Ho fatto più di tutti e due!
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Ma forse, disse la vocina con onestà, forse Silente non sceglie i prefetti perché si sono ficcati in un mucchio di situazioni pericolose… forse li sceglie per altre ragioni… Ron deve avere qualcosa che tu non hai…
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Harry aprì gli occhi e sbirciò tra le dita le zampe artigliate dell’armadio, ricordando le parole di Fred: “Nessuno col cervello a posto sceglierebbe Ron come prefetto…”
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Harry scoppiò a ridere. Un attimo dopo si sentì disgustato di se stesso.
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Ron non aveva chiesto a Silente di dargli la spilla da prefetto. Non era colpa sua. Lui, Harry, il migliore amico di Ron, gli avrebbe tenuto il broncio perché lui non aveva una spilla, avrebbe riso con i gemelli alle sue spalle, gli avrebbe sciupato questa gioia quando per la prima volta aveva battuto Harry in qualcosa?
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A quel punto Harry udì i passi di Ron sulle scale. Si alzò, si raddrizzò gli occhiali e si stampò un sorriso sulla faccia mentre il suo amico entrava saltando tutto allegro.
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«L’ho raggiunta appena in tempo!» annunciò. «Dice che se può compra la Tornado».
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«Forte» disse Harry, e fu sollevato nel sentire che la sua voce aveva smesso di suonare cordiale. «Senti… Ron… complimenti, bel colpo!»
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Il sorriso svanì dal volto di Ron.
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«Non ho mai pensato che capitasse a me!» ammise, scuotendo il capo. «Credevo che saresti stato tu!»
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«No, io mi sono cacciato in troppi guai» rispose Harry, ripetendo le parole di Fred.
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«Sì» disse Ron. «Già, forse… be’, è meglio che riempiamo i bauli, no?»
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Era strano vedere a che raggio di distanza le loro cose si erano sparpagliate dal loro arrivo. Impiegarono gran parte del pomeriggio a recuperare libri e oggetti da tutta la casa e riporli di nuovo nei bauli di scuola. Harry notò che Ron continuava a spostare la spilla da prefetto: prima la mise sul comodino, poi la infilò nella tasca dei jeans, poi la prese e la posò sui vestiti piegati, come per vedere l’effetto del rosso contro il nero. Solo quando Fred e George entrarono e si offrirono di appiccicargliela alla fronte con un Incantesimo di Adesione Permanente, la avvolse con tenerezza nei suoi calzini marroni e la chiuse nel baule.
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La signora Weasley tornò da Diagon Alley verso le sei, carica di libri, con un lungo pacco avvolto in carta spessa che Ron le tolse di mano con un gemito di desiderio.
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«Non è il momento di aprirla, adesso, sta arrivando gente a cena, vi voglio tutti di sotto» disse la signora Weasley, ma non appena fu sparita Ron strappò la carta con frenesia e studiò ogni centimetro della sua nuova scopa con espressione estatica.
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Giù nel seminterrato, sopra la tavola ingombra di piatti la signora Weasley aveva appeso uno striscione scarlatto:
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CONGRATULAZIONIRON E HERMIONENUOVI PREFETTI
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Harry non l’aveva vista così di buonumore in tutte le vacanze.
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«Ho pensato di organizzare una festicciola, non una cena seduta» disse. «Tuo padre e Bill stanno arrivando, Ron. Ho mandato un gufo a tutti e due e sono eccitatissimi» aggiunse, con un gran sorriso.
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Fred alzò gli occhi al cielo.
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Sirius, Lupin, Tonks e Kingsley Shacklebolt erano già arrivati e Malocchio Moody fece il suo ingresso zoppicando poco dopo che Harry si fu servito una Burrobirra.
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«Oh, Alastor, sono felice che tu sia qui» disse la signora Weasley allegra, mentre Malocchio si liberava del mantello da viaggio. «È un secolo che volevamo invitarti… potresti dare un’occhiata allo scrittoio nel salotto e dirci che cosa c’è dentro? Non abbiamo voluto aprirlo nel caso che sia qualcosa di veramente pericoloso».
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«Non c’è problema, Molly…»
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L’occhio blu elettrico di Moody ruotò verso l’alto e si fermò sul soffitto della cucina.
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«Il salotto…» ringhiò, mentre la pupilla si contraeva. «Lo scrittoio nell’angolo? Sì, lo vedo… sì, è un Molliccio… vuoi che vada su a toglierlo di mezzo?»
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«No, no, lo farò io più tardi» rispose la signora Weasley raggiante, «tu serviti da bere. Stiamo festeggiando…» Indicò lo striscione scarlatto. «Il quarto prefetto in famiglia!» disse con affetto, scompigliando i capelli di Ron.
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«Prefetto, eh?» ringhiò Moody, con l’occhio normale puntato su Ron e quello magico che scrutava l’interno della testa. Harry ebbe la sgradevole sensazione che stesse guardando lui e si spostò verso Sirius e Lupin.
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«Be’, congratulazioni» disse Moody, continuando a osservare Ron con l’occhio normale, «le posizioni di autorità attirano sempre guai, ma immagino che Silente sia convinto che tu possa resistere agli incantesimi principali altrimenti non ti avrebbe scelto…»
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Ron rimase stupito da questo aspetto della questione, ma la pena di replicare gli fu risparmiata dall’arrivo di suo padre e del fratello maggiore. La signora Weasley era così di buonumore che non brontolò nemmeno per il fatto che avevano portato con sé Mundungus; costui indossava un lungo cappotto stranamente rigonfio in punti improbabili e declinò l’offerta di toglierlo e riporlo con il mantello da viaggio di Moody.
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«Be’, credo che un brindisi sia d’obbligo» disse il signor Weasley quando tutti ebbero da bere. Levò il calice. «A Ron e Hermione, i nuovi prefetti di Grifondoro!»
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Ron e Hermione sorrisero e tutti bevvero alla loro salute e applaudirono.
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«Io non sono mai diventata prefetto» disse Tonks allegramente alle spalle di Harry, quando tutti si spostarono verso il tavolo per servirsi. I suoi capelli quella sera erano rosso pomodoro e lunghi fino alla vita; sembrava la sorella maggiore di Ginny. «Il Direttore della mia Casa diceva che mi mancavano alcune qualità necessarie».
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«Tipo?» chiese Ginny, che stava scegliendo una patata al forno.
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«Tipo comportarmi bene» rispose Tonks.
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Ginny rise; Hermione non sapeva se sorridere o no e scese a un compromesso bevendo un sorso troppo lungo di Burrobirra e soffocandosi.
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«E tu, Sirius?» Ginny diede grandi pacche a Hermione sulla schiena.
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Sirius, che era accanto a Harry, fece la sua solita risata simile a un latrato.
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«Nessuno mi avrebbe voluto come prefetto, passavo troppo tempo in punizione con James. Il bravo ragazzo era Lupin, lui sì che ha portato la spilla».
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«Silente sperava che sarei riuscito a esercitare un po’ di controllo sui miei migliori amici» aggiunse Lupin. «Inutile dire che ho fallito clamorosamente».
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L’umore di Harry migliorò di colpo. Nemmeno suo padre era stato prefetto. All’improvviso la festa fu molto più divertente; si riempì il piatto, sentendosi ancora più affezionato a tutti quanti nella stanza.
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Ron cantava le lodi della sua nuova scopa a chiunque volesse ascoltarlo.
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«…da zero a settanta in dieci secondi, non male, vero? Se pensate che la Comet Duecentonovanta fa solo da zero a sessanta, e col vento in coda, secondo Quale Manico di Scopa…»
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Hermione spiegava infervorata a Lupin le sue opinioni sui diritti degli elfi.
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«Insomma è un’idiozia come la segregazione dei lupi marinari, no? Tutto per questa orribile idea che hanno i maghi di credersi superiori alle altre creature…»
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La signora Weasley e Bill, al solito, stavano discutendo dei capelli di Bill.
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«…stai esagerando, e sei così un bel ragazzo, starebbero molto meglio corti, vero, Harry?»
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«Oh… non so…» disse Harry, un po’ allarmato nel sentirsi chiamato in causa; scivolò via verso Fred e George, che erano rincantucciati in un angolo con Mundungus.
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Mundungus smise di parlare quando vide Harry, ma Fred gli strizzò l’occhio e gli fece segno di avvicinarsi.
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«Tranquillo» disse a Mundungus, «possiamo fidarci di lui, è il nostro finanziatore».
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«Guarda che cosa ci ha portato Dung» disse George, tendendo la mano verso Harry. Era piena di quelli che sembravano baccelli avvizziti. Emettevano un debole ticchettio, pur essendo completamente immobili.
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«Semi di Tentacula Velenosa» continuò George. «Ci servono per le Merendine Marinare, ma sono una Sostanza Non Commerciabile di Classe C e quindi abbiamo avuto qualche difficoltà a procurarceli».
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«Dieci galeoni per tutti, allora, Dung?»
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«Con tutti i guai che ho passato?» protestò Mundungus, gli occhi iniettati di sangue ancor più dilatati del solito. «Mi spiace, ragazzi, ma fanno venti, non uno zellino di meno».
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«A Dung piace scherzare» disse Fred a Harry.
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«Sì, finora il massimo che ha preso è stato sei falci per un sacchetto di piume di Knarl» aggiunse George.
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«Attenti» li mise in guardia Harry a voce bassa.
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«A cosa?» chiese Fred. «La mamma è occupata con il prefetto Ron, siamo al sicuro».
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«Ma Moody potrebbe avervi messo l’occhio addosso» osservò Harry.
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Mundungus si guardò dietro le spalle, nervoso.
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«Ha ragione» brontolò. «E va bene, ragazzi, facciamo dieci, se li prendete in fretta».
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«Evviva, Harry!» disse Fred deliziato, dopo di che Mundungus si vuotò le tasche nelle mani tese dei gemelli e sgattaiolò via in direzione del cibo. «Meglio portarli di sopra…»
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Harry li guardò allontanarsi, un po’ a disagio. Gli era appena venuto in mente che i signori Weasley avrebbero voluto sapere come facevano Fred e George a finanziare il negozio di scherzi quando, com’era inevitabile, l’avessero finalmente scoperto. Regalare ai gemelli la vincita del Tremaghi era sembrato semplice al momento, ma se avesse portato a un’altra lite domestica e a un distacco come quello di Percy? La signora Weasley avrebbe continuato a considerare Harry come un figlio se avesse scoperto che era stato lui a permettere a Fred e George di avviare una carriera tanto sconveniente?
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Lì in piedi dove l’avevano lasciato i gemelli, con la sola compagnia di un senso di colpa alla bocca dello stomaco, Harry sentì pronunciare il suo nome. La voce profonda di Kingsley Shacklebolt sovrastava il chiacchiericcio circostante.
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«…perché Silente non ha scelto Harry come prefetto?» stava chiedendo.
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«Avrà avuto le sue ragioni» rispose Lupin.
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«Ma avrebbe dato prova di aver fiducia in lui. È quello che avrei fatto io» insisté Kingsley, «soprattutto con La Gazzetta del Profeta che lo attacca ogni tre giorni…»
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Harry non si voltò; non voleva che Lupin o Kingsley si accorgessero che aveva sentito. Anche se non aveva nemmeno un po’ di fame, seguì Mundungus al tavolo. La sua gioia per la festa era evaporata in fretta com’era venuta; desiderò essere di sopra, a letto.
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Malocchio Moody stava annusando una coscia di pollo con quel che gli restava del naso; evidentemente non riconobbe alcuna traccia di veleno, perché strappò via una striscia di carne con i denti.
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«…il manico è di quercia spagnola con una laccatura antimalocchio e controllo delle vibrazioni incorporato…» Ron stava spiegando a Tonks.
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La signora Weasley si esibì in un gran sbadiglio.
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«Be’, credo che sistemerò quel Molliccio prima di andare a dormire… Arthur, non farli andare a letto troppo tardi, d’accordo? Buonanotte, Harry caro».
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Uscì dalla cucina. Harry posò il piatto e si chiese se sarebbe riuscito a seguirla senza attirare l’attenzione.
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«Tutto bene, Potter?» borbottò Moody.
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«Sì, bene» mentì Harry.
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Moody bevve una sorsata dalla sua fiaschetta, l’occhio blu elettrico che guardava Harry in tralice.
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«Vieni qui, ho una cosa che potrebbe interessarti» disse.
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Da una tasca interna dell’abito estrasse una vecchia foto magica molto consunta.
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«L’Ordine della Fenice originario» ringhiò. «L’ho trovata ieri sera mentre cercavo il mio Mantello dell’Invisibilità di riserva, visto che Podmore non ha avuto il garbo di restituirmi quello buono… ho pensato che alla gente qui sarebbe piaciuto vederla».
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Harry prese la foto. Una piccola folla di persone, alcune che lo salutavano con la mano, altre che levavano i bicchieri, rispose al suo sguardo.
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«Questo sono io» disse Moody, indicando se stesso senza che ce ne fosse bisogno. Il Moody nella foto era inconfondibile, anche se i capelli erano un po’ meno grigi e il naso intatto. «E vicino a me c’è Silente, dall’altra parte Dedalus Lux… questa è Marlene McKinnon: è stata uccisa due settimane dopo che la foto è stata scattata, hanno preso tutta la sua famiglia. Questi sono Frank e Alice Paciock…»
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Guardando Alice Paciock Harry, già a disagio, sentì lo stomaco contrarsi; conosceva molto bene il suo viso tondo e cordiale anche se non l’aveva mai incontrata, perché era identica a suo figlio Neville.
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«…poveri diavoli» ringhiò Moody. «Meglio morti che come loro… e questa è Emmeline Vance, l’hai conosciuta, e Lupin, ovviamente… Benjy Fenwick, se n’è andato anche lui, abbiamo ritrovato solo dei pezzi… spostatevi, voi» aggiunse, premendo col dito sull’immagine, e i piccoli personaggi fotografici si fecero da parte, così che quelli coperti venissero avanti.
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«Questo è Edgar Bones… il fratello di Amelia Bones, hanno preso lui e la sua famiglia, era un gran mago… Sturgis Podmore, accidenti, com’era giovane… Caradoc Dearborn, scomparso sei mesi dopo, non abbiamo mai ritrovato il corpo… Hagrid, naturalmente, è sempre lo stesso… Elphias Doge, l’hai conosciuto, mi ero dimenticato che portava sempre quello stupido cappello… Gideon Prewett, ci sono voluti cinque Mangiamorte per uccidere lui e suo fratello Fabian, hanno combattuto da eroi… spostatevi, spostatevi…»
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Le piccole persone nella foto si pigiarono e quelli nascosti in seconda fila si fecero avanti.
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«Questo è Aberforth, il fratello di Silente, l’ho incontrato solo quella volta, un tipo strano… ecco Dorcas Meadowes, Voldemort l’ha uccisa personalmente… Sirius, quando aveva ancora i capelli corti… e… ecco, ho pensato che questo ti poteva interessare!»
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Il cuore di Harry ebbe un balzo. Sua madre e suo padre gli sorridevano, seduti ai due lati di un ometto dagli occhi acquosi che Harry riconobbe subito per Codaliscia, colui che aveva rivelato il nascondiglio dei suoi genitori a Voldemort e così ne aveva provocato la morte.
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«Eh?» disse Moody.
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Harry guardò il volto di Moody, solcato da profonde cicatrici e butterato. Chiaramente Moody era convinto di aver offerto a Harry qualcosa di ghiotto.
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«Sì» disse Harry, cercando di nuovo di sorridere. «Ehm… senta, mi sono appena ricordato che non ho messo via il mio…»
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La fatica di inventare un oggetto che non aveva riposto gli fu risparmiata. Sirius aveva appena detto: «Che cos’hai lì, Malocchio?» e Moody si era voltato verso di lui. Harry attraversò la cucina, scivolò oltre la porta e salì le scale prima che qualcuno potesse richiamarlo.
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Non sapeva perché era stato un tale shock; aveva già visto altri ritratti dei suoi genitori, e aveva incontrato Codaliscia… ma vederseli sbattere davanti così, quando meno se lo aspettava… non sarebbe piaciuto a nessuno, pensò con rabbia…
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E poi, circondati da tutte quelle altre facce allegre… Benjy Fenwick, ritrovato a pezzi, e Gideon Prewett, morto da eroe, e i Paciock, torturati sino alla follia… tutti che salutavano allegri dalla foto per sempre, senza sapere di essere condannati… be’, Moody poteva anche trovarlo interessante… lui, Harry, lo trovava intollerabile…
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Sgattaiolò su per le scale dell’ingresso, oltre le teste impagliate degli elfi, felice di essere di nuovo solo, ma quando si avvicinò al primo pianerottolo sentì dei rumori. Qualcuno singhiozzava in salotto.
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«Chi c’è?» chiese Harry.
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Non ebbe risposta, ma i singhiozzi continuarono. Salì i gradini rimasti due alla volta, attraversò il pianerottolo e aprì la porta del salotto.
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Qualcuno era rannicchiato contro la parete scura, la bacchetta in mano, il corpo scosso dai singulti. Disteso sul vecchio tappeto polveroso in una macchia di luce lunare, chiaramente morto, c’era Ron.
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Tutta l’aria parve sparire dai polmoni di Harry; si sentì come se stesse precipitando attraverso il pavimento; il cervello gli si gelò. Ron morto, no, non era possibile…
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Ma un momento, non era possibile… Ron era di sotto…
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«Signora Weasley…» gracchiò Harry.
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«R-R-Riddikulus!» disse la signora Weasley tra i singhiozzi, puntando la bacchetta tremante verso il corpo di Ron.
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Crac.
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Il corpo di Ron si trasformò in quello di Bill, disteso sulla schiena a braccia spalancate, gli occhi dilatati e vuoti. La signora Weasley pianse più forte che mai.
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«R-Riddikulus!» ripeté tra i singulti.
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Crac.
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Il corpo del signor Weasley sostituì quello di Bill, gli occhiali di traverso, un rivolo di sangue che gli colava sul volto.
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«No!» gemette la signora Weasley. «No… Riddikulus! Riddikulus! RIDDIKULUS!»
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Crac. I gemelli morti. Crac. Percy morto. Crac. Harry morto…
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«Signora Weasley, esca di qui!» urlò Harry, fissando il proprio corpo sul pavimento. «Lasci fare a qualcun altro…»
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«Che cosa succede?»
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Lupin era arrivato di corsa nella stanza, seguito a ruota da Sirius, con Moody che arrancava zoppicando alle loro spalle. Lupin guardò prima la signora Weasley, poi il corpo di Harry sul pavimento, e parve capire all’istante. Estrasse la bacchetta e disse, molto forte e chiaro: «Riddikulus!»
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Il corpo di Harry sparì. Un globo argenteo rimase sospeso nell’aria sul punto in cui prima era disteso il cadavere. Lupin agitò ancora una volta la bacchetta e il globo svanì in uno sbuffo di fumo.
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«Oh… oh… oh!» boccheggiò la signora Weasley e poi esplose in un gran pianto, il volto tra le mani.
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«Molly» disse Lupin desolato, avvicinandosi. «Molly, non…»
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Un attimo dopo la signora Weasley singhiozzava con tutta l’anima sulla spalla di Lupin.
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«Era solo un Molliccio» disse Lupin cercando di consolarla, accarezzandole la testa. «Solo uno stupido Molliccio…»
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«Li vedo m-m-morti di continuo!» gemette la signora Weasley contro la sua spalla. «Di c-c-continuo! Me lo s-s-sogno…»
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Sirius fissava la macchia di moquette dove il Molliccio era rimasto disteso fingendo di essere il corpo di Harry. Moody osservava Harry, che evitò il suo sguardo. Aveva la strana sensazione che l’occhio magico di Moody lo avesse seguito fin dalla cucina.
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«N-n-non ditelo ad Arthur». La signora Weasley deglutì, asciugandosi frettolosamente gli occhi con le maniche. «N-n-non voglio che sappia… che sono una sciocca…»
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Lupin le diede un fazzoletto e lei si soffiò il naso.
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«Harry, mi spiace tanto. Che cosa penserai di me?» disse con voce tremante. «Non sono nemmeno capace di sbarazzarmi di un Molliccio…»
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«Non dica sciocchezze» rispose Harry, sforzandosi di sorridere.
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«È solo che s-s-sono così preoccupata» continuò lei mentre le lacrime le colavano di nuovo dagli occhi. «Metà f-f-famiglia fa parte dell’Ordine, sarà un m-m-miracolo se ne usciremo tutti vivi… e P-P-Percy non ci rivolge la parola… e se succede qualcosa di t-t-terribile e non abbiamo fatto la p-p-pace con lui? E se io e Arthur veniamo uccisi, chi s-s-si prenderà cura di Ron e Ginny?»
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«Molly, adesso basta» disse Lupin con fermezza. «Non è come l’ultima volta. L’Ordine è più preparato, abbiamo un certo vantaggio, sappiamo che cos’ha in mente Voldemort…»
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La signora Weasley emise un breve squittio di terrore al suono di quel nome.
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«Oh, Molly, andiamo, è ora che ti abitui a sentirlo… Ascolta, non posso promettere che nessuno si farà del male, nessuno può prometterlo, ma adesso siamo molto meglio organizzati. Allora non facevi parte dell’Ordine, non capisci. Eravamo schiacciati venti a uno dai Mangiamorte, ci venivano a cercare uno alla volta…»
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Harry pensò di nuovo alla foto, ai volti sorridenti dei suoi genitori. Sapeva che Moody lo stava ancora osservando.
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«Quanto a Percy, non preoccuparti» intervenne Sirius bruscamente. «Rinsavirà. È solo questione di tempo: quando Voldemort uscirà allo scoperto tutti al Ministero ci supplicheranno di perdonarli. E non sono sicuro che accetterò le loro scuse» aggiunse amareggiato.
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«Quanto a chi si occuperà di Ron e Ginny se tu e Arthur non ci foste più» aggiunse Lupin con un vago sorriso, «cosa credi, che li lasceremmo morire di fame?»
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La signora Weasley abbozzò un sorriso tremulo.
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«Sono una sciocca» borbottò di nuovo, asciugandosi gli occhi.
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Ma Harry, chiudendo la porta della propria stanza una decina di minuti dopo, non riuscì a pensare che la signora Weasley fosse una sciocca. Vedeva ancora i suoi genitori sorridergli dalla vecchia foto strappata, ignari che le loro vite, come quella di molti intorno a loro, si avvicinavano alla fine. L’immagine del Molliccio che si spacciava per il cadavere di ogni membro della famiglia Weasley continuava a balenargli davanti agli occhi.
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Senza alcun preavviso, la cicatrice sulla fronte gli bruciò di nuovo e il suo stomaco si contorse orribilmente.
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«Piantala» disse deciso, strofinandosi la cicatrice mentre il dolore si affievoliva.
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«È il primo segnale di follia, parlare con la tua testa» osservò una voce maligna dal quadro vuoto sulla parete.
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Harry la ignorò. Si sentiva più vecchio che mai e gli parve straordinario che meno di un’ora prima si fosse preoccupato di un negozio di scherzi e di una spilla da prefetto.
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